Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. III/Libro II/VI

Cap. VI

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CAPITOLO SESTO.

Delle rendite, e ricchezze del Gran

Mogol.


U
N’infinita quantità di rupie entra a tutt’ore nell’Erario del G. Mogol; imperocchè oltre le imposizioni eccessive, e’ tributi ordinarj; bisogna, che i sudditi paghino un tanto per lo terreno, che tutto è di lui. Oltrcacciò morendo un Generale, o altra persona, che abbia [p. 212 modifica]avuto soldo dal Re, tutti i suoi beni entrano nell’Erario Regio, senza lasciarsi nemmeno gli alimenti a’ figliuoli Evenemens partic. des estats du Mogol. pag. 71. et 76.; costume, che biasimava l’istesso Oranzevo, favellando del Padre; e pure tutte le cariche, tanto di guerra, quanto di giustizia sono venali. Di ciò nasce, che le case non ponno lungo tempo conservarsi grandi; ma talvolta accade, che il figlio d’un Omrah anderà mendicando. S’aggiunge a tutto ciò, che quantunque in sì vasto Imperio vi siano terreni sterili; vi sono però Regni fertilissimi: come quello di Bengala, che supera l’Egitto, non solamente per l’abbondanza di riso, grano, zucchero, e di tutte l’altre cose necessarie alla vita; ma per lo traffico di ricchissime mercanzie, come di seta, cottone, indigo, ed altro. E poi il paese è così popolato, che gli Artefici, (benche pigri di lor natura) o per necessità, o per elezione bisogna, che s’applichino al lavoro di tappeti, broccati, ricami, tele d’oro, e d’argento, e ad ogni altra manifattura di seta, e cottone, che di ordinario quivi si consuma; oltre quelle, che si trasportano ogn’anno da infiniti vascelli, non solo nell’altre parti d’Asia, ma nell’Africa altresì, ed Europa. [p. 213 modifica]

Per fare idea delle ricchezze di questo Imperio, consideri il lettore, che tutto l’oro, e l’argento, che gira per lo Mondo, alla fine quivi rimane. Quello che esce dall’America, ben si sa, che, dopo aver camminato per molti Reami d’Europa, parte ne va in Turchia, per varie sorti di mercatanzie; e parte in Persia per la strada di Smirne, a cagion delle sete. Or non potendosi i Turchi astenere del Caffè (che viene da Hyeman, o dall’Arabia felice) nè la Persia, l’Arabia, e’ Turchi medesimi far di meno delle merci d’India; mandano infinito danajo a Moka sopra il Mar rosso, vicino a Babel-Mandel; a Bassora nell’estremità del Seno Persiano; e a Bander-Abbassì, o Gomeron: che poscia sopra vascelli si trasporta nell’Indostan. Le navi poi così Indiane, come Ollandesi, Inglesi, e Portughesi, che vanno ogn’anno portando le mercatanzie dell’Indostan a Pegù, Tanasseri, Siam, Seilan, Acem, Macassar, Maldive, Mozambiche, ed altri luoghi; forz’è, che medesimamente molto oro, ed argento da que’ paesi vi conducano. Tutto quello, che gli Ollandesi traggono dalle miniere del Giappone, o presto, o tardi, ne viene parte [p. 214 modifica]nell’Indostan; e se si portano quindi mercanzie in Europa, sia in Portogallo, sia in Inghilterra, o in Francia, tutte si hanno a forza di contante, che quivi rimane.

Da’ soli Regni ereditarj, mi narrarono, avere il Mogol ottanta due Carore di Rupie (ogni caror è dieci milioni) l’anno: de’ Regni di conquista, non seppero darmi certo ragguaglio M. De Thevenot Voyag. des Indes chap. 3. pag. 13.. V’ha qualche Autore poco accorto, che ristrigne le rendite di questo Monarca a trecento trenta milioni; altri per lo contrario gli fa innumerabili: e solamente quello, che dice trovarsi nel Tesoro, ha del favoloso De Imperio M. Mogol. sive India vera pag. 142.. Però chi vorrà dalle spese farne argomento, dee sapere, che il Mogol tiene in piedi, sparsi per tutto l’Imperio, trecento mila cavalli, e quattrocento mila fanti, con grandissimo soldo. Nella Corte la spesa cotidiana è di 50. m. Rupie, per nutrire gli Elefanti, Cavalli, Cani, Falconi, Allori di caccia, Tigri, e Cervi; e per mantenimento di centinaia d’Eunuchi bianchi, e neri (per custodia del Palagio Reale) Musici, e Ballarine. Sono io perciò d’opinione, che, dopo l’Imperadore della Cina, non vi sia Monarca al Mondo, che uguagli le forze, e le ricchezze del G. Mogol.