Gli amanti timidi/L'autore a chi legge

L’autore a chi legge

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Gli amanti timidi Personaggi
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L’AUTORE

A CHI LEGGE1.


Q
UESTA è una di quelle Commedie, che possono facilmente rappresentarsi nelle Società di Dilettanti. Corta, di pochi personaggi, giocosa, modesta; ecco, come le vogliono in tali occasioni.

Il nome di Camilla, che ho dato alla Serva della Commedia, dà a divedere ch’io l’ho scritta per la Compagnia de’ Comici Italiani a Parigi; poiché con questo nome si chiama in Casa, in Città, e sopra la Scena quella celebre Attrice, che colà sostiene un tal personaggio.2

In Parigi la Commedia, quantunque a soggetto, ha piaciuto moltissimo in grazia del merito e dell’abilità della Servetta e dell’Arlecchino3 e in grazia forse delle situazioni Teatrali della Commedia medesima; lavoro faticosissimo, e necessario per far riuscire un simile Componimento senza l’aiuto del Dialogo, e senza Caratteri originali.

Venendomi domandate a Venezia delle Commedie, e convenuto che ne avrei mandate di quelle fatte a Parigi, scritte però intieramente, ed accomodate all’uso di que’ Teatri, questa è una delle sei che ho mandate quell’anno. L’ho scritta, e l’ho allungata. Può essere ch’io abbia mal fatto. Non so, se per colpa mia, o colpa d’altri, la Commedia in Venezia non ha riuscito. Temendo che l'allungamento l’abbia pregiudicata, l’ho ridotta ora a maggior [p. 12 modifica]brevità, più breve ancora di quel ch’io l’aveva fatta la prima volta a Parigi; ma quanto basta per renderla finita, condotta, e nel suo genere completa. Ella potrebbe passare per una Commedia Spagnuola; poiché tutto il merito consiste negli equivoci, e nell’intreccio. Ma cose vi sono, che non trovansi nelle Commedie Spagnuole: e una è il Carattere de’ due Protagonisti; l’altra è la verità, e l'esattezza della condotta, credendo di non avermi a rimproverare d’aver donato alla Scena la menoma cosa, che non sia conforme alla natura, e alla verità. Quando trattasi dell’Arlecchino e della Servetta, molte cose si permettono i Comici, come se questi Personaggi non fossero della natura degli altri. Io sono un poco difficile su quest’articolo, e la mia difficoltà fa male a me solo; poichè mi affatico alle volte moltissimo in cose da niente, solo per renderle naturali. So per altro, che questo piace ai Lettori e agli Spettatori, a credo bene impiegate le mie fatiche per dar piacere al Pubblico, che mi onora, e mi compatisce.

  1. Questa prefazione uscì in testa alla commedia nel t. XVII (1778-79) dell’ed. Pasquali di Venezia, dove fu stampata la prima volta.
  2. Allude il Goldoni a Camilla Veronese, figlia di Carlo Veronese, della quale parla a lungo nella terza parte dei Mémoires, capitoli 2 e 3 (ricordata anche nella prima parte, cap. 20). Vedi nel volume precedente le Note storiche della trilogia di Zelinda e Lindoro.
  3. Il torinese Carlo Berlinazzi, detto a Parigi Carlin. Vedi la Nota storica degli Amori di Zelinda e Lindoro nel voi. XX della presente edizione e i Mémoires del Goldoni, terza parte.