[p. 113 modifica ] P‘7
luogo a Firenze mentre io mi vi trovava
al tempo che era ivi radunato il Congresso
scientifico, fui molto stupefatto delle innumerevoli
negligenze occorse nella esecuzione
dell’Oratorio di Haydn la Creazione
del Mondò, la quale non offre che
ben poche difficoltà. E non di meno Firenze
può vantare degli artisti non privi
di merito, nè mancavano i mezzi d’effetto,
perocché eransi radunati 576 cantanti e 256
suonatori. Gessò ogni mia meraviglia allorché
mi si disse che il capo di tutta quella
schiera non aveva potuto ottenere da èssi
che due sole prove. Vero è bene che costui
non dava molti indizii di esimia capacità
nelle sue funzioni, tanto chè durante
l’esecuzione, il sig. Picchianti (1), valente
professore di violino che occupava
il primo seggio, dava segno di inquietarsi
del poco felice modo col quale era diretta,
ecc.
Al mio primo entrar in Italia rimasi non
poco meravigliato della negligenza con cui
suonano le orchestre e d’ella poca -cura
che presiede alla organizzazione di queste.
Ad uno dei più grandi e famosi teatri
della Penisola, per* esempio, gli stromenti
da fiato sono molto buoni, ma
deboli sono jael contrapposto i violini ed i
contrabassi. E questo diletto risulta maggiormente
sensibile ove si noli, come già
osservai in altra mia lettera, che la banda
militare suol occupare la scena pel durare
di buona metà dell’opera e del ballo, e
rende quindi più necessario il giusto equilibrio
e la robustezza delle parti componenti
la base d’ogni orchestra. Non mai
la menoma sfumatura o fina osservanza di
piani e forti, non mài quelle dilicatezze
e grazie d’esecuzione che tanto sarebbero
necessarie a dar riposo all’orecchio stancato
da un continuo fracasso assordante.
Per’amor della verità è però necessai’io
notare che codeste finezze, codeste sfumature
di piani e forti tanto ricercate nelle
orchestre perfette, andrebbero perdute di
mezzo al romore che può benissimo ’paragonarsi
a quello d’un mercato o d’una
pubblica piazza. Gli abitanti della capitale
or accennata si occupano nel, loro gran
teatro degli affari, e li trattano ad alta voce,
parlando e disputando di contratti, di variazioni
dei fondi pubblici, vanno e vengono,
ridono e.schiamazzano, come se sulla
scena e in orchestra non si facesse nulla
di meritevole della menoma attenzione.
E d’altra parte la mancanza di buone
prove e in bastevole numero è pure causa
principale della trascurata esecuzione musicale
che di solito si ode nel gran teatro
di cui vi parlo.
A Bergamo la stessa abbondanza di stromenti
d’ottone, timpani, tamburi, gran
cassa, lo stesso rumoroso sfoggio della
banda militare, e per lottare con tutto questo
apparato formidabile, de’ violini ancor
più deboli e dei bassi più infelici di quelli
dei quali vi ho detto parola più innanzi.
Il malessere ch’io soffriva all’udir quell’orchestra
era tanto maggiore in quanto che la
compagnia cantante componevasi di artisti
di vaglia. E tuttavia è da confessare che
anche per questi l’istinto italiano trionfava
della incapacità artistica, poiché in
certi momenti, e in ispecie ne’pezzi concertati, si notava un calore di sentimento,
un’unità, uno slancio che ben di rado
] si ha a lodare ne’nostri teatri, e neppure al
r gran d’Opéra a Parigi. A Roma la mia sorpresa
fu anche maggiore, perocché ivi cantanti,
coristi, suonatori d’orchestra, tutti
erano mediocri o cattivi, e nondimeno non
potei a meno di ammirare l’animatezza di
tutta quella gente nel finale del primo atto
della Maria di Rudenz. Fra
le città d’Italia da me visitate, Napoli
è quella ove trovai l’esecuzione generale
clella musica nello stato il più soddisfacevole,
abbenchè al teatro san Carlo
la non sia più così buona, coni’ eli’ era alcuni
anni fa quando Festa dirigeva l’orchestra.
Eppure non era a lui dovuto l’impulso
a far meglio di quanto prima di lui
in qùesto proposito si faceva, ma, uomo
d’istinto e di talento, egli aveva avverate
le mire di Rossini. L’illustre compositore
aveva stretto con Barbaja un contratto che
lo obbligava a dirigere la musica del teatro,.
con una paga di i2000 franchi per
anno} e le cure di Rossini si erano dapprima
rivolte all’orchestra, la cui composizione
era assolatamente viziosa. Per esempio, in quella numerosa orchestra non
v’erano che due sole viole e tre violoncelli.
Il suo genio aveva indovinato una
perfezione d’esecuzione che mai non avèva
potuto udire il suo orecchio, e le sue esigenze
avevano insensibilmente indotti i
suonatori a certe delicatezze d’espressione
per lo innanzi neppur sospettate. Dopo
partito Rossini, Festa aveva mantenuta
l’orchestra sulla buona via per la quale
era stata posta dal gran maestro, ma dopo
la morte di lui le buone tradizioni si sono
insensibilmente alterate, e sebbene sia ancora
incontestabile la superiorità dell’orchestra
del san Carlo su quella degli altri
teatri d’Italia 6), pure ha essa molto perduto
del suo antico valoi’e.
Gli altri teatri di Napoli non offrono
nulla di straordinario, o per dir meglio
sono tutti mediocri sotto questo rapporto.
Non parlo già dei piccoli che sono molti,
e ne’quali si rappresenta talvolta l’opera
in musica, ma sempre con cattive.parti sì
di canto che d’orchestra. L’orchestra del
Fondo non è che un raddoppio di quella
di san Carlo, quella del teatro Nuovo pecca
delle trascuratezze proprie a tutte le altre
orchestre d’Italia. Delle altre non vai la
pena tener discorso.
Parlando dell’esecuzione generale della
musica non posso passar sotto silenzio
quella che si ode nei Conservatorii. Ma
volendo dire con qualche dettaglio ciò che
ho veduto ed inteso in queste scuole ne
farò tema di un’altra mia lettera.
I difetti da me osservati intorno all’esecuzione
generale della musica, le negligenze degli
stromentisti e dei coristi, la nessuna cura
delle mezzetinte e delle finezze, mi paiono
i risultati dell’educazione musicale e delle
abitudini del pubblico, e fors’anche dell’organizzazione
sociale. I teatri, in generale
vastissimi, sono male illuminati, all’eccezione
di’alcuni giorni di festa e di solennità,
nei quali si versa un torrente di luce
dalle candele di cera che guerniscono la
platea dal basso all’alto. La mancanza di
illuminazione è in certe platee spinta al
segno che poco è meno un’oscurità perfetta}
è cosi quella di Bergamo, ove non
vi sono punto fanali. Nelle località avvezze
a questo sistema non si ha luce che dalla
ribalta e in alcuni palchetti mutali in gabinetti
di. conversazione. Egli è qui ove
vengono a visitarsi le persone che ben di
(I) Senza boria municipale ì
trebbe far qualche obbiezione t
Félis?
a milanese non poquesto
giudizio del
rado si trovano assieme a casa loro} egli |
è qui dove gli stranieri sono presentati, f
La distrazione vi è dunque permanen- i
te, la conversazione vi si fa ad alta voce, e l
da tutto ciò risulta un bisbiglio ed un sordo
chiacclierio che rende impossibile il distinguere
le finezze e le dilicatezze di esecuzione.
Dirò di più: non è punto possibile
recar alla perfezione l’esecuzion musicale
quando si ha a fare con un pubblico che
non px-esta punto attenzione } perocché
questa pex’fezione non è solamente il prodotto
di un buon meccanismo, ma risulta
bcnanco da una tal quale px’opagazione
delle emozioni dell’anima tra gli esecutori
e gli uditox’i, e di una specie di vicendevole
azione e reazione morale. La distiazione
da una parte induce la distrazione
dall’altra} ora, com’è possibile mai che
esecutori distratti possano far iiiilla di perfetto!
(Sarà continuato)
CRITICA. MELODRAMMATICA
Tragedia lirica in quattro ginrii, parole
«li jP. Guitti, ni «ittica «li Teotlut
a lUabellini.
Fu detto già in questo foglio come l’opera,
il cui titolo è scritto in fronte, di
questo articolo, apparisse di recente su queste
maggiori scene della Pergola, e con
quanto lusinghieri plausi fosse accolta dal
pubblico. Ora ai primi plausi hanno costantemente
tenuto dietro quelli delle sere
successive, e, ciò che è più decisivo, il
numeroso concorso degli spettatox’i. Nè fu
taciuto del pari, nè io qui starò a ripeterlo
inutilmente, quali sono i pezzi che
più specialmente hanno incontrato il pubblico
favoxe. Accingendomi però a dettare
alcune critiche osservazioni su questo lavoio
di uno dei miei migliori amici, credo
mio dovere comixxciai’e «lai dire due cose,
che, ad onor del vero e ad jnteresse del
maestro, non debbon tacersi in verun modo:
i.u che allo scopo essenziale di destare
l’interesse.dell’uditore gli è del tutto
mancato l’ajuto del poeta e spesso anzi
contrb il poeta ha dovuto lottare scrivendo: 2.° che la morte di peisona a lui cara,
e congiunta coi più stretti e sacri vincoli
del sangue, è venuta in mal punto a contristarne
l’animo, quando più abbisognavagli
esser scevro di cure e tx-anquillo per
dar mano a compire il suo artistico lavoro,
il quale, forse, per ciò in qualche parte
è restato in parte lontano da quella perfezione
a cui l’autore anelava.
Tutto ciò premesso, anziché scendex’e a
particolari, per lo più inutili e nojosi a
chi non ha sott’occhio la partitura, mi
terrò nel mio non grato ufficio di critico,
ad alcune generali considerazioni che all’interesse
generale dell’arte, non che a
quello particolare dell’autore, mi sembrano
poter riuscire.
E per cominciare notex-ò, come lo stile
cui è dietro a formarsi il Mabellini, e quale
apparisce nel Conte di Lavagna, non è
certo assolutamente nè quel di Rossini,
nò quel di Bellini, nò quel di Donizetti}
nè tampoco è quello del suo maestro Mercadante,
quantunque ( cosa ben naturale )
ne senta la maniera. Ha però sempre tanto f
d’individualità essenziale e caratteristica’, ’
da contraddistinguerlo facilmente. Questa |
circostanza di fatto, che ho sentito notare |
li [p. 114 modifica ] da diversi e da taluno, anche col tuono di
censura, è anzi pregevolissima cosa in lui,
iacchè ogni artista deve studiare i gran7
i, ed anche talora i minori maestri, per
trar prò della loro esperienza, ma deve
poi aspirare a formarsi uno stile proprio,
se non vuol restare confuso per sempre
nel volgo servile degli imitatori. Questo
stile però il Mabelliui non ha ancora terminato
di formarselo, e mentrechè a tanto
intende, è duopo, io credo, badi ad alcune
cose non indegne di considerazione»-■Cosi
mi pare che qualche volta manchi nel cantabile
di una certa necessaria ampiezza e
spontaneità di forine; che talora i suoi
canti sieno di soverchio ricercati; che si
noti nei suoi pezzi una certa eguaglianza
di fattura, o piuttosto un troppo frequente
ritorno a certi modi, a certi passi detti
comunemente di effètto, come sarebbero
le riprese quasi costanti dei motivi all’ztnisono,
o al fortissimo; passi e modi che
per tale abuso pèrdono in line ogni effetto
qualunque, meno quello di stancare gli
uditori e gli esecutori. L’avere io emessa
questa opinione al sortire dal teatro la
prima sera dopo l’opera in compagnia di
un mio buon amico, direttore di uno dei
periodici che qui si stampano, fece (forse)
che in quel giornale pochi giórni dopo
apparisse discussa e confutata, dicendo a
scusa del Mabellini aver egli così operato,
perchè la debolezza degli organi dei più
tra i cantanti dei quali poteva disporre,
non gli aveva permesso di ottenere in altro
modo che con gli unisoni un forte bastantemente
energico. Può darsi che nell’abbandono
di un dialogo confidenziale io
esprimessi la mia censura con poca esattezza,
ma mi pare impossibile che la esattezza
fosse sì scarsa quanto poca è la logica
che regna nella confutazione o risposta,
vera petizion di principio di genere
non ordinario. Non consiste essa infatti che
nel confessare la giustezza della censura,
la esistenza del difètto, se difètto pur è,
da me rimarcato. Non tanto censurava io
quegli unisoni per sè stessi, quauto per
essere stati pel compositore mezzo quasi
costante per ottenere delle troppo frequenti
sortite o riprese al fortissimo di motivi
prima annunziati diversamente; lo che accennai
già di sopra a quali non felici risultati
conduca. E questi risultati si rendono
anche più forti nella presènte opera
di Mabellini per un sistema fraternizzante
di strumentazione, troppo generalmente
carica di fragorosi strumenti, di ottoni in
specie (*).
Certo che il vizio da me ultimamente
notato relativamente alla strumentatura è
nù della scuola, anzi dell’opera, che del’individuo;
ma gradirei che Mabellini,
col buon gusto e (dirò così) il tatto musicale
che possiede, sentisse la necessità
(1) Non so situare meglio clic in’questa nota la
seguente osservazione: in un pezzo quasi tutto di
forza fa piacere l’imbattersi in qualche tempo di mezzo
o cantabile o parlante: è questo allora come un’oasi
clic serve a riposare piacevolmente l’uditore nel suo
cammino. Ma se, appena annunziato, quel cantabile o
quel parlante s’interrompe con nuovo tuonar dcll’orcheslra,
la delusione si fa dolorosa. L’oasi si converte
allora in una specie di fata-moryana clic inganna l’anelante
viaggiatore con fallace apparenza, dietro la
quale gli solleva contro più che mai terribili i turbini
di sabbia infuocata, il vento distruttore del deserto.
Cosi, per esempio, in mezzo al duetto del tenore e
del basso nella prima parte propone il maestro un
bellissimo.misterioso parlante, ma non appena l’ha
proposto ritornano in campo i soliti scopii di forte che
bau dominato lutto il pruno tempo, ed a mio credere
ne danneggiano molto il generale effetto.
di una riforma in questa parte importantissima
dell’arte. Quando l’orchestra altro
ufizio non aveva che di sostenere in tuono
i cantanti, poca attenzione voleva; ma da
quando, per opera principalmente di Jomelli,
fu chiamata a prendere una parte
più attiva nel melodramma, quando, per
far uso della frase del suddetto maestro,
cominciò a cantare ancor essa, la cosa
cambiò- aspetto, e tanto maggiore interesse
andò sempre destando, in quantochè
somministra adesso alla composizione
buona jìarte del drammatico colorito. Di
qui la cura di aumentarne a poco a poco
fino a somma non pria sognata il numero
dei componenti, di qui l’impegno nell’introdurvi
i tanti stromenti che si perfezionarono
o s’inventarono oltremonte.
Ora è un curioso fenomeno il vedere come,
se si eccettui, un cresciuto continuo rumore,
al quale il nostro orecchio si è reso
ormai per abitudine poco men che insensibile, non vanta la moderna musica italiana
di fronte a tanta copia di mezzi una
maggiore varietà di effetti di quella che,
nella ristrettezza dei mezzi allora posseduti,
ne vantasse l’antica. E di ciò è facile
trovar la causa nell’abuso generalmente
praticato d’impiegare del continuo tutti
gli stromenti, niuuo eccettuato, e d’impiegarli
combinati presso a poco sempre
nello stesso modo. Una volta, fuorché
nelle overture, nei pochi pezzi d’insieme
che usavansi, e nei punti che richiedevano
una gran forza di espressione, mai l’orchestra
nnpiegavasi tutta intiera; così, mentre
in un pezzo facevansi suonare, per
esempio, gli oboe, in un altro tacevano
questi e suonavano in vece i flauti traversi,
e così via discorrendo. Ora, per
quanto meschino possa a noi parere questo
sistema^ è un fatto che quelle combinazioni
diverse producevano altrettante
modificazioni di effetto, che trattenevano
con piacevole varietà l’attenzione dello
spettatore. Della stessa piacevole varietà
si mostrarono sempre studiosi nello strumentare
i Tedeschi, e lo si è mostrato tra
i nostri sommamente Rossini. Ma dove è
ella mai questa varietà negli altri nostri,
di fronte alle diciassette o diciotto specie
diverse di stromenti che impiegano costantemente, senza risparmiare a chi ascolta
gli urli terribili dell olicleide, il cupo clangore
del trombone, i colpi della gran
cassa, neppure nelle semplici cavatine o nei
duetti amorosi?
Del lesto se Mabellini patisce un tantino
di questa malattia dell’epoca e della
scuola a cui appartiene, bisogna però d’altronde
convenire che mostra anche un bel
possesso del maneggio degli stromenti, i
quali sa, quando vuole, impiegare anche
in un modo, se non del tutto nuovo, però
non comune per certo. Tale è l’uso quasi
direi alla Meyerbeer che fa talora dei violoncelli,
l’impiego dei clarinetti nella loro
ottava bassa, ecc., ecc. Solo mi pare che
un poco troppo frequenti si riscontrino
nella sua stromentazione le sortite di stromenti
da fiato con note picchettate per
terze o per seste, e certi trilli e mordenti
dei flauti e clarinetti che, accompagnando
il canto, destano talora l’idea di un lieto
garrir di augelletti più conveniente al carattere
della pastorale, o almeno a quello
brillante della burletta, che a quello grave
e serio della tragedia.
Ma, per tornare alla parte intrinseca
della composizione, credo di avvertire una
cosa relativamente alle cabalette. - Quan
" e(
tunque sieno in generale brillanti, ve ne
sono però anche talune alquanto troppo
trite, prolisse e di un gusto un po’barocco
anzicheno: tali sono, quella dell’aria
di Eleonora nell’atto secondo, e quella
del duetto tra Giulia e Fieschi nell’atto
stesso", duetto del quale però è bellissimo
il primo tempo. - Se per un lato vantano
un genere più fiorito di quello di Mercadante,
sono però mercadantesche in quantochè
l’autore mostra aver posto tutto
l’impegno nel farle dotte; per lo che riescono
in generale alquanto lambiccate. Relativamente
a questo sistema d’indottrinare
le cabalette, credo non dispiacerà ai lettori
se riferisco un discorso òhe mi fu
tenuto qualche anno fa, quando io stesso
aveva ancora la mania, non felice per me
del pari che per le orecchie altrui, di compor
musica, dal primo fra quanti maestri
abbiano da lungo tempo saputo comandare
all’applauso. È facile intendere che parlo
di Rossini, di cui mi duole che la memoria
non mi consenta di riferire le precise
parole. Cercherò in compenso però, per
quanto mi sarà possibile, non tradirne le
idee: - «Lo scriver cabalette (ei dunque
presso a poco dicevami) non è necessario;
per anni ed anni si è fatto musica senza
cabalette, e quella musica piaceva. Se ne
è poi introdotto l’uso, ed anche questa
musica è piaciuta. Ne ciò è strano, sì pel
prestigio della novità, sì perchè la forma
della cabaletta, essendo facile e popolare,
doveva andare a genio al maggior numero.
Ora, se per un lato non saprebbesi vedere
il perchè si dovesse sempre ed inevitabilmente
scriver musica con cabalette,
da un altro lato non saprebbe intendersi
la ragione per cui la cabaletta dovesse da
ora in poi restar bandita per sempre. È
però certo che quando voglia usarsene
non conviene alterarne la primitiva facile
semplicità. La cabaletta è un campo troppo
limitato per farvi mostra di dottrina, e
tentandolo, mentre non si appagano i
dotti, alle pretensioni dei quali si resta
troppo inferiori, si scontenta il popolo, al
cui gusto queste cabalette indottrinate son
troppo superiori e sconvenienti».
Se questo ragionamento sia assolutamente
vero; se non abbia un carattere
musicalmente troppo anti-eccletico; se non
trovi qualche mentita in alcune delle bellissime
composizioni dello stesso illustre
maestro che lo emetteva; sono quistioni
che non voglio trattare; lascio che ognuno
vi faccia sopra le considerazioni che vorrà;
a me però sembra che contenga un gran
fondo di verità, e certamente riposa sopra
una gran cognizione pratica dell’effetto.
Per rappòrto all’armonia ed alla modulazione
non saprei dire altro, che nell’opera
di Mabellini e l’una e l’altra è in
generale assai ricca e forse lo è di troppo.
Però, anche gli accordi più ricercati, anche
le transizioni le più azzardate, sono
ben trattati, son fatte artisticamente.
Valgano intanto le soprascritte critiche
osservazioni quello che valer possono; è
certo però che la musica della nuova opera
di Mabellini, oltre al non peccare di plagio,
o di reminiscenze, cosa ben rara
al giorno in che siamo, merita encomio
come coscienzioso lavoro. Se vi si nota
qualche menda, il più sovente è per eccesso
e non per difetto: bel peccato in
chi è tuttavia in sull’esordire! Del resto
rivela un pieno possesso per parte dell’autore del tecnicismo musicale; brilla
per bella condotta, per nobiltà di concetti [p. 115 modifica ] | e per molta verità di espressione e spesso
a anche per un forte sentimento drammati^
co, al qual proposito mi si permetta ciJ
tare di nuovo la bella stretta dell’intro’
duzione.
Spero che la lettura di queste osservazioni
mostrerà che la sincera amicizia che
mi lega al Mabellini non mi ha impedito
di farmi critico austero sul conto del suo
lavoro. Possa questo essere un motivo maggiore
per credere sincere, e, per quanto
la mia opinione può valere, meritate le
lodi con le quali.le asserzioni stesse per
amor di verità mi è piaciuto di terminare}
e possa nuova occasione presentarsi sollecita
al giovine maestro di far mostra del
suo musicale talento, dei suoi indefessi
e buoni studj!
L. F. Casamorata.
Firenze, 27 giugno 1845.
I FANCIULLI VUSESI
AL TEATRO RE
Come l’abbiamo detto c predetto, il teatro Re è
divenuto assolutamente un teatro di moda; le più
belle c le più eleganti notabilità, i guanti più freschi
c più gialli, gli uomini di lettere, le sommità artistiche
di tutte le sorta, non isdegnano di assistere allo
spettacolo offerto da questi piccoli croi del palco scenico,
che cantano senza dimenticarsi d’agire, c che
agiscono senza dimenticarsi di cantare, cosa per Iddio! divenuta assai rara nella nostra epoca, tanto ricca
di celebrità e tanto povera, di artisti, non buoni, che
non chiediamo tanto, ma appena tollerabili. La folla
dunque, gli applausi, e degli incassi eccellenti, compensano
le fatiche dei Viancsi, che continuano intrepidamente
il corso delle loro rappresentazioni, facendo
succedere al Barbiere l’Elisire, all’Elisirc la Belty, e
lilialmente mcrcolcdila Cenerentola, ultima.opera offerta
al divertimento del pubblico ed all’istruzione dei grandi
artisti, vale a dire degli artisti più lunghi, c più grossi
unico senso" clic si può applicare in questi tempi felicemente
musicali all’epiteto grandi.
lo non mi prenderò nè il piacere nè la briga di
analizzarvi il vario talento c la disinvoltura individuale
di tutte queste creaturine, che cantarono, con un
impegno, con una costanza da fare strabiliare; questi
piccoli esseri sfuggono attraverso la rete della
critica abituale, giacché mio Dio! come parlarvi d’estensione
di voce,, di ricchezza di colorito, di slanci
sublimi, quando avete delle’ voci presso a poco tutte
eguali, che sentono piuttosto l’atmosfera dd collegio
che quella del palco scenico, quando avete dinanzi
una. piccola schiera d’anime innocenti, >che vi padano
d’amore, di sventura, di volubilità, di tradimenti con
un’ingenuità certamente adorabile, ma assai poco drammatica?
1 fanciulli Viancsi sono assolutamente degli artisti
eccezionali, che vanno presi nel loro assieme, che devono
omc la più’singolare delle compai
componenti uno spettacolo nuovo,
vicino alla parodia, e ciò grazie al
contrasto bizzarro della serietà con cui questi cari bambini
sostengono delle parti di cui non intendono,, nè
debbono intendere il significalo. Sì dunque! sentile
quella ragazzina che insegna al suo innamorato che
per guarire dalla pazzia dell’amore si diebbe ogni
di cangiur d’amante e che rifiuta il magico liquore
perchè s’affida in una ricetta più sicura, nei vezzi
del suo viso c nello splendore del suo sguardo! Al
solo udirla non direste che ella dev’essere la più
consumata c la più àbile delle civette? Ebbene guardatela
là, colla sua fronte pudica, colla sua pupilla
infantile, colla sua bocca vergine, fresca c rosata, c poi
chiedetele se avete coraggio, di interpretarvi il segreto
delle sue maliziose parole. E poi questo Don
Basilio più piccolo del suo cappello, questo sublime
} notajo, colla sua tonaca nera, colla sua grande bcr‘
retta, questo mcssuggicro tl! amor, scusai d’intatte che
j pare abbandoni il seno della nutrice per affrontare
c tranquillo le onde istallili della sceiia, questo
essere considerati c
gnic possibili, c
straordinario,;
Ncmorino triste, melanconico, che piange, prega c domanda
senza sapere perchè faccia tutto questo, c l’Almaviva
galante intraprendente che getta dapcrtutto
l’oro c l’amore, di cui non conosce clic i nomi, c
lutto l’assortimento di questa microscopica schiera di
personaggi, che se non cantassero dovrebbero balbettare, sanno essi ciò che ci sia di fino nei loro epigrammi, di commovente nella loro posizione, di comico,
di pietoso, di maligno, d’ardito nelle loro musicali
c poetiche frasi?
Alla fine sapete chi è il vero, il solo artista di questa
musicante famiglia? 11 papà Viancsi, il solo papà,
che seduto tutta la sera dinanzi al cembalo accompagna
miràbilmente i suoi dolci nati, clic non fanno che
ripetere le ispirazioni comiche c drammatiche di lui,
clic fu il loro istruttore. Chi sa quauti tesori di pazienza
ha dovuto versare quest’uomo, per far filtrare
l’arte in queste piccole teste, in queste attraenti creaturine
che domandavano invece dei cappelli di cartone,
delle sciabole di legno, delle corse pei prati, l’ozio
insomma. l’invidiabile ozio dell’infanzia,- così pieno di
occupazioni, di riso, di movimento, di lagrime senza
dolori, di follie, di gajczza c di tumulti f Ed egli, l’eccellente
padre, clic pensava all’avvenire de’suoi bamboli,
che sognava per essi l’agiatezza c l’indipendenza,
che interrogava con uno sguardo amoroso e previdente
il futm’o destino delle adorate creature, si sottopose
al più terribile incarico, a quello di gettare a
lembi la sua anima d’artista in tutte queste organizzazioni
pigmee, che il pubblico applaude c festeggia,
senza abbadarc all’ingegno modesto che si nasconde dietro
la fisonomia de’suoi fanciulli, dietro a queste figurine
lilipuzianc a cui egli ha tjittò donato, la parola,
l’accento, la più possibile intonazione, il brio, l’espressione,
l’arte, insomma, l’arte di cui egli s’era impadronito
nelle sue veglie solitarie!
Ma io mi sono ingannato, gli ’artisti in questa compagnia
sono due, giacché il sig. Augusto, il gajo c
brillante Augusto, ha pure un incontrastabile diritto
a questo epiteto-* troppo oggimai prodigato c quindi
decaduto. 11 Figaro, il Dulcamara, il Don Magnifico,
clic eccitò tanti applausi al teatro Re, inerita una distinzione.
un elogio particolare, giacché la mano sulla
coscienza, noi dobbiamo asserire che raro volle negli
artisti più provetti incontrammo il talento comico,
la vivacità c 1 eleganza d’azione, le maniere fine ed
epigrammatiche, il profondo possesso della sua parte, come. in questo interessante fanciullo. Un bello,
un magnifico avvenire d’artista sta riposto in questo
ragazzo, se, non lasciandosi accecare dagli applausi,
se ottenendo cogli anni un conveniente sviluppo
dell’organo vocale. se alimentando di sLudn c di riflessioni
la sua prccpcc intelligenza, egli nutrirà sempre
nell’anima un bisogno ardente di perfezione, ed
amcrà-l’artc coli’ entusiasmo, colla religione che sole
possono formare i veri artisti; questi cssfcri divenuti
favolosi dal giorno in cui l’avidità del lucro, l’ignoranza
più triviale s’assiscro audacemente sul trono musicale,
pretendendo omaggi, ricompense, ovazioni, specie
di ridicola pelle di leone clic non giunge però
a coprire le orecchie colossali del dolce quadrupede,
il cui nome io ometto per lasciarvi la soave c delicata
compiacenza di indovinarlo.. B-i.
CARTEGGIO.
Siamo pregati dal nostro collaboratore
signor C. /• ad inserire la seguente sua
lettera,. e si il facciamo, senza per altro
pigliar parte veruna alla quistione cui essa
accenna. ’. Al rinomalo sig. Nicolò Eustachio Cattaneo.
Non volendo estendermi a confutare i singoli rilievi
ch’ella nel N. 49 del Bazar colla maggior gentilezza
si compiacque fare ad una proposizione da me posta nel
Cenno necrologico sul testé defunto chiarissimo maestro
Domenico Quadri, proposizione suggeritami da varj
che a Firenze ebbero ad interpretare le - Lezioni di armonia
-dietro la scorta del proprio autore, cd a me
confermata da chi in Milano potè avere lo stesso vantaggio, c che perciò continuo a ritenere giusta c.ben
lontana dall’essere di nocumento ai giovani studiosi
AHEDUOTI MUSICAM
Si sa clic l’argomento del Barbiere di Siviglia era
stato trattato in Russia da Paisiello; riprodotta in
Italia quest’opera avea trovato’un maggior numero
di censori diedi apologisti; i Romani particolarmente
l’aveano accolla assai male; pure ciò non impedì che
più tardi essi non prendessero una bella passione per
questa musica, e che l’idea di scriverne-un’altra sullo
stesso soggetto non venisse da essi considerata come
un sacrilegio. E fu sotto l’influenza di queste funeste
prevenzioni, clic fu data a Roma la prima rappresentazione
del Barbiere di Siviglia di Rossini. La tempesta,
clic avea rumoreggiato sordamente durante tutto
il primo alto, scoppiò al secondo, c l’esecuzione di
questo capo d’opera di. grazia, d’eleganza e di spirito,
non lini che frammezzo alle più oltraggiami testimonianze
della pubblica disapprovazione. Alla -seconda
rappresentazione Rossini non osò comparire al
piano, e finse un’indisposizione. Seppellito nel suo
ietto egli attendeva con ansietà il risultato di quella
seconda prova, quando ad un tratto un gran rumore
si fece udire;, era il passo, di molle persone che salivano
rapidamente le scale... Còllo da una decisa paura,
Rossini s’imnginu che i Paisiellisli lo perseguitino
persino nella, sua casa c clic vogliano attentare alla
sua vita... Ma invece dei temuti nemici, compajono
Garcia, /amboni. BótiCclli clic vengono ad annunciargli
che l’opera,è"andata alle stelle, e. che gli spettatori
innondano la strada alla luce delle lorcic, per dargli
una non equivoca testimonianza della loro ammirazione.
Nel medesimo istante si intendono mille grida
ripètere: Viva Bossini, viva il Barbiere! 11 maestro,
riproso fiato, si mostrò alla finestra per ringraziare
la folla, clic nel suo slancio d’entusiasmo univa un
po’ di gloria ai cento scudi, clic dovea dargli l’impresario
pel più perfetto fótse dei capolavori della
se.uola- Italiana.
NOTIZIE MUSICALI DIVERSE
— Micino. Già da parecchi giorni trovasi in Milano
il celebre compositore pianista Finis, artista fra i pochissimi
al giorno d’oggi le cui opere il più delle volte
sian dirette ad un coscienzioso cd elevato scopo, c nelle
quali si trovi accoppiato il bello della antica o classica a
quello delia moderna scuola. Vuoisi che Finis abbia in manoscritto
rìlciiiic scelte composizioni, da chi ebbe ad udirle
giudicale degne de’ più grandi cncómj: la- loro pubblicazione
non potrà essere clic una fortuna po’ nostri cultori
di pianoforte.
detta musica; le mie forze e le mie abitudini non con- b
sentendo che mi abbia a spingere nelle latebre delle e
polemiche scientifiche, chè io immensamente solo amo ^
la musica, passo ad accertarla, onorevolissimo sig. Cai- l
tanco, che la ragionevolezza e la lealtà artistica del £
lagrimato maestro in nulla affatto si trovaro.no aver
ceduto alla forza logica, alle ragioni tecniche del Rossi,
le critiche del quale, come spessissimo il Quadri mi
diceva, avrebbe ribattuto ad una ad una, se mano
mano usciva un articolo polemico sulla sua opera (e sì
che furon molli e nella loro esposizione non moderali)
la salute di lui non fosse andata sempre più declinando,
cd il male da cui da lungo tempo era travaglialo non
avesse fatti terribili e pur troppo fatali progressi a cui
non’poco contribuì l’accoramento elio n’ebbe (1) dal
vedere sì alla lunga malmenato il suo trattato d’armonia,
clic non sarebbe a meravigliarsi, se egli lo avesse
tenuto in maggior pregio di quel che per avventura valesse.
giacche ovunque lo vide favorevolmente accolto e
fatto scopo di lodi, e per esso già da molti anni decorosamente
si procacciava comoda sussistenza. - Fra i
manoscritti lasciati dal maestro Quadri nolansi alcuni
brani in risposta al sig. maestro Rossi: morte troncò
il suo lavoro fin dalle prime pagine.
I principi elementari di musica ridoni a nuovo e
più facile metodo in un volumetto separato precedono
j la terza edizione delle.Lezioni di armonia; di essa al
mio ritorno in città non - mancherò di farle avere una
Godo infinitamente che questa circostanza fni abbia
^procuralo l’onore di ricevere una cortesissima e benevola
lettera di Lei, clic per l’utile dell’arte tanto si distinguo
nella letteratura, critica e didattica musicale.
Is. C.
j (I) Allorché dopo la inserzione dei primi articoli
critici del maestro Rossi venne a nostra notizia che
Vor defunto sig. Quadri era indisposto di salute, noi
credemmo nostro debito sospendere la pubblicazione
de’susseguenti; ma ui amico intimo del detto Quaaltro
luogo atte censure del nominato maestro Rossi, ci assicurò che nulla o ben poco di esse censure
si curava il Quadri e che per conto suo egli era tutl’altro
che malcontento dell’inserzione, poiché riscrbavasi
a suo tempo di ribatterle e di porne in evidenza
la ingiustizia. B. [p. 116 modifica ] — Altcndcsi a Londra con impazienza il tenore Duprcz
che debbe colà debutare nella Lucia e nel Guglielmo
Teli.
— Al Frincess- Thédtre di Londra si darà quanto
prima lo Puits d’amour di Balfe.
— Una serata musicale d’un genere affatto nuovo fu
data a Londra nel giugno appena decorso. Sul programma
erano stampate queste parole «Tombola Concert.
- Ciascuno clic acquisterà un biglietto d’ingresso avrà
«diritto ad un biglietto di lotteria, clic gli darà la spe■
raiiza di guadagnare un magnifico piano od alcune
• ceiitinaja di sparliti musicali del più alto prezzo».
Sventuratamente l’artista speculatore,.clic credeva d’aver
forse scoperto una nuova e ricca miniera, dovette chiudere
la porta della sala per mancanza di pubblico.
Dòhler, a cui è morto il padre, resterà a Parigi
fino alla fine del mese, e pariirà quindi per dirigersi
alla volta di Milano, giacché egli conta di passare in
Italia l’epoca del lutto. Dopo,egli ritornerà a Parigi per
passarvi l’inverno, contando di dare colà
numero di concerti.
— Gli ammiratori parigini della musica antica saranno
soddisfatti, giacché fra poco sarà rimesso in iscena
V Edipo a Colone, nel quale Lcvasscur sosterrà la parte
d’Edipo, la Dorus-Gras quella di Antigone, mentre Masso!
sarà il Teseo c Mariè il Polinice.
— in una delle ultime sedute della Camera dei deputali,
si è votato sulle sovvenzioni teatrali nuove ed
antiche. Quella dell’Accademia-reale di musica, ossia
della Grand’-Opéra, c quella dcH’Opéra-Comique, sono
state votate senza quasi nessuna obbiezione. L’Odeon
ha pure ottenuti i suoi 60,000 fr. ma l’Opera italiana,
clic domandava una somma eguale, fu meno avventurata.
La Camera-’, adottando il progetto della Commissione,
abbandonò il teatro italiano alle sole sue risorse. Questa
decisione, lo citiamo con piacere, eccitò le osservazioni
di molti.giornali, clic deplorano quest’estremo spirito
d’economia che minaccia di privare la Francia della
più grande scuola musicale clic possa desiderarsi, giacché
alla fine senza gli artisti italiani questa nazione non
avrebbe forse ancora ne un’arte propria, nè avrebbe cercato
di formarsi dei metodi di canto, che lodano meno
contro il buon gusto e, diremmo quasi, contro il buon
— . Il comitato storico attaccato al ministero dell’interno
(Parigi) è chiamato a dare il suo assenso ad una misura
della massima importanza pell’istoria e peli’archeologia
della musica. Si tratterebbe di riunire c di pubblicare
tutte le messe che furono, composte nel medio evo e
fino ai cominciare del secolo decimo settimo sul motivo
della canzone i’//ornine armò. Se questa pbbblicazione
ha luogo, eome noi lo speriamo, si olTrirà un eccellente
mezzo agli storici dell’arte per confrontare i diversi metodi
di ciascun maestro, di ciascuna scuola c di ciascun’cpoca,
applicati ad un solo motivo. Il numero delle
messe composte sulla canzone sopra citata, c che sarebbe
possibile di riunire,’ s’eleva a più di treccnto.L’inizialiva
di questa proposta è dovuta al signor Botlée de
Toulmon, bibliotecario del Conservatorio.
— Il tribunale di commercio di Lione decise ultimamente
che gli attori debbono considerarsi come debutanti
per le tre prime rappresentazioni di ciascuna annata
teatrale,e clic perciò essi non possano prima,d’aver
passata questa prova, pretendere le loro paghe, se a caso
il pubblico si dichiarasse contressi.
— Alcuni giornali asserivano, ma a torlo, clic la troppo
celebre Heihefetler era scritturata per Lillà; essa rifiutò
di accettare le condizioni, benché assai vantaggiose,che
le venivano proposte. È intenzione dell’Hciucfctlcr di
dare ben presto alcune rappresentazioni sovra i teatri
principali del mezzogiorno della Francia c di recarsi
quindi in Italia a perfezionarvi il suo talento.
ftlZIO^AHIO MUSICALE
CRITICO-UMORISTICO
Continuazione.
Accompagnamento (d’Orchestra) Sono molto le eccellenti
Orchestre?... molte, ci rispondono que’credenzoni
tanto buoni che arrivano a prestar fede perfino a
certi sguajati Giornalisti che, nel parlar di Musica, di
Teatri e di teatrali Artisti (V. Giornalista), ti sputano
in faccia all’attuale penuria di valenti Cantanti attori
tanto sommità, eccellenze, incomparabilità, ti vendono
a vile prezzo tanto incenso e zucchero da far nausea a
chi non ha stomaco da facchino, mentre recano molti
danni all’arte ed a coloro che ne speran dilettevole ed
utile trattenimento, c peggio.poi a quelli che ne sperano
oro c alloro. Ma se poi interroghiamo le non bugiarde
statistiche, siamo invece costretti a confessare
che sono pochissime le eccellenti orchestre, anche nella
iper-musicale Italia. Che se poi verremo a considerare
gli clementi indispensabili a costituire un’eccellente or»
cheslra, calcolando in pari tempo le attuali nostre condizioni
musicali, troveremo che per necessità devono essere
pochissime (V. Orchestra). E fin qui ho inteso
parlare dell’Orchestra esecutrice di musica puramente
istrumcntalc, ma se prendiamo ad esaminare le Orchestre
dal lato deU’^ccompapnamenfo del Canto, oh! il
numero delle eccellenti si fa egregiamente piccolo, per- |
chè, oltre ai tanti e niente comuni pregi che devono concorrere
a costituire l’eccellenza di un’Orchestra, per la i
precisa esecuzione di Sinfonie, Concerti, Fantasie e cose i
di simi! genere, altri requisiti di ancor più fina tempra |
sono indispensabili a costituire un ’eccellente accompatrice
Orchestra, capace di eseguire un accompagnamento
con tutta la fedeltà alle intenzioni del Compositore, un accompagnamento
che soccorra, assecondi il Canto, non solo
negli accenti-tccnico-mclodici c loro sfumature tantissime,
ma anche nel difficilissimo accento drammatico. Mezzoforte,
Forte, Fortissimo, Sforzato (il caro, il prediletto
de’ Maestri Fracassoni ), Piano c Pianissimo, eccovi
tutta la teorica del Colorilo musicale per certi Direttori
d’Orchestra; eppure que’ vocaboli non indicali che
le divisioni all’ingrosso dell’estesissima scala delle gradazioni
che passano fra ’I Piano e ’I Forte fra ’I Forte
ed il Fortissimo. Cosi nel Tempo essi conoscono Largo,
Adagio, Andantino, Andante, Allegretto, Allegro,
c quale’ altro punto fisso, con qualche intermedio di
con moto, molto, non tanto c pochi altri... eppure sono
tante le suddivisioni di movenza, p. c., fra Largo c Adagio,
fra Andante cd Andantino, e sono tanto importanti
queste suddivisioni che, trascurandone anche una minima
diversità, si può svisare un senso musicale, si può
toglierne la pienezza dell’effetto, si può fargli esprimere
Ti saluto mentre il canto dice T’adoro, si può dar coi
suoni la tinta della vispa giocondità alla poesia che esprime
la voluttà soave. Volete un paragone che vi chiarisca
la diversità di effetto fra quello di un’orchestra che
sappia colorire a dovere gli Accompagnamenti, e quel
d’un’altra che. consideri gli Accenti senza la voluta
finezza? paragonate la prima alla tavolozza di quel pittore
che non sa dipingere che coi primitivi colori e due
o tre misti per cadauno, con quello che sa variare in
tutti i modi possibili le proporzioni fra i componenti
delle sue tinte; questo vi pingerà immagini di ogni vero
fisico, ma il primo non vi farà che.insignificanti abbozzi.,
c di abbozzatrici Orchestre ne abbiamo, oh! ne abbiamo
a josa; ve lo sapran dire i Cantanti, i Compositori e
tutti quelli che per la musica hanno una fina sensitiva,
ed orecchie di discreta portata.
(.’arò continuato). Nic. Elst. Cattaneo.
510TE PUBBLICAZIONI MUSICALI
DELL’l. II. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.0
DI GIOVASSI RICORDI
INTORNO ALLO SCRIVERE
LA, MTOIOA.
imo bebcafichi
liO li Un opuscolcllo in §.° Fr. 1.
UU là fllfll
MUSICA DEL M.°
8,
ridotta in Quartetto concertante
per due Violini, Viola e Violoncello
per Flauto, Violino, Viola
e,Violoncello
14089-90 Fr. 20.
■e’f*
CAVATINA BUFFA
per Canto con accomp. «11 Pianoforte
©a
14653 Fr. 1 50
GIOVANNI RICORDI
EDITOBE-PROPRIETABIO.
Dall’I. R. Stabilimento Razionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI
Contrada degli Omenoni N. 1720.
I — Roma. L’egregio autore (Iella melodica Fina pazza! clic da qualche anno fra noi sembrava aver abbandoi
nato l’agone teatrale, ora riportò un nuovo vanto, musicando
il Colletto, interessante melodramma del Per!
retti, cli’ò sempre fra i migliori librettisti della giornata,
I allorché trattasi di argomenti non eroici né tragici. Varj
giornali annunziarono il felice esito della nuova opera
del Coppola: da notizie particolari o dalla Rivista se
ne aspetta la conferma.
— Natoli. L’Omnibus tributa vivissimi elogj a madama
Bishop, la quale in un’accademia al teatro di
S. Carlo riusci a meraviglia nella cavatina del Barbiere
di Siviglia, cd al rinomato Bochsa denominalo il Paganini,
il Thalberg, il Liszt dell’arpa.
— L’istcsso giornale dando la relazione dei Morto ed il
Vivo, opera del maestro Brancaccio scritta, espressamente
pel teatro Nuovo, difende la musica del giovane compositore
ed appellasi con argomenti abbastanza convincenti
dal severo giudizio del pubblico.
— Reggio k Ferrara. Nella prima città la/Wrcedcl
maestro Péri andò di bene in meglio, all’immaginoso cd
abile compositore procacciando distinti onori; nella seconda
invece sembra che il Saul alle successive rappresentazioni
non avesse l’incontro della prima.
— Venezia. L’avvenente non mcn clic esperta violinista
Teresa Ottavo al teatro diS. Benedetto fu più che
mai acclamata.
— Torino. Chi più guarda meno vede. Tale è il titolo
dell’opera nuova dal maestro Bavcr esposta nel teatro
d’Angenncs; in questa musica v’ha del brio, della
vita, delta freschezza e dell’eleganza: cosi stampò un
nostro giornale.
— Vienna. Da recenti notizie particolari rilevasi che
la Maria di Rohan di Donizelti più si sente più piace,
e che ad ogni sua rappresentazione il teatro rigurgita di
spettatori. Fra i pezzi che meglio sono apprezzali, notansi
la elaborata c sì magnificamente istromentala sinfonia, la
ben colorita cavatina della Tadoliui, il finale del primo
allo; l’affettuosa romanza di Guasco nel secondo, il
duello fra questi c Ronconije|raltro appassionato duetto
colla Tadoliui. Tutto il terzo atto poi, a motivo anche
della sorprendente esecuzione di Ronconi si nel canto,
che nella declamazione, è giudicala un capolavoro tale
da accrescere la gloria del rinomato compositore che in
mirabile accordo unì l’imaginazionc musicale cull’espressione
drammatica e colla profondità scientifica. L’aria
di Ronconi, il quale mai non apparve si grande come in
questa opera, il duetto fra questi c la Tadoliui ed il
magico terzetto finale, hanno in sé qualche cosa clic
trasporta c cominovc e lascia una lunga c forte impressione.
Il terzo atto della Afaria di Rohan tocca la sublimità.
— Firenze. La mattina della scorsa domenica ebbe
luogo nel gran salone di Falazzo Vecchio, il solito festival’musicale. Furono eseguite da circa 500 persone Le
quattro stagioni di Havdn, o piuttosto alcuni pezzi
delle Quattro stagioni arricchiti in parte di strumentatura
dal maestro Pietro Romani direttore della festa,
in cui cantarono la Unglier-Sabalier, il maestro Ceccherini,
l’abate Federighi, ed un numeroso coro composto
ih gran parte di dilettanti della classe più nobile,
e pel resto di distintissimi artisti. La numerosa orchestra
era condotta dal Bruscagli. - L’esito non fu
troppo felice.
-- S. M. I. R. A. conferì graziosamente all’egregia
cantante signora Eugenia Tadoliui il titolo di cantante
dcll’l. R. Camera. (Dalla Gazz. Alus. di-Vienna)
— Siamo pregali a riprodurre il seguente cenno qual
si legge nella Gazzetta Privilegiala Ai Milano al N. 15U
pag. 6U0. • il sig. Gaspare Romanò ha leste pubblicato
una raccolta di 24 cscinpj del suo nuovo sistema stenografico
confrontati colla notazione ili uso.
Da quanto pare i nuovi segni servono di sufficiente
riscontro ai vecchi, cd lina tale segnatura può fin d’ora
essere sostituita all’antica. Del resto il pubblico darà il
suo giudizio sulla brevità, chiarezza c sufficienza di tale
metodo quando il Roinanò pubblicherà le relative spiegazioni.
— Ultimamente la regina; il principe Alberto e la I
regina vedova Adelaide, con altri membri della reale famiglia,
onorarono la Società della musica antica ( Ancient
Concert) della loro presenza, 11 principe Alberto,
cli’ò uno dei direttori di quella pregevole Società aveva
fatto il programma dell accademia, invece del conte di |
Wcslmorcland, cui avrebbe toccalo l’ufficio c che n’era j
impedito. Esso era composto di musica sacra c profana.
Alla prima appartenevano fra gli altri l’inno gregoriano
Crudelis fferodis, a doppio coro, del 1570; un Afisererc.
del Bay. pure a doppio coro, del 1600, che suolsi
cantare a Roma il giovedì santo, cd è la più moderna
fra le musiche ammesse dalla Cappella pontificia; un
quintetto con cori, Salvator Mundi, del Balestrine,
dell’anno 1569. Gli altri pezzi erano di Hàndel, Gluck,
Bcclhowcn, Mozart, Haydn, Cherubini, Mehul, Humincl
e Bishop. - Gli a solo furono cantati dai virtuosi più
celebri che or sicno a Londra; i cori stupendamente
eseguiti con accompagnamento d’organo ed orchestra.
- La Società sussiste fin dal 1776, e possiede una delle
più preziose raccolte di i*usica, clic si conoscano. I presenti
suoi direttori sono: il re d’Annovcr, il principe
Alberto, il duca di Cambridge, l’arcivescovo d’Yorck,
il duca di Wellington, cd i conti Wcslmorcland, Howc
e Cawdor.
— Per dare un’idea dell’attività che regnaall’Opéracomique
di Parigi, offriamo l’elenco delle opere, tulle
in tre atti, che verranno scritte appositamente per que-;
sto teatro. Oltre l’opera postuma di Afonpou, di cui I
Adam scrisse l’istromenlazione, vi sarà un’opera di;
Scribc c d’Auber, una seconda di Thomas, una terza
li Bol’cldicu, un’altra di Adam, una quinta di Clapisson,
una sesta di Moutfort, una settima cd un’ottava di Boisìciol
c di Labarre.
— A Londra la Linda di Chamounix datasi per belefieiala
della Persiani ebbe un completo successo. S. M.
a Regina assisteva a questa rappresentazione. •