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I M


 
Le disgratie, non vengono mai sole.
La verità, genera odio.
Leggieri percosse, se sono molte, occidono.
Le liti vincono i clienti, e non i procuratori.
Lo sdegno vince amor’, e la rabbia caccia il martello.
Le cortegiane, hanno le parole di pece.
La lingua onge, doue il dente ponge.
La Pasqua va alta, costa caro.
L’huomo è Dio a l’huomo.
L’huomo è lupo a l’huomo.
L’honor porta oro, ma non l’oro honore.
L’ira di Dio, non sempre paga il Sabato.
La Spagna, spugna della nostra etade.
La virtute, poco luoco ingombra.
La lepre corre, hauendo i cani dietro.
La paura, scema la memoria.
La carta comporta il tutto, e la carità.
La magiorana, non è per i porci.
La vecchiaia, minaccia ruina.
La ciuetta, vola a’ sciocchi.
Le afflittioni, fanno gl’huomini religiosi.
La comodità, fà l’huomo ladro.
La inuidia non mori mai, ma gli inuidiosi si.
Le suore, sono le mogli de’ frati.
La corte, è figura della fortuna.
Le lodi, non empiono il corpo.
La fronte, è porta de l’animo.
La lode corre, oue l’affetto pende.
Legge forte, e violente, è il Rè.
La legge, non può contro la forza.
La fede al fin’ più può, che la perfidia.
La disunione de gl’amici, speranza è de’ nimicj.
La colpa è un’ cibo, ch’ogni gusto schiua.
L’oro nel fuoco, e l’huomo nel’humiltà si proua.
La vera obedientia non nel timor, ma nel’amor consiste.
L’imperio è nulla, oue vbidir non s’vsa.
Libero è, chi non serue alla fortuna.
L’vnirsi al giusto, libertà conserua.
Libertà preciosa, vien col mal’vso a vile.
La discordia ciuile, è veleno della libertà.
La buona ellettione, non porta castigo.
L’honesto è delle scuse, habito antico.
Laudi un’altro, e non la bocca tua.
La legge effetto, e la gratia affetto, vuole.
La columba condanna, & il coruo assolue.
L’esca porger si dee, secondo il pesce.
La virtù, è argomento di nobiltà.
L’huomo chi egli è, non doue nasce, consideri.
La radice della gelosia, produce rami mortali.
L’animo allegro, rende l’età florida.
La esperintia, non riceue marauiglia.
La declinatione de’ Giudei, fù l’aumento de’ Gentili.
L’vsanza è guida de gl’ignoranti.
L’vso fà facile ogni difficoltà.
L’vso è ottimo maestro.
La scrittura morta, porge oracoli viui.
La felicità delle cose, consiste nel possedere.
Lieta fortuna, radoppia baldanza.
La sorte o la fortuna, non muta il genio.
L’occasione, non è sempre con ragione.
La contentezza delle cose, è douitia certa.
L’argento & oro, rispondono ad ogni cosa.
La necessità, è infedel guardiana della castità.
Le ragioni del pouero, non pesano.
L’animo di poche, il corpo di molte cose, ha bisogno.
La patria è, doue è bene.
L’vtil proprio, è velen del commun bene.
L’autorità d’un solo, più menti piega.
Loda chi sprezza, e non chi cerca il regno.
Lusinga feminile, sempre è donna.
L’arbore del peccato, induce frutti mortali.
L’occasione del peccato, produce voglia.
Le rose colle spine, e l’huomo col peccato, nasce.
La fraude s’orna, col color del vero.
L’apparente ragion, torce il fin vero.
La prima impressione, male si cancella.
La fame espugna, ostination senz’arme.
La lingua è un coltello, ch’ogni vnion diuide.
La passione, non va senza menzogna.
La dolcezza del’ira, è speme di punire.
Lo strale d’inuidia, di nascosto vccide.
La vendetta, non conosce danno.
La ingiuria non publicare, che non vuoi vendicare.
La vendetta è sete, che solo morte satia.
La morte è fine delle miserie humane.
La cagione della morte, duole come la morte.
La conscientia, non riceue inganno.
La cognition del’vitio, è segno di salute.
La fama in guerra, ha gran parte nel fatto.
La legge concede molte cose alla necessità.
La necessità come candela luce.
L’huom a berzaglio è de’ pulci, e zenzale.
La gabella del piscio.
L’audacia nel periglio, è piu che forza.
La temerità affrena il temerario.
La lancia d’Achille, ferisce e sana.
Le formiche, non vanno a granari vuoti.
L’infermo vuol regola, & il medico gratia.
La persuasione del fortunato, può assai nel dubbioso.
La fame è machina, per espugnar superbia.
La mosca che punge la tartaruga, si rompe il becco.
La mente che in ciel luce, in terra fuma.
La buona intentione, scusa il mal fatto.
La natura, ogni dottrina vince.
Le cause biasima ogniun del proprio danno.
L’huomo auuertito al caso, al doppio vale.
L’esca fuggi, che l’amo cuopre.
La fede Greca, a chi non è palese?
Le gambe mi fanno Giacomo.
La va come la vien menata.
La prima carità, comincia da se stessa.
La carità de’ frati, accompagna sino alla porta.
La acqua è di fiele. sta ferma.
L’acqua fa marcire i pali.
La pouertà è fedel seruitore. sempre segue.
Le streghe vanno a marito.
Ligami le mani, e’ piè, e mettimi fra miè.
La sella sta male a l’asino.
Leuarsi a l’alba de’ Visconti.
La rana non si può cauar del pantano.
Lo dico a te figlia, per farlo intender’a la nuora.
Lui ha sempre ago e filo. e fornito.
Lui ha sangue sotto l’onghie. è ardito.
Lui ha più cauicchie, che buchi.
Lui ha le chiaui d’ogni campo.
Lui salta dal gallo a l’asino.
Lui è Partho. mendace.
Lui ha scorticato la volpe. è fino.
Lui fà brocchette da Chiozza. ha paura.
Lui ha fatto la barba d’oro.
Lui vorria la botte piena, e la massaia vbriaca.
Lui non monda nespole.
Lui vede di la da’ monti.
Lui fà orecchie di mercatante.
Lui l’ha disfatto di ramo e di frasca.
Lui mi tratta da pifaro.
Lui beueria Roma & Toma.
Lui tira la pietra, & asconde al braccio.
Lui non vuole la gatta. fastidio.
Lui non è da mio braccio.
Lui sa far bollire, ma non la sa far cuocere.
Lui sa bene infinocchiare.
Lui ha freddo a’ piedi.
Lui si paga da molinaio.
Lui ha trouato l’anello, ma non la pietra.
Lui ha pigliato un buon pesce.
Lui fa come il grillo. canta & muore sul buco.
Lui ha auanzato i piedi fuori delle scarpe.
Lui ha ligato il bue a l’herba.
Lui ha sempre un remo ne l’altrui barca.
Lui ha le mani ne la pasta d’altri.
Lui ha da far con un barbiere, che sa radere.
Lui ha messe le piue in sacco.
Lui ha miglior tempo, ch’il cane d’un orbo.
Lui ha la formica ne la lingua.
Lui ha tolto a confettar fiele.
Lui ha passati i monti.
Lui ha il piede in staffa.
Lui ha fatto la via del’horto.
Lui ha più da fare. ch’i forni di Natale in Inghilterra.
Lui ha il ceruello sopra la beretta.
Lui ha del berettino.
Lui ha del pelo tondo.
Lui ha del animal crociato.
Lui ha del cauallo di Christo.
Lui ha del’animal d’Arcadia.
Lui è più doppio, ch’vna cipolla.
Lui ha più nomi, che boldoni.
Lui sente nascer l’herba.
Lui è andato a parlar con Pilato.
Lui non ha ossi in bocca.
Lui ha Dio sotto i piedi.
Lui tocca il cielo colle dita.
Lui fa il cigno. canta morendo.
Lui è un’arca di Noè.
Lui è ito a sparauieri.
Lui gitta cinque, e leua sei.
Lui non ha buoni vicini.
Lui ha del Tedesco.
La sanità e libertà, val più che vna città.
La luce maggiore, offusca la minore.
La gionta tal fiata, è maggior della derrata.
Le marauiglie non duran che noue giorni.
La mia secchia, non attinge quest’acqua.
Lascia pur fare a fece.
Lascia dire a chi disse.
L’aspettar del coruo.
La palla è fuori, prima che ne senti il tuono.
Le lodi non empiono il corpo.
La luna di Bologna, ti si può dire.
Lascia gracchiare i cornacchioni.
Le feste son belle a casa d’altri.
Le minaccie son l’arme de’ nimici.
La furia della piena, rompe ogni argine.
Le sue sottigliezze, si scauezzano.
Le sue regole, son fuor di strada.
Le sue misure, non riscontrano.
La peruersità fa l’huomo guercio.
Le lucciole, dica si voglia, non son’ lanterne.
Lo particolare, non fa regola vniuersale.
La massaia del Molza.
Le tartarughe corrono al palio.
L’vso presente, non pregiudica al futuro.
L’vso preuale alle regole.
L’acqua quiete, è la cattiua.
La ingrata patria è per tutto.
Lana Spagnuola. volpino.
L’affettione, accieca la ragione.
La compagnia d’Agosto, stronzi, alega, & scorza di melloni.
La buona derrata, caua i denari dalle borse.
La lingua è molle, e cose dure rompe.
La concupiscentia, inganna la prudentia.
La terra grassa, fa cattiue strade.
L’acqua torbida, è guadagno del pescatore.
L’eclissi di pecunia, da tutti si fa vedere.
L’esperientia, è madre della scientia.
L’innocentia, di diffesa non è senza.
Lupo affamato, mangia pan muffato.
Lascia sudar’ a chi ha caldo.
L’insegna del’hosteria, altri alloggia, e stà alla pioggia.
Ladro penduto, è bene perduto.
L’oglio e la verità, tornano alla sommità.
La bestia, fa la festa.
Le belle piume, fanno i begli vccelli.
La morte, non perdona al forte.
La diligentia è madre della buona sorte.
La sera il dì, e la mattina loda l’hoste.
L’asino di tutti dal lupo è mangiato.
La morte per tutto si fa sentire, e morde.
L’acqua fa pianger, il vin cantar.
Le opere la virtù, e gl’arbor fan la legna.
L’ablatiuo, è caso desolatiuo.
Le gucchie non s’ascondon’ in sacco.
Lo negligente, dalla fame è fatto diligente.
La tempesta dinota, il buon pilota.
La terra vale, quanto il suo capo.
La bonaccia, burasca minaccia.
L’occhio del sauio, è del sole imagine.
Longa lingua, corta mano.
La donna e l’vuouo, vuol’un sol padrone.
Latte sopra vino, e veneno.
L’orina, fa honor al medico.
La terra bianca, non fà frutto.
La natura, insegna il cane a cacciare.
La necessità, abbassa nobiltà.
La necessità, non ha ne Re, ne legge.
La natura non ha, ne vuol lettura.
Liga al dito, l’herba che conosci.
L’otioso è sempre bisognoso.
Lauda il virtuoso, e fuggi il vitioso.
La paura, troua le arti.
Leua a buon’hora, se vuoi veder buon’hora.
La verità, genera nimistà.
La verità può languire, ma non perire.
La volontà, suplisce alla facoltà.
La verità, è senza varietà.
Le allegrezze fan scordar padre e madre.
La tarla cerca il miglior drappo.
La sola tiene con la scarpa.
Lui ha appeso il suo scurino.
Leggier guadagno, empie la borsa.
La marea, non aspetta niuno.
La donna come la gatta, ha noue vite.
La pouertà guasta l’amistà.
La poco offerta, non piace al prete.
Le filastroccole bastono a’ matti.
La piu longa strada, è la più prossima a casa.
La luna a’ ladri & a gl’amanti, è nemica.
Le case grandi, occupano le altre.
Lor’ vanno in processione, e’l Diauol porta la croce.
L’apparenza spesso inganna.
L’ingannatore è l’ingannato.
L’esca al ventre, & il ventre a l’esca.
L’infermità che non si sente, si giudica peggiore.
La carità non dispera, perche sempre spera.
L’opera cominciata, è mezza fatta.
La buona conscientia, non ha paura.
Lauda la moglie, e tienti donzello.
Lauda la guerra, e tienti alla pace.
Lauda il monte, e tienti al piano.
Lauda il mare, e tienti a terra.
L’arbore buono, fa buon frutto.
Le parole non bastano, ad ingrassare,
La forza tiene il piede adosso alla ragione.
La lingua non ha osso, e pur fa romper’ ossi.
Lei è cornacchia da campanile.
Lo conosco per pelo, e per segno.
Le ciuette hanno assai penne, e poca carne.
Lui torrebbe la peste a san Rocco.
La gatta, mangiando, brontola.
Lui va cercando il male, come fanno i medici.
Lui fa le sue cose sotto il mantello.
Lui diria ch’il biscotto non ha crosta.
Lui sta per un cerchio da tauerna.
Lui dorme in credenza del capezzale.
Lui vende ben’ viole, e finocchio.
Lui dà cantoni per pagamento.
Lui mangia da due bande.
Lui si scalda d’ogni legna.
Lui mangia prima l’arosto, & pei l’alesso.
Lui sa mutarsi si dadi in mano.
Lui non è ne in riga, ne in spatio.
Lui non tiene ne scortica.
Lui non è doue il buon pane si vende.
Lui non ha pelo su la lingua.
Lui non è cauallo da star a balcone.
L’amor di donna, è come l’anguilla.
Lui non maneggia la pasta a suo modo.
Lui vuol mostrar la luna nel pozzo.
Lui non vede un coruo in un cadin di latte.
Lei giuoca di ponta, e di calcagna.
Lei lo faria in un sacco di spine.
Lui non farà mai statuti. Lui è sacco da molino.
Lui torrebbe carta bianca.
Lui non harebbe il fauor del groppo.
Lui non si ricorda dal naso alla bocca.
Lascia l’impaccio alla Chiesa.
Lui si vuol’asconder’ in un prato segato.
Lui s’annega in un goccio d’acqua.
Lui si lamenta di brodo grasso.
Lui salta su la paglia.
Lui si crede segnar, e si dà delle dita ne gl’occhij.
Lui si lascia menar per lo naso.
Lui camina come fanno i gamberi.
Lui morirebbe di fame in un forno di pane.
Lui vende la pelle, inanzi ch’habbia l’orso.
Lui conta i suoi polli, inanzi ch’habbia gl’uuoui.
Loro contrastano d’un soldo a dodeci denari.
La dottrina è grado di sapere.
La caualleria è grado d’hauere.
Lascia andar l’acqua alla valle.
La prima pioggia d’Agosto, caccia lo mosto.
La virtù è nel herbe, pietre, e parole.
La peggior carne è quella dell’huomo.
La calamita tira.
L’abbondantia genera fastidio.
L’astrologia è vera, ma l’astrologo non si truoua.
La gamba fà quello, che vuole il ginocchio.
La notte è madre de’ pensieri.
La colpa è del fallo.
La presentia del’amico, è medecina al sconsolato.
Lui vien con l’acqua, quando la casa è arsa.
Lui porta la medicina, quando l’huomo è morto.
Lui chiude la stalla, e persi sono i buoi.
Lui ha vischio nelle mani.
L’huomo la può slongare, ma non fuggire.
L’amore passa il guanto.
L’occhio del patrone, ingrassa il cauallo.
Lui cerca di render’ il giuppone.
L’habito non migliora, o peggiora.
La sua lingua taglia e cuce.
Lingua bardella, per sette saltella.
La pouertà, scusa il famiglio.
La continua, amazza l’huomo.
La coda, è cattiua a scorticare.
La mala compagnia, mena gl’huomini a le forche.
La morte de’ lupi, sanità è delle pecore.
La buona madre, non dice volete?
La troppa compassione, guasta vna città.
L’hauessi io saputo, sempre è tardi.
La vita passa, e la morte viene.
La marauiglia è figliuola del’ignoranza.
La legge nasce dal peccato, e lo castiga.
La vera legge, è la natura.
La conscientia serue per mille testimonij.
L’huomo propone, e Dio dispone.
Le allegrezze di questo mondo, duran poco.
La Lombardia, è il giardino del mondo.
Le bugie, hanno corte le gambe.
L’ultimo riffugio, è la speranza, o la morte.
Le buone parole ongono, le cattiue pongono.
La robba non è di chi la fà, ma di chi la gode.
La porta di dietro, guasta la casa.
La coda per esser troppo longa, alle volte condanna la volpe.
L’innocentia porta seco la sua deffensione.
L’ira placata, non rifa l’offese.
Lui spoglia Pietro, per vestir Paolo.
Le femine calano, come fa la cassia.
Le ortiche, non fanno buona salsa.
Le donne da bene, non hanno ne occhij ne orecchie.
L’habito non fa il Monaco.
L’occhio, ne vuole la sua parte.
Lontano da città, lontano da sanità.
La mia bottega, non vende tal mercantia.
La soma, la bestia doma.
Le buone pera, cascano in bocca a porci.
Lui salta sopra un fiume & poi s’annega in una goccia d’acqua.
La discretione, sta bene fino in bordello.
La sententia del matto, è presto data.
Lui conosce che è legna, quando vede gl’arbori.
Lui è coltello da due tagli.
Lui ha rotta la banca.
La fame fa vscir’ il lupo del bosco.
Lui parla a lettere di scatole.
Lui ha tolta la vacca col vitello.
Lui scriue per la posta delle lumache.
Lui è cauagliere da ogni sella.
Lui salta da la padella nelle brascie.
Le siepi hanno orecchie, & odono.
Lui da arosto, e poi batte col spiede.
La mercede haremo, secondo i merti.
L’animo è pronto, ma il voler’ è zoppo.
La pouertà, non toglie gentilezza.
La carità cuopre un mondo di peccati.
L’arbor c’ha maggior frutto, ha gran radice.
La riputatione gouerna il mondo.
L’essercitio è buon maestro.
Lui non perde la beretta in nissuna calca.
La lingua è come il timon della naue.
Lasciar la carne per l’ombra.
L’ignorante, non sa tacere.
Lui ha miele in bocca, & il rasoio alla cintola.
Lui porta la pelle del lione.
Le schiatte si disfanno e le casate.
L’aquila non piglia mosche.
L’hai tolta bella? a tuo danno.
L’aquila non genera colomba.
La maschera, non fà paura al lione.
Lui cerca il pelo nel’vuouo.
Lui cerca cinque piedi nel montone.
Lui è di cera, e va al fuoco.
La natura è ministra, amor’è donna.
La fiamma è poco lontana dal fuoco.
Lui ha consumato piu vino che olio.
Lontano dal’occhio, discosto dal cuore.
La pietra che va rotolando, non coglie mosca.
La lingua corre, doue il dente vuole.
La verità è nel vino.
Lui mangia santi, e sputa diauoli.
Lui ha la cagna adosso.
Lui non ha impegnata la lingua.
La buona sorte, ogni vil cuor fa forte.
La destrezza val più, che viua forza.
L’huomo disleale, offende ancor l’amico.
L’auaritia de’ Rè, peste è de’ regni.
L’honor dato al sciocco, insano il rende.
L’ufficio in che egli vale, ogni un far deue.
La lode senza merto, è fraude espressa.
Lo spesso oprar, fa l’huom’ atto ad ogni opra.
L’utile, piacere a l’ignorante gioua.
L’huomo rio e possente, ragion non sente.
L’infinita speranza, vccide altrui.
La sera lioni, e la mattina babbioni.
Le mie scale, non giungono a’ suoi balconi.
La vendetta, sfoga l’odio assai.
La botte da, di quello che ha.
L’humil’ agnello, non solo la madre, ma le altre succia.
La verità si piega, ma non si rompe.
La gatta ha pelata la coda.
L’oro & premio, ogni altezza inchina.
La guerra fa i ladri, e la pace gl’impicca.
Le fronde & i fiori, comettono i frutti.
La paura, guarda la vigna.
La scusa non richiesta, presuppone errore.
La parte maggiore, vince la migliore.
Leuar la lepre, ch’altri la prenda.
Loda e conforta, ma non t’obligare.
La vita il fine, il dì, loda la sera.
L’huomo fa il luoco, e non il luoco l’huomo.
La mosca, ha la sua collera.
La gola, non ha orecchie.
La pace non armata, è debole.
L’ira senza forza, non vale vna scorza.
La puttana è come il carbone, o tinge, o bruscia.
L’huomo il suo destino, fugge di rado.
L’amor domina senz’arme, & al scoperto dorme.
Le vacue vasa, sempre più suonano.
L’amar senza speme, è sogno e ciancia.
Lui non farà mai casa da tre sollari.
La mattina al monte, e la sera al fonte.
L’amico tò, piglialo come si può.
Lui non da la sua testa, per la lauatura.
La balla è balzata sopra il suo tetto.
Lui ha scosso il pelliccino.
Lui ha vuotato il sacco.
Lui ha macinato tutto.
Lui volta bene la schiacciata.
La milza si gonfia più nel corpo magro.
L’amico degli stolti, diuerrà lor simile.
Lontano dalle gratie, e dalle muse.
Lupo inuolto in pecorina pelle.
La pietra è nel pozzo.
La pace di Marcone.
Le hore & il sole caminano ad inuidia.
Le donne confessandosi, mai dicono il vero.
Le lucciole, non sono lanterne.
La piu trista ruota del carro cigola il più.
L’oro più che folgore, a spezzar possente.
L’ouile infetta, vna ammorbata agnella.
La state inanzi, il verno di dietro.
L’ora fà diuenir becco il capretto.
La lepre prende il lione con il laccio d’oro.
Lo sciocco parla col dito.
Là si riuolgon le leggi, oue vogliono i regi.
Le lacrime del cocodrillo.
La scusa del peccato, acresce il peccato.
L’ira vendica l’affetto, come l’effetto.
La morte tende le reti, a tutti i varchi.
L’ultimo cane taluolta prende la lepre.
Leuar le macchie del verde.
Luna mercorina, tutto il cielo ruina.
Lettera scritta, messo aspetta.
L’aspro, non piace a niun gusto.
La voglia de’ prencipi, sta per legge.
La carta non s’arossisce.
Lui non porta in groppa.
L’hore non tornano a dietro,
Lamentarsi, di gamba sana.
Lasciar passar tre pani per coppia.
La salsa non si fa per gli asini.
Lasciarsi fuggire i pesci cotti di mano.
Lasciarsi schiacciare le noci in capo.
Lasciarsi menar’ in capparuccia.
L’imboccarsi per man d’altri, di rado satia.
Lega bene, e lascia andare.
Le galline si pigliano con belle belle, e non con sciò sciò.
L’occhio alla fenestra, l’Italiano al chiasso.
Lui è guarito del braccio.
Lui stà in soffrita.
Lui vede di la da’ monti.
Lui pare vna chiocca sfreddia.
Lui non rimarria podestà alle bebe.
Lasciare in asso.
La padella dice al paiuolo, sta in la, che tu mi tingi.
Lui piscia in letto, e dice ch’ha sudato.
Lui fa le Mattematiche.
Lui studia la boccolica.
La bocca e l’ano sono fratelli.
La prima pioggia d’Agosto, pouer huomo ti conosco.
Lui è come l’ancora.
Lui è come le rape.
Lui è come la pietra.
Lui maneggia il granchio, con le mani d’altri.
Lui mangia il porro dal capo.
Lui mangia il porro dalle fronde.
Lauati la bocca.
La donna è come, molino, harpia, bilancia, e naue.
L’ostraghe fanno andar su per i coppi.
Lui zauaria in sanità.
L’hostessa della fagetta, o la brontola o la sta cheta.
L’asino con la lira.
La cucina fa senz’onto, chi del vecchio non fa conto.
La gatta vorria mangiar pesce, ma non pescare.
L’huomo costante è come l’incudine.
La pouertà fà l’huomo industrioso, e le leggi buono.
L’odor’ al naso, il color’ agl’occhi, il sapor’ alla bocca.
L’arbor più fruttifero, è più perseguitato dal verme.
Lungo e sottile, lascialo ire, corto e grosso, saltami adosso.
L’amico non è conosciuto, fin che non è perduto.
La vacca ha fatto un bo, sella l’ha fatto l’è sò.
La pignatta, si fa beffe della padella.
La padella dice al manico tu sei negro.
Le puttane e ruffiane sono in vna bilancia.
Lucerna senza olio.
Le buone donne sono come denari, senno, e fede.
L’amor del tarlo.
L’argento è da men che l’oro.
La vacca è nostra.
La fatica è nel mantener, non nel’aquistar gl’amici.
La saetta non cade in luoghi bassi.
Lui ha mangiato risi.
Lui ha manco ceruello, ch’il biscotto molena.
Lui è peggio ch’il Rocrio, che dà tre scartocci al soldo.
L’asino di Balam, che porta vino e beue acqua.
Li cocomeri muoiono, con la semenza alla coda.
La mostarda sale al naso di chi ne ha meno.
La via si troua per andar’ in tutti i paesi.
L’honestà è bella in chiasso.
Lui guarda di trauerso, come le oche le verze.
La marmotta scioglie il Barbagianni.
Lascia andar l’acqua alla china.
Lasciarsi menar su le secche di Barberia.
La cera non inganna.
La lite è longa come un secolo.
La candela è al verde.
La lega di Cambray.
Le son cose che non si gettano in pretelle.
L’uso serue di tetto a molti abusi.
L’vtile fa pigliar parte. La robba come l’onda viene e va.
La cappellina passa bataglia. Lui studia sul mellone.
Lui lo ha donde si soffiano le noci.
Loro fanno a fa i fichi fiori.
Lui non terebbe un cocomero all’erta.
La fortuna non sa sedere.
Lui è tagliato a’ buona Luna. L’vuouo viene dal becco.
L’oro e l’argento si conoscono al paragone.
Lui ha possanza di far’ apparir’ il diauol nella borsa.
Le son le beffanie che vanno a torno.
La broda se gli rouescia tutta adosso.
La va tra Barcaruolo & marinaro.
L’hai fatta bollire, ma non è ancor cotta.
Lasciamo gli anni domini a dietro.
Lo spiletto sfida l’ago a pungere.
Lui ha tirato le calcie, è morto.
La mattina il bianco, e la sera il rosso.
Lui si frega il messere, con la camiscia d’altri.
La poesia combatte col rasoio. L’opera lauda il maestro.
L’occasione fa la barba di stoppa alle persone.
La carità onge, il peccato ponge.
Le smarrite si trouano, ma le perdute nò.
La cosa è in filo.
La beretta in mano, non fece mai danno.
La forte mano, non aspetta domani.
La bilancia, tra piombo & oro non conosce differenza.
La gallina, non vuole il cappone.
Ladroncello di stringhetta, a la fin’ vien’ a la borsetta.
L’arco troppo teso, tosto è fiacco o rotto.
La lingua non dee parlare, senza al cuor domandare.
La tauola robba, più che non fa un ladro.
L’acqua scaldata, più tosto è gelata.
La mattina cerca il cane l’herba, contro il veneno.
La corte Romana, non vuole pecora senza lana.
Lana da scardassare co’ sassi.
La pernice è perduta, se calda non è pasciuta.
La vnione è più forte che un bastione.
La donna dee parlar, quando la gallina va a pisciar’. La raggia non viene.
La tarantola l’ha beccata.
L’amor non è senza gelosia, ne la gloria senza inuidia.
L’arbitrio del commun, non debbe obligare sol un.
Lui si tira la catena dietro, e va gridando pazzo agli altri.
Leggere e non intendere, e come cacciar’ e niente prendere.
L’occhio, la fede, e l’honore, non toccar mai di signore.
L’officio dinota l’huomo, & il pomaro qual’è il pomo.
La memoria del’ingiuria, piu assai ch’il beneficio dura.
La stoppa lontana del fouco, & la gioventù dal giuoco.
La donna piange, la donna si duole, & è ammalata quando vuole.
Lauda la moglie, & tienti donzello, se vuoi goder di buon’e bello.
La candela gli altri alluma, e se stessa consuma.
L’imagini & la pittura, a semplici seruon di lettura.
La morte non sparagna, Re di Francia ne di Spagna.
La neue a biada è beneficio, come al vecchio la pelliccia.
La necessità fa magnanimo, chi prima fù pusilanimo.
La prima oliua è oro, la seconda argento, la terza non val niente.
La naue che non vuole il timone harà lo scoglio.
La guerra fa per i soldati.
Le capre morbide si spezzan le corna.
La conscientia è come la pelle del capretto.
La va da baiante, a ferrante.
La cosa va secreta come un bando.
La forza, oue non è il consiglio atteso, vassene a terra col suo grave peso.
La vera nobiltà ha per impresa, di non far’ad alcun torto od offesa.
Le rose in sul fiorir cogli fanciulla, che tosto ne verrai com’esse a nulla.
La sommersa honestà non torna a riua, e poi ch’è estinta mai non si rauuiua.
L’huomo che fa per Dio quello che puol, Iddio fa poi per lui quello che vuol.
La vita da’ medici, l’anima da’ preti, e la robba da’ legisti, son poste in periglio.
Lauda il scarpello, e tienti al pennello, costa meno, e par’ più bello.
La prima donna è matrimonio, la seconda compagnia, e la terza è heresia.
Longitudine dierum saria buono star’ al’hosteria. pur che i denari non andasser’ via.
La bellezza dell’eloquentia è di attamente parlare. o di sauiamente tacere.
La fortuna l’huom’ audace aiuta, & il timido da se scaccia, e rifiuta.
L’ombra del campanile fa grande tale, ch’alto più del campanil non crede.
La doue è piu tranquilla è più quiete, più perigliosa è l’acqua e più profonda.
La puttana e la cornacchia, quanto più le laui men lor caui macchia.
L’huomo è fuoco, la donna è stoppa, vien poi il Diauol che gli accocca.
La vacca non sa ciò che sia coda, fin che non si troua senza coda.
La bella cosa che tutte le altre auanza, a dir’ il vero è la bella manza.
Lascia pur’ andar sei mesi per mezzo anno, che tal che non sel crede hauerà il mal’anno.
L’humil che cede al suo maggior, ventura miglior s’acquista, e longamente dura.
L’huomo disperato il mal lontano chiama, e quando l’ha vicino, di fuggirlo brama.
Lascia di te la cura al Re del cielo, se vuoi viuer contento al caldo & al gielo.
La donna bella e di costumi brutti, albergo si può dir di marci frutti.
La vipera morta non morde seno. ma pur fa male con l’odor del veleno.
Le leggi tutte sempre aiuto danno a l’ingannato, e non a chi vsa inganno.
La Zingana ad altrui la sorte dice. e la sua non conosce l’infelice.
Lascia il frutto per le foglie, rogna compra e pesca doglie, un pedante in casa toglie, chi ricerca d’hauer moglie,
L’amante per goder’auuilluppa giuramenti, che tutti spargon poi per l’aria i venti.
La donna che viue senza amante, è come vite che non ha palo oue si piante.
L’odor non se ne va si in fretta, ch’in nuouo vaso o buon’orio si metta.
L’huomo ne per star ne per fuggire, al suo fisso destin può contradire.
La prima pioggia d’Agosto calano le mosche, quelle che rimane, mordon come cane.
L’huomo che sotto il camin frappa, Menalo a l’horto o dagli la zappa.
La natura de’ Francesi è di non dire quando voglion fare, di non legger come scriuono, e di non cantare come notano.
L’arbor c’hà tempo rio, foglia non perde, mostra ch’a prima vera, era ancor verde.
Le puttane piangon con un occhio, le maritate con due, e le monache con quattro. Le monache di Genoua tornan dal bagno, e poi domandano licentia alla Badessa.
Le pome di senegaglia sono si grosse, che non hanno semenza.
L’huomo fin’a’ cinque, è porco, da’ 5. fin’a’ 14. è gauinello, da 14. fin’a’ 20. è daino, da’ 20. fino a’ 40. è ceruo, da’ 40. fin’a60. èmedico, da’ 60. fin’agli 80. è cuco.