Gli Elementi d'Euclide/Prefazione
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PREFAZIONE
Se, come scrisse Pascal nei suoi Pensieri, «la Géométrie seule sait les véritables règles du raisonnement, et, sans s’arrêter aux règles des syllogismes qui sont tellement naturelles qu’on ne peut les ignorer; s’arrête et se fonde sur la véritable méthode de conduire le raisonnement en toutes choses que presque tout le monde ignore, et qu’il est si avantageux de savoir, que nous voyons par expérience qu’entre esprits égaux et toutes choses pareilles, celui qui a de la Géométrie l’emporte et acquiert une vigueur toute nouvelle,1» egli è indubitato che coloro i quali per debito d’ufficio sono chiamali a dirigere l’educazione nazionale, come quelli a cui essa è affidata o ne fruiscono, hanno stretto obbligo di curare che l’insegnamento della geometria nella istruzione media raggiunga quell’alto fine che da Pascal con tanta efficacia era espresso.
Se non che negli elementi della geometria non si cerca da molti soltanto il mezzo forse più acconcio di ginnastica intellettuale, ma bensì una conveniente preparazione a studi più alti nelle scienze matematiche, od anche uno strumento che possa tornare utile nelle applicazioni. Di qui la grande varietà di metodi coi quali in ogni tempo ed in numerosi trattati furono esposti quegli elementi, secondo che indirizzavansi piuttosto ad uno che ad un altro scopo. Parve però ai sottoscritti, che sebbene, come soleva dire il Galileo, la geometria sia «maestra dell’onesto acquistare l’utile, il dilettevole, il bello ed il buono» pure in molle pubblicazioni nostrali e forestiere, le quali servono di guida ai giovani nello studio della geometria elementare, siasi fatta una dannosa confusione fra quegli scopi, e non siasi veduto che l’insegnamento matematico coordinato al sistema degli studii classici e destinato a far parte di un insegnamento comune, non può confondersi coll’insegnamento matematico inteso ad uno scopo professionale.
Noi abbiamo per ora rivolta specialmente la nostra attenzione allo insegnamento matematico che si dà nelle scuole classiche, dalle quali debbono uscire giovani opportunamente preparati agli alti studi del diritto, della filologia, delle scienze di osservazione ed esperimentali, delle matematiche; ed abbiamo perciò dovuto domandarci se alla parte che l’insegnamento della geometria è destinato ad avere in questo lavoro di preparazione della mente del giovane corrisponda l’indirizzo che nei nostri licei è dato all’insegnamento stesso.
«Le materie dell’insegnamento classico mutano e si modificano secondo i luoghi ed i tempi, osserva il Cournot,2 ma il carattere essenziale di quell’insegnamento rimane sempre lo stesso dappertutto ove si stabilisce un sistema di studi liberali, considerati come necessari a tutti gli spiriti colti, e come la introduzione comune a differenti professioni studiose.» Ma se il determinare la qualità, i limiti, l’estensione di quegli studi necessari è uno dei problemi di cui la soluzione non può aspettarsi che da una lunga ed intelligente esperienza, i resultati che da quella varietà di studi si attendono sono ormai prefiniti. Si è ripetuto mille volte che lo studio delle lingue classiche e quello delle matematiche sono una specie di ginnastica intellettuale, che essi addestrano e fortificano l’intelligenza, che senza aprire ai giovani una carriera determinata preparano a tutte le carriere; è ormai accettato da tutti gli educatori (anche da quelle scuole inglesi le quali non senza qualche ragione temevano che l’aggiunta di nuovi insegnamenti nuocesse all’intensità degli studi classici e matematici), è accettato che l’insegnamento delle scienze naturali sviluppa nei giovanetti lo spirito di osservazione; che infine lo studio delle lingue e letterature moderne, della storia, della geografia, fornisce quel grado di coltura generale che è richiesta dalla posizione sociale nella quale si troverà più tardi il giovane che esce dalla scuola classica. Ora se la funzione principale di questi vari insegnamenti può cosi prefinirsi, perchè non potrà determinarsene il metodo?
Ristringendoci all’insegnamento della geometria, non dubitiamo affermare che tanto il punto di vista metafisico nel quale si sono posti alcuni autori, considerandola come una scienza di ragionamento puro, quanto l’altro pel quale si fa quasi di essa una scienza applicata, facendo seguire ad ogni proposizione l’uso pratico della medesima, sono da condannarsi perchè evidentemente contraddittorii agli scopi prefissi. Perciò dobbiamo lamentare che quell’inimitabile modello di logica e di chiarezza lasciatoci dai Greci negli Elementi d’Euclide sia stato pressoché abbandonato dalle nostre scuole, e siansi invece introdotti e raccomandati libri, nei quali esagerandosi il metodo di Legendre,3 al rigore del ragionamento si è sostituito il meccanismo del processo aritmetico. La suprema accuratezza d’Euclide4 non è più apprezzata nelle nostre scuole, e vi si preferiscono dimostrazioni inesatte di proprietà, le quali non ponno esserci rivelate che dai sensi,5 a quegli assiomi e postulati che il Galileo giudicava «domande cosi oneste e concedibili che se la fabbrica della geometria veniva inalzata sopra tali fondamenti, non poteva essere che fortissima e stabilissima.»
«In Euclide, scrive il sig. Hoüel, nel rimarchevole opuscolo che citammo più sopra, in Euclide, la Geometria forma una scienza completa, che basta a se stessa e non invoca da nessuna parte nelle sue dimostrazioni il soccorso della scienza dei numeri.» Che se qualche appunto fu fatto agli Elementi di Euclide, se, come osserva Clairaut: «Ce Géomètre avoit à convaincre des sophistes obstinés, qui se faisoient gloire de se refuser aux vérités les plus évidentes; il falloit donc qu’alors la Géométrie eût comme la Logique, le secours des raisonnements en forme pour fermer la bouche à la chicane;» se perciò fu costretto di fare continuo uso del ragionamento indiretto che non sempre s’accorda colla maggiore semplicità della dimostrazione, pure nè questa, nè qualche altra lieve menda varranno a modificare od a diminuire in alcun modo gli effetti che dallo studio di quel libro ci aspettiamo, di svegliare, cioè, nei nostri giovani il gusto delle nozioni nettamente determinate e l’abitudine del rigore nel raziocinio.
Fra le molte edizioni italiane degli Elementi di Euclide, abbiamo prescelta per la nostra pubblicazione quella del Viviani, non senza però introdurvi alcune modificazioni di forma e di sostanza, prendendo anche a guida le migliori edizioni straniere (specialmente quella del Simson). Vi aggiungeremo un’appendice sulle misure delle figure rettilinee, della circonferenza, del cerchio, dei poliedri e dei corpi rotondi, ed alcune proposizioni di cui la soluzione o la dimostrazione sarà lasciata come utile esercizio agli allievi. Profondamente convinti che soltanto dalle eminenti qualità di precisione e di chiarezza che distinguono la Geometria Euclidiana, si ponno sperare per lo sviluppo intellettuale dei nostri giovani quei risultati, in vista dei quali presso tutte le nazioni civili l’insegnamento della geometria tiene posto tanto importante nella educazione della gioventù, ci siamo accinti a questa pubblicazione, col fermo intendimento di migliorarla via via che nuove edizioni straniere, e l’esperienza che s’andrà facendo nelle nostre scuole, ne additino la convenienza. Noi abbiamo fiducia che i professori dei Licei vorranno aiutarci in quest’opera, ed accetteremo con grato animo le loro osservazioni ed i loro suggerimenti.
2 novembre 1867.
E. Betti. F. Brioschi.
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