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Il vin nel Fiasco, non caua la sete del corpo.
Impacciati co fanti, e lascia star’ i santi.
Il serpente tra fiori, e la herba giace.
Il vino, non ha timone.
Il nobil’ama, & il villano teme.
Il far’il letto al cane, è cosa difficile.
I signori, hanno longhe le mani.
Il liscio non può d’Hecuba, far’Helena.
I secondi pensieri, sono i migliori.
Ingannar se stesso, è cosa facile.
Il peggior male, e hauer cattiua moglie.
I panni, rifanno le stanghe.
In terra d’orbi, chi ha un’occhio è signore.
Inanziche ti fidi del’amico, magia seco molto sale.
In vna mano il pane, ne l’altra il bastone.
In vna hora, Dio lauora.
In vna notte, nasce un fongo.
Il diauolo non è cosi brutto, come vien dipinto.
Il frutto, vuole vino.
Il fine, fa il tutto.
Il molto & il poco, rompe il giuoco.
Il lupo, non mangia mai termini.
Il sole abbaglia, chi ben fisso il guarda.
In picciol tempo, passa ogni gran pioggia.
Il gran calore, ogni neue sface.
In torbido terren, gentil pianta non conuien.
Il fine, è quello che giuoca.
I rispetti, guastano le contentezze.
Il pentirsi, è vna morte.
Il noce fà trist’ombra, e non la ficaia.
Il rispetto, non torce l’huomo dritto.
Il principio di far’ altri animoso, è la villanìa.
Il pro del mangiare è quel’ ch’ingrassa, non il sempre.
Il mondo è de’ gabbadei.
Imagine del animo, è il volto.
Il frutto d’amore, è amore.
Il tempo scuopre ogni verità.
Il vero al fine, ogni menzogna abatte.
Il suono del’honesto, a far bene desta.
Inuidia ne gli honori, la pace turba.
Ignobiltà, non toglie sapientia.
Il sauio domina le stelle.
Il sauio solo, può far quel che vuole.
Il sauio è secreto.
Il saggio a comandar, piu val ch’il forte.
Il corruccio è vano, senza forte mano.
Il coruo non può esser più negro che le sue ale.
Inuitta copia, è confidentia & arte.
Il caso, non riceue consiglio.
Il non vietar l’ingiuria, è un far’ingiuria.
Il giusto, contro ogni poter resiste.
Il timor di Dio, è principio della sapientia.
Il morso della gelosia, non sana mai.
Il cuor gioioso, allegra il volto.
Il barbier, non si contenta del pelo.
Il vuoto pelegrin, canta fra’ ladri.
I doni, rompono i sassi.
Il diauolo alla porta chiusa, volta le spalle.
Il digiuno, non canta.
Il magistrato, dimostra l’huomo.
Il male di molti, è vna gioia.
In vano si pesca, se l’hamo non ha esca.
Io son Dauo, e non Edipo.
I Parthij quanto piu beono, tanto piu sete hanno.
Il pazzo, per la pena è sauio.
Il pensier ha buone gambe.
I mezzi fanno la proportione.
Il campo del’accidia, è pien d’ortiche.
In giouenil fallir’, è men vergogna.
Ingegno, è piu pronto a digiuno.
Il longo vso, obliga la mente a longa colpa.
Il sole offende più, l’occhio men sano.
Il publico ordine, vuol poter’vguale.
Il gran tempo, a gran nomi, è gran veleno.
Il tempo non solo mitiga, ma estingue ogni dolore.
Il tempo toglie, e dà colpe infinite.
I medici, cuoprono i loro errori con la terra.
Il giorno ha senza notte, chi contempla.
Il giudicio di fortuna, non riceue appello.
Il veleno, si beue ne l’oro.
I poueri, i fanciulli, gl’vbriachi, & i pazzi euangelizzano.
Innocentia, non ha bisogno d’autorità.
Il potere, & il voler far male, è gran miseria.
Il tiran piange, quando il popolo ride.
Il tiran piu potente, ha maggior pena.
Il fare, insegna a fare.
Il fido cane, non teme l’empia fiera.
Il folle fà voto, di non lasciar star’ il foco.
Il mondo va, a chi la vince.
Il volgo si serue del’vso, in luogo di natura.
Il peccato, è pena del peccato.
Il cupido di gloria, è scarso di giustitia.
Ignorantia, fonte delle marauiglie.
Il parer proprio, mai torto non haue.
Ingratitudine, include ogni diffetto.
Il piu chi parla assai, suol’ valer poco.
Il simular talhora, è parer saggio.
Ira di poco tempo, è quella de gli amanti.
Incartare, il cembalo.
Il tempo fugge, come strale d’arco.
Il frutto non è buono, fuori di stagione.
Impresa essaminata, assai piu vale.
Imboccarsi, col cucchiar’ vuoto.
I paperi, menano le oche a bere.
Il primo consiglio, della donna prendi.
I parer’ proprio, le più volte inganna.
Ira del Re, nuntio di morte.
Inuidia, va sempre con la lode.
Inuidia, tarlo delle ossa.
In morte il modo ancor, gioua tal hora.
In morte il modo ancor, gioua talhora.
Il diauol può tentare, ma non precipitare.
Il lagrimar di fuor per gl’occhi, è nulla.
Il vestir’ & il riso, manifesta i pazzi.
Il mira sole, fa come il sole, seco s’apre, e seco si serra.
Il disperar perdono, fa sperar vita.
Il sole di Marzo, muoue ma non risolue.
Il cerchio, non fa la tauerna.
Il ferro, si lima col ferro.
Il veleno, si spegne col veleno.
Il sangue, vna volta l’anno.
Il bagno, vna volta il mese.
Il mangiare, vna volta il giorno.
I cani fur sempre mal’ venuti in chiesa.
Il fiume, ha bisogno del fonte.
Il principio, è la metà del tutto.
I più fermi, portino gl’infermi.
Il sospetto non può armarsi, con fede alcuna.
I prencipi confettano gli stronzi.
Il fatto dubbio, col’ men danno termina.
Il nome honesta, molti fatti indegni.
Il vincitor’, al vinto dia legge.
Il fatto rende vana, ogni disputa.
In chi manca a se stesso, altri non speri.
Il sauio non s’inbarca, senza biscotto.
Il molto donare, fa le donne amare.
Il viso del huomo, ha la forza del lione.
Il celeste fuoco, doue minaccia, non percuote.
Il braccio al petto, e la gamba al letto.
Il drappo, acconcia il dosso.
Il fuoco, aiuta il cuoco.
Il fuoco, l’amor, e la tosse, presto si conosce.
Il promettere, è la vigilia del dare.
Il muschio, a molti spuzza.
Il paradiso, non gl’accorderebbe.
Il pelo gli luce, come a sorgij.
Il peccato, genera la morte.
Il giuocar delle mani, dispiace sino a’ cani.
Il laueggio, si fa beffe della pignatta.
Il bello del giuoco, è far fatti, e parlar poco.
Il pesce grande, mangia il piccolo.
Il lupo piange la pecora, e poi la mangia.
Il cauallo tanto vale, quanto va.
Il messo, non porta pena.
Il sabbione, va al’ingiù.
Il vino al sapore, il pane al calore.
Il primo capitolo de’ matti, è di tenersi sauio.
Il bel guadagnare, fa il bel spendere.
Il soperchio, rompe il coperchio.
Il pescie guasta l’acqua, la carne la concia.
Il fromento, ha fatto il grano.
I matti fanno le feste, & i sauij le godono.
I cani abbaiano, doue si pascono.
I denari, fanno le guerre.
Il mal mercato, non vuole festa.
I ghiotti & i bugiardi, sono i primi gionti.
I Tedeschi, hanno l’ingegno nelle mani.
I fatti sono maschij, e le parole femine.
I mali vengono a carra, e fuggono a oncia.
I balli longhi, rincrescono.
I soldi di molti, vagliono tredeci denari.
Il cauallo che si duole, il marescalco vuole.
Il villan nobilitado, non conosce il suo parentado.
Il dir mal d’altrui, è il quinto elemento.
Il pasciuto, non crede al digiuno.
Il sparagno, è il primo guadagno.
I patti, rompono le leggi.
Il sauio, non si dee vergognar di mutar proposito.
Il tempo passa, e la morte viene.
Il fine d’vna disgratia, è principio d’un’altra.
I gatti, non sempre vedono i topi.
I cattiui, gouernano i buoni.
Il molino è serrato, l’asino tresca.
Il maestro è fuora, i scolari scherzano.
Il mondo, è sempre botte & olio.
Il fuoco, scalda e bruscia.
Il diauolo, non stà sempre in un luoco. In ogni arte, conuien’hauer maestro.
I tiranni, più temono i buoni, ch’i rei.
Il fuoco, arde la paglia facilmente.
I beneficij, acquistano gl’amicj.
Iddio impunito, non lascia alcun delitto.
In Bologna, sono piu trappole che topi.
Il tempo porta, e se ne porta il tutto.
Il perder tempo, a chi più sà, più spiace.
I figliuoli degli Heroi, sono vitio.
Innamorarsi, sopra tutti i mercati.
Il veder’è facile, ma il preueder difficile.
Instruir Minerua.
Insegnar’ a suo padre, a far figliuoli.
Insegnar’ a’ pesci a nuotare.
Iddio perche è vecchio, fa i suoi a suoi a suo essempio.
Il lupo, è in fauola.
Il legno vna volta arso, facilmente si raccende.
Imparare a sue spese.
Il ben che sempre dura, è vero bene.
Il fauor’ è cagion, ch’il torto regna.
Il cercar varia sorte, è talhor morte.
Il vero mal, fa l’huom timido al falso.
Ingegno e forza, a chi non l’opra è nulla.
I cordouani, sono restati in Leuante.
Io ho trouato il polso alla gatta.
Il bue fiacco, stampa più fermamente i piedi.
Il villano, vien sempre col disegno fatto.
I sogni non son veri, & i disegni non riescono.
Il male, non stà sempre doue si pone.
Io so quanti pani, fanno vna coppia.
Il tordo si fà la pania, da se stesso.
Il bene, non fù mai tardi.
I gattuci, hanno aperti gli occhij.
Il cane che vuol mordere, non baia.
Il mio carlino, non varrà mai cinque soldi.
I granchij, vanno per trauerso.
Il mal pertugio, non vuol fine.
Insegnare a gl’asini a volare.
Insegnare il porco a parlare.
I dispetti & i rispetti, guastano il mondo.
Il danno, abbraccia la vergogna.
Io leuai la lepre, & un’altro la prese.
In ogni paese, si leua il sole la mattina.
I prouerbij, sono tutti prouati.
Il mio asino, non torna a me.
Il mio pane, non mi si cuoce.
I guai col pane, sono buoni.
Il pesce, adora l’esca.
In tutto è orbo, chi non vede il sole.
Imparar tardi, a sapere.
In ogni paese, è buona stanza.
Il bene & il bello, mai fù troppo.
Il maritare e l’impiccare, è destinato.
I Salernitani, ingannarono il Diauolo.
I Venetiani cacan’in acqua, per un pezzo di focaccia.
I Padouani, impiccan l’asino.
Il consiglio del male, va raro in vano.
Il filo si rompe, doue è più debole.
In nissun luoco, si getta il lardo a’ cani.
Insegnar le gatte a rampegare.
Insegnar la lepre a correre.
Il mal d’amor pizzica, ma non ammazza.
Il sauio, tempo e luoco va aspettando.
Il Romano, vince sedendo.
Il sapere ha un piede in terra, e l’altro in mare.
Il martello d’argento, spezza le porte di ferro.
I mali anni, vengono come le ceriese.
Io harò le noci, e tu le voci.
Il sauio, si specchia ne gl’essempij altrui.
Il desiderio humano, non è tutto vno.
Il sauio di sapere, il matto d’hauere, procura.
Il buon pastor’ tosa, e non scortica.
Il tentar qualche volta, Iddio disdegna.
Il duol hauend’oue a sfogar’, è meno acerbo.
Il mele è dolce, di ciascuna pecchia.
Il trebbiano è buono, dentro vna secchia.
Infino a’ bricchi, piacciono i popponi.
Il duro affaticare, vince ogni cosa.
Il pericolo, stà nella tardanza.
Il ventre, insegna il tutto.
Il lupo, non mangia il lupo.
Il cieco, ingiuria il losco.
Il pegno non è piu pegno, ottenuta la promessa.
Il carro non và, con cinque ruote.
Il lupo di Esopo, che beueua di su del fiume.
Il cielo, non sempre mai, ange e preme.
Intendersi bene, di crepatura d’agnello.
Il troppo tirare, l’arco suol spezzare.
Il ramo al ceppo, sempre s’assomiglia.
Il mortal dolce, poco tempo dura.
Il pianger puzza a’ morti, e nuoce a’ viui.
Il coruo per troppo gracchiar, perde il suo cibo.
I denari, portano medicina.
Il drappo, corregge il dosso.
Il lupo ancor che taccia, fà gran preda.
Il pianger, morti non rilieua.
Il signor n’ha bisogno.
In darno si tende la rete, inanzi gl’uccelli.
Il bastone, gioua al matto.
Il pecorin da Dicomano.
In trent’anni & un mese, ogni fiume torna al suo paese.
I putti con parole, e gl’huomini con sagramenti si legano.
Imbottar nebbia.
Io ti farò andar su l’asino.
Io ti farò tener’oglio.
Io ne ho maritate gia tante.
Il santo in sua città, rare volte è honorà.
Io ne ho prese due, con vna oliua.
Io ti darò bene sequentia.
Il campo, è rotto.
Il tempo si muterà, le capre stranutano.
Il pan sutto, fà diuentar muto.
Il sole d’Agosto, inganna la massaia nel’horto.
Il pan, gli sà da vezzo.
Il mal’ va dietro al ben, el ben’al male.
Ignorantia, non è colpa.
Il rouere, veluto, e scarlatto, sono tutta vna cosa.
In ogni tempo son de’ tristi e buoni.
Il gatto, non lo troueria.
Il diauolo, gli tira l’alzana.
Io ho pisciato sopra qualche neue.
Io conosco bene i miei buoi.
I vecchi di natura, senton tosto la freddura.
Il mondo è fatto a scale, chi le scende chi le sale.
Il mondo è fatto a scarpette, chi se le caua, chi se le mette.
Il creder, & il peuere, inganna le donne & i cani.
I Genouesi hanno virtù cento miglia da lontano.
Il miser suole, dar credenza a quel che vuole.
In tutti i negotij consiste la difficoltà, che passi la testa.
Il soldato per quatro dì lecca, e poi l’inamorata pianta.
I vecchi che scherzano con le giouani, accarezzano la morte.
Il calzolaio mette la scarpa, ma non sà doue preme.
Il viaggio alla morte, è piu aspro che la morte.
Il duolo narrandolo, sempre in parte sgombra.
Il sauio non si veste del manto, che copre il volgo.
Il diauol’è a casa del diauolo, per non potersi pentire.
Il Bergamasco ha il parlar grosso, & il far sottile.
Il tissico passa sette mura, per trouar’vno.
Il buon giudice tosto intende, e tardi giudica.
Il premio non a chi comincia, ma a chi dura si conuiene.
Il magnano tanto salta con le bolgie, quanto senza.
Italiani piangono, Alemani cridano, e francesi cantano.
Il vento non è buono, ch’a menar naui e molini.
I sogni ne sempre son veri, ne ogni volta falsi.
In Roma piu vale la cortegiana, che la moglie Romana.
Il serpe nodrito in seno, paga il seruitio di veleno.
Il calzolaio fa le scarpe, e non le porta.
Il podestà di Sinigaglia, comanda e poi fa’.
Il giuoco, ha il diauolo nel cuore.
I miei bicchieri, non sono da rinfrescatoio.
Imbriacarsi, alla botte d’altri.
Il litigar’ è un smagra i litigatori, & ingrassa gl’auocati.
Io so da che piede, zoppega il mio mulo.
Il nuouo giorno, recherà l’aurora.
Il vino non ha colpa del’vbriachezza.
I pazzi per lettera, sono i maggior pazzi.
In tutti i gineprari, non conuien’entrar.
I suoi vncini, non attaccano.
I suoi puntigli, non si scorgono.
I suoi argomenti, non conchiudono.
Il suo scriuere, non si sà leggere.
I boui le corna, & i vitelli, le cornette portano.
Il tor duo bocconcini, non guasta i digiuni.
Il cane, che abbagliaua alla luna.
Il lungo andar ha di molti incontri.
I ricchi quando voglion, i poueri quando posson.
Il tino dà, del mosto che egli hà.
In fine ad ogniuno scappa l’asino.
In letto stretto, mettiti in mezzo.
In vaso mal lauato, il bon’ vino e tosto guastato.
In casa il tuo nimico, tien la donna per amica.
In questo mondo, buon’ e mala sorte abonda.
In picciol cespuglio, gran lepre s’appiatta.
In gran beltà, non hai lealtà.
In bocca del discreto, il publico è secreto.
In guaina d’oro, coltello di piombo.
Il ben far’, è guerra al triste.
Iniquità, produce auuersità.
Il tegnoso, non ama il pettine.
Ira senza forza, non la temer’ vna scorza.
Il buon pagatore, del’altrui borsa è signore.
Il tondo è tondo, chi non sà nuotar’ và al fondo.
Il mangiare, suscita il bere.
Il frutto segue il fiore; e buona vita, honore.
I salici son deboli, e pur ligan’altra legna.
Il sauio non face, ciò che a Dio spiace.
Il tradimento è amato, ma il traditor’ odiato.
Il pensier ha buone gambe, e la penna buona lingua.
I prouerbij, non sono da farsene beffe.
Il variar viuande, accresce l’apetito.
Il buon poeta, ha sempre il cuius apresso.
Io ti farò andar co tuoi piedi.
Io non voglio comprar la carbonata, e ch’altri la mangi.
I soldati, per far male son pagati.
I disegni, non sempre riescono.
Il suo credo, non si canta in chiesa.
I piselli, son sempre nelle frasche.
Il suo pero, non si lascia torre per iscrollare.
Ingorda della carne senza osso.
Inuito d’hoste, non è senza costo.
Inanzi il maritare, habbi l’habitare.
I campi hanno occhi, e le siepi orecchie.
Il trippatore, non ama il pescatore.
Il mastino, non ama la lepre.
I piu letterati, non sono i piu sauij.
Il piede sciutto, e la bocca humida.
I picciol cani trouan, ma i grandi han la lepre.
Il male vien’a cauallo, a va via piano a piedi.
I consigli, & il villano, pigliali alla mano.
Il fuoco purga l’oro.
Iddio dà la viuanda, ma il diauol’i cuochi.
Il perdittore, ha priuilegio di parlare.
In spatio, vien la gratia.
Il cieco, non può giudicar colori.
Il porco che non crida, mangia la brodaglia.
Il pazzo in fretta, scocca il suo bolzone.
Io ho la misura, del suo braccio.
Il grasso, non sa cio che pensi il magro.
Il poledro non va l’ambio, se il cauallo trotta.
Il pensier’è libero, diceuan’i pharisei.
Il porco troppo grasso, causa la sua morte.
I pazzi gittano la pietra nel pozzo, & i sauij la cauano.
I popoli s’amazzano, & i prencipi s’abbracciano.
Il pesce picciol, nuota cosi bene come il grande.
Io conosco i miei polli alla calcia.
Il mondo seguita il tempo, come l’ombra il corpo.
In ogni luoco, le bilancie son pari.
In ogni stato, c’è tanta carne quant’osso.
I pazzi maggiori, portan più grosse catene.
Io mi spicco mal’ volontieri da bomba.
I Fiorentini sono cattiue doghe da botti.
I Venetiani sono buone doghe da botti.
Il fatto de’ cauagli non consiste nella groppiera.
Io non voglio perder la cupola di veduta.
Io veggo il pelo nel’vuouo.
Io so che la vecchiaia vien con ogni mal menda.
Il vino fa dar la volta.
Io non voglio rimaner in su le secche.
Il pizzicagnolo si adirerebbe.
In altri paesi nascono, ma qui piouono.
Io per me non so esser di questa tacca.
Io me ne mocco il naso, disse il Panata.
Io cerco l’àrosto, e non il fumo.
Il cerchio del’hosteria, dice qua s’aloggia.
In questo paese si fà la farina di buon grano.
Il granchio è ito a spasso.
Io caualco alla stradiotta, pochi arnesi mi bastano.
I miei duoi cuiussi mi seruono.
Io ho rese l’armi a san Georgio.
Io fui preso al boccone, dice il pesce.
In casa lauda, al mercato biasima.
In pace dorme, chi non ha che perdere.
In vano s’aspetta paga morta.
In capo alla misura, finisce ogni buon drappo.
I polli hanno beccato. I polli non voglion beccare.
In ogni paese mordono i cani.
Il medico non balla senza suono.
I libri stanno al martello.
I fatti rispondono a’ fatti.
Io ti scuoterò bene le pulci.
I cagnoli simigliano la cagna.
I denari sono spiriti folletti.
Insegnar la lingua Nicolotta.
Infornar’ a tutta pala.
Il cauallo che dura la pena, dee mangiar l’auena.
Il medico giouane, fa la gobba al cimitero.
I primi amori, sono i migliori.
In fiume senza pesce, non si gettan le reti.
In un hora, va & vien l’honore.
Il fumo caua gli occhi, a giouani, e vecchi.
Il matto non crede, se non riceue.
I gran personaggi, o non hanno figliuoli, o non son saggi.
Il buco e l’occasione, inuita il giusto a rubbare.
Il molino, senz’acqua non macina.
I patti e gl’accordi, rompono le leggi.
Il costo, fa perdere il gusto.
Il troppo guasta, & il poco non basta.
Il gallo & il seruitore, in un’anno perdon’ vigore.
I Reggi, sono gl’autori delle leggi.
Il beccaro, non ama il pescatore.
In forno caldo, non può crescer herba.
In vano meni il toro a bere se non ha sete.
Il pizzicar l’oreglia, tosto l’huomo sueglia.
I paesi fecondi, fanno gli vagabondi.
Il mondo & il vino, egualmente inebria.
Il vecchio in casa, il giouen fuora, ogniuno mente.
Il tempo è il cozzone, che doma i poledri della giouentù.
In Italia sono troppo teste, troppo feste, e troppo tempeste.
Il fuoco & non il vento bruscia la paglia.
I caualli orbi si trouano.
Il porco per il fango, & il pesce per l’acqua.
I buoi per le corna, gli huomini per la lingua.
Il cauallo del cozza.
Il cauallo del Gonella.
Il fatto d’arme della Bicardina.
Il drappo corregge il dosso, la carne cuopre l’osso.
Il persico vuol vino, il fico acqua.
Il lupo d’esser frate ha voglia ardente, mentre è infermo, ma sano se ne pente.
Il cortegiano inanzi al signor taccia, o sia presto a dir cosa che gli piaccia.
Impara l’arte e mettila da parte, che tempo verrà, la ti bisognerà.
Il mondo è de’ prosuntuosi, il paradisio de’ deuoti, le lettere sono de’ studiosi e le richezze, de’ solleciti.
Il cane de frati che non mangia le verze, ne le lascia mangiar’ad altri.
Il bianco & il negro hanno fatto venetia, ricca, cioè pepe e cottone.
Il frate che predicaua che non si douesse rubbare, e pur’egli haueua l’oca nel cappuccio.
I parenti si vedono menar’ alle forche, ma tra loro non si appiccano.
I pastori per rubbar le pecore, si mettono nome orsi, lupi, & sassi.
I denari stanno sempre con la beretta in mano per torre comiato.
Il nauicare è il piu sottile & il piu grosso mestier che sia.
Il tempo è padre della verità, e l’esperientia madre delle cose.
Il villano fa carezze a chi lo ponge, e minaccia chi lo onge.
Il capello di Plutone, per coloro che con nuoui, inganni se stessi nascondono.
Il dubbio lascia al disputar di fede, che sol fedele è chi in Christo crede.
Il volgo ignorante ogniun riprende, e parla più di quello che meno intende.
In tutto è pazzo e fuor d’ogni intelletto, chi cerca di morir’ a bel diletto.
I primi seruitij che fanno i figliuoli a’ padri, è di fargli impazzire.
Infelice e misero è quello, che un cuor’ ama ad amor rubello.
Il tempo ogni fortezza spiana e rompe, il tempo annulla vanitati e pompe.
Il tempo come fuoco arde e diuora, fugge come ombra e non s’aresta un’hora.
Il prigionier ch’a voglia sua non esce, hauendo compagnia meno gli rincresce.
Il giuoco è vna tarma, che rode la veste nuoua, e suiscera il legno secco.
Il maggior’ al minor dij dottrina, & il minor’ al maggior’ vbidientia.
Il bisogno al spogliar degl’altari, suol spesso tirar chi lo haue.
Iddio al fin ci giunge, quando pensiamo essergli piu longe.
Il gran signor non ode, se non’ adulationi, menzogne, e frode.
I calici ben pieni a chi non fanno, l’ingegno desto, e ben parlante lingua?
Il nuouo vaso longamente serba, l’odor di che la prima volta è pieno.
Iddio il peccato non lascia impunito, quando l’huom vede hauer molto fallito.
Iddio ne aggiunge a ponto tale, che il calcitrar non vale.
Il matto sa meglio i fatti suoi, che non sa il sauio quegli d’altrui.
In Roma chi segue le fortune lo fuggono, e chi le aspetta, le vengono.
Il giardino non arato, l’arosto non lardato, il cauallo non biadato, non vagliono un fiato.
Il sangue e la virtù non più s’apprezza, che l’alga se con lor non è richezza.
In Cipro sono tre cose a buon mercato, sale, Zucchero, e puttane.
Io non so se l’anderà bene, diceua la moglie, che, daua un seruitiale a suo marito con un bastone.
Il maggior fastidio che habbia un vecchio, è non poter cacar tenero.
Il primo anno che l’huomo piglia moglie, o si tosa, o s’amala, o s’indebita.
Il Spagnuolo dice, che è meglio, portar le calcie rotte che rapezzate.
In ogni impresa bisogna por la mente, ch’il fuoco arde la paglia facilmente.
Il primo anno s’abbraccia, il secondo s’infascia, il terzo s’ha il mal’anno e la mala Pasqua.
Il più delle donne sono acerbe & ingrate, priue d’amor, di pace, e di pietate.
Il formaggio per esser buono, sia Argo, Largo, Mathusalem, e Madalena.
Impara, ritieni, e tu saprai, sij sollecito, misura, e tu harai.
I Giudei in Pasqua, i Mori in nozze, & i Christiani in piatire consumano il loro.
Il giuoco, la donna & il buon’ vino, mentre ride, fanno l’huomo meschino.
Il giuoco, la notte, il letto, la donna & il fuoco, non si contentano mai di poco.
In questo mondo ogni vno è meschino, perche chi ha pane, non ha vino.
In vano meni il toro a bere, se sete non si truoua hauere.
Il cane del Ferraro, s’adormenta a colpi di Martello.
In amor donna perduta, il suo ben sempre rifiuta, e con treccia ancor canuta, il voler saldo non muta.
Il zoppo che non men punge ch’ortica, forz’è ch’al fin di fede manchi, come a l’vltimo s’imbianca, chi con nera veste nel molin s’intrica.
Il primo della vechiezza, il secondo della richezza, il terzo della mattezza, il quarto d’amore, il quinto della gentilezza, le dita.