Gazzetta Musicale di Milano, 1843/Suppl. al N. 27

Suppl. al N. 27

../N. 27 ../N. 28 IncludiIntestazione 10 gennaio 2022 25% Da definire

N. 27 N. 28

[p. 113 modifica]P‘7 luogo a Firenze mentre io mi vi trovava al tempo che era ivi radunato il Congresso scientifico, fui molto stupefatto delle innumerevoli negligenze occorse nella esecuzione dell’Oratorio di Haydn la Creazione del Mondò, la quale non offre che ben poche difficoltà. E non di meno Firenze può vantare degli artisti non privi di merito, nè mancavano i mezzi d’effetto, perocché eransi radunati 576 cantanti e 256 suonatori. Gessò ogni mia meraviglia allorché mi si disse che il capo di tutta quella schiera non aveva potuto ottenere da èssi che due sole prove. Vero è bene che costui non dava molti indizii di esimia capacità nelle sue funzioni, tanto chè durante l’esecuzione, il sig. Picchianti (1), valente professore di violino che occupava il primo seggio, dava segno di inquietarsi del poco felice modo col quale era diretta, ecc. Al mio primo entrar in Italia rimasi non poco meravigliato della negligenza con cui suonano le orchestre e d’ella poca -cura che presiede alla organizzazione di queste. Ad uno dei più grandi e famosi teatri della Penisola, per* esempio, gli stromenti da fiato sono molto buoni, ma deboli sono jael contrapposto i violini ed i contrabassi. E questo diletto risulta maggiormente sensibile ove si noli, come già osservai in altra mia lettera, che la banda militare suol occupare la scena pel durare di buona metà dell’opera e del ballo, e rende quindi più necessario il giusto equilibrio e la robustezza delle parti componenti la base d’ogni orchestra. Non mai la menoma sfumatura o fina osservanza di piani e forti, non mài quelle dilicatezze e grazie d’esecuzione che tanto sarebbero necessarie a dar riposo all’orecchio stancato da un continuo fracasso assordante. Per’amor della verità è però necessai’io notare che codeste finezze, codeste sfumature di piani e forti tanto ricercate nelle orchestre perfette, andrebbero perdute di mezzo al romore che può benissimo ’paragonarsi a quello d’un mercato o d’una pubblica piazza. Gli abitanti della capitale or accennata si occupano nel, loro gran teatro degli affari, e li trattano ad alta voce, parlando e disputando di contratti, di variazioni dei fondi pubblici, vanno e vengono, ridono e.schiamazzano, come se sulla scena e in orchestra non si facesse nulla di meritevole della menoma attenzione. E d’altra parte la mancanza di buone prove e in bastevole numero è pure causa principale della trascurata esecuzione musicale che di solito si ode nel gran teatro di cui vi parlo. A Bergamo la stessa abbondanza di stromenti d’ottone, timpani, tamburi, gran cassa, lo stesso rumoroso sfoggio della banda militare, e per lottare con tutto questo apparato formidabile, de’ violini ancor più deboli e dei bassi più infelici di quelli dei quali vi ho detto parola più innanzi. Il malessere ch’io soffriva all’udir quell’orchestra era tanto maggiore in quanto che la compagnia cantante componevasi di artisti di vaglia. E tuttavia è da confessare che anche per questi l’istinto italiano trionfava della incapacità artistica, poiché in certi momenti, e in ispecie ne’pezzi concertati, si notava un calore di sentimento, un’unità, uno slancio che ben di rado ] si ha a lodare ne’nostri teatri, e neppure al r gran d’Opéra a Parigi. A Roma la mia sorpresa fu anche maggiore, perocché ivi cantanti, coristi, suonatori d’orchestra, tutti erano mediocri o cattivi, e nondimeno non potei a meno di ammirare l’animatezza di tutta quella gente nel finale del primo atto della Maria di Rudenz. Fra le città d’Italia da me visitate, Napoli è quella ove trovai l’esecuzione generale clella musica nello stato il più soddisfacevole, abbenchè al teatro san Carlo la non sia più così buona, coni’ eli’ era alcuni anni fa quando Festa dirigeva l’orchestra. Eppure non era a lui dovuto l’impulso a far meglio di quanto prima di lui in qùesto proposito si faceva, ma, uomo d’istinto e di talento, egli aveva avverate le mire di Rossini. L’illustre compositore aveva stretto con Barbaja un contratto che lo obbligava a dirigere la musica del teatro,. con una paga di i2000 franchi per anno} e le cure di Rossini si erano dapprima rivolte all’orchestra, la cui composizione era assolatamente viziosa. Per esempio, in quella numerosa orchestra non v’erano che due sole viole e tre violoncelli. Il suo genio aveva indovinato una perfezione d’esecuzione che mai non avèva potuto udire il suo orecchio, e le sue esigenze avevano insensibilmente indotti i suonatori a certe delicatezze d’espressione per lo innanzi neppur sospettate. Dopo partito Rossini, Festa aveva mantenuta l’orchestra sulla buona via per la quale era stata posta dal gran maestro, ma dopo la morte di lui le buone tradizioni si sono insensibilmente alterate, e sebbene sia ancora incontestabile la superiorità dell’orchestra del san Carlo su quella degli altri teatri d’Italia 6), pure ha essa molto perduto del suo antico valoi’e. Gli altri teatri di Napoli non offrono nulla di straordinario, o per dir meglio sono tutti mediocri sotto questo rapporto. Non parlo già dei piccoli che sono molti, e ne’quali si rappresenta talvolta l’opera in musica, ma sempre con cattive.parti sì di canto che d’orchestra. L’orchestra del Fondo non è che un raddoppio di quella di san Carlo, quella del teatro Nuovo pecca delle trascuratezze proprie a tutte le altre orchestre d’Italia. Delle altre non vai la pena tener discorso. Parlando dell’esecuzione generale della musica non posso passar sotto silenzio quella che si ode nei Conservatorii. Ma volendo dire con qualche dettaglio ciò che ho veduto ed inteso in queste scuole ne farò tema di un’altra mia lettera. I difetti da me osservati intorno all’esecuzione generale della musica, le negligenze degli stromentisti e dei coristi, la nessuna cura delle mezzetinte e delle finezze, mi paiono i risultati dell’educazione musicale e delle abitudini del pubblico, e fors’anche dell’organizzazione sociale. I teatri, in generale vastissimi, sono male illuminati, all’eccezione di’alcuni giorni di festa e di solennità, nei quali si versa un torrente di luce dalle candele di cera che guerniscono la platea dal basso all’alto. La mancanza di illuminazione è in certe platee spinta al segno che poco è meno un’oscurità perfetta} è cosi quella di Bergamo, ove non vi sono punto fanali. Nelle località avvezze a questo sistema non si ha luce che dalla ribalta e in alcuni palchetti mutali in gabinetti di. conversazione. Egli è qui ove vengono a visitarsi le persone che ben di (I) Senza boria municipale ì trebbe far qualche obbiezione t Félis? a milanese non poquesto giudizio del rado si trovano assieme a casa loro} egli | è qui dove gli stranieri sono presentati, f La distrazione vi è dunque permanen- i te, la conversazione vi si fa ad alta voce, e l da tutto ciò risulta un bisbiglio ed un sordo chiacclierio che rende impossibile il distinguere le finezze e le dilicatezze di esecuzione. Dirò di più: non è punto possibile recar alla perfezione l’esecuzion musicale quando si ha a fare con un pubblico che non px-esta punto attenzione } perocché questa pex’fezione non è solamente il prodotto di un buon meccanismo, ma risulta bcnanco da una tal quale px’opagazione delle emozioni dell’anima tra gli esecutori e gli uditox’i, e di una specie di vicendevole azione e reazione morale. La distiazione da una parte induce la distrazione dall’altra} ora, com’è possibile mai che esecutori distratti possano far iiiilla di perfetto! (Sarà continuato) CRITICA. MELODRAMMATICA Tragedia lirica in quattro ginrii, parole «li jP. Guitti, ni «ittica «li Teotlut a lUabellini. Fu detto già in questo foglio come l’opera, il cui titolo è scritto in fronte, di questo articolo, apparisse di recente su queste maggiori scene della Pergola, e con quanto lusinghieri plausi fosse accolta dal pubblico. Ora ai primi plausi hanno costantemente tenuto dietro quelli delle sere successive, e, ciò che è più decisivo, il numeroso concorso degli spettatox’i. Nè fu taciuto del pari, nè io qui starò a ripeterlo inutilmente, quali sono i pezzi che più specialmente hanno incontrato il pubblico favoxe. Accingendomi però a dettare alcune critiche osservazioni su questo lavoio di uno dei miei migliori amici, credo mio dovere comixxciai’e «lai dire due cose, che, ad onor del vero e ad jnteresse del maestro, non debbon tacersi in verun modo: i.u che allo scopo essenziale di destare l’interesse.dell’uditore gli è del tutto mancato l’ajuto del poeta e spesso anzi contrb il poeta ha dovuto lottare scrivendo: 2.° che la morte di peisona a lui cara, e congiunta coi più stretti e sacri vincoli del sangue, è venuta in mal punto a contristarne l’animo, quando più abbisognavagli esser scevro di cure e tx-anquillo per dar mano a compire il suo artistico lavoro, il quale, forse, per ciò in qualche parte è restato in parte lontano da quella perfezione a cui l’autore anelava. Tutto ciò premesso, anziché scendex’e a particolari, per lo più inutili e nojosi a chi non ha sott’occhio la partitura, mi terrò nel mio non grato ufficio di critico, ad alcune generali considerazioni che all’interesse generale dell’arte, non che a quello particolare dell’autore, mi sembrano poter riuscire. E per cominciare notex-ò, come lo stile cui è dietro a formarsi il Mabellini, e quale apparisce nel Conte di Lavagna, non è certo assolutamente nè quel di Rossini, nò quel di Bellini, nò quel di Donizetti} nè tampoco è quello del suo maestro Mercadante, quantunque ( cosa ben naturale ) ne senta la maniera. Ha però sempre tanto f d’individualità essenziale e caratteristica’, ’ da contraddistinguerlo facilmente. Questa | circostanza di fatto, che ho sentito notare | li [p. 114 modifica]da diversi e da taluno, anche col tuono di censura, è anzi pregevolissima cosa in lui, iacchè ogni artista deve studiare i gran7 i, ed anche talora i minori maestri, per trar prò della loro esperienza, ma deve poi aspirare a formarsi uno stile proprio, se non vuol restare confuso per sempre nel volgo servile degli imitatori. Questo stile però il Mabelliui non ha ancora terminato di formarselo, e mentrechè a tanto intende, è duopo, io credo, badi ad alcune cose non indegne di considerazione»-■Cosi mi pare che qualche volta manchi nel cantabile di una certa necessaria ampiezza e spontaneità di forine; che talora i suoi canti sieno di soverchio ricercati; che si noti nei suoi pezzi una certa eguaglianza di fattura, o piuttosto un troppo frequente ritorno a certi modi, a certi passi detti comunemente di effètto, come sarebbero le riprese quasi costanti dei motivi all’ztnisono, o al fortissimo; passi e modi che per tale abuso pèrdono in line ogni effetto qualunque, meno quello di stancare gli uditori e gli esecutori. L’avere io emessa questa opinione al sortire dal teatro la prima sera dopo l’opera in compagnia di un mio buon amico, direttore di uno dei periodici che qui si stampano, fece (forse) che in quel giornale pochi giórni dopo apparisse discussa e confutata, dicendo a scusa del Mabellini aver egli così operato, perchè la debolezza degli organi dei più tra i cantanti dei quali poteva disporre, non gli aveva permesso di ottenere in altro modo che con gli unisoni un forte bastantemente energico. Può darsi che nell’abbandono di un dialogo confidenziale io esprimessi la mia censura con poca esattezza, ma mi pare impossibile che la esattezza fosse sì scarsa quanto poca è la logica che regna nella confutazione o risposta, vera petizion di principio di genere non ordinario. Non consiste essa infatti che nel confessare la giustezza della censura, la esistenza del difètto, se difètto pur è, da me rimarcato. Non tanto censurava io quegli unisoni per sè stessi, quauto per essere stati pel compositore mezzo quasi costante per ottenere delle troppo frequenti sortite o riprese al fortissimo di motivi prima annunziati diversamente; lo che accennai già di sopra a quali non felici risultati conduca. E questi risultati si rendono anche più forti nella presènte opera di Mabellini per un sistema fraternizzante di strumentazione, troppo generalmente carica di fragorosi strumenti, di ottoni in specie (*). Certo che il vizio da me ultimamente notato relativamente alla strumentatura è nù della scuola, anzi dell’opera, che del’individuo; ma gradirei che Mabellini, col buon gusto e (dirò così) il tatto musicale che possiede, sentisse la necessità (1) Non so situare meglio clic in’questa nota la seguente osservazione: in un pezzo quasi tutto di forza fa piacere l’imbattersi in qualche tempo di mezzo o cantabile o parlante: è questo allora come un’oasi clic serve a riposare piacevolmente l’uditore nel suo cammino. Ma se, appena annunziato, quel cantabile o quel parlante s’interrompe con nuovo tuonar dcll’orcheslra, la delusione si fa dolorosa. L’oasi si converte allora in una specie di fata-moryana clic inganna l’anelante viaggiatore con fallace apparenza, dietro la quale gli solleva contro più che mai terribili i turbini di sabbia infuocata, il vento distruttore del deserto. Cosi, per esempio, in mezzo al duetto del tenore e del basso nella prima parte propone il maestro un bellissimo.misterioso parlante, ma non appena l’ha proposto ritornano in campo i soliti scopii di forte che bau dominato lutto il pruno tempo, ed a mio credere ne danneggiano molto il generale effetto. di una riforma in questa parte importantissima dell’arte. Quando l’orchestra altro ufizio non aveva che di sostenere in tuono i cantanti, poca attenzione voleva; ma da quando, per opera principalmente di Jomelli, fu chiamata a prendere una parte più attiva nel melodramma, quando, per far uso della frase del suddetto maestro, cominciò a cantare ancor essa, la cosa cambiò- aspetto, e tanto maggiore interesse andò sempre destando, in quantochè somministra adesso alla composizione buona jìarte del drammatico colorito. Di qui la cura di aumentarne a poco a poco fino a somma non pria sognata il numero dei componenti, di qui l’impegno nell’introdurvi i tanti stromenti che si perfezionarono o s’inventarono oltremonte. Ora è un curioso fenomeno il vedere come, se si eccettui, un cresciuto continuo rumore, al quale il nostro orecchio si è reso ormai per abitudine poco men che insensibile, non vanta la moderna musica italiana di fronte a tanta copia di mezzi una maggiore varietà di effetti di quella che, nella ristrettezza dei mezzi allora posseduti, ne vantasse l’antica. E di ciò è facile trovar la causa nell’abuso generalmente praticato d’impiegare del continuo tutti gli stromenti, niuuo eccettuato, e d’impiegarli combinati presso a poco sempre nello stesso modo. Una volta, fuorché nelle overture, nei pochi pezzi d’insieme che usavansi, e nei punti che richiedevano una gran forza di espressione, mai l’orchestra nnpiegavasi tutta intiera; così, mentre in un pezzo facevansi suonare, per esempio, gli oboe, in un altro tacevano questi e suonavano in vece i flauti traversi, e così via discorrendo. Ora, per quanto meschino possa a noi parere questo sistema^ è un fatto che quelle combinazioni diverse producevano altrettante modificazioni di effetto, che trattenevano con piacevole varietà l’attenzione dello spettatore. Della stessa piacevole varietà si mostrarono sempre studiosi nello strumentare i Tedeschi, e lo si è mostrato tra i nostri sommamente Rossini. Ma dove è ella mai questa varietà negli altri nostri, di fronte alle diciassette o diciotto specie diverse di stromenti che impiegano costantemente, senza risparmiare a chi ascolta gli urli terribili dell olicleide, il cupo clangore del trombone, i colpi della gran cassa, neppure nelle semplici cavatine o nei duetti amorosi? Del lesto se Mabellini patisce un tantino di questa malattia dell’epoca e della scuola a cui appartiene, bisogna però d’altronde convenire che mostra anche un bel possesso del maneggio degli stromenti, i quali sa, quando vuole, impiegare anche in un modo, se non del tutto nuovo, però non comune per certo. Tale è l’uso quasi direi alla Meyerbeer che fa talora dei violoncelli, l’impiego dei clarinetti nella loro ottava bassa, ecc., ecc. Solo mi pare che un poco troppo frequenti si riscontrino nella sua stromentazione le sortite di stromenti da fiato con note picchettate per terze o per seste, e certi trilli e mordenti dei flauti e clarinetti che, accompagnando il canto, destano talora l’idea di un lieto garrir di augelletti più conveniente al carattere della pastorale, o almeno a quello brillante della burletta, che a quello grave e serio della tragedia. Ma, per tornare alla parte intrinseca della composizione, credo di avvertire una cosa relativamente alle cabalette. - Quan " e( tunque sieno in generale brillanti, ve ne sono però anche talune alquanto troppo trite, prolisse e di un gusto un po’barocco anzicheno: tali sono, quella dell’aria di Eleonora nell’atto secondo, e quella del duetto tra Giulia e Fieschi nell’atto stesso", duetto del quale però è bellissimo il primo tempo. - Se per un lato vantano un genere più fiorito di quello di Mercadante, sono però mercadantesche in quantochè l’autore mostra aver posto tutto l’impegno nel farle dotte; per lo che riescono in generale alquanto lambiccate. Relativamente a questo sistema d’indottrinare le cabalette, credo non dispiacerà ai lettori se riferisco un discorso òhe mi fu tenuto qualche anno fa, quando io stesso aveva ancora la mania, non felice per me del pari che per le orecchie altrui, di compor musica, dal primo fra quanti maestri abbiano da lungo tempo saputo comandare all’applauso. È facile intendere che parlo di Rossini, di cui mi duole che la memoria non mi consenta di riferire le precise parole. Cercherò in compenso però, per quanto mi sarà possibile, non tradirne le idee: - «Lo scriver cabalette (ei dunque presso a poco dicevami) non è necessario; per anni ed anni si è fatto musica senza cabalette, e quella musica piaceva. Se ne è poi introdotto l’uso, ed anche questa musica è piaciuta. Ne ciò è strano, sì pel prestigio della novità, sì perchè la forma della cabaletta, essendo facile e popolare, doveva andare a genio al maggior numero. Ora, se per un lato non saprebbesi vedere il perchè si dovesse sempre ed inevitabilmente scriver musica con cabalette, da un altro lato non saprebbe intendersi la ragione per cui la cabaletta dovesse da ora in poi restar bandita per sempre. È però certo che quando voglia usarsene non conviene alterarne la primitiva facile semplicità. La cabaletta è un campo troppo limitato per farvi mostra di dottrina, e tentandolo, mentre non si appagano i dotti, alle pretensioni dei quali si resta troppo inferiori, si scontenta il popolo, al cui gusto queste cabalette indottrinate son troppo superiori e sconvenienti». Se questo ragionamento sia assolutamente vero; se non abbia un carattere musicalmente troppo anti-eccletico; se non trovi qualche mentita in alcune delle bellissime composizioni dello stesso illustre maestro che lo emetteva; sono quistioni che non voglio trattare; lascio che ognuno vi faccia sopra le considerazioni che vorrà; a me però sembra che contenga un gran fondo di verità, e certamente riposa sopra una gran cognizione pratica dell’effetto. Per rappòrto all’armonia ed alla modulazione non saprei dire altro, che nell’opera di Mabellini e l’una e l’altra è in generale assai ricca e forse lo è di troppo. Però, anche gli accordi più ricercati, anche le transizioni le più azzardate, sono ben trattati, son fatte artisticamente. Valgano intanto le soprascritte critiche osservazioni quello che valer possono; è certo però che la musica della nuova opera di Mabellini, oltre al non peccare di plagio, o di reminiscenze, cosa ben rara al giorno in che siamo, merita encomio come coscienzioso lavoro. Se vi si nota qualche menda, il più sovente è per eccesso e non per difetto: bel peccato in chi è tuttavia in sull’esordire! Del resto rivela un pieno possesso per parte dell’autore del tecnicismo musicale; brilla per bella condotta, per nobiltà di concetti [p. 115 modifica]| e per molta verità di espressione e spesso a anche per un forte sentimento drammati^ co, al qual proposito mi si permetta ciJ tare di nuovo la bella stretta dell’intro’ duzione. Spero che la lettura di queste osservazioni mostrerà che la sincera amicizia che mi lega al Mabellini non mi ha impedito di farmi critico austero sul conto del suo lavoro. Possa questo essere un motivo maggiore per credere sincere, e, per quanto la mia opinione può valere, meritate le lodi con le quali.le asserzioni stesse per amor di verità mi è piaciuto di terminare} e possa nuova occasione presentarsi sollecita al giovine maestro di far mostra del suo musicale talento, dei suoi indefessi e buoni studj! L. F. Casamorata. Firenze, 27 giugno 1845. I FANCIULLI VUSESI AL TEATRO RE Come l’abbiamo detto c predetto, il teatro Re è divenuto assolutamente un teatro di moda; le più belle c le più eleganti notabilità, i guanti più freschi c più gialli, gli uomini di lettere, le sommità artistiche di tutte le sorta, non isdegnano di assistere allo spettacolo offerto da questi piccoli croi del palco scenico, che cantano senza dimenticarsi d’agire, c che agiscono senza dimenticarsi di cantare, cosa per Iddio! divenuta assai rara nella nostra epoca, tanto ricca di celebrità e tanto povera, di artisti, non buoni, che non chiediamo tanto, ma appena tollerabili. La folla dunque, gli applausi, e degli incassi eccellenti, compensano le fatiche dei Viancsi, che continuano intrepidamente il corso delle loro rappresentazioni, facendo succedere al Barbiere l’Elisire, all’Elisirc la Belty, e lilialmente mcrcolcdila Cenerentola, ultima.opera offerta al divertimento del pubblico ed all’istruzione dei grandi artisti, vale a dire degli artisti più lunghi, c più grossi unico senso" clic si può applicare in questi tempi felicemente musicali all’epiteto grandi. lo non mi prenderò nè il piacere nè la briga di analizzarvi il vario talento c la disinvoltura individuale di tutte queste creaturine, che cantarono, con un impegno, con una costanza da fare strabiliare; questi piccoli esseri sfuggono attraverso la rete della critica abituale, giacché mio Dio! come parlarvi d’estensione di voce,, di ricchezza di colorito, di slanci sublimi, quando avete delle’ voci presso a poco tutte eguali, che sentono piuttosto l’atmosfera dd collegio che quella del palco scenico, quando avete dinanzi una. piccola schiera d’anime innocenti, >che vi padano d’amore, di sventura, di volubilità, di tradimenti con un’ingenuità certamente adorabile, ma assai poco drammatica? 1 fanciulli Viancsi sono assolutamente degli artisti eccezionali, che vanno presi nel loro assieme, che devono omc la più’singolare delle compai componenti uno spettacolo nuovo, vicino alla parodia, e ciò grazie al contrasto bizzarro della serietà con cui questi cari bambini sostengono delle parti di cui non intendono,, nè debbono intendere il significalo. Sì dunque! sentile quella ragazzina che insegna al suo innamorato che per guarire dalla pazzia dell’amore si diebbe ogni di cangiur d’amante e che rifiuta il magico liquore perchè s’affida in una ricetta più sicura, nei vezzi del suo viso c nello splendore del suo sguardo! Al solo udirla non direste che ella dev’essere la più consumata c la più àbile delle civette? Ebbene guardatela là, colla sua fronte pudica, colla sua pupilla infantile, colla sua bocca vergine, fresca c rosata, c poi chiedetele se avete coraggio, di interpretarvi il segreto delle sue maliziose parole. E poi questo Don Basilio più piccolo del suo cappello, questo sublime } notajo, colla sua tonaca nera, colla sua grande bcr‘ retta, questo mcssuggicro tl! amor, scusai d’intatte che j pare abbandoni il seno della nutrice per affrontare c tranquillo le onde istallili della sceiia, questo essere considerati c gnic possibili, c straordinario,; Ncmorino triste, melanconico, che piange, prega c domanda senza sapere perchè faccia tutto questo, c l’Almaviva galante intraprendente che getta dapcrtutto l’oro c l’amore, di cui non conosce clic i nomi, c lutto l’assortimento di questa microscopica schiera di personaggi, che se non cantassero dovrebbero balbettare, sanno essi ciò che ci sia di fino nei loro epigrammi, di commovente nella loro posizione, di comico, di pietoso, di maligno, d’ardito nelle loro musicali c poetiche frasi? Alla fine sapete chi è il vero, il solo artista di questa musicante famiglia? 11 papà Viancsi, il solo papà, che seduto tutta la sera dinanzi al cembalo accompagna miràbilmente i suoi dolci nati, clic non fanno che ripetere le ispirazioni comiche c drammatiche di lui, clic fu il loro istruttore. Chi sa quauti tesori di pazienza ha dovuto versare quest’uomo, per far filtrare l’arte in queste piccole teste, in queste attraenti creaturine che domandavano invece dei cappelli di cartone, delle sciabole di legno, delle corse pei prati, l’ozio insomma. l’invidiabile ozio dell’infanzia,- così pieno di occupazioni, di riso, di movimento, di lagrime senza dolori, di follie, di gajczza c di tumulti f Ed egli, l’eccellente padre, clic pensava all’avvenire de’suoi bamboli, che sognava per essi l’agiatezza c l’indipendenza, che interrogava con uno sguardo amoroso e previdente il futm’o destino delle adorate creature, si sottopose al più terribile incarico, a quello di gettare a lembi la sua anima d’artista in tutte queste organizzazioni pigmee, che il pubblico applaude c festeggia, senza abbadarc all’ingegno modesto che si nasconde dietro la fisonomia de’suoi fanciulli, dietro a queste figurine lilipuzianc a cui egli ha tjittò donato, la parola, l’accento, la più possibile intonazione, il brio, l’espressione, l’arte, insomma, l’arte di cui egli s’era impadronito nelle sue veglie solitarie! Ma io mi sono ingannato, gli ’artisti in questa compagnia sono due, giacché il sig. Augusto, il gajo c brillante Augusto, ha pure un incontrastabile diritto a questo epiteto-* troppo oggimai prodigato c quindi decaduto. 11 Figaro, il Dulcamara, il Don Magnifico, clic eccitò tanti applausi al teatro Re, inerita una distinzione. un elogio particolare, giacché la mano sulla coscienza, noi dobbiamo asserire che raro volle negli artisti più provetti incontrammo il talento comico, la vivacità c 1 eleganza d’azione, le maniere fine ed epigrammatiche, il profondo possesso della sua parte, come. in questo interessante fanciullo. Un bello, un magnifico avvenire d’artista sta riposto in questo ragazzo, se, non lasciandosi accecare dagli applausi, se ottenendo cogli anni un conveniente sviluppo dell’organo vocale. se alimentando di sLudn c di riflessioni la sua prccpcc intelligenza, egli nutrirà sempre nell’anima un bisogno ardente di perfezione, ed amcrà-l’artc coli’ entusiasmo, colla religione che sole possono formare i veri artisti; questi cssfcri divenuti favolosi dal giorno in cui l’avidità del lucro, l’ignoranza più triviale s’assiscro audacemente sul trono musicale, pretendendo omaggi, ricompense, ovazioni, specie di ridicola pelle di leone clic non giunge però a coprire le orecchie colossali del dolce quadrupede, il cui nome io ometto per lasciarvi la soave c delicata compiacenza di indovinarlo.. B-i. CARTEGGIO. Siamo pregati dal nostro collaboratore signor C. /• ad inserire la seguente sua lettera,. e si il facciamo, senza per altro pigliar parte veruna alla quistione cui essa accenna. ’. Al rinomalo sig. Nicolò Eustachio Cattaneo. Non volendo estendermi a confutare i singoli rilievi ch’ella nel N. 49 del Bazar colla maggior gentilezza si compiacque fare ad una proposizione da me posta nel Cenno necrologico sul testé defunto chiarissimo maestro Domenico Quadri, proposizione suggeritami da varj che a Firenze ebbero ad interpretare le - Lezioni di armonia -dietro la scorta del proprio autore, cd a me confermata da chi in Milano potè avere lo stesso vantaggio, c che perciò continuo a ritenere giusta c.ben lontana dall’essere di nocumento ai giovani studiosi AHEDUOTI MUSICAM Si sa clic l’argomento del Barbiere di Siviglia era stato trattato in Russia da Paisiello; riprodotta in Italia quest’opera avea trovato’un maggior numero di censori diedi apologisti; i Romani particolarmente l’aveano accolla assai male; pure ciò non impedì che più tardi essi non prendessero una bella passione per questa musica, e che l’idea di scriverne-un’altra sullo stesso soggetto non venisse da essi considerata come un sacrilegio. E fu sotto l’influenza di queste funeste prevenzioni, clic fu data a Roma la prima rappresentazione del Barbiere di Siviglia di Rossini. La tempesta, clic avea rumoreggiato sordamente durante tutto il primo alto, scoppiò al secondo, c l’esecuzione di questo capo d’opera di. grazia, d’eleganza e di spirito, non lini che frammezzo alle più oltraggiami testimonianze della pubblica disapprovazione. Alla -seconda rappresentazione Rossini non osò comparire al piano, e finse un’indisposizione. Seppellito nel suo ietto egli attendeva con ansietà il risultato di quella seconda prova, quando ad un tratto un gran rumore si fece udire;, era il passo, di molle persone che salivano rapidamente le scale... Còllo da una decisa paura, Rossini s’imnginu che i Paisiellisli lo perseguitino persino nella, sua casa c clic vogliano attentare alla sua vita... Ma invece dei temuti nemici, compajono Garcia, /amboni. BótiCclli clic vengono ad annunciargli che l’opera,è"andata alle stelle, e. che gli spettatori innondano la strada alla luce delle lorcic, per dargli una non equivoca testimonianza della loro ammirazione. Nel medesimo istante si intendono mille grida ripètere: Viva Bossini, viva il Barbiere! 11 maestro, riproso fiato, si mostrò alla finestra per ringraziare la folla, clic nel suo slancio d’entusiasmo univa un po’ di gloria ai cento scudi, clic dovea dargli l’impresario pel più perfetto fótse dei capolavori della se.uola- Italiana. NOTIZIE MUSICALI DIVERSE — Micino. Già da parecchi giorni trovasi in Milano il celebre compositore pianista Finis, artista fra i pochissimi al giorno d’oggi le cui opere il più delle volte sian dirette ad un coscienzioso cd elevato scopo, c nelle quali si trovi accoppiato il bello della antica o classica a quello delia moderna scuola. Vuoisi che Finis abbia in manoscritto rìlciiiic scelte composizioni, da chi ebbe ad udirle giudicale degne de’ più grandi cncómj: la- loro pubblicazione non potrà essere clic una fortuna po’ nostri cultori di pianoforte. detta musica; le mie forze e le mie abitudini non con- b sentendo che mi abbia a spingere nelle latebre delle e polemiche scientifiche, chè io immensamente solo amo ^ la musica, passo ad accertarla, onorevolissimo sig. Cai- l tanco, che la ragionevolezza e la lealtà artistica del £ lagrimato maestro in nulla affatto si trovaro.no aver ceduto alla forza logica, alle ragioni tecniche del Rossi, le critiche del quale, come spessissimo il Quadri mi diceva, avrebbe ribattuto ad una ad una, se mano mano usciva un articolo polemico sulla sua opera (e sì che furon molli e nella loro esposizione non moderali) la salute di lui non fosse andata sempre più declinando, cd il male da cui da lungo tempo era travaglialo non avesse fatti terribili e pur troppo fatali progressi a cui non’poco contribuì l’accoramento elio n’ebbe (1) dal vedere sì alla lunga malmenato il suo trattato d’armonia, clic non sarebbe a meravigliarsi, se egli lo avesse tenuto in maggior pregio di quel che per avventura valesse. giacche ovunque lo vide favorevolmente accolto e fatto scopo di lodi, e per esso già da molti anni decorosamente si procacciava comoda sussistenza. - Fra i manoscritti lasciati dal maestro Quadri nolansi alcuni brani in risposta al sig. maestro Rossi: morte troncò il suo lavoro fin dalle prime pagine. I principi elementari di musica ridoni a nuovo e più facile metodo in un volumetto separato precedono j la terza edizione delle.Lezioni di armonia; di essa al mio ritorno in città non - mancherò di farle avere una Godo infinitamente che questa circostanza fni abbia ^procuralo l’onore di ricevere una cortesissima e benevola lettera di Lei, clic per l’utile dell’arte tanto si distinguo nella letteratura, critica e didattica musicale. Is. C. j (I) Allorché dopo la inserzione dei primi articoli critici del maestro Rossi venne a nostra notizia che Vor defunto sig. Quadri era indisposto di salute, noi credemmo nostro debito sospendere la pubblicazione de’susseguenti; ma ui amico intimo del detto Quaaltro luogo atte censure del nominato maestro Rossi, ci assicurò che nulla o ben poco di esse censure si curava il Quadri e che per conto suo egli era tutl’altro che malcontento dell’inserzione, poiché riscrbavasi a suo tempo di ribatterle e di porne in evidenza la ingiustizia. B. [p. 116 modifica]— Altcndcsi a Londra con impazienza il tenore Duprcz che debbe colà debutare nella Lucia e nel Guglielmo Teli. — Al Frincess- Thédtre di Londra si darà quanto prima lo Puits d’amour di Balfe. — Una serata musicale d’un genere affatto nuovo fu data a Londra nel giugno appena decorso. Sul programma erano stampate queste parole «Tombola Concert. - Ciascuno clic acquisterà un biglietto d’ingresso avrà «diritto ad un biglietto di lotteria, clic gli darà la spe■ raiiza di guadagnare un magnifico piano od alcune • ceiitinaja di sparliti musicali del più alto prezzo». Sventuratamente l’artista speculatore,.clic credeva d’aver forse scoperto una nuova e ricca miniera, dovette chiudere la porta della sala per mancanza di pubblico. Dòhler, a cui è morto il padre, resterà a Parigi fino alla fine del mese, e pariirà quindi per dirigersi alla volta di Milano, giacché egli conta di passare in Italia l’epoca del lutto. Dopo,egli ritornerà a Parigi per passarvi l’inverno, contando di dare colà numero di concerti. — Gli ammiratori parigini della musica antica saranno soddisfatti, giacché fra poco sarà rimesso in iscena V Edipo a Colone, nel quale Lcvasscur sosterrà la parte d’Edipo, la Dorus-Gras quella di Antigone, mentre Masso! sarà il Teseo c Mariè il Polinice. — in una delle ultime sedute della Camera dei deputali, si è votato sulle sovvenzioni teatrali nuove ed antiche. Quella dell’Accademia-reale di musica, ossia della Grand’-Opéra, c quella dcH’Opéra-Comique, sono state votate senza quasi nessuna obbiezione. L’Odeon ha pure ottenuti i suoi 60,000 fr. ma l’Opera italiana, clic domandava una somma eguale, fu meno avventurata. La Camera-’, adottando il progetto della Commissione, abbandonò il teatro italiano alle sole sue risorse. Questa decisione, lo citiamo con piacere, eccitò le osservazioni di molti.giornali, clic deplorano quest’estremo spirito d’economia che minaccia di privare la Francia della più grande scuola musicale clic possa desiderarsi, giacché alla fine senza gli artisti italiani questa nazione non avrebbe forse ancora ne un’arte propria, nè avrebbe cercato di formarsi dei metodi di canto, che lodano meno contro il buon gusto e, diremmo quasi, contro il buon — . Il comitato storico attaccato al ministero dell’interno (Parigi) è chiamato a dare il suo assenso ad una misura della massima importanza pell’istoria e peli’archeologia della musica. Si tratterebbe di riunire c di pubblicare tutte le messe che furono, composte nel medio evo e fino ai cominciare del secolo decimo settimo sul motivo della canzone i’//ornine armò. Se questa pbbblicazione ha luogo, eome noi lo speriamo, si olTrirà un eccellente mezzo agli storici dell’arte per confrontare i diversi metodi di ciascun maestro, di ciascuna scuola c di ciascun’cpoca, applicati ad un solo motivo. Il numero delle messe composte sulla canzone sopra citata, c che sarebbe possibile di riunire,’ s’eleva a più di treccnto.L’inizialiva di questa proposta è dovuta al signor Botlée de Toulmon, bibliotecario del Conservatorio. — Il tribunale di commercio di Lione decise ultimamente che gli attori debbono considerarsi come debutanti per le tre prime rappresentazioni di ciascuna annata teatrale,e clic perciò essi non possano prima,d’aver passata questa prova, pretendere le loro paghe, se a caso il pubblico si dichiarasse contressi. — Alcuni giornali asserivano, ma a torlo, clic la troppo celebre Heihefetler era scritturata per Lillà; essa rifiutò di accettare le condizioni, benché assai vantaggiose,che le venivano proposte. È intenzione dell’Hciucfctlcr di dare ben presto alcune rappresentazioni sovra i teatri principali del mezzogiorno della Francia c di recarsi quindi in Italia a perfezionarvi il suo talento. ftlZIO^AHIO MUSICALE CRITICO-UMORISTICO Continuazione. Accompagnamento (d’Orchestra) Sono molto le eccellenti Orchestre?... molte, ci rispondono que’credenzoni tanto buoni che arrivano a prestar fede perfino a certi sguajati Giornalisti che, nel parlar di Musica, di Teatri e di teatrali Artisti (V. Giornalista), ti sputano in faccia all’attuale penuria di valenti Cantanti attori tanto sommità, eccellenze, incomparabilità, ti vendono a vile prezzo tanto incenso e zucchero da far nausea a chi non ha stomaco da facchino, mentre recano molti danni all’arte ed a coloro che ne speran dilettevole ed utile trattenimento, c peggio.poi a quelli che ne sperano oro c alloro. Ma se poi interroghiamo le non bugiarde statistiche, siamo invece costretti a confessare che sono pochissime le eccellenti orchestre, anche nella iper-musicale Italia. Che se poi verremo a considerare gli clementi indispensabili a costituire un’eccellente or» cheslra, calcolando in pari tempo le attuali nostre condizioni musicali, troveremo che per necessità devono essere pochissime (V. Orchestra). E fin qui ho inteso parlare dell’Orchestra esecutrice di musica puramente istrumcntalc, ma se prendiamo ad esaminare le Orchestre dal lato deU’^ccompapnamenfo del Canto, oh! il numero delle eccellenti si fa egregiamente piccolo, per- | chè, oltre ai tanti e niente comuni pregi che devono concorrere a costituire l’eccellenza di un’Orchestra, per la i precisa esecuzione di Sinfonie, Concerti, Fantasie e cose i di simi! genere, altri requisiti di ancor più fina tempra | sono indispensabili a costituire un ’eccellente accompatrice Orchestra, capace di eseguire un accompagnamento con tutta la fedeltà alle intenzioni del Compositore, un accompagnamento che soccorra, assecondi il Canto, non solo negli accenti-tccnico-mclodici c loro sfumature tantissime, ma anche nel difficilissimo accento drammatico. Mezzoforte, Forte, Fortissimo, Sforzato (il caro, il prediletto de’ Maestri Fracassoni ), Piano c Pianissimo, eccovi tutta la teorica del Colorilo musicale per certi Direttori d’Orchestra; eppure que’ vocaboli non indicali che le divisioni all’ingrosso dell’estesissima scala delle gradazioni che passano fra ’I Piano e ’I Forte fra ’I Forte ed il Fortissimo. Cosi nel Tempo essi conoscono Largo, Adagio, Andantino, Andante, Allegretto, Allegro, c quale’ altro punto fisso, con qualche intermedio di con moto, molto, non tanto c pochi altri... eppure sono tante le suddivisioni di movenza, p. c., fra Largo c Adagio, fra Andante cd Andantino, e sono tanto importanti queste suddivisioni che, trascurandone anche una minima diversità, si può svisare un senso musicale, si può toglierne la pienezza dell’effetto, si può fargli esprimere Ti saluto mentre il canto dice T’adoro, si può dar coi suoni la tinta della vispa giocondità alla poesia che esprime la voluttà soave. Volete un paragone che vi chiarisca la diversità di effetto fra quello di un’orchestra che sappia colorire a dovere gli Accompagnamenti, e quel d’un’altra che. consideri gli Accenti senza la voluta finezza? paragonate la prima alla tavolozza di quel pittore che non sa dipingere che coi primitivi colori e due o tre misti per cadauno, con quello che sa variare in tutti i modi possibili le proporzioni fra i componenti delle sue tinte; questo vi pingerà immagini di ogni vero fisico, ma il primo non vi farà che.insignificanti abbozzi., c di abbozzatrici Orchestre ne abbiamo, oh! ne abbiamo a josa; ve lo sapran dire i Cantanti, i Compositori e tutti quelli che per la musica hanno una fina sensitiva, ed orecchie di discreta portata. (.’arò continuato). Nic. Elst. Cattaneo. 510TE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL’l. II. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.0 DI GIOVASSI RICORDI INTORNO ALLO SCRIVERE LA, MTOIOA. imo bebcafichi liO li Un opuscolcllo in §.° Fr. 1. UU là fllfll MUSICA DEL M.° 8, ridotta in Quartetto concertante per due Violini, Viola e Violoncello per Flauto, Violino, Viola e,Violoncello 14089-90 Fr. 20. ■e’f* CAVATINA BUFFA per Canto con accomp. «11 Pianoforte ©a 14653 Fr. 1 50 GIOVANNI RICORDI EDITOBE-PROPRIETABIO. Dall’I. R. Stabilimento Razionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI Contrada degli Omenoni N. 1720. I — Roma. L’egregio autore (Iella melodica Fina pazza! clic da qualche anno fra noi sembrava aver abbandoi nato l’agone teatrale, ora riportò un nuovo vanto, musicando il Colletto, interessante melodramma del Per! retti, cli’ò sempre fra i migliori librettisti della giornata, I allorché trattasi di argomenti non eroici né tragici. Varj giornali annunziarono il felice esito della nuova opera del Coppola: da notizie particolari o dalla Rivista se ne aspetta la conferma. — Natoli. L’Omnibus tributa vivissimi elogj a madama Bishop, la quale in un’accademia al teatro di S. Carlo riusci a meraviglia nella cavatina del Barbiere di Siviglia, cd al rinomato Bochsa denominalo il Paganini, il Thalberg, il Liszt dell’arpa. — L’istcsso giornale dando la relazione dei Morto ed il Vivo, opera del maestro Brancaccio scritta, espressamente pel teatro Nuovo, difende la musica del giovane compositore ed appellasi con argomenti abbastanza convincenti dal severo giudizio del pubblico. — Reggio k Ferrara. Nella prima città la/Wrcedcl maestro Péri andò di bene in meglio, all’immaginoso cd abile compositore procacciando distinti onori; nella seconda invece sembra che il Saul alle successive rappresentazioni non avesse l’incontro della prima. — Venezia. L’avvenente non mcn clic esperta violinista Teresa Ottavo al teatro diS. Benedetto fu più che mai acclamata. — Torino. Chi più guarda meno vede. Tale è il titolo dell’opera nuova dal maestro Bavcr esposta nel teatro d’Angenncs; in questa musica v’ha del brio, della vita, delta freschezza e dell’eleganza: cosi stampò un nostro giornale. — Vienna. Da recenti notizie particolari rilevasi che la Maria di Rohan di Donizelti più si sente più piace, e che ad ogni sua rappresentazione il teatro rigurgita di spettatori. Fra i pezzi che meglio sono apprezzali, notansi la elaborata c sì magnificamente istromentala sinfonia, la ben colorita cavatina della Tadoliui, il finale del primo allo; l’affettuosa romanza di Guasco nel secondo, il duello fra questi c Ronconije|raltro appassionato duetto colla Tadoliui. Tutto il terzo atto poi, a motivo anche della sorprendente esecuzione di Ronconi si nel canto, che nella declamazione, è giudicala un capolavoro tale da accrescere la gloria del rinomato compositore che in mirabile accordo unì l’imaginazionc musicale cull’espressione drammatica e colla profondità scientifica. L’aria di Ronconi, il quale mai non apparve si grande come in questa opera, il duetto fra questi c la Tadoliui ed il magico terzetto finale, hanno in sé qualche cosa clic trasporta c cominovc e lascia una lunga c forte impressione. Il terzo atto della Afaria di Rohan tocca la sublimità. — Firenze. La mattina della scorsa domenica ebbe luogo nel gran salone di Falazzo Vecchio, il solito festival’musicale. Furono eseguite da circa 500 persone Le quattro stagioni di Havdn, o piuttosto alcuni pezzi delle Quattro stagioni arricchiti in parte di strumentatura dal maestro Pietro Romani direttore della festa, in cui cantarono la Unglier-Sabalier, il maestro Ceccherini, l’abate Federighi, ed un numeroso coro composto ih gran parte di dilettanti della classe più nobile, e pel resto di distintissimi artisti. La numerosa orchestra era condotta dal Bruscagli. - L’esito non fu troppo felice. -- S. M. I. R. A. conferì graziosamente all’egregia cantante signora Eugenia Tadoliui il titolo di cantante dcll’l. R. Camera. (Dalla Gazz. Alus. di-Vienna) — Siamo pregali a riprodurre il seguente cenno qual si legge nella Gazzetta Privilegiala Ai Milano al N. 15U pag. 6U0. • il sig. Gaspare Romanò ha leste pubblicato una raccolta di 24 cscinpj del suo nuovo sistema stenografico confrontati colla notazione ili uso. Da quanto pare i nuovi segni servono di sufficiente riscontro ai vecchi, cd lina tale segnatura può fin d’ora essere sostituita all’antica. Del resto il pubblico darà il suo giudizio sulla brevità, chiarezza c sufficienza di tale metodo quando il Roinanò pubblicherà le relative spiegazioni. — Ultimamente la regina; il principe Alberto e la I regina vedova Adelaide, con altri membri della reale famiglia, onorarono la Società della musica antica ( Ancient Concert) della loro presenza, 11 principe Alberto, cli’ò uno dei direttori di quella pregevole Società aveva fatto il programma dell accademia, invece del conte di | Wcslmorcland, cui avrebbe toccalo l’ufficio c che n’era j impedito. Esso era composto di musica sacra c profana. Alla prima appartenevano fra gli altri l’inno gregoriano Crudelis fferodis, a doppio coro, del 1570; un Afisererc. del Bay. pure a doppio coro, del 1600, che suolsi cantare a Roma il giovedì santo, cd è la più moderna fra le musiche ammesse dalla Cappella pontificia; un quintetto con cori, Salvator Mundi, del Balestrine, dell’anno 1569. Gli altri pezzi erano di Hàndel, Gluck, Bcclhowcn, Mozart, Haydn, Cherubini, Mehul, Humincl e Bishop. - Gli a solo furono cantati dai virtuosi più celebri che or sicno a Londra; i cori stupendamente eseguiti con accompagnamento d’organo ed orchestra. - La Società sussiste fin dal 1776, e possiede una delle più preziose raccolte di i*usica, clic si conoscano. I presenti suoi direttori sono: il re d’Annovcr, il principe Alberto, il duca di Cambridge, l’arcivescovo d’Yorck, il duca di Wellington, cd i conti Wcslmorcland, Howc e Cawdor. — Per dare un’idea dell’attività che regnaall’Opéracomique di Parigi, offriamo l’elenco delle opere, tulle in tre atti, che verranno scritte appositamente per que-; sto teatro. Oltre l’opera postuma di Afonpou, di cui I Adam scrisse l’istromenlazione, vi sarà un’opera di; Scribc c d’Auber, una seconda di Thomas, una terza li Bol’cldicu, un’altra di Adam, una quinta di Clapisson, una sesta di Moutfort, una settima cd un’ottava di Boisìciol c di Labarre. — A Londra la Linda di Chamounix datasi per belefieiala della Persiani ebbe un completo successo. S. M. a Regina assisteva a questa rappresentazione. •