Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 42
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- -177 GAZZETTA MUSICALE ANNO II. N. 42. 4 5 Ottobre 4 845. DOMENICA Si pubblica ogni domenica. — Noi corso dell anno si danno ni signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinali a comporre un volume in A.0 di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà AsDI MILANO La musique, par îles inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations,» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’Immme des sen• timents propres à l’émouvoir. ■ J. J. ROUSSEXU. Il prezzo dcH’associazione alla Gazzcllue aVAntologia classica musicale è dielTctl. Ausi. i,. t2 per semestre, ed cITetl. Ausi. I,. H affrancata di porto lino ni còiilìni della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. - La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio liicordi, nel inodo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omcnoni N.° t72ii; all estero presso i principali negozianti di musica c presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. I. La Musica guardata nei bisogni presenti - IL Carteggi. - ili. Teatro Re. Cronaca drammatica. - IV. Notizie Diverse. - Y. Nuove Pubblicaziom MULA MUSICA GUARDATA NEI HINOGAI PIIUIUTI Articolo IV. (finché il melodramma, o qua■aÉ/,^ ’apfTilunque poesia destinata alla muijW v&*3sica teatrale armonizzi coi bisopresenti la d’uopo che perfezio11i quell’educazione che abitiamo abbozzata nel concerto privalo di famiglia (Art. 2.°). La riducevamo alfinsegnare, al muovere, al dilettare; tre antichissimi precetti imposti all’eloquenza, che bene si acconciano alla musica, parola eloquentissima. Ed in primo luogo bisogna persuadersi, come già mostrai nella Lettera sul Melodramma, che la poesia e la musica nel caso nostro formano un linguaggio solo, l’una ajutando l’altra nelle loro vicendevoli mancanze. La musica per sé non dovrebbe essere accusata di certe insufficienze, non potendo, come la pittura, cogliere che i tratti generali, ed un solo atteggiamento, costretta a trasandare ciò che dentro e fuori di noi nella successione de’ momenti va accadendo. Se coi colori non si può rappresentar tutto, nè anche si potrà coi suoni molto più sfuggevoli di quelli. Ma la musica accoppiata alle parole ha un vantaggio di più sulla pittura, perchè con esse può avvicinarsi a quell’eloquenza che operò sempre mai portenti nella storia della civiltà. E se è così, la poesia in musica potrà insegnare, potrà diriggere gli uomini al meglio, potrà cooperare colla tragedia e colla commedia. Ma il melodramma, ài quale perora voglio limitarmi, può essere istruttivo nell’argomento, nell’intreccio, e nella catastrofe. Un soggetto drammatico; quando nulla abbia a dirci d’imporlante, sia egli storico o no, va escluso dalle scene. Se egli sarà nazionale, ed insieme edificante, farà molto più a proposito che un forestiero. Fosse anche una storia sceneggiata sul gusto dei drammi in prosa, sarà mollo più utile di un altro in cui troppa, o poca, o! mal guidala fantasia distrugge l’effetto mo1 rale. Un soggetto antico o moderno tolto I da una di quelle pagine in cui l’uomo dab) bene giganteggia anche sotto la scure, in cui l’amor patrio offusca l’aureola del gran conquistatore, debbe insegnar molto. La scena dovrebbe sempre sublimare la specie umana; e quando cotesti caratteri sublimissimi non fossero mai stali al mondo, non fossero mai comparsi sul teatro della vita, quando non vi fosse che una probabilità di vederne in avvenire, quando l’energia della virtù fosse ancora gran parte in germe, il che è falso, il teatro colle sue rappresentazioni dovrebbe ciò mostrarci possibile e facile. Ora che diremo di quei Drammatici che battono la strada opposta? Concorrono essi al miglioramento dell’umanità, o non la guastano piuttosto? Tra i pessimisti il migliore è quello che trova l’uomo un misto di bene e di male; il peggiore è colui elicgli fa operare il bene sempre per proprio interesse. Nel primo caso la socielà sarebbe più bruita che non è, nel secondo non esisterebbe forse ancora. Pure, abbandonando il mondo di malvagi, non sarà lecito mettere in scena uno di questi, e fargli cantare sentenze epicuree, solo per mostrare quanto sia bruito il vizio? Prima rispondo che in siffatti caratteri sovente si esagera; poi avverto che il metodo d" insegnare il bene col’male non è molto sicuro, neppure in teatro. Inoltre, ciò che più importa, domando quale giovevole impressione facciano coleste sconcie pitture sull’animo degli spettatori? Gli antichi avevano preferito 1 infelice al moderno iniquo, ben sapendo come, oltre il buon effetto delle simpatie, potevano meglio ammaestrare gli uditori, ed avvezzargli alle tribolazioni della fortuna. Noi invece vogliamo svegliare antipatie, odj, nausee contro i nostri simili d’una volta, ed insegnare, che quanto ci accade di sinistro, che quanto la virtù soffre, tutto viene dall’iniquità degli uomini, quasi che non avessimo altra re-. lazione, altra speranza, altra destinazione. che quella la quale ci tieri legati alla terra. Perciò oso dire che questi deformi fantasmi producono sempre un effetto immorale. Poi che bella consolazione, qual piacere è | quello di vederci innanzi per alcune sere j que’ mostri che infamarono la specie nostra, i die non vollero esser uomini come noi! Non sarebbe lo stesso che visitare un serraglio di belve, e divertirsi de’loro atteg-; giamenti, e ruggiti? Mi pare che un uditorio molto maggior conforto proverebbe dallo spettacolo della Giustizia bene amministrala, dalla Filantropia illuminata; dal Sagrilizio delle passioni, e da mille altri esempj di virtù che ci mostrino dilettevole, facile, necessario l’esercizio delle medesime. Che bella cosa sarebbe il dimenticare anche in teatro le deformità morali presenti e passate, ed uscirne colla testa piena d’idee giuste e sublimi! Quanto all’intreccio, allorché il soggetto è per sè riprovevole, nè schiuma d’ingegno, nè solide arte, nè ghiribizzo alcuno potrà ammanircelo in saporosa salsa. All’opposto un argomento sterile, indifferente, di poco rilievo può ricevere dalla elaborazione del poeta molta importanza, ed essere arricchito di bei quadri, di nobili caratteri, di commoventi contrasti, di utili insegnamenti, di tutto ciò insomma che può innamorarci al bene. Quanto meglio la poesia e la musica si arrendono a questo sviluppo, che ad un’iliade di crudeli, sanguinose, infami vicende che ci dipingono il male in tutta la sua bruttezza! Nell’orditura del dramma siamo ammaestrali dalle azioni e dalle parole, nel qual caso la musica per difetto d’elementi istruttivi e persuasivi non potrà prestar opera immediata alla sua compagna,; ma che diremo, se ne’ respiri della poesia, assunta quasi la parte di spettatrice, applaudisse ella coll’allegria, o riprovasse con certo riso sardonico quanto si è detto o fatto a proposito o no? Così in questa strofetta del Metastasio Pianger fanno i pianti altrui, Sospirar gli altrui sospiri; lien potrian gli altrui deliri Insegnarmi a delirar. avrebbe la musica di che lodare e vituperare. La melodia, o l’armonia, e talvolta tulle e due insieme possono anche aggiugnere forza ed autorità all’insegnamento coi loro varj colori, voglio dire con motivi, ritmi, transizioni, inganni analoghi alle parole. Una sentenza, un precetto, un bel tratto, un nobile sentimento, che lampeggiano all’improvviso fuori del dialogo, della situazione, con un tocco maestro d’armonia che preceda, o segua od accompagni, riceveranno molto valore. E ciò osservo di passaggio per avvertire che la musica può ancora far molto a prò del dramma, quando veramente intenda ad aggiugnere. significato alle parole. Dove poi la musica non ha nè parte, nè colpa veruna è qui. Sembra che i poeti non sappiano intrecciar altro nodo che quello che si risolverà poi in un matrimonio, od in un amore infelice. Ora essendo in famiglia il vivajo della società bisogna uu po’ guardare prima se dopo sì ripetute peripezie noi non siamo ancora ristucchi, e poi se convenga dare un miglior avviamento a siffatto intreccio. La f cosa mi par troppo seria e rispettabile per ì non essere resa sì triviale sulle scene. Che dirà la nostra tanto vantata educazione domestica, quando vegga in teatro certi spettacoli che in famiglia si sogliono tener segreti? La figliuolanza nostra non è spartana per contemplare Con indifferenza quanto si espone troppo chiaro e nudo agli sguardi suoi. L’intreccio più opportuno ed istruttivo non sarebbe quello in cui l’uomo vince tulli gli- ostacoli che gli attraversano il bene, o lutti gl’incentivi al male? Sia questo come il disegno generale d ogni dramma, al quale; diversi nodi che si acconcino poi gliamo intrecciare. La società medesima che ce gli somministrerà naturalmente avrà di che specchiarsi e correggersi nella giusta ed assennata riproduzione de’ suoi avvenimenti. La maggiore difficolta è il sapergli ordire, e condurre con quella verosimiglianza e grazia, che danno si raro pregio a siffatti lavori, tanto più nel melodramma, dove la musica arrischia sovente colle sue cantilene inopportune di sciogliere quasi tutto l’incanto del verosimile, intorno alla qual cosa, esteticamente parlando, vi sarebbero molte osservazioni a fare. Ma quando il soggetto, e l’intreccio poco insegnassero rimarrebbe ancora la catastrofe. In omnibus vèspice Jinem; perchè egli può accadere, che il poeta o per elezione, o per ignoranza, o per necessità siasi addossato un argomento poco sano, e sia stato inoltre poco felice nell’orditura•, allora una soluzione elegante, piena di qualche grande verità, intesa a risolvere un problema sociale può acconciare i fatti suoi. Il lieto fine imposto a Metastasio e suoi seguaci, dopo l’infausto esito della morte di Catone, parve ai giocondi del secolo passato più acconcio al melodramma, che si volle distinto dalla tragedia. Veramente un fine avventurato debbe sempre meglio simboleggiare il termine delle umane vicende per tristi che sieno nel loro principio o processo-, d’altra parte egli è un piacere uscir dal teatro allegri. Ma il secol nostro non raccomanda più questo scioglimento felice, rassegnato anche alla teatrale mestizia, contento perfino ai disgusti che gli vengono dalla poesia e dalla musica. Quale diversità tra secolo e secolo! Ma lasciando da parte i varj gusti, la regola più sicura che potrebbesi dare intorno alle conclusioni drammatiche, è che il delitto finisca male, e la virtù bene, in ordine sempre al soggetto e l’intreccio che abbiamo prescelto. Quando però è richiesto per l’effetto morale il cattivo fine, non è punto necessario che il palco si trasformi in un campo di sangue, di supplizj, in un cimitero. Peggio ancora quando sul fine arrivano ombre, o diavoli a trascinar via per forza i delinquenti.Tutto questo non insegna niente, non eccita buon sentimento, non risveglia che orrore. Il miglior modo, degno veramente dell’opera in musica è, che il malvagio sia punito così, che conosca il male, se ne penta, e cominci una vita d’espiazione. Questa catastrofe, consuonando di più colfumana natura, e colle idee religiose sembra a me che insegni molto più che qualunque altra. Tutte queste cose dette intorno all’istruzione drammatica, sebbene sieno applicabili ad ogni scenico lavoro, pajoumi più acconcie al melodramma, dove il poeta dovendo appena arrestarsi ai tratti più spori genti d’un’azione per lasciare al maestro l’ultima mano del lavorio, potrà meglio badare alla parte morale ed istruttiva. La brevità del libretto per la gravità e convenienza delle cose che vi si tratteranno può acquistare col tempo molto maggior pregio che non ha: e se la riforma teatrale, ordinala ai bisogni nostri, cominciasse da questi dispregiati libretti, sarebbe una gloria di più per l’arte avviata non tanto a perfezionare sè stesso che gli altri. Bisliarti CARTEGGIO Firenze 1 Ottobre. 1845. Domenica 24 del corrente settembre elitre luogo una delle solite accademie nella sala della Società Filarmonica. Non è mio disegno dar minuto conto di questo musicale trattenimento; non starò dunque a parlare della Ovcrlura del Don Pasquale di Donizctli, clic dalla numerosa e scelta orchestra fu eseguita, se forse con troppa precipitazione di movimenti c non bastante esattezza, però con mollo slancio, vigore c forza. Delle quali ultime qualità, a dir vero, non difetta quell’orchestra; che anzi sotto questo rapporto pecca spesso di eccesso; ed in questa stessa accademia fornì di ciò una prova la Romanza per basso nella Maria di Rudcnz, ben cantata dal dilettante Cav. Ippoliti, ma male accompagnala, appunto perchè suonata forte da un capo all’altro. Nè mi starò pure ad intrattenere sul brillante ed ormai notissimo Coro dei bevitori nell’Opera II Conte Orydel celebre Rossini, clic lutto insieme fu’ eseguilo plausibilmente. Intendo però fermarmi.alquanto sopra un componimento, l’esecuzione del quale riempi tutta la seconda parte dell’accademia, e che, sia pel non scarso merito musicale clic vi si riscontra, sia per la novità del concetto, sia per l’insolito sfoggio di mezzi di esecuzione clic richiese, sia, infine, per esser opera di un giovane di non comuni speranze nell’arte, merita in una pubblicazione della natura dalla presente, l’onore almeno di un cenno. E dissi di un cenno, perchè trattandosi di composizione moltissimo elaborata ed assai lunga, arduo sarebbe, se non piuttosto impossibile, tesserne un esteso e critico articolo dietro una sola c fugace udizione; tanto più chela esecuzione, se in genere fu degna di lode, non fu però neppure scevra d’imperfezioni. Ora, perchè s’intenda in clic consisteva la composizione di cui parlo, lascerò accennarne il subbiclto, non clic i nomi degli esecutori, dal programma dcll’accademia, clic in questa parte era così concepito: a Maglioni (Giovacclnno) Concerto per quattro Pianoforti a sedici mani, con orchestra; Quartetto vocale e Coro, sopraJj inluonnzionc ecclesiastica del quinto Tuono; concertato per il vocale dalle signore Maria Turchini, Arianna Ferrini e dai signori Olimpo Muriolli e Cav. Giuseppe Ippoliti, c per Io stromentalc dai signori maestri Mariano Maglioni, Alessandro magi, Enrico Manetti, Vincenzo Taruffi, lìaldassare del Hianco, Ermanno Picchi, Carlo Romani) c Carlo Fortini. a La composizione portava ad epigrafe le parole, u In cyinbalis bene sonanlibus laudate Deum; e la parte vocale a subbiclto la traduzione dettala dal Iìorgìii del davidico Salmo, da cui quelle parole son tratte. Ognuno di leggieri può comprendere quanta difficoltà vi fosse a superare nel condurre una ben lunga composizione; tulli o quasi tutti i motivi traendone da una sola limitata mtuonazionc ecclesiastica, in modo da schivare con bella varietà di effetti una funesta monotonia. Nè meno difficile era lo evitare la confusione- che quasi indispensabilmente pareva dovesse nascere dall’impiego variato di quattro stromcnti di voce consimile, di mezzi czuali. di complicato meccanismo, quali sono quattro pianoforti, ognuno dei quali suonato a quattro mani. E ad onore del vero convicn dire clic queste difficoltà furono assai ben superate dal giovine compositore, nell’opera del quale molti pezzi si notano di studiata e complicata fattura, e pure di buono effetto. Tali sono la bella introduzione, una bene intrecciata, libera fuga, c varj altri pezzi che mi duole la memoria non mi permétta più particolarmente indicare. Ed altri ostacoli sorgevan pure a vincere, nel procurare clic brillassero bastantementei pianoforti, senza che poi l’accompagnamento dcll’òrchcslra restasse meschino di soverchio, o troppo sagrificato il canto di fronte allo stromentalc; difetti clic avrebber tolto ai pianoforti il carattere di protagonisti, alla composizione quello di concerto. Ed anche queste difficoltà furon vinte dal Maglioni, ad eccezione che nell’ultimo tempo o finale, dove il canto riesci un troppo ozioso riempimento. Checché possa dirsi intorno ad alcune modulazioni ed armonie serrale soverchiamente; ad alcune frasi c cadenze che non hanno un bastante sviluppo: checché possa pur anche dubitarsi intorno alla congruità del concetto generale della composizione, è però v concetto stesso, del pari che il modo ad esecuzione, rivelano nell’autore cogni avanzata del tecnicismo musicale, mente. sentire ed un laudabile studio di aprirsi nell-arte, nè dagli altri artisti battute c battute. L. F. ù Milano li 7 ottobre 1843 Tutto c orna ad onore e gloria dell’italiana felici cultori, sembrami degnissimo subbiclto da farsene menzione nell’acclamato suo foglio, originato dal santo amor di patria d’incoraggiar l’arte c gli artisti mercè le debite oneste critiche, e difendendo si l’una che gli altri dalle imputazioni straniere che per avventura dettate fossero dalla malignità, anziché da filosofica.e giudiziosa critica. - Francesco Basily, nome troppo caro all’Italia c all’arte, sdegnando le inutili brighe, c i vani parlari, eoi quali nel difender sè stessi perdono molti miseramente il tempo, c l’estimazione pubblica, lesse or sono alcuni mesi sopra un estero foglio clic la vera musica da Chiesa è presso che giunta a totale rovina in Italia, di modo che a mala pena si rinviene fra noi chi sappia vergare note condegne della santità del tempio. Volle l’Egregio rivendicare l’onore della patria ed il suo, ma si propose farlo in guisa non sconvenevole alla nobiltà del suo cuore, alla sagacità del suo spirito, ed a quella sua squisita gentilezza di modi, che tanto lo rendono pregevole c caro a chi ha il bene di conoscerlo personalmente. E fatto un prezioso fardcllclto di alcune sue recentissime composizioni ecclesiastiche, queste inviava alla R. Accademia di belle arti di Berlino, c quegli ottimi ed imparzialissimi giudici ne attestarono al Basily il loro gradimento nella lettera che ini compiaccio ili trascrivere per intiero: llluslriss. signore L’accademia ha ricevuto con grandissimo suo piacere la stimatissima sua del 20 giugno insieme colle egregie composizioni sacre, nelle quali la sezione musicale dell’Accademia ha riconosciuto con sincera ammirazione tutta l’eccellenza e la severità dello stile sacro di queirantica scuola d’Italia. Fu appunto questa la cagione che l’Accademia elesse V. S. ad essere ricevuta fra i suoi membri ordinarj esteri, clic credeva vedere in essa lei il degno successore di tanti maestri, e quasi il rappresentante dello stile antico. La stessa persuasione fu espressa in una lettera che l’accademia diresse a V. S. nel mese di febbraio di quest’anno in risposta alla sua graziosissima del 18 dicembre 1842. Berlino 13 settembre 1843 L’Accademia Reale delle Mìe Arti Tocco il Basily dalle acerbe ed ingiuste accuse, non parlò in propria difesa, ma creò nuove stupende composizioni e disse, benché tacitamente, in modo solenne: u Ecco che cosa si sa fare in Italia, vedete, esaminate c poi siate voi medesimi i giudici. Condotta tale è cotesta che se ci rende sempre più meravigliati dell’ingegnò dell’illustre italiano c della nobiltà de’ suoi modi, ci fa goder altresì l’animo, elio questo luminare d’armoniche dottrine abbia pur dato in tale circostanza un esempio agli artisti,’ del modo da rivendicare il loro decoro senza prostituir sè stessi, ed invilire l’arte divina con pazze polemiche, o sozze contumelie. Alessandro Carcano. Parigi, il 1 ottobre. In questa mia io non vi parlerò di avvenimenti musicali, c per un eccellente motivo - le novità mi mancano; la Grand’Opérà c l’Opéra-coiniquc replicano c riproducono, mentre attendono che il pubblico ritorni dalle illcggiaturc e dai castelli perduti in riva di qualche fiume; il teatro italiano non si riaprirà che dopo domani; non vi è la più piccola accademia, il concerto più microscopico; insomma la bell’arte delle crome è in uno stato di riposo pressoché completo, ed è quindi inaccessibile all’onore di essere l’argomento d’unn lettera, destinata ad appagar voi, il più formidabile dilettante di curiosità ch’io mi conosca. - Rinunzinmo dunque alla musica e parliamo di drammi. L’Odèon fu riaperto, giovedì 28 settembre, c questa solennità attrasse un pubblico numeroso e di scelta, che era ansioso (li conoscere in qual modo questo teatro sarebbe per corrispóndere alla confidenza ed alla simpatia della Camera dei Deputati, manifestata nel modo più commovente, coll’applicazione cioè d’una sovvenzione di 60,000 franchi. Giunta l’ora prefissa pel eominciamcnto dello spettacolo, si presentò sulla scena l’artista Monrose, una delle creature di adozione del - 479 | pubblico, c iiì, vestito in abito di città, colle mani i chiuse ermeticamente da guanti gialli e irreprensibili, I con una parsimonia di gesti piena di buon gusto., e ì con un accento piccante, brioso, scintillante di spi3’rito, declamò un discorso in versi, una specie di ’ prologo universale, raduto dalla penna amabilmente epigrammatica del sig. Doucct. Questa riproduzione di una costumanza, che è una delle buone tradizioni del classicismo, fu accolta dal pubblico con un vero trasporlo, e fe’ risuonarc la sala d’applausi. È vero però clic, sia il discorso, sia la maniera con cui fu declamato, meritavano quest’attestato clamoroso di soddisfazione: l’autore ed il suo interprete associarono tutto il loro spirito, tutte le risorse dell’immaginazione e del gesto, la loro piccola malignila, il loro brio, per formare un assieme superiore ad ogni elogio: fu una cosa assolutamente seducente. Monrosc, coperto da applausi,dovette ripetere il discorso per altre due sere successive. Quando Monrosc, i suoi guanti gialli, ed il suo abito nero si furono ritirati, Lucrezia, la liliale eroina clic preludiò ad una rivoluzione, clic voi, io e tulli coloro clic limino fatto le loro classi di ginnasio debbono conoscere alla perfezione, comparve drappeggiata alla romana, e ridotta in tragedia dal sig. Ponsard. Allorché in un’altra mia di qualche mese fa, vi parlai della prima comparsa di questo lavoro, clic’unisce a grandi meriti lcllcrarii qualche cosa di troppo arido, di troppo convenzionale, di troppo lambiccalo nella forma, io vi manifestai la mia alta sorpresa pei deliri, pei rumori critici e giornalistici, pelle ^idolatrie clic festeggiarono l’arrivo alla scena dei signor Ponsard e della sua prima rivelazione letteraria. Non è ch’io negassi, allora, come adesso, la facoltà poetica del nuovo autore, non è clic, presa, massime dettagliatamente, quella tragedia non presentasse delle vere bellezze sia nella dizione clic nell’arte con cui era fatto il verso, jioh e che alcuni caratteri non fossero designati con forza e clic certe scene non sieno condotte assai abilmente, ma basterà lutto questo a giustificar l’enorme grido elle si alzò da tutte le parli, quando Lucrezia venne, parlò, e si uccise sulle scene dell’Ottóni? Non parve forse che la letteratura dovesse passare, grazie a questo sforzo poetico, dallo stalo di naufraga a quello di salvala, non parve che il signor Ponsard fosse venuto, come la colonna di fiamme della Bibbia, a rischiarare la via a tutti questi ebrei tipografici vaganti nel deserto letterario? Ecco la tragedia, ecco il verso, ceco il poeta si urlò da tutte le parti. Va bene, signori, ma prima del sig. Ponsard tutto ciò era dunque ignoto, queste tre grandi parole rappresentavano una vaga idea di cui si attendeva la realizzazione? Voi, mio caro amico, avrete ora frullo mani quest’America rimata nuovamente scoperta, e potrete giudicar da voi stesso se alla fine questo folle entusiasmo non peccava di esagerazione, se non era una specie di sconosccnza l’innalzare prodigiosamente la statua del nuovo poeta, perché lutti i grandi nomi della letteratura moderna apparissero quali pigmei al suo confronto. Si, sconoscenza! giacché, credetelo, non fu il merito assoluto della Lucrezia ciò clic produsse tante esaltazioni, tanti trasporti nella critica verbale.e giornalistica, ma piuttosto una volontà di reazione portata alla mania contro la letteratura del giorno, reazione ch’io troverei degna d’approvazione, se si fosse manifestata con minor accanimento, come la protesta della ragione, e non come un’ispirazione dell’astio e dell’inimicizia, lo sono lungi dal contrastarlo; la letteratura contemporanea, e massime la drammatica, volle spingere un po’troppo all’estremo l’applicazione delle sue nuove teorie; essa scorse troppo disordinatamente nei campi dcll’imaginazionc, accumulò con eccessivo ardimento le sorgenti più forti delle emozioni, sparse di troppo pepe, perdonatemi la volgare ma giusta metafora, e di troppi aromi le sue vivande, ma che perciò? Non ebbe essa degli slanci luminosi, non offrì dei componimenti ammirabili, non fu essa spesse volte nobile, grande, ispirala, potente; non ruppe il pesante freno dei vecchi pregiudizi,’non ci guidò per intentali, sebbene pericolosi sentieri, alla ricerca del bello, del bello, sublime, multiforme e mobile Iddio che il classicismo aveva inchiodato sovra un trono di pietra, a cui il genio stesso non polca più giungere se non guidato’ dalla mano agghiacciata e cadaverica di ridicole prescrizioni, di sistemi, di regole, di rancide forme? La letteratura moderna, come tutto ciò che è giovane, avea forse ecceduto nell’ardimento, s’era troppo lasciala predominare dallo spirilo d’innovazione, avea ascoltato con troppa buona fede i primi applausi che erano stali la conseguenza delle prime emozioni, ma si potea avvertirla de’ suoi traviamenti con più di gentilezza, massime dopo d’esserne stati i complici accarezzando, adulando, festeggiando senza misura la bollente ed inesperta creatura. Ma, a monte le digressioni; la riproduzione della Lucrezia, i cui personaggi erano sostenuti da nuovi attori, non fu accolla certamente con un fanatismo troppo ’ violento; risuonarono degli applausi, ma questi alili plausi erano calmi e moderali; gli spettatori comini ciarono ad accorgersi di aver gettato una dose troppo g abbondevole di corone a proposito del primo suicidio? femminile, citato dalla storia, e cercarono quindi di | mostrarsi meno prodighi di apoteosi. La nuova esecuzione non fece obbliare l’antica, sebbene la Maxime, Ia Dorval, Ballande e gli altri attori abbiano avuto delle buone ispirazioni, e dei momenti assai felici. L’Odèon diede la seconda sera un nuovo dramma in cinque alti ed in versi del signor Lcfévre, intitolalo l’Leale des Princcs. Ebbe un successo di stima, uno di quei successi che si’ collegano talora alla noja, o che almeno non ne sono nemici capitali. Il concetto fondamentale di questo dramma è d’una antichità adamitica. In una corte di un duca xv, y, z, a vostro piacere, dominano il tradimento, la corruttela, la prepotenza, e tulli gli analoghi vizii che generano dei relativi delitti: la virtù é calunniata, decita -odoppressa, l’amore viene imposto come una legge, ed é attivala, per soprappiù, quasi fosse una cosa perfettamente naturale, una fabbrica di vittime che lavora islancabilmcnte, e che mette quindi in commercio un gran numero di questi interessanti prodotti. Or bene, frammezzo a questa immonda cloaca di tutte le depravazioni, compareuno diqucgli uomini a maniere rozze,ad accento robusto, a voce t uonante, a viso imperturbabile, che fanno il bene ad ogni costo, e che non fanno altra vita che scoprire ipocrisie, svelar colpe, difendere calunniati e salvare innocenti. Il mestiere é eccellente, ma di poco profitto;:, spesso anzi é un mestiere impossibile. 11 signor Felàmunn per altro, l’eroe filosofo dell’llcole des Princcs, giunge al suo intentò, ed ha la soddisfazione di veder puniti i birbanti ed esaltati i giusti. Il pubblico ha ammiralo, ne sono sicuro, il risultato delle fatiche del signor Feldmann, ma si è dimenticalo di manifestare un po’ palesemente questa sua ammirazione. Oli! il pubblico talora è un grande smemorato! Un Voyage cn Espugno di Tcofilo Gauthicr ha avuto un grande successo alle Varietis. È una satira piccante, briosa, della Spagna fisica, morale,-e govcrnamcntalc. Io vi risparmicrò l’analisi di questo Vaudeville. il cui scopo principale e quello di promovere l’ilarità degli spettatori, e clic adempie fedelmente alla sua missione. Ber queste produzioni, l’analisi é impossibile, giacche il loro merito non istà ncll’àndamcnto, nell’intreccio, insomma nella tela, ma bensì nella bizzarria delle posizioni, nella vivacità del dialogo e nell’abbondanza dei frizzi, e degli epigrammi: il Vogage en Espugno ha tali pregi, e dicendovi questo credo d’avervenc parlato abbastanza. Al teatro della Gaicti il nuovo dramma di Balzac Pamela Girami venne abbastanza applaudito. Sebbene questo dramma sia assai superiore al Vautrin ed al Quinola, d’infausta memoria, pure mi conferma nclÌ’ opinione clic il più grande romanziere sociale de’nostri giorni non sia fatto pel teatro. Egli confonde troppo facilmente la parola lettore con quella di spettatore, e non sa colpirne abbastanza la differenza. Le sue analisi fisiologiche, fine, delicate, profonde, il suo gusto per certe particolarità che rivelano in lui un prodigioso talento d’osservazione, sono inapprezzabili alla lettura, ma perdono il loro effetto sulla scena; la miniatura la più perfetta, la più stupenda non é fatta pel teatro; ci vanno ilei grandi colpi di pennello, delle linee ardite, delle tinte assai calde, per ferire rapidamente queste imaginazioni affollate in una platea, clic attendono l’impressione, ma che non si vogliono prender la briga di andare a cercarla. Chiuderò questa lettera annunciandovi l’immenso successo del dramma in cinque alti ed otto quadri dei signori Dennery e Granger, datosi all’Ambigu, e clic è intitolato Ics Boliimiens de Paris. È un dramma all’acido solforico; il pubblico si commove, trasalisce, trema, palpita, piange, ride, si agita, nuota insomma in un oceano di impressioni, clic piombano da ogni parte, che sorgono da ogni scena, che spuntano ad ogni gesto, ad ogni parola; e dopo d’essersi ben sentito ad agghiacciare ed a riscaldare il sangue, l’ottimo pubblico balte le mani come un ossesso. Venti lettere come questa, basterebbero appena a sciogliere il nodo gordiano dell’intreccio di questo dramma; rimetteremo dunque, la cosa ad un altro secolo. Nella supposizione però che possiate ignorare il valore della parola Bohémiens, appartenente agli eroi di questa epopea in cinque atti, mi affretto a dirvi che il Bohémien é l’uomo clic, cessando d’essere Gamin per abbondanza d’età, si risolve a divenire vagabondo, venditore di marche di teatro, qualche volta borsajuolo, commissionario, facchino, ecc., ecc. Egli esercita molle industrie, ma a preferenza le meno faticose, ed ha una dichiarata tendenza a difendere il principio sansimoniano, che dichiara che il tutto é di tutti. Egli non trascura mai l’occasione dì mettere in azione questa massima feconda di.... sottrazioni, ed U suo zelo sarebbe sicuramente illimitato, se la policc corredini/elle non si prendesse la briga di procurargli qualche anno di riposo, assegnandogli un posto in uno dei pubblici stabilimenti volgarmente chiamali prigioni. Vi sono dei Bohémicns onesti a quanto si dice, ed il dramma sembra disposto a confermare, almeno in parte, questa opinione, ma siccome non ebbi mai-il bene di trovarne, così v’invito a venire a Parigi per ajuturmi in questa interessante e dificile scoperta. Credetemi intanto Vostro affezionatissimo. CRONACA DEL TEATRO RE Domenica sera la riproduzione del Luigi di Normandia, innanzi ad un pubblico abbastanza affollato, offrì campo all’arte meravigliosa del Modena di palesarsi m tutto lo splendore della sua potenza. Io ritengo che la parte di Luigi XI in questo dramma sia la più bella creazione di questo sublime artista, e sì che egli ha create quelle stupende parli del Saule, dell’Oreste, dell’Orosmane, ecc.! Non e possibile io credo, portare la verità ad un punto più elevato,’ ed •il -quarto e quinto atto del Luigi, sono sostenuti dal Modena in un modo, per battezzare il quale non troverei opportuno clic l’aggettivo favoloso. Lunedì si diede la Camaradéric di Scribe, che fu agita con sufficiente ingegno, ma clic lasciava scorgere negli artisti una certa irresolutezza, una certa indecisione, clic servi a diminuire l’attrattiva di alcune fra le scene più brillanti di questa commedia. Modena, nella parte del dottor Bernadet fu inapprezzabile; l’uomo che la sera prima era comparso debole, vecchio, caduco. più simile ad uno spettro clic a creatura nelle cui vene circolasse la vita, era la sera dopo destro, spiritoso, agile, pieno di frizzi o ili egoismo, e presentava con una incredibile evidenza uno de’ tipi più singolari della scienza medica... parigina. Oltre lutti i talenti del grande artista, Modena possiede alla perfezione quello di sapere abbigliarsi; cominciando dai guanti per terminare fino alla spilla, voi trovereste, analizzando il vestito del Modena, un calcolo, uno studio, una finezza clic dinota la profondità fisiologica del sommo attore. La signora Adelia, nella parte di Duchessa, meritò pure molti elogi; in questa artista si scorge la qualità più rara nelle commedianti de’ nostri giorni, vale a dire l’abitudine ed il gusto della buona società. Essa ha dell’eleganza, della distinzione nelle maniere, della grazia nell’accento e nel sorriso, e sa assumere assai beilo quella piccola aria d’impertinenza, elio è uno de’ connotali più essenziali delle lionnes del gran mondo. La commedia brillante e di costume, le parli leggiere e graziose di dama e dicoqueltc trovano quindi in lei una eccellente interprete; ma il dramma forte, colle sue passioni ardenti, vive, esaltate é meno opportuno per questa simpatica attrice, la cui voce manca di lagrime, e che alle volle, nelle situazioni estremamente patetiche o estremamente appassionate, converte il dialogo in prosa in qualche cosa, clic sventuratamente ha la somiglianza d’un caniabile. Il signor Lancctli sostenne assai bene la parte ilei Pari nella Camaradéric, e ne riscosse molti applausi: le parti di earicalurg, -ono -empi e disimpegnate lodevolmente da quest attore. Martedì il dramma stòrico del sig. Giacomelli intitolato Domenico Zampicri, detto il Domenichino, fu accollo eoli molla freddezza dai pochi spettatori che si sono ricordati, che quando un pubblico ha la pretesa di voler sempre cose nuove, incorre anche ncll’obbligo di compensare colla sua presenza gli sforzi, le pene, le fatiche di chi cerca d’appagare questo suo desiderio.L’intreccio di questo dramma é meschino; é una continua successione di scene elicsi assomigliano tutte, e clic vertono sulla gelosia schifosa degli artisti rivali del Domenichino; la ripetizione’ costante delle stesse situazioni, delle stesse miserie, degli stessi dolori finisce poi ad annojarc mortalmente. L’episodio dell amore della figlia del Domenichino per un nemico ili suo padre, pel pittore Ribcra, non giunse certo a rialzare l’andamento del dramma, clié anzi la rivoluzione improvvisa che nasce nell’anima dcll’Angiolina, clic cangia nel breve corso d’uita scena la sua passione in odio e disprezzo, servì a dare un’idea dei mezzi con cui certi scrittori di commedie si cavano dalle situazioni difficili, in cui si sono volontariamente imbarazzati, facendo succedere una di quelle strano metamorfosi morali, che urtano il buon senso, n che sono sempre trovate detestabili dal pubblico. Né il dialogo può faro dimenticare la debolezza dei concetto del signor Giacomelli; è uno di que’dialoghi comuni, senza idee, clic eccitano troppo’ facilmente la noia e la stanchezza. Quando poi il signor Giacomelli cerca di raggiungere una certa elevatezza, allora cade in quelle’ volgari figure reltorichc, clic oramai sono divenute di esclusiva proprietà dei piccoli autori clic esordiscono nei collegi. Il pillare ama i suoi figli come ama i suoi pennelli; la sua oila è simile al fiore che apre i suoi petali, ecc. Per Iddio! ma il pm bello dei drammi sarebbe rovinato con un assortimento di tali frasi pretenziose, rococò, clic ci ricordano il tempo dei nei e del minuetto! L’immenso ingegno del Modena, che trasse un ammirabile partito dalla sua parte, non giunse a vincere la generale indifferenza per questo lavoro storico del sig. Giacomelli. Mereoledì una nupva commedia francese, intitolala lln ultra esordiente, piacque abbastanza, senza piacere eccessivamente. Il teatro era ancora più deserto del solito; Modena non recitava. Giovedì l’Enrico terzo di Dumas, provò che le inclinazioni drammatiche del pubblico, subirono: da qualche tempo un notabile cangiamento. 11 trasporlo per tutto ciò che colpiva più vivamente un giorno è passato; c la crudeltà fredda, atroce, spaventosa del! Duca di Guisa, sebbene superbamente interpretata dal» Slodcna, trovò negli spettatori una sensibilità delirata elle t la condannava. La > ila del dramma fatale è finita; il j palco scenico rigetta i cadaveri, le catastrofi troppo
- strazianti, le barbarie troppo spinte, i delitti troppo
enormi; il pubblico non vuol più assistere allo svolgimento di passioni portate alla tre preferisce l’amore grazioso, l’intrcci zarric, gli scherzi della commedia di wmuuk, •• noi applaudiamo volentieri ai nuovi suoi gusti. LZsurtco terzo non ebbe dunque molti fautori, ed il sipario è calalo sull’ultima sua scena coll’accompagnamento di qualI. 1C vero però clic l’es; clic euzione ne era stata abbasta alcuni degli artisti sembravano piuttosto occupati a consultarsi col suggeritore, anziché ad esprimere le passioni che erano loro affidate. Noi siamo desolali ili dover fare una osservazione, che ometteremmo volentieri se non riguardasse troppo davvicino e troppo strettamente gli interessi dell’arte, ed è che generalmente, e massime in alcuni degli attori maschili dell’attuale compagnia, si scorge una vera negligenza ncll’apprcnderc a memoria la propria parte. Ma non si sa di quali tristi risultati sia feconda una tale trascuratezza? L’attore clic non sa la propria parte, riesce per forza freddo, imbarazzato, indeciso, tutte le sue qualità restano neutralizzate, rende impossibile quella recitazione rapida, brillante, sicura che il pubblico ha diritto di esigere, toglie l’effetto alle scene più belle, rovina il concetto dell’autore e le cure de’suoi compagni, e produce negli spettatori quel senso di noja, di disgusto, che ò l’indispensabile conseguenza di una declamazione stentala, interrotta, piena di sbagli, di reticenze, e d’errori. Noi potremmo, volendolo, citar qualche nome, a conferma della nostra osservazione; ma non lo faremo sulla speranza, clic anche senza tali citazioni, le nostre parole verranno intese cil apprezzale da coloro, a cui sono dedicate. Il Bicchier d’acqua formò il trattenimento di venerdì; ed il pubblico ascolti) con un vero piacere questa graziosa commedia, della quale, non che delle rappresentazioni successive, faremo cenno nel prossimo numero. B-r-i NOTIZIE DIVERSE — Il Ballo la Caterina Cornaro del Coreografo.Vestris, ottenne un lieto successo sull e scene del nostro grande teatro della Scala. 1 ballabili per altro non furono creduti degni di molli elogi. L’impresa va assai lodala pello sfarzo delle decorazioni, ed i pittori meritano per qualche tela una onorevole menzione; genere d’onore a cui potrebbero, se lo volessero, aspirare con maggiore frequenza. — Le celebri sorelle Milanotlo stanno per compire in Piemonte un giro artistico, che merita anche il titolo di filantropico. A. Mondovi esse diedero tre concerti pei poveri, due a Posano a beneficio d’un artista, uno a Sivigiiano pei poveri, o finalmente venerdì davano un gran concerto a Torino, al teatro d’Aiigcnncs, pure a benefìcio dei poveri. Da per lutto all’entusiasmo più vivo, si mischiarono cosi delle lagrime di riconoscenza, da per lutto si ebbe ammirazione e simpatia pelle due illustri giovinette che associano la nobiltà del cuore all’altezza del talento musicale. Pra pochi giorni le due artistc, che godono già d’una riputazione Europea, giungeranno a Milano. A questa notizia clic deve interessare assaissimo gli amatori e gli artisti, crediamo di poter aggiungere con sicurezza, che le Milanollo daranno dei concerti, e che ci porranno quindi nella possibilità di valutare col fatto la loro abilità, che vico proclamata prodigiosa, e che ottenne dei trionfi tanto straordinarii a Vienna, ed in tutte le città percorse dalle celebri vio— Vienna. La figlia del Reggimento, di Donizelli, tradotta in tedesco venne qui rappresentata per la prima volta il 23 settembre scorso, e piacque alle prime e oguor più nelle recito successive, al che contribuì principalmente la protagonista, madamigella Lutzcr, la quale fece la sua parte eminentemente bene. Il 28 settembre davasi il Ratto del Serraglio di Mozart. — Il giovine pianista Piltsch della Transilvanlat, che nell’attuale sua età di 13 anni fece tanto furore a Parigi e Londra, trovasi presèntemente in questa capitale ove si produrrà nella futura stagione dei concerti. — Una strada ncìV^ilservorstadl, ove visse e inori Beethoven, ebbe il nome di Strada Beethoven. (Gazi. Jl/tts. di Vienna). — La lettera del nostro corrispondente di Parigi, (vedi più sopra) datata dal giorno 1 ottobre ci annunziava pel dopo domani,giorno 3 ottobre, l’apertura del’teatro italiano, e ci promcttca di farci conoscere le particolarità più interessanti di questa solennità musicale. Mentre ci faremo un dovere di comunicare al più presto possibile ì risultati di tale promessa, ci affrettiamo di offrire ai nostri lettori, con esemplare laconismo, le notizie giunteci da Parigi a questo riguardo. Il pubblico alla sera d’apertura era numeroso, ed applaudì assai vivamente alla Lucia, opera per lui di antica conoscenza, ma sempre però deliziosa ed ammirabile. La Persiani cantò la parte di Lucia in un modo sorprendente; se ella non e la prima delle attrici, e certamente la prima cantante de’ nostri giorni. 1 debuti di Salvi e di Ronconi furono assai felici. Ronconi trasportò colla sua anima, col suo fuoco, col suo metodo eccezionale, e colla vivacità delle sue ispirazioni. Si apprezzò in Salvi la voce, e la finezza del metodo; nell’adagio dell’aria finale ottenne gli applausi più clamorosi. In una parola il pubblico fino ad ora e assai contento dell’attuale compagnia, che promette al teatro italiano una stagione assai brillante. MOIE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL’I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PIUVILEG". di GIOVANNI KICOHD1 «iliii voci e Covi ESEGUITO LA PRIMA VOLTA.NELL’I. R. CAPPELLA A VI IL VENERDÌ SANTO DELL’ANNO MDCCCXLIII MUSICA DEL M.° «ùbmrkd imnraa Riduzione con accompagnamento di Piunofor dell’Autore. 15S2Ì N. 1 Coro eoi» tutte le parti, Miserere mei Deus... l;i’. 13523 «2 Versetto a Bassi soli, Et secundum multitudinem n 15526 «5 Solo «lei Tenore, Amplias lava me •■ 15527 ii 4 Versetto a Tenori soli, Quoniam iniquitatem ” 15528 «5 Quartetto a 2 Tenori e 2 Stassi, ’l’ibi soli peccavi n 15529 ii 6 Versetto a S. solo, Ecce cnimin iniquitatibus» 15530» 7 Terzetto per S., T. e I*., Ecce enim veritatem... n 15531 n 8 Versetto a Tenori e Bassi, Asper15552 «9 Duetto per T. e II., Audi15533» 10 Versetto a Soprani e Contralti, Averte faciem tuam... «15554 «11 Solo «lei Sopra «io. Cor mundum " 15555» 12 Versetto a Coro pieno,.Ve projicias me a 15536» 15 Terzetto) per 2 S. e C., Redde mihi " 15537» 14 Versetto a Soprani, Controlli e Tenori, Docebo iniquos.» 15538» 15 Quartetto per S-, C-, T. e B eoa» Cori, Libera me n 15559 n 10 Versetto a Coro pieno, Domine labia mea» 15540 a 17 Aria per Basso, Quoniam 15541 n 18 Versetto a Coro pieno, Sacrificium Deo a 15312» 19 Duetto per T. e B-, Benigne fac Domine...’ ii 15343 a 20 Versetto a Coro pieno, Tunc acceptabis» 15544 a 21 Fuga finale per tutte le parti e«I il Coro, Tane imponent ii Cosaipleto i’ I SB. Per ora si sono pubblicati i Numeri 5, 5, 7, 9 c 11; per il 25 corrente Ottobre si pubblicheranno gli altri pezzi ed il Miserere t impleto. Intanto chi bramasse farlo eseguire in pubblico coll’orchestra, potrà averlo anche a nolo. 1 LOMBARDI àiiii mo& MMiàna; Dramma lirico «li Temiwocle Solerà 1 POSTO IN MUSICA DA ««ma»®»® mmm Tulli i principali pezzi ridalli ]tcr Canio con accompagnamento di Pianoforte. L’Opera completa per Pflc solo Idem hlem Fr. 18 per Pflc a 4 mani.. n 26 — per Pfte nello stile facile n 14 — per Pfte e Violino.. " 22 — per Pfte e Flauto.. n 22 — per 2 Flauti....» 16 Idem per Flauto solo... Stanno sotto i lorchj altre riduzioni, cioè per due Violini, per Violino solo; per due Violini, Viola e Violoncello; e per Flauto, Violino, Viola e Violoncello. Pezzi illn rnl sopra l’Opera suddetta. 14918 Avigaioue. Divertimento per Flauto con accompagnamento di Pfte. «14797 Falirbarh. Pot-pourris brillanti, per Flauto, Clarinetto od Oboe e Fagotto, N. 8 14798 — Idem 14799 - Idem «5 148«) _ Idem a 4 14729 ftîrassi. Capriccio. per Pfle Sollo i lorchj. 14923 Ealirlmcli. Deux Faut tes pour 2 Flûtes. l.c Fantaisie. n 14926 — Idem. II.” Fantaisie 15521 Hermanii. Réminiscences des Lombards de Verdi. Grande Fantaisie bril■s éléganPAÎTTAISIB jiouv le 1‘itino SUB DES MOTIFS DE l’oPÉRA BEATRICE DI TENDA DE BELLINI s, v&nnmm 15305 Op. 49. Fr. 4 50 MIS’»© COBPIKO TEORICO-rPàlICO PEU IL PIANOFORTE Dai primi Elementi fino al più allo grado tli perfezione COMPOSTO DA G. N. HUMMEL Diviso in tre parti. 15051 Parte I... «20 — 15052 — II... - 35 — 15053 — 111... n 15 — 15050 II Metodo completo n 60 — Si® Iftl&làXT jpoMV Piano e! Violon SUB DES THÈMES DE LA FAVORITE DE DOXIZETTI msBRnm ir pàitcfka 14S05 Fr. 6 GIOVANNI BICORDI EDITOBE-PROPBIETABIO. Dall’I. ES. stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Rtisieale di GIOVANNI ESICORDI Contrada degli Omenoni If. 173#.