Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 11
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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 11 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
CRITICA MUSICALE
Cenni critici
sullo STABAT MATER di Rossini.
(Dovendo recar giudizio in questui Gazzetta di una tra le più notevoli produzioni musicali dell epoca nostra, ci è caro poter offerire ai nostri lettori le seguenti Osservazioni dettate da un dotto cultore dell’arte, e tanto più volentieri il facciamo, in (pianto che in esse ne pare molto saviamente temperata la critica colle espressioni di alta ammirazione che ogni imparziale non può non tributare alla più ricca fantasia musicale italiana. Che se a taluno paresse qui e qua troppo severa la censura, rifletta che la libertà delle opinioni è un diritto di ogni scrittore cui non garba farsi schiavo delle idee altrui, e che la cieca venerazione non è mai il più puro omaggio che rendere si possa agli ingegni superiori. Ammetteremo nella nostra Gazzetta ogni qualunque obbiezione possa venir fatta a questi Cenni critici, quando però sia lo scritto dettato nei modi convenienti ad una critica meramente artistica.
Un nuovo componimento di Rossini desta in questi giorni l’ammirazione dell’Europa musicale. Quel genio che profuse tesori di melodie in tanti capolavori che sempre brilleranno di una eterna giovinezza, quell’Alessandro dell’arte il cui nome tocca i confini del mondo, e che pareva perduto alle più care nostre speranze, ora rivive. Ma, e in qual regione ei va a collocarsi? Da quale atmosfera e’ sparge quel soffio di vita che, come un prodigio di risurrezione, dee nuovamente suscitare nei nostri petti la favilla dell’entusiasmo? Egli s’addentra nelle sacre tende, e là, nelle carte della Chiesa sublimando il pensiero, crea un nuovo monumento alla grandezza dell’arte. - Lo Stabat di Rossini, non ha dubbio, segna in alcune parti un progresso. Della musica di Chiesa, pochi dei nostri contemporanei seppero farsi giusta idea. Parlando degli scrittori in questo genere, pare a’ più, che gl’inni sacri, anzi che contenere una vergine e bella poesia, altro non sieno che parole insignificanti, quasi a caso commesse insieme; tanta n’è la freddezza, o scurrile il modo della espressione per essi usata. Le grandi opere in questo genere a sole voci dei Palestrina, Durante, Scarlatti, Perti, Martini, Marcello, Lotti ec., e quelle a voci con accompagnamento d’istrumenti dei Pergolese, Iomella, Feo, Porpora, Leo, Buranello ed altri, sembrano abbandonate all’obblio. Tra’ viventi, il celebre Cherubini, Simone Majer, e pochi altri, sono quelli che tengono ancora accesa una pura fiamma innanzi all’altare, e mantengono nelle opere loro quella elevatezza di stile, eli’ è dovuta nella significazione di grandi concepimenti. Al genio è dato creare: Rossini, il taumaturgo della scena lirico-musicale. - 10 uomo per eccellenza in fatto di gusto, doveva offrire alcun che di nuovo, qualora avesse colorito delle possenti sue tinte alcuna delle sacre Salmodie. - E in vero, nello Stabat di cui parliamo, diviso in 10 pezzi, si trovano delle parti d’inestimabile valore, si per la espressione drammatica, che per la mirabile condotta del pensiero; per la scelta di toccanti melodie congiunte a novità di armonie, non meno che per bei gruppi di parti vocali, per transizioni peregrine, e per un ottimo impiego presso che sempre della parte istrumentale. Per nostro avviso tutti questi pregi trovansi riuniti nel 1.° pezzo preceduto da una magnifica introduzione, colla quale l’autore del Guglielmo Tell prepara gli animi dell’uditorio a quella dolorosa impressione che il gran racconto deve cagionare. Della esecuzione di questo componimento, effettuata di recente e con grandi proporzioni in Parigi. hanno reso conto i giornali di quella capitale, e particolarmente ne discorse il signor Delécluze nell'Appendice del giornale dei Débats, 9 gennaio, a. c. Noi, imprendendo l’analisi dell’opera, dichiariamo che le osservazioni critiche, che rispettosamente esporremo, sono non altro che figlie delle nostre convinzioni, nè devono punto essere riguardate siccome atto di eccessivo rigore e scortesia. Oh! noi ben fortunati, se la nostra critica potesse avere un valore uguale al soggetto che ne è il tema! Quanto al 1.° pezzo, più lo si viene osservando e più lo si ammira. Quel motivo che cominciano i bassi e al quale viene risposto dalle altre parti, cui a grado a grado si associano gli istrumenti, è di un magico effetto, come lo è del pari il coro, che giova mirabilmente ad afforzare a tempo e luogo le quattro parti di concerto. - Questo è un vero giojello. La 2.a Strofa Cujus animam gementem, venne scritta per tenore, a voce sola. Questo 2." pezzo è di un effetto delizioso, ma, sia permesso il dirlo, non ne pare che la forma del canto, nè la qualità del tempo, adatto piuttosto al marziale che al patetico, nè il movimento della parte istrumentale, addicansi alla espressione di un’anima gemente, contristata, profondamente afflitta, e punta da pugnale, come dice il testo. Questa cavatina, ricca di tutti i vezzi teatrali, non ne pare sita a suo luogo. Questo 2.° pezzo ne sembra contenere un’altra anomalia; quella di ripetere il motivo delle parole Cujus animam ec., allora che dopo la terza strofa benissimo espressa in fa minore, viene alla quarta, cioè alle parole - Qiue meerebat et dolebat - coll’aggiunta per altro d’ingegnosa transizione, colla «piale l’illustre autore si conduce alla cadenza finale. Il 3." pezzo, è un duetto a due soprani, sulle parole est homo qui non fleret ec. Un breve ritornello formato di mirabili accordi armonici precede il canto. Questo duetto è di bellissima fattura, sì riguardo alla parte vocale, che alla strumentale, la quale accompagna il canto da principio alla fine con un movimento cui nessun altro poteva meglio convenire. Il canto è di molto effetto, e vi si ammira la spontaneità nella condotta e nelle combinazioni di armonie. Ne pare per altro che abbiavi difetto nella interpunzione. II punto interrogante, alla fine di questa strofa, e della seguente - Quis non posset contrastari - non lo si vede sempre osservato. Il dire, che, dovendo fare cadenza, il nostro autore era costretto per chiudere il periodo musicale ad operare la conversione del punto interrogativo in positivo, incontra la risposta che non gli era obbligatorio scrivere un duetto su queste parole, che meglio si sarebbero attemprate a un recitativo. Qualche leggiera menda ne sembra anche riscontrare alla seconda battuta del N. 5. Duetto pag. 3. (ediz. Ricordi) sulle parole Christi rnatrem si videret, ove sull accordo di si, ossia della dominante di mi, accompagnata stabilmente con h 7, 5, e 3, fa passare arditamente gli accordi che formano i cantanti di 3 e 8, 4 e 6,2 e h 7, 3 e 5, 8 e 6, 2 e jj 4, b 7 e 3, 8 e 3. Trattasi di un genere ch’esige rigore. - Rossini non vuole riformarlo colla licenza, ma illustrarlo col suo sapere e col suo genio. Gli è perciò che rispettosamente progrediamo nelle nostre osservazioni. Pezzo 4.° Pro peccatis suie gentis. Aria per voce di basso, a solo - Il principio n’è O1 di squisito lavoro: il genio e l’arte s’intrecciano nella espressione delle parole. Tra le bellezze che vi si ammirano, accenneremo al passaggio eh ei fa sul vidit Jesum in tormentis, dalla dominante del tono in re minore, al re bemolle maggiore. Del pari è osservabile, sotto le successive parole - et flagellis subditum - quell’accordo con cui passa al tono in do maggiore, da dove ritorna a quello di la minore, in cui incomincia il pezzo. - Tanta è la novità, naturalezza e ragione delle succennate transizioni, che vogliono essere particolarmente rilevate. - Venne assai lodato il canto in la maggiore che vi succede, e noi non esitiamo punto a crederlo, com’è certamente, di bellissimo effetto. Ne sembra per altro introdotto a solo fine di far spiccare l’abilità del cantante: mentre, come composizione, per quanto sia esso pregevole, pure non lo si potrebbe vedere ben collocato sulle stesse parole di prima - pro peccatis - che il nostro autore si fa a ripetere: parole di tinta trista e patetica, non aventi molta simpatia con un tono maggiore. - La strofa che vi succede, quella - vidit suum dulcem natum - non ha una diretta relazione col pro peccatis suæ gentis. - La musica però è la medesima, compreso il canto in la maggiore che abbiamo sopraccennato.
Pezzo 5.° Coro e Recitativo senz’accompagnamento, contenente le due strofe, Eja ma ter fons amoris: e Fac, ut ardeat cor meum.
Il coro s’intreccia con una voce di basso principale.
Questo pezzo ne pare una composizione a mosaico. - E nel vero, trovansi uniti insieme motivi e periodi di breve durata sì, ma di colore diverso l’uno dall’altro, ed alcuno anche per il tempo slegato dagli altri.
Non è la mancanza di effetto di cui accuseremo in questa parte l’autore? no certamente: ma sibbene della poca dicevolezza di alcun concetto, sia nel rapporto della gravità dello stile, che alla espressione della poesia, e così pure della mancanza d’insieme.
Tra’ motivi concentrati in questo pezzo, ha quello di quattro battute in tempo di 6 e 8 su le parole in amando Christum Deum che, a vero dire, è troppo profano. La dignità dello stile non la troviamo qui osservata; e noteremo inoltre come possa anche giudicarsi poco soddisfacente quella spezzatura che nel detto periodo fa la parte del basso principale, su le parole Ina-mando cioè in amando.
Pezzo 6.° Quartetto.
Esso è composto di cinque strofe o versetti, e comincia con quello Sancta Mater istud agas, scritto per voce di tenore a solo. Noi troviamo eminenti i pregi di questo primo versetto; e poichè serve di base a questo componimento, ne pare conveniente enumerarne le squisitezze.
E primamente, è a considerare la qualità della cantilena applicata alle parole di tinta appassionata; cantilena, figlia d’un’anima inspirata; bella, semplice, fresca come le più care creazioni del genio. Ma, se bella è per sè stessa, l’arte la rese anche migliore. Giudizioso quanto mai, noi troviamo l’impiego che il nostro autore fa della parte istrumentale, là dove tace il canto, e che rende più sensibile la espressione delle parole che vengono significate. Notevole è pure il passaggio dal tono di la ♭ maggiore a quello la ♭ minore, passaggio opportunamente inteso a dar vigore alla passione; come del pari lodevolissimo nello stesso senso è quel graduale rinforzo che presta al canto col farlo ascendere dal do al sol bemolle, mediante semituoni, intanto che gl’istrumenti con armoniose e dotte modulazioni, sostengono e avvalorano il canto stesso senza punto opprimerlo per troppa forza. E molto assennata ne pare inoltre quella sospensione che vi si trova della cadenza sul fa minore corrispondente al primo tono, ove il nostro autore s’intrattiene per formarvi una frase, daddove ritorna al tono principale.
Noi ci dilungheremmo di troppo se volessimo rilevare parte a parte i distinti pregi di questo bel componimento. Gli è perciò che noi passeremo sopra al versetto che succede Tui nati vulnerati cantato dal primo soprano, opportunamente avvicendato dai tenore; nè faremo parola del dignitoso e caratteristico modo di canto con cui il basso esprime le parole Fac, me vere tecum flere, cui risponde il secondo soprano, replicando le parole suddette, però con altra cantilena assai grata ed acconcia.
Questo pezzo ne pare una gemma infinitamente preziosa. La scelta dei musicali concetti benissimo adatti, sì alla espressione della poesia che alla gravità dovuta nelle opere di questo genere; lo sviluppo ingegnoso che a grado a grado e’ ricevono, sia nel dividersi tra le quattro parti cantanti, come nel loro legame ed intessuto co’ strumenti; perfino quel profondo magistero mediante il quale il nostro autore, coll’ammirabile meccanismo di questo suo linguaggio, sa riunire in una stessa corrente d’idee, in uno stesso punto d’interesse tutte le categorie de’ suoi uditori per cui può dirsi ch’ei li conduce per una sola via, deono assicurare a questo componimento l’omaggio di un’unanime ammirazione
(Sarà continuato).
Maestro primario della Cappella di San Marco in Venezia.
LETTERATURA MUSICALE.
(I signori Editori ed Autori di Opere che trattano di teorica musicale o della storia dell’Arti presso i diversi popoli, ecc., i quali desiderassero veder fatto cenno in questa Gazzetta delle loro produzioni, sono pregati a inviarne copia, franca di porto, al nostro Ufficio, la quale, steso che sia l’articolo, verrà restituita nel modo e a chi verrà indicato all’atto della consegna della copia stessa).
I fascicoli 26 e 36 della Galerie des contemporains illustres par un homme de rien che si pubblica a Parigi contengono le biografie di Mayerbeer e di Rossini giudicati ragionevolmente da quell’autore i due cardini principali della musica del secolo. Quest’uomo da nulla si mostra molto superiore alla significazione dell’assuntosi titolo, e molto degno di una tanta modestia nel proemio che manda innanzi alla biografia di Mayerbeer chiamando a giudizioso esame la questione della musica antica presso gli ebrei e presso i greci, e concludendo che la musica presente contiene quella degli antichi, e che quella degli antichi non conteneva altrimenti la nostra. Questa sentenza, che l’autore annunzia come già pronunciata in un articolo del signor Berlioz, meriterebbe di essere posta a maturo esame, e facilmente si vedrebbe riuscire meno esclusiva, e più corretta, ma il presumere che gli antichi avessero nozione di una musica perfezionata od anche superiore alla nostra, sarà sempre un’asserzione contraddittoria a tutti i monumenti e ai fatti della storia.
Procede quindi l’autore a descrivere la storia di Mayerbeer, il quale, nato fra gli agi dell’opulenza nella capitale della Prussia e dotato di genio singolare alla musica, ebbe agio fino da’ primi anni di darsi agli studii dell’arte; onde sotto gli insegnamenti di Lanka, allievo di Clementi, potè a nove anni distinguersi fra i migliori pianisti di Berlino. L’abbate Vogler innamoratosi del genio del giovane l’invitò a Darmstadt: egli volonteroso vi si recò e nella scuola di quel celebre contrappuntista ebbe a condiscepoli Ritter, Knecht, Winter, Grambascher, e l’autore del Freyschütz il celebre Carlo Maria Weber. Quella scuola era ordinata e diretta a fare degli allievi di gran dottrina musicale, e i nominati compositori che ne uscirono mostrano come l’effetto corrispondesse all’intendimento ond’era instituita. I primi saggi melodrammatici di Mayerbeer furono Dieu et la nature, Le voeu de Jephte, et les deux Califes. Ma tutte queste Opere prodotte sulle scene della Germania avvezza al dolce della melodia italiana non ebbero alcuno effetto d’applauso. Egli s’era grandemente scoraggilo per questi successi, quando il celebre Salieri, allora direttore dell’Opera italiana a Vienna, il confortò che dovesse fare un viaggio in Italia per apprendervi l’arte del canto che gli mancava. Mayerbeer seguì il consiglio, e l’anno 1815, passate le Alpi, giunse in Italia appunto quando la prima maniera di Rossini era il soggetto di tutti i discorsi e della comune ammirazione. Mayerbeer sentì il Tancredi, e ne rimase innamorato, e stupì della freschezza, e dell’incantesimo di quella melodia piena di vita. Allora, dato bando al calcolo scolastico, posti dall’un de’ lati i severi insegnamenti dell’abbate Vogler, egli si diede a tentare la maniera italiana, e colla forza del genio, col fondamento degli studii percorsi giunse colla sua Romilda e Costanza, Semiramide riconosciuta, Emma di Resburgo a cattivarsi l’animo e gli applausi degli italiani, fra’ quali non mancarono molti che lo riconobbero per l’emulo di Rossini. Non però i tedeschi cessarono di dargli biasimo di apostasia dalle massime della severa scuola alemanna. Mayerbeer contrapponeva a’ suoi detrattori nazionali delle Opere italiane. La Margherita d‘Anjou, l’Esule di Granata, l’Almanzor furono con plauso inestimabile accolte dagli italiani, e finalmente il Crociato in Egitto suggellò questo secondo periodo della vita di Mayerbeer con un successo di completo trionfo.
L’anno 1827 Mayerbeer tornò a Berlino, ivi ammogliatosi, e perduti i due figliuoli che gli erano nati, si diede alla melanconia, ed alla solitudine, e non trovò altro sollievo che nella meditazione dell’arte. Da queste vicende della vita di Mayerbeer deve il mondo riconoscere le Opere colossali Robert le Diable, e les Huguenots che egli scrisse pel gran teatro francese. La prima di queste Opere deve riguardarsi come un prodigio di creazione per tutti i tempi, e per tutte le nazioni. La seconda più elaborata, e più cruda nella sua armonica tessitura, cede di molto alla prima in eccellenza. Mayerbeer è ora avuto in conto del più grande de’ compositori viventi, perchè Rossini non vuol più vivere per l’arte. Nessuno ha mai avuto tanta arte nell’istromentazione quanto Mayerbeer, e nessuno più di lui eziandio abusandone, ha ottenuto più mirabili effetti d’orchestra. Egli, quasi divenuto francese, vive ancora ed opera a Parigi. Facciamo voti perchè le Opere che egli pubblicherà in appresso, moderandosi nello sforzo del magistero e della dottrina musicale, spirino quella popolarità che le renda più accette all’universale de’ popoli2.
Venendo poi l’uomo da nulla nel fascicolo 36.º a dare la biografia di Rossini, usa tutta la festività e piacevolezza del suo stile per ispiegare la causa del presente ozio del gran maestro, e conclude (non sappiamo quanto accuratamente) derivandola da quel savio principio: meglio essere abbandonare il pubblico che farsi abbandonare da lui. In proposito del più grande dei compositori di musica, che non solo pel suo genio si è fatto oggetto di ammirazione al mondo intero, ma ancora per la sua dottrina musicale, non veggiamo giusto che sia da attribuirsi a questo principio il fatto del suo ozio odierno. Ma qual se ne sia la cagione, qui non è luogo a discuterla.
Descrive l’autore i natali di Rossini in Pesaro, e l’essere egli all’età di dodici anni condotto a Bologna per apprendervi il canto. Ivi sotto Don Angelo Tesei si esercitò in quest’arte sino a promettere di dover riuscire un buon tenore. L’anno 1807 fu posto sotto gl’insegnamenti del celebre contrappuntista il padre Stanislao Mattei; ma Rossini, sdegnando la tortura di quel calcolo quasi matematico, stimolato dal genio che gli prometteva buon successo ne’ suoi liberi tentativi, cominciò ad esercitarsi nello stile libero, e di sedici anni compose una sinfonia, e una cantata che gli procacciò plauso ed onore. Poscia fattosi animo si diede a pratici studii sugli esemplari di Haydn e di Mozart, e all’età di diciotto anni venuto a Pesaro, la famiglia Perticari l’aiutò sì che potè ottenere
impegno di scrivere un’Opera pel teatro S. Moisé di enezia.
Quest’Opera fu la Cambiale di matrimonio che
ebbe mediocre successo. Alla quale fece ben tosto succedere
l’Equivoco stravagante, il Demetrio e Polibio,
l’Inganno felice, il Ciro in Babilonia, e la Scala di
seta, la Pietra del paragone, e VOccasione fa il ladro.
Queste Opere scritte tutte l’una dopo 1 altra con mirabile
rapidità procacciarono a Rossini nome di buon compositore.
Ma col Tancredi rappresentato a enezia egli
oscurò la fama di tutti gli altri maestri, e divenne meritamente
l’idolo della musica contemporanea. Chiamato
a Napoli dall’impresario tìarbaja vi compose un numero
ragguardevole di Opere di tanta importanza che ciascuna
per sè può considerarsi come un capolavoro. L’Otcllo,
Ricciardo e Zorjuide, la Donna del Lago, la Zelmira,
il Mosè, e successivamente per Roma il Barbiere di
Siviglia l’Opera bulla di tutti i tempi, e la Cenerentola,
e la Matilde di Shabran. Finalmente 1 anno 1823 diede
in Venezia la Semiramide, la quale spira per tutto I abbondanza,
e la nobiltà di pensieri originali a cui possa
dar luogo il maggior genio musicale italiano. Quest Opera
che in un anno corse tutti i teatri d Italia diede a Rossini
il trionfo più segnalato ed immortale. Colia Semiramide
(1) egli prese congedo dall’Italia, e chiamato a Parigi
scrisse in francese VAssedio di Corinto il Mosè nuovo,
c il Conte Ory, Opere che si distinguono fra le migliori
de’ grandi maestri tedeschi c francesi. Finalmente col
Guglielmo Teli rappresentato l’anno 1829 al teatro delia
Grand’Opera Rossini compose non solo l’Opera sua migliore.
ma il capolavoro di tutta la musica contemporanca.
Egli con quest’Opera superò tutto il difficile che
possa immaginarsi nell’arte, e lo congiunse mirabilmente
eoi trovati più mirabili della ispirazione. Egli fece cosi
tacere ogni animosità contraria alla sua supremazia nell’arte,
s’assise arbitro di tutte ie musicali celebrità, c
pago del suo trionfo si tacque, e tace tuttora (2).
Molte sono le osservazioni clic ci sarebbero cadute in
proposito discorrendo le due biografie di Mayerbeer e
Rossini date daH’autore della Galerie des contemporains
illustres, delle quali abbiamo offerto questo piccolo cenno
a’nostri lettori; ma siccome ce ne verrà il destro quando
verremo a trattare diffusamente di questi due grandi compositori
del secolo, ci serbiamo di farlo allora convenientemente.
Ora una sola riflessione faremo, cioè che
Mayerbeer divenne grande solo quando venuto in Italia
potè apprendervi l’arte nostra di trattare il canto, e fu
salutato per sommo quando nel Robert le Diable unì
il frutto degli studii fatti tra noi al grave della scuola
tedesca: e che Rossini, già grande nella maniera italiana,
divenne sommo c sovrano a tutti quando, mercè la fusione
de’ pregi della sua scuoia con quelli dell oltramontana,
potè spiegare in tutta la sua pienezza la forza del
suo genio superiore.
(1) Alla quale fece succedere in Milano l’Opera
Bianca c Falliero ove si ammira il magnifico quartetto
ch’ebbe poi voga europea. L’Est.
(21 Così scrive Z’IIomme de rien nella sua biografia
pubblicata alcun tempo prima che Bossini facesse di
pubblica ragione lo Stabat Mater.
I. R. TEATRO ALLA SCALA
N ABIJCOBONOSOR, Bramili» lirico
di T. solerà, musica del maestro
VERDI.
Altri giornali ci avranno già preceduti
nel riferire il clamoroso esito ottenuto dal
maestro Verdi nella nuova sua grande Opera
tragica Nahucodonosor.
Noi die ne1 pochi articoli teatrali dati in
questa Gazzetta abbiamo sempre insistito
sulla necessità che nella moderna musica
scenica la larghezza e il vigore del concetto
drammatico esser debbano la prima e principal
fonte delle ispirazioni dei compositore,
e ci siamo anche ingegnati a mostrare
come nelle tre nuove Opere date nella decorrente
stagione alla Scala le parti di esse
che piacquero più generalmente furono
quelle appunto nelle quali codesta condizione
era meglio osservata, e viceversa, noi
fummo oltremodo lieti al vedere convalidala
la nostra qualsiasi teoria dal voto di
un pubblico che è forse primo in Italia in
fatto di simili giudizii (*). Valga adunque il
(I) Ci viene riferito che il signor Gian Jacopo Pezzi,
estensore del giornale il Glissons ha dato principio al
suo articolo sul INabucodonosor del Perdi con queste
r ighe:
«Dacché l’Italia ha sentito il prepotente bisogno
«di un giornale, che parlasse ex professo di musica,
«e da questo bisogno nacque quel giornale, che, forte
«delle opinioni francesi sulla musica italiana^ venne
«ad imporci il peso della sua dittatura... ecc.»
In queste poche righe del prelodato signor Gian Jacopo
Pezzi (che facilmente si comprende essere a noi dedicate)
si contengono due asserzioni gratuite e, a giudizio degli
imparzialij, false! Noi le terremo in conio di una
dire che, se la nostra vanità di articolisti
musicali non ci illude, crediamo intravedere
in questo Nahucodonosor del Verdi un indizio
di notevolissimo progresso nell arte melodrammatica.
O spieghiamoci meglio. Il signor
Solerà ha tessuto un dramma che scostasi
di molto da quanto finora s’é latto tra
noi: nel tutt’insieme ei si svincolò da quelle
benedette forme che troppo spesso avviliscono
la nostra Opera in musica, circoscrivono
e assopiscono le idee del compositore.
Il Solerà delineò a larghi tratti il
disegno del suo Nabucco, lo dipinse a grandi
pennellate. Epperò se a chi lo consideri
come lavoro meramente drammatico non
appare a sufficienza svolta e qui e qua a
malappena tracciata la tela e accennalo il
pensiero dominante nelle varie scene, giova
però molto bene al proposito del maestro,
cosicché vestito di note musicali riflette
un tal qual bagliore che nello spirito
di chi vede e ascolta non manca di svegliare
vigorose e nuove impressioni. Inoltre
il soggetto biblico, ricco di grandiosità
teatrale e di scenica poesia, si presta a dovere
all1 ampiezza delle nostre maggiori scene.
Il signor Verdi mostrò di aver saputo ben
comprendere le idee del Solerà, e audacemente
sicuro di sé adoperò a interpretare
i suoi drammatici concetti. Diciamo audacemente■,
ad elogio del signor Verdi, perocché
ci volea codesta specie d’ardire a porsi
nel piccolo ma eletto drappello de’ compositori
i quali, non curanti del malgusto
che annebbia tuttavia lo spirito di molti,
adoperano a tutta possa a rompere anche
in parte le tanto scipite, ma pur da troppo
lungo tempo adottate, consuetudini melodrammatiche,
e i soliti amori, e le solite
convenienze, e le inevitabili cabalette, e
i grandi adagi de’finali, e le fragorose
strette, e i rondò, ecc., ecc. Adunque notar
vuoisi a lode del maestro, lo ripetiamo, questo
ardimento, queste nobili intenzioni. E
questo un novello passo che l’arte, grazie
al suo ingegno, move con baldanza verso
le più vaste sue regioni, ed è a desiderare
che quindi innanzi tutti indistintamente
i nostri poeti melodrammatici, e i nostri
compositori sì provetti che esordienti vogliano,
come il Verdi e il Solerà, tendere
con isforzi diversi, secondo la varia portata
dell’ingegno, a un si bello scopo.
Ora si aggiunga che se il nuovo spartito
di cui parliamo non può per avventura offrirsi
come tipo perfetto della vera Opera
tragica, può essere però additato come un
saggio abbastanza felice e chiaramente determinato
di quanto vorremmo ch’ella fosse
e quale vivamente bramiamo sia da altri
come da noi sentita. - Intanto ella è cosa
certa die da gran tempo le vòlte della Scala
non rimbombarono di plausi così unanimi
e sinceri come quelli che festeggiarono la
comparsa di questo Nahucodonosor, e ognuno
agevolmente comprenderà che ne fasti teatrali
moderili questi plausi hanno una particolare
significazione. - Non arrogandoci per
ora di fare verun pronostico sul grado d’entusiasmo
che questo spartito sarà per destare
presso altri pubblici, ci proponiamo
di udirlo altre volte con tutta attenzione,
onde nel foglio venturo, con quel po’ di
dottrina che i nostri studi ci procacciarono,
poter particolarizzare i pregi che pur son
molti di questa nuova composizione; nè il
maestro ci vorrà saper malgrado, se ci prenmera
impertinente provocatione finché il chiaris. signor
Estensore del Glissons non avrà stipulo convalidarle
di buone e chiare ragioni. Siamo disposti ad accettare
qualsiasi polemica musicale dettata senza livore od invidiaj
alle pance vuole non risponderemo mai.
deremo la libertà di interpolare qui e colà
qualche nostra modesta osservazione.
Non dobbiamo però passare sotto silenzio
che dalle prime sue Opere a questa
il Verdi si é grandemente arricchito di
dottrina, e le sue idee acquistarono uno
sviluppo singolare. Talché se anche qualche
critico conceder non volesse che la sua
nuova Opera segni un evidente progresso
nell’arte melodrammatica. non potrebbe
però negarne uno grandissimo anzi straordinario
nella potenza creatrice dell’artista.
A. M.
NOTIZIE MUSICAI.! ITALIANE 0).
Napoli. — Accademia nel Conservatorio di musica.
I giovanetti ilei Conservatorio in S. Pietro a Miyclia
diedero una bella prova di ciò che vale la buona direzione,
eseguendo con molta aceuralezza e con luminoso successo,
una grande sinfonia di Weber, le due prime parole
di Haydn, la sinfonia in re di Beethoven, la sinfonia
dell’Oberati e Confutali*, Lacrymosa e Dies irne ed
Requiem di Mozart, oltre il Zampognaro napoletano,
fantasia caratteristica per orchestra ili Mcreadanle, l’introduzione
del Crociato c due pezzi, l’uno obbligato a
violoncello e l’altro a flauto composti ed eseguiti dagli
alunni La bocchetta c Scaramella. Per non dir d’altro,
solo l’avvedutissima scelta degli or citati pezzi di grande
concepimento e. lavoro, basta a render palese con quanta
lode l’egregio Merendante si proponga i! vero vantaggio
ile’ suoi allievi c per naturai conseguenza iì miglioramento
dell’arte.
— Trieste. I.a fine del commendovolissimo terzo atto
della diaria Fadilla che non si fa più morire di gìoja (I!)
eccitò i trasporti di quel pubblico per In bravura ed il
buon gusto con cui la Tadolini interpretò il grazioso motivo
da Ponizetti sostituito a singulti di morte.
— Milano. Nella Chiesa di S. Antonio il giorno 4 corrente
i musici addetti alla Cappella del Duomo sotto la
direzione de’ maestri Piacentini, Piazza c iioniforti, con
ogni premura si esperimentarono ad eseguire il famoso
Stabat di cui ora si occupa tutto il móndo musicale.
Mal si potrebbe dar un congruo giudizio di quei capolavoro
dietro un’esecuzione in cui mancavano le indispensabili
voci di donne, c l’accompagnamento era limitato
al solo pianoforte. Perciò basterà l’encomiare la buona
intenzione c lo zelo di chi prese parte a quella esecuzione
e dell’illustre personaggio che la promosse. - Non abbiamo
ancora perduto la speranza di poter presto sentire
lo Stabat eseguito come si deve nell’i. il. Teatro
alla Scala.
(t) Api riferire le notizie musicali italiane daremo
sempre la precedenza a quelle nelle quali si parli delVesecuzione
di componimenti sia vocali sia stromentali
del genere classico, intendendo per questo il genere
in cui la fantasia, il sentimento o la scienza del
compositore sono con perfetto accordo affratellate, e i
prodotti che ne risultano sono degni di venir considerati
quali saggi del bello musicale ne’ varii suoi rapporti
di forma e di intenzione.
VARIETÀ
LE NOTIZIE TEATRALI.
Nel Programma che abbiamo dato di questa
nostra Gazzetta musicale ci siamo in
certo modo obbligati a non occuparci delle
cosi dette notizie teatrali, e ciò per alcuue
ragioni che a noi sembrano di qualche peso.
Ed anzi tutto il nostro foglio è più specialmente
destinato alla esposizione delle
dottrine critico-musicali riputate migliori,
piuttosto che a tener conto del vasto movimento
materiale dell’arte; poi abbiamo
forse il torto di credere quasi impossibile
che un giornale si procuri nelle diverse
piazze de’ corrispondenti i quali sieno
così disinteressati, imparziali, intelligenti
e discreti da non ingannare o volontariamente
o involontariamente il giornalista col
quale si pongono in carteggio.
E qui ci spieghiamo. Questi corrispondenti
sono o prezzolati o gratuiti: se sono
prezzolati è agevole il supporre che, per
essere costretti a dedicarsi a un sì umile ||
ramo d’industria, non potranno tenersi su- f
periori ai tentativi di corruzione che non fW
mancheranno di fare sul debole loro spi- vì.%”
u rito le persone alle quali importerà che il gtv’Xi
I ragguaglio che essi devono stendere sia det- (K; V tato piuttosto così che così, e p.e., dica bianco del tenore Tizio piuttosto che del basso Sempronio, e duca nero della prima donna Marta, anzi che della seconda donna Lucia; ovvero si prestano ad un si poco glorioso ufficio senza l'esca del guadagno ma per semplice passatempo, e come trovar l'individuo che si addossi una si nojosa briga se non lo cercata tra i semplici amatori di teatro, e principalmente fra quei tali che delle vicende di questo formano il gran pensiero di una vita oziosa e vuota di altre meno frivole occupazioni?
Ma qui un altro guajo ci si affaccia. Questa
innocua specie di amici delle chiacchiere
da caffè e dei pettegolezzi da camerino,
si dividono in due o tre sotto-categorie,
e sono i cosi detti procolli (nome per varj
riguardi molto più rispettabile di quel che
si crede da' maligni) i mecenati musicali,
gli spasimanti delle prime file ecc.,
tutta gente dotata di acutissimo ingegno in
altre cose di questo mondo, ma beati di
una ignoranza edificante in quella sola nella
quale parrebbe dovessero avere una piccola
tintura. A questa loro bella prerogativa dell'intendersene
un'acca di cose musicali e
dello scambiare le voci stonate per slanci
di passione, e i ghirigori più barocchi per
fioriture di buon genere ecc .. aggiugnete
i riguardi di amicizia, i sentimenti di benevolenza, lo spirito di protezione e gli
acciecamenti dell'amore, e poi pensate se
v'è speranza che a mettersi nelle mani di così fatti corrispondenti un giornale possa essere sicuro di non ingannare i suoi lettori!
Rimarrebbero i maestri e i periti dilettanti di musica, i quali potrebbero assumere molto bene l'ufficio in discorso. Ma sapete che cosa sogliono rispondere costoro a chi li eccita a ciò? "Eh! che noi non vogliamo gittarsi in questo brutto vespajo col grave rischio o di essere sinceri e adoperare la frusta senza pietà, e quindi farci strillare addietro dai tanti guastamestieri sì cantanti che compositori e impresarj dei quali avremmo avuto a dirne di grosse; ovvero di temperare coll'insipido unguento della moderazione le nostre critiche e meritarci a malapena il compatimento dei lettori quali pusillanimi, senza neppure il compenso di renderci grati gli artisti da noi trattati con pietosa discretezza; o di abbandonarci per ultimo al tanto abusato frasario magniloquio e distribuire a bracciate i superlativi e le iperboli lodatorie, e in questo caso andare incontro alla poco invidiabile fortuna di essere confusi coi tanti estensori di relazioni teatrali che onorano le colonne di parecchi nostri fogli, della qual gloria in verità siamo tutt'altro che ghiotti".
Uscite dalle or nominate categorie di possibili redattori di gazzettini da spettacoli e non vi rimane altro scampo che dai di naso in persone più o meno davvicino addette al movimento delle aziende teatrali, e, per esempio, nel medesimo appaltatore, od anche, per la più spiccia, nei cirtuosi stessi, dei cui trionfi, o delle cui cadute dovete dar conto preciso! Non ci vuol mica grande penetrazione a capire con quanta imparzialità e giustizia e dottrina possano essere dettate le notizie teatrali da questa ultima specie di corrispondenti. Speriamo di avere a che fare con lettori che ci comprendano al volo. Chiudiamo quindi l'articolo col dire che, persuasi per le ottime ragioni ora adotte, e per altre che tacciamo per brevità, della difficoltà somma di stendere nel modo più conveniente la cronaca de' trionfi o delle cadute degli spettacoli, delle glorie o delle vergogne de' virtuosi, abbiamo pensato a supplire in qualche modo alla dolorosa mancanza. Senza farci carico delle particolarità dei giudizii lontani o diritti o stori, per qul che riguarda anzi tutto le nuove Opere date in Italia nell'or decorsa stagione teatrale, offriamo una nuda tabella statistica sulla quale sarà gradevole a ciascuno fare quelle riflessioni che meglio crederà del caso. Noi non garantiamo che dei fatti in essa tabella registra. Dal modo col quale verrà accolto questo nostro primo piccolo saggio destinato a supplire in qualche modo al propostoci assoluto silenzio di notizie teatrali, argomenteremo se sarà il caso di occuparci in seguito intorno ad altri simili lavori e di avvalorarli colle osservazioni opportune a far manifesto il progresso od il decadimento delle arti musicali in Italia.
RIASSUNTO STATISTICO delle nuove opere in musica rappresentate in Italia (3) nel Carnevale 1841-42 e successiva Quaresima
CITTÁ | TEATRI | TITOLI DELLE OPERE | COMPOSITORI | POETI | ESECUTRICI | ESECUTORI | OSSERVAZIONI |
---|---|---|---|---|---|---|---|
MILANO | SCALA | Maria Padilla | DONIZETTI | ROSSI | Löwe, Abbadia | Donzelli, Ronconi | - Veggansi i primi numeri di questa Gazzetta Musicale, ove si ragiona del distinto
merito £ di questo spartito e de’ gravi difetti del libretto. |
detto | Odalisa (*) | NINI | SACCHÉRO | Abbadia, Brambilla | Salvi, Varesi | - Veggasi il N. 9 dell’istesso giornale. Esecuzione incompleta; alcuni cantanti indisposti. | |
detto | Nabucodonosor (*) | VERDI | SOLERA | Strepponi, Bellinzaghi | Ronconi, Derivis, Miraglia | - Esito della musica straordinariamente felice. | |
RE | Un duello alla pistola | DEGOLA | REGLI | Tavola | Coggiali, Zucchini, Galvardi | -Veggasi il N. 2 del suddetto giornale | |
CONSERVATORIO DETTO | Un giorno di nozze Disertore Svizzero | BELLINI E DEVASINI MEINERS | JANNETTI | Bolza, Pecorini, Cella, Brambilla | Mazzicchi, Gandini, sudd., Zocchi | -Accalmazioni dirette agli allievi che dimostrarono d'aver fatto molti progressi | |
NAPOLI | S. CARLO | Proscritto | MERCADANTE | CAMMARANO | Marini, Buccini | Basadonna, Fraschini, Gianni | - Primo atto, piuttosto applaudito: gli altri due accolti con freddezza. - Dotta elaborazione ne’ pezzi concertati e nell'istrumentale. |
NUOVO | Il conte di Lemos | SIRI, PAGLIUOLI, ecc, | SPADETTA | Gambaro, Davide, Micci, Gualdi,ec | Casaccia, Fioravanti, Furlani, Zoboli, Lodi, Ruggeri, ec. | - Pasticcio composto di alcuni pezzi nuovi (fra cui un bel duetto buffo di Pagliuoli), intrecciati a molti pezzi tolti da’ capolavori rossiniani e di Cimarosa. - Appena calato il sipario, fischj. | |
VENEZIA | FENICE | Candiano IV | FERRARI | PERUZZINI | Goldeberg, Schrikel | Coletti, Deva, Zanchi | - Composizione sparsa di molte bellezze che onora assai il giovane maestro, da cui l’arte musicale italiana può aspettarsi un nuovo ornamento. |
detto | Duca d’Alba (*) | PACINI | PERUZZINI | Goldeberg, Bertrand | Moriani, Coletti?? | - Bellissime per estro le cavatine del soprano e del basso. L’opera il Duca d’Alba in pieno fu giudicata inferiore alla Saffo. | |
S. BENEDETTO | Lazzarello(*) | MARIANI | BERETTONI | Goggi, Mori | Botticelli | - Mancanza di tenore e d’assieme nell’esecuzione. - Lodata in ispecie l’istromentazione; ed il primo atto incontrò molto più del secondo. | |
ROMA | VALLE | Amalia de’ Viscardi | CAPOCCI | Bortolotti | Winter, Rinaldini | -Esito effìmero. | |
detto | Bianca Cappello | BUZI | GIULIANI | detta | detti | - Non corrispose alla generale aspettazione. | |
TORINO | SUTERA | Il Contrabbandiere | PERELLI | ROMANI | Bertuzzi-Ronconi | Gardoni, Guscetti, Lauretti | -Melodramma vecchio. Spartito applaudito. |
VERONA | FILARMONICO | Galeotto Manfredi(*) | HERMANN | Solera | Gabussi | Guasco, Superchi | - Alla nessuna chiarezza e novità delle cabalette i veronesi vollero attribuire la caduta di quest’Opera, che però in alcuni punti è di qualche forza drammatico-scientifica. |
LUCCA | II Postiglione di Longjumeau | SPERANZA | A. P. | Mattioli | Rovere, Lucchesi, Valentini | -Più male che bene. | |
PADOVA | NUOVISSIMO | Giovanna I.a di Napoli | MALIPIERO | Mattey | Cornassi, Meini, Caliari | -Mosaico musicale, coronato alla prima da patrio entusiasmo. | |
BERGAMO | IN CITTA’ | Lutalto da Vicolungo | FORINI | FUGGI | Griffini | Zoboli, Bonafos | - Per molte sere acclamata in varj pezzi e specialmente in alcuni cori di bell’effetto. |
CREMA | La Finta Pazza | CONSOLINI | Agliati | Profeti, Ferrari | -Vi arrise prospera sorte. | ||
PORDENONE | Varbek | GALLI | UN VENEZIANO | Ranzi | Asti, Gorin, Gherardini | -Alla prima rappresentazione trionfo con accompagnamento di banda civica! |
I.C.
(*) Le Opere contrassegnate dall’asterisco furono rappresentate in Quaresima.
GIOVANNI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO.
Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia musicale di GIOVANNI RICORDI.
Contrada degli Omenoni N.1720.
- ↑ Paris. A. Rene, et C.e Imprimeurs-Editeurs
- ↑ Questa è l’opinione del nostro collaboratore; noi invece pensiamo sia da far voto che la sempre più raffinata coltura e la cresciuta e più diffusa educazione musicale renda più agevole alle moltitudini convocate ad udire i forti concepimenti de’ maestri della taglia di Mayerbeer, il comprenderne ed apprezzarne l’alta portata. A nostro giudizio la maggiore o minor popolarità di ogni musica non è tanto in ragione della maggiore o minor sua elaborazione scientifica ed estetica, ovvero trascuratezza e semplicità apparente, quanto in proporzione della intelligenza degli uditori più o meno raffinata. - A un tal uditore che siasi esercitato a gustare della musica concepita con bell’ingegno ed eletta dottrina parrà, a cagione d’esempio, di gusto popolare questo o quel pezzo di Mozart, di Spontini, di Cherubini, che ad altro uditore, solo avvezzo alle cavatine e alle cabalettuccie di certi compositorelli, sembrerà astruso e poco meno che incomprensibile. E all’opposto egli chiamerà popolare per eccellenza quel tale o tal altro pezzo di musica che un intelligente più educato al vero bello musicale troverà triviale o scolorito e degno tutt’al più degli organetti e de’ mandolini de’ virtuosi da bettola. Eleggami a questo proposito i pensieri sull’ armonia e sulla melodia inseriti nel passato foglio dall’altro nostro collaboratore T.lli i quali però lasciano molte altre cose a dire sul medesimo importante argomento.
L’Est.
- ↑ Non sarà fuor di luogo l'aggiungere che il maestro Coppola prese commiato da Lisbona producendo su quel teatro nella sera di S. Stefano l'Ines di Castro; alla quale nuova Opera que' giornali hanno tributato encomj i più lusinghieri. Essa venne eseguita dalle Boccabadati e Gazzoli e da Conti ed Antoldi.