Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 52

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[p. 427 modifica]Si prega di rinnovare l’abbonamento pel 1873 in tempo per evitare ritardi nella spedizione del giornale. Anno XXVII GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Numero 52. DIRETTORE G. RICORDI. Esce tutte le domeniche. REDATTORE S. FARINA. Le prove date di costanza nel migliorare in tutti i modi la Gazzetta perchè risponda sempre meglio alle favorevolissime accoglienze che le vengono fatte dal pubblico, ei dispensano dal farci noi patrocinatori di noi stessi e da verbose promesse. La Gazzetta continuerà ad essere pubblicata nello stesso formato, colla stessa carta, e colle medesime condizioni d’abbonamento, vale a dire: PER UN ANNO LIRE Semestre in proporzione. — Non si fanno abbonamenti trimestrali. — Fer V estero si aggiungono le spese postali. Gli associati annui riceveranno in dono i seguenti premii: PREMIO RIVISTA MINIMA diretta da ANTONIO (XIIÏSI.AXZO51. COLLABORATORI: Giorgio Arcoleo, A. G. Barrili, Vittorio Bersezio, A. Boito, Prof. G. Celoria, Edmondo De Amicis, Salvatore Farina (Redattore), Vittorio Imbriani, D. Marazzani, Prof. F. Martini, Luigi Matteucci, E. Navarro della Miraglia, Giulio Ricordi, E. Torelli-Viollier, ed altri. La Rivista Minima, a cui si aggiungono col nuovo anno tanti cari nomi della giovine letteratura, conserva gli intendimenti del passato anno e li migliora. Si occuperà di lettere, di politica, di arte, di drammatica e di scienze in apposite riviste; pubblicherà racconti, studi critici, e articoli di varietà; sarà insomma una vera rivista della quindicina e come il complemento della Gazzetta Musicale. Escirà due volte al mese in ottavo grande in sedici pagine di due colonne ciascuna, colla massima regolarità. ALBUM DI AUTOGRAFI Il successo di questa pubblicazione di nuovo genere è sempre crescente. Negli anni scorsi la difficoltà di raccogliere gli autografi ingenerò qualche lentezza; nel 1873 1a pubblicazione sarà più regolare e in maggior numero le tavole date agli associati. Queste tavole conterranno fac-simili degli autografi rari dei più grandi compositori, con un breve cenno biografico. V Album riesce così un interessante Dizionario Musicale. Le tavole d’autografi non si trovano in commercio, e sono riservate ai soli associati della Gazzetta; i nuovi associati che vogliano avere le tavole già pubblicate aggiungano L. 2 al prezzo d’abbonamento. TEKZO PREMIO Gli associati annui possono scegliere imo fra i seguenti premii musicali: l.° Il nuovo Album vocale di G. Palloni: Misteri del cuore. 2.° Il nuovo Album vocale di F. Campana: Ricordo di Milano. 3.° Il nuovo Album vocale di A. Guercia: Una primavera a Roma. 4.° Il nuovo Album vocale di F. Schira: Dalla vetta delle Alpi. 5.° 30 Eludes-Poésies pour Piano par H. Berens. 6.° Reginetta, - Opera di G. Braga, ridotta per Pianoforte, elegantissima edizione. 7.e Un volume della Biblioteca Popolare delle Opere complete per Pianoforte e Canto. 8.° Un volume della Biblioteca Popolare delle Opere complete per Pianoforte solo, ed un Fascicolo della Biblioteca tascabile. 9.° Tre Fascicoli della Biblioteca tascabile delle più celebri Sinfonie per Pianoforte solo. 10.° Tre Fascicoli della Biblioteca tascabile delle Danze più popolari degli Strauss di Vienna. 11.0 Otto fotografie d’artisti. QUARTO PREMIO (a scelta fra i tre numeri) 1.» SCRITTI PIACEVOLI di A. Ghislanzoni. Un volume di 400 pagine (recente pubblicazione). 2." PICCOLO ROMANZIERE di E. Panzacchi, Raccolta di Poesie Liriche per Musica da Camera. 3.° CRONOLOGIA degli spettacoli dei RR. Teatri di Milano dal 1778 al 1872, redatta da P. Cambiasi. — Magnifico ed interessante volume. Inoltre in ogni numero della Gazzetta e della Rivista Minima saranno pubblicate una o più Sciarade a premio a cui potranno aspirare quattro fra gli associati che ne manderanno la soluzione esatta. Sono in tutto non meno di 304 pezzi di musica che si offrono agli associati. Ogni trimestre verranno pubblicate varie Sciarade e Rebus col premio straordinario di uno spartito per Canto e Pianoforte solo a scelta. Gli artisti di canto associati alla Gazzetta avranno diritto a far inserire gratuitamente gli annunzi delle loro scritture e disponibilità nella copertina. Potranno inoltre far pubblicare quattro volte all’anno il loro repertorio. I soli associati annui hanno diritto a tutti i premii. Gli associati semestrali ricevono soltanto il primo premio. Non si daranno i premii se non dopo il pagamento dell’intero prezzo annuo d’associazione. Si spedisce gratis un numero completo di saggio della Gazzetta Musicale e della Rivista Minima^ una tavola Album di Autografi, più il programma coll’elenco particolareggiato dei premii a chi ne fa richiesta al R/. Stabilimento I&icoi’cli. — IMilano. L’AMMINISTRAZIONE. [p. 428 modifica]430 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Preghiamo i nostri associati che intendono rimanerci fedeli a rinnovare in tempo V abbonamento per evitare ritardi nella spedizione del giornale. LA MUSICA CONSIDERATA ARTE EDUCATIVA. «Così può quest’arte preparare aneli essa l’unità della lingua, e V unità della lingua aiutare all’unanimità degli spiriti.» Tommaseo Nell’ultimo numero dell’Indipendente leggiamo il seguente articolo che ei piace pubblicare, non tanto perchè dica cose nuove o in nuova forma, ma perchè le vecchie idee che contiene, esposte in maniera semplice e chiara, sono eternamente opportune. Lasciamo la parola al maestro Varisco. L’insegnamento di quest’arte pregevole meritò al certo un posto segnalato nell’educazione moderna. È però vero che v’ha in molti una ministra idea di essa, temendo costoro che la musica possa cagionare distrazione agli studiosi, e, come dicono, imprimere nel carattere della gioventù una certa tendenza alla volubilità. Ma è questa una ingiusta asserzione, perocché, se la musica è naturale disposizione data dal Creatore all’uomo, noi dobbiamo coltivarla con tutto l’amore, con quella volontà e compiacenza che richiede. Il canto, come riscontrasi nelle epoche musicali, esisteva già nell’antichità più remota: il canto corale invece, quale lo s’intende ai nostri giorni, è una conquista della civiltà moderna, come ha egregiamente notato il signor Dupont (1), e risale ai primi dieci anni di questo secolo. — I più celebri filosofi meditarono molto sulla musica, e seriamente ne scrissero; perciò anticamente i Greci ne insegnavano la grammatica e gli elementi essenziali, e sapientemente comprendevano essere questo studio uno dei migliori mezzi per iniziare la gioventù al culto di ogni nobile disciplina. Difatto chi oserebbe porre in dubbio che il canto insegnato «fino dalla tenera infanzia» ai fanciulli non sarà fonte feconda di nobilissime aspirazioni? Platone chiamò la musica la scienza dell’amore, il linguaggio del cuore e del sentimento, linguaggio bensì privo di parola, ma eloquente in sommo grado, perchè viene dal cuore e al cuore ritorna. Anche dagli antichi Romani, ad esempio dei Greci, la musica fu tenuta in gran pregio. Essi cantavano non solo la poesia profana, ma celebravano nei templi le lodi della divinità con cantici maestosi e solenni. Il suono ed il canto erano fra i più importanti elementi delle feste pubbliche e private, non escluse le funebri cerimonie e pie. (1) Le prime Società corali (Orphéons) formaronsi in Germania; fu Carlo Federico Zelter, allievo e successore di Fasch, che nel 1809 creava la Liedertafel (Tavola delle canzoni), la prima idea della quale era venuta fuori l’anno innanzi in occasione che parecchi membri della celebre Singakademie avevano dato una cena ad Otto Grell. I canti di Korner, musicati dal Weber, contribuirono a rendere popolare il genere nuovo. Senonchè quasi contemporaneamente Ncegeli fondava il Mànner Chor ( coro di uomini ) di Zurigo. Però a Berlino la Liedertafel era istituzione di tendenze, diremo, aristocratiche, o puramente artistiche; mentre a Zurigo il Mdnner Chor aveva popolari tendenze, presentiva, cioè, lo spirito degli Orphéons moderni. In venticinque anni circa — 1808-1835 — le società corali si formarono rapidamente in modo, che in ogni città di Germania se ne contò una, e la Svizzera noverò 20,000 cantanti. L’iniziativa presa da questi paesi fu presto seguita dalla Francia e dalla Germania; e d’allora in poi queste feste musicali divennero sempre più importanti, in modo che al presente sono la vita e la principale ragione d’esistenza delle Società corali. — Vedi il giornale della Società del Quartetto di Milano; anno I, n.° 10, 31 ottobre 1864. Plutarco disse, che non vi e cosa più atta della musica ad eccitare in ogni circostanza gli animi all’entusiasmo, e perfino a fronte dei pericoli della guerra. Quintiliano stesso attribuisce in gran parte il coraggio delle romane legioni al possente effetto che in mezzo a quelle faceva il canto ed il suono dei corni e delle trombe guerriere. Che se poi si ricorra presso agli Ebrei «che furono i primi a coltivare questa scienza,» troveremo, che, appo questi, la musica era sì maravigliosa e sublime che i loro salmi attraevano al tempio l’Ebrea Nazione; ed erano fin presso gli stranieri di tale incanto, che i Babilonesi importunavano i prigionieri Israeliti dicendo: Hymnum cantate nobis de canticis Sion. L’impero della musica è dunque universale. La sua lingua è comune a tutti i popoli: essa riscalda l’intelletto ed il cuore, addolcisce i caratteri e le passioni con potenza efficace e soave, e nutre infine le private e sociali virtù. Fra i vantaggi che essa arreca a compimento della più perfetta educazione morale del popolo, havvi lo sviluppo degli organi vocali e respiratori, e giova pur igienicamente, perchè, rendendoli più forti, li rende più atti a sostenere la fatica, mentre d’altra parte concede un’attività maggiore alle funzioni della vita organico-plastica. — Anzi vi sono vantaggi di ben altro rilievo, poiché l’arte ortofonica ei insegna con valide prove l’efficacia del canto sugli stessi vizii o imperfezioni di pronunzia; e, mercè l’uso di esso, si sono veduti dileguare difetti che parevano ribelli ad ogni rimedio. Paolo Mantegazza, nella Enciclopedia Popolare, dice: «Il canto introdotto nelle scuole come parte della educazione è un’ottima ginnastica del polmone, e la scuola di canto popolare che fondò per il primo in Edimburgo lord Murray, produsse stupendi effetti, e fu poi imitata in varii modi da altri. Quando i vostri bambini in casa, o i vostri scolari nelle ore di ricreazione cantano e gridano, per carità non li fate tacere, non dite loro che alzino meno la voce: è allora ch’essi aspirano vigorosamente l’ossigeno e vanno formando dell’ottimo sangue.» Naturalmente, la gioventù è inclinata al canto, e il canto in bocca del popolo è fede, amore e religione; è odio e vendetta; onde saggiamente disse Herder, che i canti popolari sono gli archivi del popolo, il tesoro della sua scienza, della sua religione, della sua teogonia e cosmogonia, della vita de’ suoi padri, dei fasti della sua storia, l’espressione del suo cuore, l’imagine del suo interno, nella gioia e nel pianto, presso il letto della sposa e accanto al sepolcro. Per l’influenza che quest’arte esercita sull’uomo istesso, trasportando l’animo suo dallo stato reale a quello dell’immaginazione, fu detta, e a buon dritto, la regina delle arti belle. La sua influenza si estende, benché in gradazioni diverse, non solamente sulle classi agiate, ma ben anche sulle inferiori, e si fi anima di questi sani principii: Dio, Famiglia e Patria; ella è germe di moralità e di forze generose. Lo stesso Cesare Cantù dice: che le buone abitudini mutano i costumi. Chi s’avvezzò a distrazioni innocenti non è tentato a cercare l’oblio di sè stesso nelle vergognose, e anche il divertimento diviene un’educazione. Anche Nicolò Tommaseo nel suo bellissimo libro, I doveri e i diritti d’ogni buon Italiano, che meriterebbe di essere più conosciuto, dice: che il suono e il canto dovrebbero farsi dell’educazione del popolo parte viva. Già per istinto in Italia si canta; ma i canti dovrebbero essere, non come sono nelle città e ormai in troppi luoghi anche fuori, brani d’arie teatrali senza senso o con ignobile senso, e storpiati; non, come nelle campagne, stornelli e villolte o canzonette scipite o peggio, che vengono di città, come tanfate da luogo fetido: dovrebbero essere versi schietti con idee degne e immagini belle, con musica o fatta sull’arie che il popolo canta già. o nuova e semplice, sull’andare di quelle. La apprenderebbero a orecchio anco gli uomini e le donne che non son giovanette: ma ai giovanetti apprendere nelle scuole un po’ di musica per principii, sarebbe esercizio del petto e di buona pronunzia., piacere, e forse con gli anni guadagno, nón come arte di per sè sola, ma provvida giunta di soprappiù. [p. 429 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 431 La musica lia le sue figure; la sospensione, Fesclamazione, le interrogazioni, le sue fermate; lia i suoi stili, il suo rispettivo ordine e metro come la poesia. In luogo della declamazione e dei gesti, ha l’esattezza nell’intonazione, nelle misure; a guisa della pittura, ha i suoi coloriti espressivi come il piano, il pianissimo, il forte, il crescendo, Y accelerando, ecc. — I suoi melodiosi concenti influiscono, non solamente sull’animo sensibile dell’uomo, ma anche, come asseriscono i naturalisti, sulle bestie. Il destriero nitrisce allo squillar delle trombe; gl’indiani col suono del flauto calmano il minaccioso furor dei serpenti, e li traggono dietro quali docili agnelli. Altri effetti si potrebbero qui riportare, noi però li taciamo per non riescire troppo prolissi. Troviamo opportuno, anzi necessario, di far notare come lo studio dell’estetica musicale debba richiamare la maggior attenzione dei cultori dell’arte di Euterpe, perocchè gli è codesto studio che ci conduce al punto ove possiamo discernere la somma utilità della musica; di vero, per arte musicale, da chi è fornito di buon senno, non so se riputeremo alcuni aborracciamenti fonici destituiti di spiritualismo, ma bensì s’intenderà ciò che ei eleva il pensiero e nobilita l’animo. E sulla bocca di molti l’espressione; «la musica deve divertire.» E perchè? noi soggiungiamo, la musica è poema, è creazione, laonde ella deve assumere tutte quelle forme che le può dare l’umana fantasia. E la musica, essendo poema, ad essa non chiederemo gli osceni canti delle orgie, ma bensì le dolci emozioni e pure che emanano dai poemi del Petrarca: alle arti belle noi chiediamo la parola che risponda ai nostri affetti, e il riso e il pianto; l’amore e il disprezzo; la speranza e il disinganno, non già i soli canti eroi-comici dell’autore della Secchia rapita, del Guadaglieli e di alcun altro.» Siccome nella poesia regnalo essi al fianco di Dante e di Petrarca, così nella musica, a lato degli autori della giocosa lira, denno regnare i grandi trovatori delle ispirazioni più sublimi. E noi osiamo asserire essere men lecito alla musica - o all’idea modulata - che non alla poesia - o all’idea articolata — lo scendere nelle sfere umili dell’estetica, perocché, nulla havvi di più sacro al mondo all’infuori della musica: è desso il linguaggio con cui la divinità si rivela all’uomo: tutto al mondo a noi presentasi terso, trasparente, possibile ad essere indagato dalla ragione; ma nella musica è un linguaggio imperscrutabile, sovrumano, divino: è il suono della voce divina che qual dittamo vitale raddolcisce i dolori dell’umanità. Giovanni VARI ETÀ Verso l’estremità della via Linz in Salisburgo trovasi il cimitero di S. Sebastiano, poco visitato dagli stranieri. Trascorrendolo vi si incontrano alcuni nomi conosciuti; Costanza de Nissen (vedova di Mozart), due sorelle di Weber (cognate di Mozart), Teoprasto Paracelsus, ecc. Ma ciò che più meraviglia è una lapide sotto le arcate, dedicata alla memoria di un giovane artista ignoto. Presentiamo ai lettori T inscrizione, letteralmente tradotta, senza farne alcun commento: DEDICATO ALLA MEMORIA DEL SIGNOR CARLO STENGL MAESTRO’ CANTORE DELL’I. R. LICEO E CONCERTISTA DI VIOLINO nato il 27 gennaio 1813, morto il 26 luglio 1837, e dei suoi figli Rosa, Carlo Gabriele e Massimiliano (a 24 anni!!!) dalla sua dolente moglie e figlia (?) Amalia Stengl, nata Bergmair. Il Concerto della vita è finito, Il Maestoso dell’ora della tua nascita, L’Allegro della tua giovinezza, L’Andante de’tuoi anni maturi, (sic) Hai percorso come artista cantante, E il gran maestro di cappella che solo intese Il profondo senso della tua ultima cadenza, sapeva bene Che solo il Finale della campana dei morti terminerebbe degnamente l’opera. Il pianista Kowalski, in un libro pubblicato testé col titolo, A travers V Amérique, fa una pittura singolare delle abitudini musicali del Canadà. Egli dice che per farsi applaudire come concertista, gli conveniva piegarsi alle tradizioni, lasciate in quei paesi da concertisti venuti prima. Ecco le sue parole: «Enrico Herz improvvisava sopra temi dati dal pubblico. Leopoldo DeMeyer suonava fantasie colla mano sinistra sola nel mentre pigliava un gelato coll’altra; Wehle, eseguiva un pezzo militare, sedendosi a certi momenti sulla tastiera bassa dal pianoforte, per imitare lo sparo del cannone. Un giorno il mio agente mi pregò vivamente di eseguire un pezzo in nuova maniera. Era necessario Dopo molto fantasticare, mi venne in mente di un artista che suonava pezzi di concerto con una spazzola, ed immaginai che coll’ala d’un cappello mi sarebbe facile fare altrettanto. Vi lascio considerare se l’annunzio di una polka di concerto eseguita con un gibus chiamasse la folla. Quel concerto mi valse la visita di due cappellai della città, i quali al domani vennero a domandarmi il permesso di dare il mio nome ad un cappello di loro invenzione. Acconsentii a patto che i due campioni di cappelli mi venissero inviati a Parigi, dove io li aspetto ancora.

La Nuova Roma così annunzia un nuovo pianoforte inventato da quel signor Paolo Alessandroni. Il pianoforte è a sette ottave e tre tasti e a doppio scappamento. Ce lo apersero e ce ne mostrarono la svariata struttura che non si può descrivere colla penna. Siamo restati compresi d’ammirazione innanzi a quella infinità di corde, di scatti e di congegni delicati minutissimi e perfetti che rivelano in chi li ha fatti uscir tutti ad uno dalle sue mani una abilità ed una pazienza più uniche che rare. Oltre la grata robustezza e precisione del suono che può riprodurre anche il più lieve sospiro d’ogni sfumatura dì nota, l’istrumento ha questo di ottimo, che non è soggetto a guasti od a rotture interne, tanta è la maestria e la solidità con cui venne costrutto. Esso ha anche una forma esterna assai bella, ed è fornito di ogni immaginabile comodità. È insomma un pianoforte da concerto veramente raro ed impagabile. L’Alessandroni incominciò a lavorare nella rinomata fabbrica di pianoforti di Erard di Parigi, e quindi tornò in patria ove disgraziatamente, non avendo mezzi, fu posto quasi in dimenticanza. Egli lavora in sua casa, e si fabbrica da sè gli istrumenti nuovi ed ingegnosi che facilitano i suoi lavori. - Il ce-lebre pianista Liszt, quando fu in Roma, conobbe l’Alessendroni ed ammirò aneli’ esso le rarissime doti del suo ingegno meccanico e gli rilasciò un suo certificato assai lusinghiero. 11 pianoforte di cui abbiamo sinora discorso verrà inviato alla esposizione di Vienna, ove farà certo bella figura tra quelli delle principali fabbriche d’Europa. La collezione d’istrumenti orientali ed affricani del Museo del Conservatorio di Parigi si va ogni giorno arricchendo. Da una lettera del sig. Schoelcher al signor Oscar Comettant risulta che oramai si compone di quarantanove pezzi interessantissimi per la loro rarità, essendo che la maggior parte di essi non furono mai visti in Europa. «Vi si segnalano, dice quella lettera, il darboukah, tamburo di terra cotta, ed il piccolo violino di zucca a due corde, che accompagna la danza delle almee di Egitto, colle castagnette di rame, una zampogna di pastore arabo d’Egitto, specie di oboe di canna egiziana; un mandolino delle baiadere di Smirne. elegantissimo di forma, un quia quia caraibo di tessuto di paglia, uno yolof di legno, ed un altro di Haiti di latta colorata; una specie di arpicella di bambou; un flauto ed una piccola chitarra messicana, una lunga arpa eolia caraiba fatta di bambou; un violino dalla testa scolpita, con cui si accompagnano *i moderni rapsodi greci; un flauto di [p. 430 modifica]432 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO greco pastore; una grand’arpa scolpita a dodici corde; un anduigue curiosissimo; un tamburo di Gambia, alto tre piedi, che il musicista seduto di sopra, picchia colle due mani; grandi chitarre di zucca, da cinque e sei corde della Gambia, del Senegai e di Gabou; una storta del Gabou; flauti o meglio oboè di canna di varii popoli della Senegambia, oltre a tamburi di varie forme dello stesso paese.» Testé inoltre la signora Paolina Viardot ha regalato al museo la sua raccolta di istrumenti asiatici; il sig. Gilson, fabbricante di pianoforti all’Isola della Reunion, ha regalato tre strumenti curiosissimi, ed il signor Jacobson, negoziante di Stocolma, ha inviato un bellissimo zuike d’avorio, i cui ornati scolpiti fanno credere appartenga al tempo della Reinaissance. Sabato, 28 dicembre. Le disposizioni al massacro che da molti anni mostra quel benedettissimo Santo Stefano, che Dio se Labbia in gloria, avrebbero dovuto sconsigliare le imprese dal porsi sotto la sua protezione. Ma la devozione delle imprese tocca il fanatismo e la superstizione; si fanno pigliare a scapellotti, ma non importa, è Santo Stefano, benedetta la mano che li somministra. Ho avuto occasione più volte di dire parecchie ragioni per le quali sarebbe suggerimento della più volgare prudenza aprire il teatro massimo in una sera che non sia quella di Santo Stefano, e non voglio ripetere cose che si sanno a memoria, tanto più che ad esser giusti, nel fiasco di giovedì passato la mano del Santo n’on ei ha nulla che fare, e credo che in tutti i trecento sessantacinque giorni dell’anno quello spettacolo di sei ore che ei fu dato sarebbe accolto collo stesso sbadiglio. Avrò torto a dirlo (ei è della onesta gente almeno che penserà cosi) avrò torto a dirlo, ma il Ruy-Blas del maestro Marchetti colle molte bellezze che contiene, e non ostante la straordinaria fortuna del suo viaggio circolare in Italia, non è nei primi atti conformato per modo da tener desto T interesse. Se si dovesse considerare il giudizio dell’altra sera, e per fortuna non è così, come la ratifica del primo giudizio, converrebbe sfrondare di molto il buon successo di parecchi anni sono; ma per me e per tutti quel buon successo rimane quello che era, frutto della simpatia per un giovine e poderoso ingegno che si rivelava, e dell’interpretazione di Tiberini che dava al protagonista una forza drammatica straordinaria nelle situazioni più importanti. Questa volta nel Ruy-Blas manca appunto il Ruy-Blas. Il tenore Campanini, a cui abbiamo due anni sono fatto accoglienze gentili, ei è ritornato come logoro dai trionfi inglesi; stona di frequente, vacilla nelle note basse e nelle medie e si arrampica con fatica alle acute. È una disillusione dolorosa che non è molto compensata da un po’ (assai poco) di franchezza acquistata colla pratica. Del resto, toltone il Campanini, lo spettacolo non si può dire infelice; anzi tutto Maurel è un eccellente Don Sallustio > pieno di eleganza, intonato, sicuro. della sua voce, disinvolto ed accurato come sono in generale gli artisti francesi; e la signora Krauss (Regina) è una ottima artista, che compensa largamente il timbro come oscuro e poco gradevole della sua voce coll’abilità del metodo, colla sicurezza dell’intonazione, coll’espressione e col sentimento che dà al canto e colla forza con cui traduce il dramma. Quanto al basso Milesi non gli si può fare alcun rimprovero; pose molt’anima nella sua parte, ha un magnifico vocione lievemente stentoreo che sta benissimo al suo carattere di vecchio fanfarone, e non falla mai nel canto, e sta in scena come pochi bassi sanno fare. Infine la signora Flora Mariani, se non si fanno confronti, fu una Casilda abbastanza lodevole, specialmente nell’ultimo atto. E i cori fecero bene la loro parte, e l’orchestra benissimo... — Per una riproduzione, via, non ei è molto male. Nondimeno, salvo rari e non universali applausi nel terzo e nel quarto atto, l’opera passò gelidamente. Come si spiega ciò? Non si spiega punto. Vi hanno nella logica dei nefasti teatrali di siffatte apparenti contraddizioni che non si spiegano, e che meglio è non spiegare. 0 m’inganno o il freddo della rappresentazione di giovedì deve aver fatto venire al gagliardo intelletto del Marchetti la febbre della produzione. Che tarda egli a darci il Gustavo Wasa? Lo aspettiamo con sincera e confidente fiducia. Perchè il capitombolo dell’inaugurazione fosse perfetto, il coreografo Pallerini, che abbiamo visto tante volte sugli altari del palcoscenico, l’altra sera fece la sua brava ruzzolata nella polvere. Per un coreografo che ha talento il guajo è lieve; si sa che i coreografi partecipano della natura dei ballerini e quando cadono non si fanno male. I sette peccati mortali sono davvero sette peccatacci, e non meritano proprio l’assoluzione; abbonda la mimica; i ballabili o troppo lunghi, o troppo confusi, i colori degli abiti mal combinati, le scene meschine, la musica ad ora ad ora buonina, in generale senza carattere, senza novità — tutto contribuì a far più nere le sette colpe del Pallerini. L’argomento dei Sette Peccali non era cattivo; una tela che annodasse le sette fila peccaminose ei era; in un momento di vena il bravo coreografo avrebbe potuto dare ad ogni peccato una tinta coreografica speciale, e finire con tutti sette insieme in qualche luogo di ritrovo comune, nell’inferno per esempio; invece molti peccati sono assolutamente mimici, e così diventano proprio imperdonabili, e tutti sono senza carattere speciale. L’ultima scena della Lussuria è un disinganno atroce per il colto e l’inclita. La modestia, la virtù e il pudore della coreografìa moderna portano il gonnellino più corto delle lussuriose del Pallerini. E passi ciò, chè dopo tutto una lussuria vestita cogli abiti della verecondia in coreografia può sembrare un’arditezza da incoraggiare; ma almeno Pallerini ei avesse dato ballabili di effetto, come ha fatto tante volte, qualche novità d’intreccio di colori; nulla; quei sette peccati farebbero arrossire il più meschino peccatore... Peccato! Non voglio dimenticarmi di dire che la prima ballerina, signora Fioretti, si fece applaudire, che è una danzatrice piena di garbo. Sant’Antonio solo che aveva il dono dell’ubiquità potrebbe fare degnamente T inventario dell’eredità lasciata da Santo Stefano. Segnalo prima di tutto un altro semi-tonfo coreografico, tanto per sbarazzarmi dei fiaschi, voglio dire il ballo liriëla, al teatro della Canobbiana. Invece la compagnia Pietriboni che recita colà piace con ragione. Il trionfo più indiscutibile è quello dei fratelli Grégoire, al teatro di S. Radegonda. Ho pronosticato male la settimana passata delle sorti di questo teatro; le operette francesi rappresentate come le rappresentano i fratelli Grégoire sembrano altra cosa da quel che sono, o ei parvero, ed hanno tutto il fascino della novità. Non c’è pericolo che alcuno stoni, nè cori, nè artisti e nemmeno l’orchestra la quale fa benino il suo compito. Meynadier nello scorso anno ei aveva fatto venir a nausea il genere; i fratelli Grégoire quasi lo riabilitano. La Princesse de Trebisonde con cui si inaugurò la stagione ebbe un successo schietto e rumoroso; quello squallido teatro non ha mai visto [p. 431 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 433 tanta gente nè udito tanti applausi. Ho sempre preferito i fratelli Grégoire a tutte le compagnie d’operette che avevamo udito, dirò di più che i fratelli Grégoire d’oggi mi paiono preferibili ai fratelli Grégoire d’una volta. Anche il Milanese vanta il suo trionfo: Annada in umid cucinata in tutte le salse della reclame da parecchie settimane, è finalmente comparsa in tavola e fu trovata una satira festevole e saporita. Al teatro della Commedia Parmenio Bettoli ha chiesto ed ottenuto la rivincita della fredda accoglienza fatta non è molto ad un suo lavoro. Giulio Alberoni ha vendicato Catilina. Lo storico argomento fu trattato, per quanto mi dicono, assai bene, e l’autore applaudito sinceramente. Prima che il regno di Santo Stefano incominciasse, quasi alla vigilia delle feste natalizie, si aprì il Carcano coll’ureo di Apolloni, che ebbe un’interpretazione molto disgraziata. Si salvarono la signora Cavedani e il baritono Nardini, due esordienti che danno buone speranze; il tenore naufragò in un mare di buona volontà. Sulle rovine di quello spettacolo, sorgono sta sera Gli Avventurieri del Braga, con Bottero. Scalvini ricinge i vecchi allori, si fa impresario del teatro Re e promette due fiabe nuovissime Pimpirimpara o la Principessa Visibile e Dac un Tai ovvero il Carnefice del proprio naso! S. F. ♦Da Roma scrivono alla Gazzetta d’Italia: Il Papa ha saputo che l’abate Liszt non solo permise alla figlia che aveva avuta colla marchesa di Agoust, di rinunziare alla religione cattolica per sciogliere il suo matrimonio col pianista Bülow e per sposare il Wagner, il maestro dell’avvenire, ma che eziandio il medesimo Liszt assistè a quelle scandalose nozze coll’autore del Lohengrin. Pio IX è dolentissimo. Egli, passeggiando, l’altro giorno esclamava: «Quel burattino di Liszt è veramente un essere indegno! Chi lo avrebbe detto? Vi ricordate quando feci venire il pianoforte a Castelgandolfo, e quando un giorno, per divertirmi, egli si mise a suonare una polka che venne ballata con tanta grazia da Borromeo e da Pacca, che faceva da donna? «La polka tremblante a cui accennava Sua Santità venne infatti ballata con straordinario successo nella gran sala di Castelgandolfo dal cardinale Borromeo, che non vestiva ancora la sacra porpora, e da monsignor Pacca, che era ancora maestro di camera. Liszt suonò un finale tanto vertiginoso e i due prelati girarono in ultimo con tale rapidità che le loro persone non si potevano più distinguere in quel turbine. In massima fu, stabilita la riedificazione del Teatro Lirico di Parigi a spese del Comune. Il prefetto della Senna in un’adunanza del Consiglio Comunale ha dichiarato che presenterà quanto prima al Consiglio un progetto apposito. Alfredo Jaell ha compiuto testé un giro musicale in Olanda. Ei diede 13 concerti: ad Amsterdam, La Aja, Rotterdam, Utrecht, Leida, Arnhenn, Bois-le-duc, ecc. con ottimo successo. Abbiamo ricevuto un bellissimo Calendario historico-musical pel 1873. che il signor Mariano de Soriano Fuentes ha pubblicato a Madrid presso 1 editore Romeno. Contiene utili notizie locali, articoli di critica e di storia, e parecchie antiche canzonette spagnuole. Ne riparleremo. y, A Koenigsberg, il 2 dicembre fu rappresentata per la prima volta un’opera di Gustavo Dullo, col titolo: Ilarald, V ultimo re sassone. Il successo fu splendido; i giornali dicono che il giovine compositore si presenta come avversario dichiarato del melodramma wagneriano. I giornali americani annunziano che la signora Nilsson ha perduto nell’incendio di Boston due case del valore di o0,000 dollari. Il giornale Le Ménestrel, riferendo la notizia, aggiunge che il danno, per ciò che le vien accertato, è anche maggiore, cioè di L. 750,000. ¥ Una delle più feconde compositrici della Germania è la signora Emilia Mayer, allieva di Lòwe, Marx e Wieprecht. Ella ha composto finora: 130 Lieder, 56 canti a quattro voci, molte sonate, variazioni, danze per pianoforte, 30 fughe, 20 corali, 11 trios per pianoforte, violino e violoncello, 12 sonate per pianoforte e violino, 5 sonate per pianoforte e violoncello, 14 quartetti d’arco e 2 per pianoforte, un’operetta con orchestra, un concerto per pianoforte con orchestra, il 118.° Salmo con orchestra, infine 7 infonie e 12 ouvertures (tra le quali una pel Faust), tutte per grande orchestra; 41 di queste composizioni furono pubblicate. Leggiamo nel Guide Musical sotto la rubrica Italia: «Il maestro Murell ha scritto un’operetta in un atto, nella quale i professori d’orchestra, faranno la loro parte sul palcoscenico e gli attori saranno in orchestra.» Bisogna andare fino a Brusselles per esser bene informati delle cose nostre! Un americano, se vero è ciò che scrivono i giornali di Nuova York, è riuscito, dopo dieci anni di lavoro, a mettere insieme un’orchestra di scimmie, composta di trent’otto virtuosi, i quali sanno la musica e suonano dinanzi al leggio come farebbero vecchi professori. Il direttore d’orchestra si chiama Batter, e si propone di condurre i suoi pensionanti a Londra nella prossima stagione. 4 In un manicomio di Parigi fu ricoverato un pazzo che pretende di aver in gola diciotto ottave. «Sarà un fabbricante di pianoforti, scrive il cronista che dà la notizia, il quale avrà mangiato i suoi fondi di magazzino. Nel Musical Standard di Londra si legge che Gounod dovette rinunziare a dirigere la Società Corale da lui fondata, perchè attaccato da una malattia che gli inglesi chiamano muralgia (?) Sappiamo che il signor Giuseppe Pelitti, rinomato fabbricante d’istrumenti musicali in Milano, ne stabilirà quanto prima un gran deposito in Nuova-York, affidandone la direzione al signor maestro Giacomo Conterio, da poco tempo dimorante in quella città.

  • A Firenze si è fondato fra i più distinti strumentisti un Consorzio artistico

col titolo di Società Orchestrale Fiorentina, allo scopo di eseguire i più celebrati lavori musicali tanto di compositori italiani che stranieri. Si propone di dare tre Concerti Sinfonici, i quali avranno luogo nella sala della Società Filarmonica (83 Via Ghibellina) nel corso del mese di gennaio 1873. ★ A Barcellona si vuol fondare una Società filarmonica allo scopo di celebrare annualmente la festa di Santa Cecilia. > Abbiamo ricevuto un dotto ed elegante studio sulla Messa in Musica, dell’egregio sacerdote Bigliani, nostro antico collaboratore. Ne parleremo in apposita rivista. 26 dicembre. Crisi al San Carlo — Maria di Rohan — Alfa ed Omega — I Pirati di Baratteria ai Buffi Napoletani — Il Birraio di Preston al teatro Nuovo. Un’infermità alquanto seria ha costretto al silenzio la Stolz, sì che il Don Carlo più non potè essere rappresentato. Nulladimeno se il Musella avesse avuto bella e pronta l’opera per la seconda compagnia avrebbe potuto metterla subito in scena col nuovo ballo, e non soffrire danni per i giorni nei quali fè mancare lo spettacolo. Ciò gli tornò funesto; intanto qualche giorno fa si credeva che il Musella si fosse dichiarato fallito, Ma dopo due giorni la crisi finanziaria era superata e il S. Carlo fa aperto con la Alaria di Rohan e col ballo Alfa e Omega lunedì sera. Dell’opera del Donizetti non ricordo una cattiva interpretazione simile; tranne due punti nei quali si fecero udire pochi e non ispontanei plausi, nel resto vi furono urla, voci di basta, e il pubblico abbandonò la sala al terzetto finale. Simili scandali non sono permessi al San Carlo; ma quando sono provocati da esecuzioni fatte come quella della Maria di Rohan sfido io il più tenero ammiratore del galateo a con [p. 432 modifica]434 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO dannare gli eccessi cui abbandonossi il pubblico nostro lunedi sera. Vi basti dire che la Maria di Rohan sembrava nè più nè meno che un’opera buffa; orchestra svogliata, cori senza colore e senz’accento, artisti che non sapevano nè potevano rilevarne quelle bellezze che a larghi tratti appariscono ne’ due primi atti, e spessissimo nel terzo. Il più sostenuto adagio era divenuto un allegretto, fortissimi ad ogni piè sospinto e senza alcuna ragione. Tutto sommato orrori, orrori, orrori. E degli artisti? Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria, e per Acuto fu gran cruccio l’assistere agli sgarbi cui il pubblico fè segno il De Bassini dopo averlo altre volte tanto festeggiato. Ma chi la vuole se la tenga, e il De Bassini che senza alcuna ragione al mondo si ostina a cantare ancora e per soprassello in opere dove il baritono deve tanto lavorare, vuole spontaneamente esporsi al dileggio, e Dio faccia che la lezione amara di lunedi a sera gli giovi consigliandolo ad una ritirata comechè per niente brillante. La Maio fu riprovata in più d’un punto dove le parve bella cosa lo sfoggiare agilità in onta alla sua voce ribelle appunto al canto fiorito; in generale mi parve insufficiente e attrice poco esperta; forse in una parte di minore impegno potrebbe passare al nostro massimo. Il tenore Celada andò bene ma non capisco perchè volle abbassare la sua aria al secondo atto, mentre ha tutte le note acute. De’ due pezzi aggiunti a Parigi per la Brambilla, la d’Aurio cantò solamente la cavatina: Per non istare in ozio, e questa pure assai male. Don Antonio si merita una tiratina d’orecchi per aver allestita una Maria di Rohan sì fatta, ha dritto a molte lodi per aver splendidamente messo in scena il ballo del Monplaisir. Figuratevi pel solo ballabile delle monete ha messo fuori duemila lire, e dicesi che l’intera spesa ascenda a settantamila lire. Evviva Musella, quest’anno è proprio in mortai contrasto con Monna spilorceria. Il ballo intanto è di quelli spettacolosi, nè io vorrò farvene una troppa minuta analisi, convinto come sono che al coreografo mancano sempre molte delle risorse che rendono al poeta drammatico più libera e più piana la via di chiaramente esporre il soggetto. Non posso trattenermi dal notare però che il Monplaisir, volendo abbracciar troppo, giunse a stringere poco o nulla; e comunque il suo ballo sia soverchiamente lungo, pure non è bastevole al vasto concetto che balenò alla mente del suo autore. Il ballo tuttavia è stupendo per quello che riguarda le scene e il vestiario ma farebbe bene l’autore ad accorciarlo alcun po’. Forse il pubblico in generale non notò questa lunghezza, perchè essendo S. M. il re in teatro, il ballo fu dato dopo il primo atto dell’opera. Fra qualche sera udremo la Favorita con la Waldmann, il Patierno, lo Sterbini ed il Miller. Sarà diretta dall’egregio maestro Serrao, che il Musella ha scritturato e ne merita lode. Al teatro de’Buffi Napoletani andò in scena un’opera delFAltavilla, scritta già nel 1844 e rappresentata al Fondo l’anno appresso. Intitolasi I Pirati di Baratteria, ed io inclinerei a chiamarla la Baratteria d’un pirata; rinnovato cosi il titolo credo dispensarmi da ogni giudizio critico su questa meschinissima produzione che dovrebbe dormire sonni profondi. Ieri sera si aperse il teatro Nuovo; cantanvi molti degli artisti scritturati al teatro de’Buffi Napoletani, e l’impresario è lo stesso Bettola; hanno rappresentato II Birraio di Preston, ma non vi fui perchè i teatri secondarii nella sera del Natale sono di dominio esclusivo della minutaglia, la quale non è sempre calma spettatrice. Andai invece al S. Carlo, dove sul cartellone vidi appiccato un cartellino manoscritto: questo avvisava il pubblico che il De Bassini non poteva cantare per un abbassamento di voce, ma che per non far mancare lo spettacolo si sarebbero dati solamente due atti della Maria di Rohan, primo e secondo, e chi voleva poteva farsi restituire il danaro del biglietto... però fino alle cinque. Non fui più in tempo e dovetti mio malgrado assistere alle scene mimiche del De Bassini, acconciarmi e udire tratto tratto qualche nota del registro medio della Maio, perchè non bisogna chiederle nè suoni acuti nè bassi, e qualche cosa di buono fatto dal solo Celada. Scandali non avvennero, ma non v’erano abbonati. Ciò m’induce a credere che questo spettacolo non è più possibile con gli abbonati. — Buon capo d’anno. jAcuto. PARIGI 25 dicembre. Musica religiosa — Le Messe di Natale — Rendiconto sommario dell’annata. — Promesse pel nuovo anno in fatto d’opere teatrali. Non dirò che tutti quelli che accorrono nelle chiese il giorno di Natale siano spinti da un sentimento di pietà ardente o di fede religiosa. Ve n’ha al certo che vi vanno per adempiere le pratiche del culto, ma non è scarso il numero di coloro che vi sono attirati dall’attrattiva della musica sacra. In questo giorno le principali chiese di Parigi, fanno eseguire una messa in musica, sia del repertorio classico, sia di qualche compositore moderno. Quest’anno, come gli altri, i contemporanei non sono stati negletti. Quelli che hanno ottenuto maggior successo sono il signor Guilmant, organista della Trinità, che ha dato in questa chiesa una messa, la terza, tra quelle che ha composto, e nella quale è un bellissimo Credo, e la signora de Grandvai la quale anch’essa ha fatto eseguire la sua messa nella bella chiesa di S. Eustacchio. Non avendo il dono dell’ubiquità, non ho potuto assistere che ad una di esse, ed ho scelto quella di Guilmant. Non posso dunque far paragoni; mi limito a far l’elogio della sola che abbia intesa. Non so perchè le voci di donna sono di nuovo eliminate dalle chiese. Vi suppliscono i fanciulli, o i rari cantori eccezionali, che per un fenomeno della natura, giacché il barbaro uso di evirar in fasce i futuri cantori per farne dei soprani non è più in vigore, hanno un genere di voce che si approssima assai a quella dei contralti e che qui chiamano hautecontre. In quanto ai soprani, i fanciulli enfants de choeur, ne fanno più o meno le veci. Ma sarebbe conveniente che si risolva una volta per sempre, se le donne sono ammesse o no a cantar nelle chiese. I compositori saprebbero su che contare, e non si dovrebbe ogni volta domandare una. permissione, che può essere data, ma che il più sovente è ricusata. Una delle due: o si trova inconveniente che le donne cantino in chiesa, anche non a vista del pubblico, ed allora non dovrebbero farlo mai, neppure nei casi ecccezionali, o non c’è nessun male a lasciarle cantare, e perchè si rifiuta loro la facoltà di farlo? All’esequie di Rossini TAlbani e la Patti cantarono frammenti dello Stabat’, in alcune messe di S. Eustacchio hanno cantato le prime donne deifi Il più delle volte il pubblico può udirle senza vederle, qual male deriva adunque dalla loro presenza alla chiesa? E la donna per sè stessa che può dare cattivi pensieri? o è il canto? Se è la donna, non ve ne sono forse centinaia tra quelli che assistono al divino ufficio? Se è il canto non capirei perché quello di un tenore può dare meno distrazioni che quello di un soprano o d’un contralto... Ma lasciamo quest’argomento che mi menerebbe troppo lontano. Ritorniamo alla musica teatrale. Qui almeno la critica è più libera e non rischia di urtarsi contro qualche canone o qualche principio di liturgia. L’anno 1872 è al termine, e non conterà certamente nel numero di quelli che hanno dato una più abbondante raccolta. Parlo, ben inteso, d’opere teatrali. Nessun’opera nuova nè francese, nè italiana! Qualche opera comica e quel che chiaman qui operette, vale a dir forse più che buffe in tre, quattro, ed anche più atti. Risultato ben povero! E triste cosa il pensare che v’è qui un teatro che ambisce al titolo di prima scena musicale del mondo (?) un teatro che chiamasi l’accademia di musica e danza, l’Opéra, insomma, con una «sovvenzione di ottocentomila franchi l’anno, e che lascia passare un anno intiero senza dar un’opera nuova! E nessuno se ne lamenta. [p. 433 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 435 Invece il numero delle opere comiche nuove date in questo anno non è scarso. Ma quasi tutte non hanno fatto che una breve apparizione. L’esperimento è stato più che concludente; si è voluto vedere se il pubblico adotterebbe la musica dell’avvenire, ed il direttore dell’Opéra comique ha chiamati a sè quelli tra i giovani compositori che si sono dichiarati più fervidi partigiani di questo genere di musica, e che chiamano qui gli apostoli della scuola neo-alemanna. Tre o quattro opere nuove sono state date da questi compositori, Duna dopo l’altra senza intervallo. Il pubblico le ha tutte accolte freddissimamente. Non ha mormorato, perocché a dir vero erano ben scritte per ciò che riguarda scienza dell’armonia, ma fastidiose all’eccesso perchè la melodia ne era pressoché totalmente bandita. Non si applaudiva che ai rarissimi pezzi, ove essa sembrava far capolino, e quasi di mala voglia. Non so se la lezione porterà giovamento, ma so che la direzione del teatro, a meno di non voler perdere le spese pel solo piacere di far tutto all’opposto di quel che il pubblico desidera, non ritornerà a tentare d’introdurre la musica neo-germanica. Alla fin dei conti, se la sala rimane vuota è essa che ei perderà. Il pubblico va altrove, va dove più la musica lo alletta. Ne è a dir che non la pregia perchè non la comprende. Perchè accorre con tanta premura ai Concerti popolari del Pasdeloup, il quale non fa eseguire che i capolavori della scuola classica alemanna? Se ha tanta vaghezza di udire le pagine di Beethoven, di Mozart, di Haydn, di Mendelssohn, vuol dire che le comprende. Allo stesso modo comprenderebbe le opere comiche dei giovani compositori francesi. Non è dunque vero che non le comprende. La vera ragione è che non gli piacciono. Ma andate a far capire questo ai compositori!... In ricambio ei si promettono tante e tante cose pel novello anno. All’Academia di musica e danza, o all’Opéra, che è lo stesso, due opere nuove e due balli, anche nuovi: uno con musica di Delibes, l’altro con musica di Guiraud, l’autore di Madama Turlupin. Le opere sono di Diaz e di Mermet; la prima è stata accettata perchè riuscì la prima nel concorso dell’anno 1869. L’altra è la Giovanna d’Arco che l’autore di Orlando a Roncisvalle ha pronta da molto tempo, e della quale si dice gran bene. Mi servo della locuzione si dice, perchè non ne ho inteso una nota. Mermet è perseverante. Aspettò undici anni per dare all’Opéra il Roland à Roncevaux, e senza il buon volere di Emilio Perrin, allora direttore Opéra, aspetterebbe ancora. Come far altrimenti quando " Opéra, che è il solo teatro ove possa darsi un lavoro serio e di qualche importanza, è rimasto fino tre anni di seguito senza dar una sola opera nuova! Che volete che facciano i poveri compositori? Quando v’era il teatro Lirico, avevano la speranza di veder, un po’ più presto o un po’più tardi, rappresentate le loro opere, come avveniva di quelle di Gounod, che vi diè tutte le sue a cominciar dal Faust. Conosco una decina di buoni maestri che hanno in portafogli un’opera bell’ed istrumentata e che aspettano. Mambrèe ha YEsclave in cinque atti; Vaucorbeil ha un Maometto anche in cinque atti, e tanti e tanti altri. Quando andranno in iscena? Chi può saperlo?... Del resto pare che nel 1873 dovremo avere Paolo e Virginia di Massé, le Florentin di Lenepveu, forse la Psyché di Ambrogio Thomas, ridotta ad opera seria e considerevolmente aumentata. Non parlo della sua Francesca da Rimini, che non è ancora terminata. Le occupazioni di Ambrogio Thomas, come direttore del Conservatorio, gl’impediscono di darsi più assiduamente alla composizione. Non vi parlo di opere comiche in uno o due atti e di operette o farse, delle quali le direzioni dei teatri hanno più che non bastano a due o tre annate teatrali. Insomma il 1873 sembra annunziarsi come un anno assai produttivo. Manco male! perocché il suo predecessore parte come un negoziante che ha fatto cattivi affari e che è stato li li per dichiarare il fallimento. In tutto questo quali saranno le sorti del teatro Italiano? Chi lo sa? Le voci sono tante e spesso contradditorie su questo povero teatro. Intanto Capoul è partito. E se non viene al più presto un nuovo tenore e sopratutto un buon tenore, non so come si andrà innanzi. Non voglio esser profeta di malaugurio, ma temo forte per questo teatro. Potesse arrivare senza ostacolo alla fine della stagione! Allora sarebbe salvo. Rimandiamo al prossimo numero la pubblicazione di due Carteggi da Berlino e da Bruxelles, pervenuti troppo tardi. COMO. Ci scrivono: Splendido esito I Puritani. Piacque molto la signora Cecilia Martelli che ha voce simpatica, agilità e metodo di canto buonissimo, oltre un aspetto gradevole. Bene gli altri. PIACENZA. Ci scrivono: La prima e seconda rappresentazione della Forza del Destino ebbero un successo completo; chiamate agli artisti in tutti i pezzi; fu fatto ripetere il Rataplan. GENOVA. Il nostro corrispondente ei scrive in data del 27: Ieri sera il Manfredo di Petrella, interpretato dalla Pantaleoni, da Parboni, De Capellio Tasca e Vecchi, ebbe un successo di stima e qualche applauso qua e là. Il ballo Fata Nix del Danesi piacque; la coppia danzante discretamente. Decorazioni, scenari e accessori molto belli, benissimo le masse. Teatro affollato e molto elegante. LECCE. Ci scrivono in data del 23: «Jeri sera andò in scena al teatro Paisiello T opera Ruy-Blas che ottenne lieto ‘successo. La Rosen Babe e il Ferrari furono applauditissimi e replicarono il duetto dell’atto terzo. Il baritena Bergamaschi ebbe speciali accoglienze festose in tutti i pezzi». I giornali che abbiamo sott’occhio confermano ciò che ei scrisse il nostro corrispondente. Il Risveglio scioglie un inno poco meno che pindarico ai tre artisti, specialmente al Bergamaschi. BARI. Il 24 ei pervenne il seguente telegramma: Forza destino esito magnifico. Messa in iscena accuratissima. Esecuzione eccellente. Moro, Irfré, Carnili alle stelle. Benissimo Guidotti, Del Negro, Sutter. Abbiamo aspettato invano altre notizie più diffuse. VIENNA. La grand’opera in cinque atti di Donizetti, Don Sebastiano, da vent’anni tanto favorita al pubblico viennese, fu testé eseguita al nuovo teatro d’Opera. La Direzione, che non risparmiò spese e fatiche per la nuova messa in iscena, fu rimunerata di uno splendido successo. BARCELLONA. Ci scrivono in data del 23: Non sgradirete un cenno esatto e sincero circa lo strepitoso successo ottenuto dalla Forza del destino, la sera di sabato 21 corrente, sulle scene del Gran Teatro del Liceo. La musica ha piaciuto immensamente ed è stata giudicata fra le migliori di Verdi. L’atto secondo e l’atto quarto hanno finora fatto la più grande impressione. Si chiese il bis di varj pzezi, ma non fu accordato che quello della sinfonia. Il maestro Bassi si volle più volte salutare dalla scena. Onore ben meritato, giacché T opera fu da lui concertata e diretta in modo da fare risaltare le multiformi bellezze che contiene. L’entusiasmo andrà sempre aumentando; certo sarà questa l’opera della stagione. Gli artisti gareggiarono di valore e di zelo. La Ponti cantò ed agì da grande artista e all’aria del secondo atto, alla melodia ed al terzetto finale destò entusiasmo, e così al gran duetto col Padre Guardiano, il Junca, che tosto si fece apprezzare per quel rinomatissimo artista che egli è. Gli applausi e le chiamate alla Ponti e al Junca furono incessanti, continue. Il magnifico finale dell’atto secondo fu dai suddetti e dai cori, eseguito in modo perfetto, con quattro chiamate. Il Vincentelli superò sè stesso nell’interpretare la non facile parte di Don Alvaro: egli emerse alla romanza, ai duetti, e al terzetto finale, riscuotendo sempre i più clamorosi e generali applausi. Ottimamente Teresina Ferni (Preziosilla), per brio per bella voce e per grazia; del rataplan si chiese con insistenza la replica. Valentissimi il baritono Toledo e il Ronconi, Don Carlo l’uno, l’altro Melitene; parteciparono con giustizia a tanto successo. Decorazioni ottime. Nell’entrante gennaio si darà il Don Carlo colla Ponti (Elisabetta), Carolina Ferni (Eboli), Vincentelli (Don Carlo), Giraldoni (Rodrigo), Junca (Filippo II), ecc. [p. 434 modifica]436 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO VERONA. Cattivo esito La Forza del destino in causa di una pessima esecuzione. Il pubblico, di cui gran parte aveva gustato l’opera a Milano ed a Vicenza, rimase indignato. L’Impresa è ora in cerca di un’altra prima donna, in sostituzione di quella già scritturata, che fu cagione principale della caduta dello spettacolo. LIVORNO. Ci annunziano che La Forza del destino ebbe invece su quel teatro, come a Piacenza e Bari, esito buonissimo: attendiamo particolari che lo confermino, ROMA. La prova generale deV Africana andò così bene, che non fu possibile aprire il teatro Apollo la sera del Santo Stefano!... E la prima volta che ciò accade. MANTOVA. Esito felice Y Africana: splendida la messa in scena: buona l’esecuzione in complesso: si fanno molti elogi al maestro concertatore e direttore Costantino Dall’Argine. NOTIZIE ITALIANE Bologna. Leggiamo nell’Ar^a: Il Consiglio Municipale, nella seduta del 16 corrente, votò L. 40,000 per lo spettacolo da darsi al teatro Comunale nell’autunno 1873. Delle tanto necessarie riforme chieste altra volta dal già consigliere Sangiorgi e ripetute oggi dal consigliere Lodi e da altri, non si fece che prendere atto, e si promise di studiarle, e si noti che ciò si ripete da ben cinque anni. Intanto colla perdita fatta dall’impresa Lambertini, chi vorrà per l’anno venturo assumere l’appalto alle stesse condizioni?... Crediamo che non sarà molto facile trovare il gonzo! A proposito del Lambertini-, affisso alle colonne abbiamo veduto un manifesto monstre, ove egli si rivolge ai concittadini onde costituire una grande società impresaria, e propone tante cose per le quali non si contenta d’invocare l’Europa, ma invoca il globo! Il redattore del programma non è stato molto felice, ma siccome ai programmi più non si crede, così chi sa che il programma-mondiale non sia coronato da lieto successo. Milano. Domenica passata, alle ore 2, ebbe luogo, come fu annunziato nella Sala del Conservatorio il Concerto di Pianoforte della signorina Emma Fumagalli. La figlia del celebre Adolfo, nei varii pezzi che eseguì, si mostrò degna dello splendido nome che porta. Suona con garbo, con forza, con mao-nifico portamento, con espressione e con sicurezza. In varie composizioni del padre ed in due pezzi di Mendelsshon ebbe applausi entusiastici. Siccome la signorina Emma e giovane molto, questo concerto si può considerai e come la vigilia di una magnifica festa avvenire, o per usare un vecchio frasario, come l’alba d’un magnifico meriggio d’artista. Al concerto presero parte i professori Rampazzini -e Cavallini, e una cantante straniera, la signora Bolles. la quale cantò l’aria dei Puritani e la Mandolinata di Paladilhe. Applausi a tutti, specialmente ai primi due. NOTIZIE ESTERE Anversa. La riforma della musica da chiesa, incominciata or è un anno da M. Benoit alla cattedrale, dà, a quanto pare, ottimi risultati. Benoit vuole bandita dalla chiesa la musica da teatro, e sostituiti motetti di Palestrina e di altri sommi. Questi intendimenti gli valsero una guerra accanita di molti e la simpatia di pochi. Coll’aiuto di questi egli riuscì testò ad eseguire per la prima volta una messa intiera di Palestrina. La cantavano 40 voci sostenute dall’organo, e l’esecuzione fu tale da impressionare il pubblico. — Berlino. Il 6 dicembre ebbe luogo un concerto” singolare a beneficio degli inondati dal mar Baltico. Era dato da quattro signore Svedesi, le quali interpretando alcuni quartetti a cappella, trassero il pubblico all’entusiasmo. Il canto delle quattro donne era pieno di fascino, per quel che scrivono i giornali. Or ecco il nome delle quattro concertiste: Weideberg, Amy Aberg, Maria Petterson e Guglielmina Sòderlund. ULTIME NOTIZIE MILANO. Alla seconda rappresentazione lo spettacolo del Teatro alla Scala non migliorò punto: l’esito dell’opera fu minore, in causa specialmente del tenore signor Campanini, che si annunciò indisposto. In tutta la sera risuonarono pochi applausi: il solo duetto del terzo atto ebbe l’unanime approvazione del pubblico. Il ballo è un fiasco completo, ed assolutamente non può reggersi: pensi presto l’Impresa a rimediare. NECROLOGIE — Londra. Enrico Blagrove, violinista, morì il 15 dicembre. — Gotha. Il sig. Sandhausen, capo musica ed organista, morì il 25 novembre. POSTA DELLA GAZZETTA Signora Ern... B... — Venezia. — N. 623. Da Vienna ei fu risposto che del pezzo desiderato è esaurita l’edizione. Signor Mart... R... — Berlino — N. 162. Fu certo o sbaglio o abuso dell’uffizio postale di costì; la Gazzetta vi giunge così affrancata da molti mesi; se il francobollo fosse stato insufficiente, la nota avrebbe avuto origine all’uffizio postale di Milano e non a quello di Berlino, anzi non sarebbe nemmeno potuto partire il giornale. Vi rimandiamo la fascia perchè possiate reclamare. L’amministrazione della Gazzetta risponde a tutti quelli che chiedono premi non compresi nel programma, che le è impossibile aderire a desiderii. Si è procurato di usare molta larghezza nella scelta, appunto per questo. “ BURE BURE Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DELLA SCIARADA DEL NUMERO 50: TRE — MA Ne mandarono la spiegazione i signori: capitano Cesare Cavallotti, S. Saladini, Ernestina Benda, Ferdinando Ghini, dott. Camillo Ciccaglia. Riuscirono premiati i signori: Dott. Ciccaglia, Ernestina Benda, Cesare Cavallotti, Ferdinando Ghini. PREMIO STRAORDINARIO TRIMESTRALE CHIAVE DIPLOMATICA (Frase d’undici parole). Ibhmausafiv leaosnosale 11 p 1 p r 11 e o e o. o i 11 11 i, o Uno fra i quattro che manderanno la spiegazione esatta della Chiave diplomatica e del Rebus, avrà in dono un’opera completa per pianoforte o pianoforte e canto, a scelta. Editore-Proprietario TITO DI G-IO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.