Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 11

N. 11 - 13 marzo 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 11

DOMENICA
13 marzo 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


CRITICA MUSICALE

Cenni critici

sullo STABAT MATER di Rossini.

(Dovendo recar giudizio in questui Gazzetta di una tra le più notevoli produzioni musicali dell epoca nostra, ci è caro poter offerire ai nostri lettori le seguenti Osservazioni dettate da un dotto cultore dell’arte, e tanto più volentieri il facciamo, in (pianto che in esse ne pare molto saviamente temperata la critica colle espressioni di alta ammirazione che ogni imparziale non può non tributare alla più ricca fantasia musicale italiana. Che se a taluno paresse qui e qua troppo severa la censura, rifletta che la libertà delle opinioni è un diritto di ogni scrittore cui non garba farsi schiavo delle idee altrui, e che la cieca venerazione non è mai il più puro omaggio che rendere si possa agli ingegni superiori. Ammetteremo nella nostra Gazzetta ogni qualunque obbiezione possa venir fatta a questi Cenni critici, quando però sia lo scritto dettato nei modi convenienti ad una critica meramente artistica.

Un nuovo componimento di Rossini desta in questi giorni l’ammirazione dell’Europa musicale. Quel genio che profuse tesori di melodie in tanti capolavori che sempre brilleranno di una eterna giovinezza, quell’Alessandro dell’arte il cui nome tocca i confini del mondo, e che pareva perduto alle più care nostre speranze, ora rivive. Ma, e in qual regione ei va a collocarsi? Da quale atmosfera e’ sparge quel soffio di vita che, come un prodigio di risurrezione, dee nuovamente suscitare nei nostri petti la favilla dell’entusiasmo? Egli s’addentra nelle sacre tende, e là, nelle carte della Chiesa sublimando il pensiero, crea un nuovo monumento alla grandezza dell’arte. - Lo Stabat di Rossini, non ha dubbio, segna in alcune parti un progresso. Della musica di Chiesa, pochi dei nostri contemporanei seppero farsi giusta idea. Parlando degli scrittori in questo genere, pare a’ più, che gl’inni sacri, anzi che contenere una vergine e bella poesia, altro non sieno che parole insignificanti, quasi a caso commesse insieme; tanta n’è la freddezza, o scurrile il modo della espressione per essi usata. Le grandi opere in questo genere a sole voci dei Palestrina, Durante, Scarlatti, Perti, Martini, Marcello, Lotti ec., e quelle a voci con accompagnamento d’istrumenti dei Pergolese, Iomella, Feo, Porpora, Leo, Buranello ed altri, sembrano abbandonate all’obblio. Tra’ viventi, il celebre Cherubini, Simone Majer, e pochi altri, sono quelli che tengono ancora accesa una pura fiamma innanzi all’altare, e mantengono nelle opere loro quella elevatezza di stile, eli’ è dovuta nella significazione di grandi concepimenti. Al genio è dato creare: Rossini, il taumaturgo della scena lirico-musicale. - 10 uomo per eccellenza in fatto di gusto, doveva offrire alcun che di nuovo, qualora avesse colorito delle possenti sue tinte alcuna delle sacre Salmodie. - E in vero, nello Stabat di cui parliamo, diviso in 10 pezzi, si trovano delle parti d’inestimabile valore, si per la espressione drammatica, che per la mirabile condotta del pensiero; per la scelta di toccanti melodie congiunte a novità di armonie, non meno che per bei gruppi di parti vocali, per transizioni peregrine, e per un ottimo impiego presso che sempre della parte istrumentale. Per nostro avviso tutti questi pregi trovansi riuniti nel 1.° pezzo preceduto da una magnifica introduzione, colla quale l’autore del Guglielmo Tell prepara gli animi dell’uditorio a quella dolorosa impressione che il gran racconto deve cagionare. Della esecuzione di questo componimento, effettuata di recente e con grandi proporzioni in Parigi. hanno reso conto i giornali di quella capitale, e particolarmente ne discorse il signor Delécluze nell'Appendice del giornale dei Débats, 9 gennaio, a. c. Noi, imprendendo l’analisi dell’opera, dichiariamo che le osservazioni critiche, che rispettosamente esporremo, sono non altro che figlie delle nostre convinzioni, nè devono punto essere riguardate siccome atto di eccessivo rigore e scortesia. Oh! noi ben fortunati, se la nostra critica potesse avere un valore uguale al soggetto che ne è il tema! Quanto al 1.° pezzo, più lo si viene osservando e più lo si ammira. Quel motivo che cominciano i bassi e al quale viene risposto dalle altre parti, cui a grado a grado si associano gli istrumenti, è di un magico effetto, come lo è del pari il coro, che giova mirabilmente ad afforzare a tempo e luogo le quattro parti di concerto. - Questo è un vero giojello. La 2.a Strofa Cujus animam gementem, venne scritta per tenore, a voce sola. Questo 2." pezzo è di un effetto delizioso, ma, sia permesso il dirlo, non ne pare che la forma del canto, nè la qualità del tempo, adatto piuttosto al marziale che al patetico, nè il movimento della parte istrumentale, addicansi alla espressione di un’anima gemente, contristata, profondamente afflitta, e punta da pugnale, come dice il testo. Questa cavatina, ricca di tutti i vezzi teatrali, non ne pare sita a suo luogo. Questo 2.° pezzo ne sembra contenere un’altra anomalia; quella di ripetere il motivo delle parole Cujus animam ec., allora che dopo la terza strofa benissimo espressa in fa minore, viene alla quarta, cioè alle parole - Qiue meerebat et dolebat - coll’aggiunta per altro d’ingegnosa transizione, colla «piale l’illustre autore si conduce alla cadenza finale. Il 3." pezzo, è un duetto a due soprani, sulle parole est homo qui non fleret ec. Un breve ritornello formato di mirabili accordi armonici precede il canto. Questo duetto è di bellissima fattura, sì riguardo alla parte vocale, che alla strumentale, la quale accompagna il canto da principio alla fine con un movimento cui nessun altro poteva meglio convenire. Il canto è di molto effetto, e vi si ammira la spontaneità nella condotta e nelle combinazioni di armonie. Ne pare per altro che abbiavi difetto nella interpunzione. II punto interrogante, alla fine di questa strofa, e della seguente - Quis non posset contrastari - non lo si vede sempre osservato. Il dire, che, dovendo fare cadenza, il nostro autore era costretto per chiudere il periodo musicale ad operare la conversione del punto interrogativo in positivo, incontra la risposta che non gli era obbligatorio scrivere un duetto su queste parole, che meglio si sarebbero attemprate a un recitativo. Qualche leggiera menda ne sembra anche riscontrare alla seconda battuta del N. 5. Duetto pag. 3. (ediz. Ricordi) sulle parole Christi rnatrem si videret, ove sull accordo di si, ossia della dominante di mi, accompagnata stabilmente con h 7, 5, e 3, fa passare arditamente gli accordi che formano i cantanti di 3 e 8, 4 e 6,2 e h 7, 3 e 5, 8 e 6, 2 e jj 4, b 7 e 3, 8 e 3. Trattasi di un genere ch’esige rigore. - Rossini non vuole riformarlo colla licenza, ma illustrarlo col suo sapere e col suo genio. Gli è perciò che rispettosamente progrediamo nelle nostre osservazioni. Pezzo 4.° Pro peccatis suie gentis. Aria per voce di basso, a solo - Il principio n’è O1 di squisito lavoro: il genio e l’arte s’intrecciano nella espressione delle parole. Tra le bellezze che vi si ammirano, accenneremo al passaggio eh ei fa sul vidit Jesum in tor[p. 42 modifica]mentis, dalla dominante del tono in re minore, al re bemolle maggiore. Del pari è osservabile, sotto le successive parole - et flagellis subditum - quell’accordo con cui passa al tono in do maggiore, da dove ritorna a quello di la minore, in cui incomincia il pezzo. - Tanta è la novità, naturalezza e ragione delle succennate transizioni, che vogliono essere particolarmente rilevate. - Venne assai lodato il canto in la maggiore che vi succede, e noi non esitiamo punto a crederlo, com’è certamente, di bellissimo effetto. Ne sembra per altro introdotto a solo fine di far spiccare l’abilità del cantante: mentre, come composizione, per quanto sia esso pregevole, pure non lo si potrebbe vedere ben collocato sulle stesse parole di prima - pro peccatis - che il nostro autore si fa a ripetere: parole di tinta trista e patetica, non aventi molta simpatia con un tono maggiore. - La strofa che vi succede, quella - vidit suum dulcem natum - non ha una diretta relazione col pro peccatis suæ gentis. - La musica però è la medesima, compreso il canto in la maggiore che abbiamo sopraccennato.

Pezzo 5.° Coro e Recitativo senz’accompagnamento, contenente le due strofe, Eja ma ter fons amoris: e Fac, ut ardeat cor meum.

Il coro s’intreccia con una voce di basso principale.

Questo pezzo ne pare una composizione a mosaico. - E nel vero, trovansi uniti insieme motivi e periodi di breve durata sì, ma di colore diverso l’uno dall’altro, ed alcuno anche per il tempo slegato dagli altri.

Non è la mancanza di effetto di cui accuseremo in questa parte l’autore? no certamente: ma sibbene della poca dicevolezza di alcun concetto, sia nel rapporto della gravità dello stile, che alla espressione della poesia, e così pure della mancanza d’insieme.

Tra’ motivi concentrati in questo pezzo, ha quello di quattro battute in tempo di 6 e 8 su le parole in amando Christum Deum che, a vero dire, è troppo profano. La dignità dello stile non la troviamo qui osservata; e noteremo inoltre come possa anche giudicarsi poco soddisfacente quella spezzatura che nel detto periodo fa la parte del basso principale, su le parole Ina-mando cioè in amando.

Pezzo 6.° Quartetto.

Esso è composto di cinque strofe o versetti, e comincia con quello Sancta Mater istud agas, scritto per voce di tenore a solo. Noi troviamo eminenti i pregi di questo primo versetto; e poichè serve di base a questo componimento, ne pare conveniente enumerarne le squisitezze.

E primamente, è a considerare la qualità della cantilena applicata alle parole di tinta appassionata; cantilena, figlia d’un’anima inspirata; bella, semplice, fresca come le più care creazioni del genio. Ma, se bella è per sè stessa, l’arte la rese anche migliore. Giudizioso quanto mai, noi troviamo l’impiego che il nostro autore fa della parte istrumentale, là dove tace il canto, e che rende più sensibile la espressione delle parole che vengono significate. Notevole è pure il passaggio dal tono di la ♭ maggiore a quello la ♭ minore, passaggio opportunamente inteso a dar vigore alla passione; come del pari lodevolissimo nello stesso senso è quel graduale rinforzo che presta al canto col farlo ascendere dal do al sol bemolle, mediante semituoni, intanto che gl’istrumenti con armoniose e dotte modulazioni, sostengono e avvalorano il canto stesso senza punto opprimerlo per troppa forza. E molto assennata ne pare inoltre quella sospensione che vi si trova della cadenza sul fa minore corrispondente al primo tono, ove il nostro autore s’intrattiene per formarvi una frase, daddove ritorna al tono principale.

Noi ci dilungheremmo di troppo se volessimo rilevare parte a parte i distinti pregi di questo bel componimento. Gli è perciò che noi passeremo sopra al versetto che succede Tui nati vulnerati cantato dal primo soprano, opportunamente avvicendato dai tenore; nè faremo parola del dignitoso e caratteristico modo di canto con cui il basso esprime le parole Fac, me vere tecum flere, cui risponde il secondo soprano, replicando le parole suddette, però con altra cantilena assai grata ed acconcia.

Questo pezzo ne pare una gemma infinitamente preziosa. La scelta dei musicali concetti benissimo adatti, sì alla espressione della poesia che alla gravità dovuta nelle opere di questo genere; lo sviluppo ingegnoso che a grado a grado e’ ricevono, sia nel dividersi tra le quattro parti cantanti, come nel loro legame ed intessuto co’ strumenti; perfino quel profondo magistero mediante il quale il nostro autore, coll’ammirabile meccanismo di questo suo linguaggio, sa riunire in una stessa corrente d’idee, in uno stesso punto d’interesse tutte le categorie de’ suoi uditori per cui può dirsi ch’ei li conduce per una sola via, deono assicurare a questo componimento l’omaggio di un’unanime ammirazione

(Sarà continuato).

Maestro primario della Cappella di San Marco in Venezia.




LETTERATURA MUSICALE.

(I signori Editori ed Autori di Opere che trattano di teorica musicale o della storia dell’Arti presso i diversi popoli, ecc., i quali desiderassero veder fatto cenno in questa Gazzetta delle loro produzioni, sono pregati a inviarne copia, franca di porto, al nostro Ufficio, la quale, steso che sia l’articolo, verrà restituita nel modo e a chi verrà indicato all’atto della consegna della copia stessa).

GALERIE DES CONTEMPORAINS ILLUSTRES, par UN HOMME DE RIEN1, ROSSINI, 36 livraisons. MAYERBEER, 26 livraisons.

I fascicoli 26 e 36 della Galerie des contemporains illustres par un homme de rien che si pubblica a Parigi contengono le biografie di Mayerbeer e di Rossini giudicati ragionevolmente da quell’autore i due cardini principali della musica del secolo. Quest’uomo da nulla si mostra molto superiore alla significazione dell’assuntosi titolo, e molto degno di una tanta modestia nel proemio che manda innanzi alla biografia di Mayerbeer chiamando a giudizioso esame la questione della musica antica presso gli ebrei e presso i greci, e concludendo che la musica presente contiene quella degli antichi, e che quella degli antichi non conteneva altrimenti la nostra. Questa sentenza, che l’autore annunzia come già pronunciata in un articolo del signor Berlioz, meriterebbe di essere posta a maturo esame, e facilmente si vedrebbe riuscire meno esclusiva, e più corretta, ma il presumere che gli antichi avessero nozione di una musica perfezionata od anche superiore alla nostra, sarà sempre un’asserzione contraddittoria a tutti i monumenti e ai fatti della storia.

Procede quindi l’autore a descrivere la storia di Mayerbeer, il quale, nato fra gli agi dell’opulenza nella capitale della Prussia e dotato di genio singolare alla musica, ebbe agio fino da’ primi anni di darsi agli studii dell’arte; onde sotto gli insegnamenti di Lanka, allievo di Clementi, potè a nove anni distinguersi fra i migliori pianisti di Berlino. L’abbate Vogler innamoratosi del genio del giovane l’invitò a Darmstadt: egli volonteroso vi si recò e nella scuola di quel celebre contrappuntista ebbe a condiscepoli Ritter, Knecht, Winter, Grambascher, e l’autore del Freyschütz il celebre Carlo Maria Weber. Quella scuola era ordinata e diretta a fare degli allievi di gran dottrina musicale, e i nominati compositori che ne uscirono mostrano come l’effetto corrispondesse all’intendimento ond’era instituita. I primi saggi melodrammatici di Mayerbeer furono Dieu et la nature, Le voeu de Jephte, et les deux Califes. Ma tutte queste Opere prodotte sulle scene della Germania avvezza al dolce della melodia italiana non ebbero alcuno effetto d’applauso. Egli s’era grandemente scoraggilo per questi successi, quando il celebre Salieri, allora direttore dell’Opera italiana a Vienna, il confortò che dovesse fare un viaggio in Italia per apprendervi l’arte del canto che gli mancava. Mayerbeer seguì il consiglio, e l’anno 1815, passate le Alpi, giunse in Italia appunto quando la prima maniera di Rossini era il soggetto di tutti i discorsi e della comune ammirazione. Mayerbeer sentì il Tancredi, e ne rimase innamorato, e stupì della freschezza, e dell’incantesimo di quella melodia piena di vita. Allora, dato bando al calcolo scolastico, posti dall’un de’ lati i severi insegnamenti dell’abbate Vogler, egli si diede a tentare la maniera italiana, e colla forza del genio, col fondamento degli studii percorsi giunse colla sua Romilda e Costanza, Semiramide riconosciuta, Emma di Resburgo a cattivarsi l’animo e gli applausi degli italiani, fra’ quali non mancarono molti che lo riconobbero per l’emulo di Rossini. Non però i tedeschi cessarono di dargli biasimo di apostasia dalle massime della severa scuola alemanna. Mayerbeer contrapponeva a’ suoi detrattori nazionali delle Opere italiane. La Margherita d‘Anjou, l’Esule di Granata, l’Almanzor furono con plauso inestimabile accolte dagli italiani, e finalmente il Crociato in Egitto suggellò questo secondo periodo della vita di Mayerbeer con un successo di completo trionfo.

L’anno 1827 Mayerbeer tornò a Berlino, ivi ammogliatosi, e perduti i due figliuoli che gli erano nati, si diede alla melanconia, ed alla solitudine, e non trovò altro sollievo che nella meditazione dell’arte. Da queste vicende della vita di Mayerbeer deve il mondo riconoscere le Opere colossali Robert le Diable, e les Huguenots che egli scrisse pel gran teatro francese. La prima di queste Opere deve riguardarsi come un prodigio di creazione per tutti i tempi, e per tutte le nazioni. La seconda più elaborata, e più cruda nella sua armonica tessitura, cede di molto alla prima in eccellenza. Mayerbeer è ora avuto in conto del più grande de’ compositori viventi, perchè Rossini non vuol più vivere per l’arte. Nessuno ha mai avuto tanta arte nell’istromentazione quanto Mayerbeer, e nessuno più di lui eziandio abusandone, ha ottenuto più mirabili effetti d’orchestra. Egli, quasi divenuto francese, vive ancora ed opera a Parigi. Facciamo voti perchè le Opere che egli pubblicherà in appresso, moderandosi nello sforzo del magistero e della dottrina musicale, spirino quella popolarità che le renda più accette all’universale de’ popoli2.

Venendo poi l’uomo da nulla nel fascicolo 36.º a dare la biografia di Rossini, usa tutta la festività e piacevolezza del suo stile per ispiegare la causa del presente ozio del gran maestro, e conclude (non sappiamo quanto accuratamente) derivandola da quel savio principio: meglio essere abbandonare il pubblico che farsi abbandonare da lui. In proposito del più grande dei compositori di musica, che non solo pel suo genio si è fatto oggetto di ammirazione al mondo intero, ma ancora per la sua dottrina musicale, non veggiamo giusto che sia da attribuirsi a questo principio il fatto del suo ozio odierno. Ma qual se ne sia la cagione, qui non è luogo a discuterla.

Descrive l’autore i natali di Rossini in Pesaro, e l’essere egli all’età di dodici anni condotto a Bologna per apprendervi il canto. Ivi sotto Don Angelo Tesei si esercitò in quest’arte sino a promettere di dover riuscire un buon tenore. L’anno 1807 fu posto sotto gl’insegnamenti del celebre contrappuntista il padre Stanislao Mattei; ma Rossini, sdegnando la tortura di quel calcolo quasi matematico, stimolato dal genio che gli prometteva buon successo ne’ suoi liberi tentativi, cominciò ad esercitarsi nello stile libero, e di sedici anni compose una sinfonia, e una cantata che gli procacciò plauso ed onore. Poscia fattosi animo si diede a pratici studii sugli esemplari di Haydn e di Mozart, e all’età di diciotto anni venuto a Pesaro, la famiglia Perticari l’aiutò sì che potè ottenere
[p. 43 modifica]impegno di scrivere un’Opera pel teatro S. Moisé di enezia. Quest’Opera fu la Cambiale di matrimonio che ebbe mediocre successo. Alla quale fece ben tosto succedere l’Equivoco stravagante, il Demetrio e Polibio, l’Inganno felice, il Ciro in Babilonia, e la Scala di seta, la Pietra del paragone, e VOccasione fa il ladro. Queste Opere scritte tutte l’una dopo 1 altra con mirabile rapidità procacciarono a Rossini nome di buon compositore. Ma col Tancredi rappresentato a enezia egli oscurò la fama di tutti gli altri maestri, e divenne meritamente l’idolo della musica contemporanea. Chiamato a Napoli dall’impresario tìarbaja vi compose un numero ragguardevole di Opere di tanta importanza che ciascuna per sè può considerarsi come un capolavoro. L’Otcllo, Ricciardo e Zorjuide, la Donna del Lago, la Zelmira, il Mosè, e successivamente per Roma il Barbiere di Siviglia l’Opera bulla di tutti i tempi, e la Cenerentola, e la Matilde di Shabran. Finalmente 1 anno 1823 diede in Venezia la Semiramide, la quale spira per tutto I abbondanza, e la nobiltà di pensieri originali a cui possa dar luogo il maggior genio musicale italiano. Quest Opera che in un anno corse tutti i teatri d Italia diede a Rossini il trionfo più segnalato ed immortale. Colia Semiramide (1) egli prese congedo dall’Italia, e chiamato a Parigi scrisse in francese VAssedio di Corinto il Mosè nuovo, c il Conte Ory, Opere che si distinguono fra le migliori de’ grandi maestri tedeschi c francesi. Finalmente col Guglielmo Teli rappresentato l’anno 1829 al teatro delia Grand’Opera Rossini compose non solo l’Opera sua migliore. ma il capolavoro di tutta la musica contemporanca. Egli con quest’Opera superò tutto il difficile che possa immaginarsi nell’arte, e lo congiunse mirabilmente eoi trovati più mirabili della ispirazione. Egli fece cosi tacere ogni animosità contraria alla sua supremazia nell’arte, s’assise arbitro di tutte ie musicali celebrità, c pago del suo trionfo si tacque, e tace tuttora (2). Molte sono le osservazioni clic ci sarebbero cadute in proposito discorrendo le due biografie di Mayerbeer e Rossini date daH’autore della Galerie des contemporains illustres, delle quali abbiamo offerto questo piccolo cenno a’nostri lettori; ma siccome ce ne verrà il destro quando verremo a trattare diffusamente di questi due grandi compositori del secolo, ci serbiamo di farlo allora convenientemente. Ora una sola riflessione faremo, cioè che Mayerbeer divenne grande solo quando venuto in Italia potè apprendervi l’arte nostra di trattare il canto, e fu salutato per sommo quando nel Robert le Diable unì il frutto degli studii fatti tra noi al grave della scuola tedesca: e che Rossini, già grande nella maniera italiana, divenne sommo c sovrano a tutti quando, mercè la fusione de’ pregi della sua scuoia con quelli dell oltramontana, potè spiegare in tutta la sua pienezza la forza del suo genio superiore. (1) Alla quale fece succedere in Milano l’Opera Bianca c Falliero ove si ammira il magnifico quartetto ch’ebbe poi voga europea. L’Est. (21 Così scrive Z’IIomme de rien nella sua biografia pubblicata alcun tempo prima che Bossini facesse di pubblica ragione lo Stabat Mater. I. R. TEATRO ALLA SCALA N ABIJCOBONOSOR, Bramili» lirico di T. solerà, musica del maestro VERDI. Altri giornali ci avranno già preceduti nel riferire il clamoroso esito ottenuto dal maestro Verdi nella nuova sua grande Opera tragica Nahucodonosor. Noi die ne1 pochi articoli teatrali dati in questa Gazzetta abbiamo sempre insistito sulla necessità che nella moderna musica scenica la larghezza e il vigore del concetto drammatico esser debbano la prima e principal fonte delle ispirazioni dei compositore, e ci siamo anche ingegnati a mostrare come nelle tre nuove Opere date nella decorrente stagione alla Scala le parti di esse che piacquero più generalmente furono quelle appunto nelle quali codesta condizione era meglio osservata, e viceversa, noi fummo oltremodo lieti al vedere convalidala la nostra qualsiasi teoria dal voto di un pubblico che è forse primo in Italia in fatto di simili giudizii (*). Valga adunque il (I) Ci viene riferito che il signor Gian Jacopo Pezzi, estensore del giornale il Glissons ha dato principio al suo articolo sul INabucodonosor del Perdi con queste r ighe: «Dacché l’Italia ha sentito il prepotente bisogno «di un giornale, che parlasse ex professo di musica, «e da questo bisogno nacque quel giornale, che, forte «delle opinioni francesi sulla musica italiana^ venne «ad imporci il peso della sua dittatura... ecc.» In queste poche righe del prelodato signor Gian Jacopo Pezzi (che facilmente si comprende essere a noi dedicate) si contengono due asserzioni gratuite e, a giudizio degli imparzialij, false! Noi le terremo in conio di una dire che, se la nostra vanità di articolisti musicali non ci illude, crediamo intravedere in questo Nahucodonosor del Verdi un indizio di notevolissimo progresso nell arte melodrammatica. O spieghiamoci meglio. Il signor Solerà ha tessuto un dramma che scostasi di molto da quanto finora s’é latto tra noi: nel tutt’insieme ei si svincolò da quelle benedette forme che troppo spesso avviliscono la nostra Opera in musica, circoscrivono e assopiscono le idee del compositore. Il Solerà delineò a larghi tratti il disegno del suo Nabucco, lo dipinse a grandi pennellate. Epperò se a chi lo consideri come lavoro meramente drammatico non appare a sufficienza svolta e qui e qua a malappena tracciata la tela e accennalo il pensiero dominante nelle varie scene, giova però molto bene al proposito del maestro, cosicché vestito di note musicali riflette un tal qual bagliore che nello spirito di chi vede e ascolta non manca di svegliare vigorose e nuove impressioni. Inoltre il soggetto biblico, ricco di grandiosità teatrale e di scenica poesia, si presta a dovere all1 ampiezza delle nostre maggiori scene. Il signor Verdi mostrò di aver saputo ben comprendere le idee del Solerà, e audacemente sicuro di sé adoperò a interpretare i suoi drammatici concetti. Diciamo audacemente■, ad elogio del signor Verdi, perocché ci volea codesta specie d’ardire a porsi nel piccolo ma eletto drappello de’ compositori i quali, non curanti del malgusto che annebbia tuttavia lo spirito di molti, adoperano a tutta possa a rompere anche in parte le tanto scipite, ma pur da troppo lungo tempo adottate, consuetudini melodrammatiche, e i soliti amori, e le solite convenienze, e le inevitabili cabalette, e i grandi adagi de’finali, e le fragorose strette, e i rondò, ecc., ecc. Adunque notar vuoisi a lode del maestro, lo ripetiamo, questo ardimento, queste nobili intenzioni. E questo un novello passo che l’arte, grazie al suo ingegno, move con baldanza verso le più vaste sue regioni, ed è a desiderare che quindi innanzi tutti indistintamente i nostri poeti melodrammatici, e i nostri compositori sì provetti che esordienti vogliano, come il Verdi e il Solerà, tendere con isforzi diversi, secondo la varia portata dell’ingegno, a un si bello scopo. Ora si aggiunga che se il nuovo spartito di cui parliamo non può per avventura offrirsi come tipo perfetto della vera Opera tragica, può essere però additato come un saggio abbastanza felice e chiaramente determinato di quanto vorremmo ch’ella fosse e quale vivamente bramiamo sia da altri come da noi sentita. - Intanto ella è cosa certa die da gran tempo le vòlte della Scala non rimbombarono di plausi così unanimi e sinceri come quelli che festeggiarono la comparsa di questo Nahucodonosor, e ognuno agevolmente comprenderà che ne fasti teatrali moderili questi plausi hanno una particolare significazione. - Non arrogandoci per ora di fare verun pronostico sul grado d’entusiasmo che questo spartito sarà per destare presso altri pubblici, ci proponiamo di udirlo altre volte con tutta attenzione, onde nel foglio venturo, con quel po’ di dottrina che i nostri studi ci procacciarono, poter particolarizzare i pregi che pur son molti di questa nuova composizione; nè il maestro ci vorrà saper malgrado, se ci prenmera impertinente provocatione finché il chiaris. signor Estensore del Glissons non avrà stipulo convalidarle di buone e chiare ragioni. Siamo disposti ad accettare qualsiasi polemica musicale dettata senza livore od invidiaj alle pance vuole non risponderemo mai. deremo la libertà di interpolare qui e colà qualche nostra modesta osservazione. Non dobbiamo però passare sotto silenzio che dalle prime sue Opere a questa il Verdi si é grandemente arricchito di dottrina, e le sue idee acquistarono uno sviluppo singolare. Talché se anche qualche critico conceder non volesse che la sua nuova Opera segni un evidente progresso nell’arte melodrammatica. non potrebbe però negarne uno grandissimo anzi straordinario nella potenza creatrice dell’artista. A. M. NOTIZIE MUSICAI.! ITALIANE 0). Napoli. — Accademia nel Conservatorio di musica. I giovanetti ilei Conservatorio in S. Pietro a Miyclia diedero una bella prova di ciò che vale la buona direzione, eseguendo con molta aceuralezza e con luminoso successo, una grande sinfonia di Weber, le due prime parole di Haydn, la sinfonia in re di Beethoven, la sinfonia dell’Oberati e Confutali*, Lacrymosa e Dies irne ed Requiem di Mozart, oltre il Zampognaro napoletano, fantasia caratteristica per orchestra ili Mcreadanle, l’introduzione del Crociato c due pezzi, l’uno obbligato a violoncello e l’altro a flauto composti ed eseguiti dagli alunni La bocchetta c Scaramella. Per non dir d’altro, solo l’avvedutissima scelta degli or citati pezzi di grande concepimento e. lavoro, basta a render palese con quanta lode l’egregio Merendante si proponga i! vero vantaggio ile’ suoi allievi c per naturai conseguenza iì miglioramento dell’arte. — Trieste. I.a fine del commendovolissimo terzo atto della diaria Fadilla che non si fa più morire di gìoja (I!) eccitò i trasporti di quel pubblico per In bravura ed il buon gusto con cui la Tadolini interpretò il grazioso motivo da Ponizetti sostituito a singulti di morte. — Milano. Nella Chiesa di S. Antonio il giorno 4 corrente i musici addetti alla Cappella del Duomo sotto la direzione de’ maestri Piacentini, Piazza c iioniforti, con ogni premura si esperimentarono ad eseguire il famoso Stabat di cui ora si occupa tutto il móndo musicale. Mal si potrebbe dar un congruo giudizio di quei capolavoro dietro un’esecuzione in cui mancavano le indispensabili voci di donne, c l’accompagnamento era limitato al solo pianoforte. Perciò basterà l’encomiare la buona intenzione c lo zelo di chi prese parte a quella esecuzione e dell’illustre personaggio che la promosse. - Non abbiamo ancora perduto la speranza di poter presto sentire lo Stabat eseguito come si deve nell’i. il. Teatro alla Scala. (t) Api riferire le notizie musicali italiane daremo sempre la precedenza a quelle nelle quali si parli delVesecuzione di componimenti sia vocali sia stromentali del genere classico, intendendo per questo il genere in cui la fantasia, il sentimento o la scienza del compositore sono con perfetto accordo affratellate, e i prodotti che ne risultano sono degni di venir considerati quali saggi del bello musicale ne’ varii suoi rapporti di forma e di intenzione. VARIETÀ LE NOTIZIE TEATRALI. Nel Programma che abbiamo dato di questa nostra Gazzetta musicale ci siamo in certo modo obbligati a non occuparci delle cosi dette notizie teatrali, e ciò per alcuue ragioni che a noi sembrano di qualche peso. Ed anzi tutto il nostro foglio è più specialmente destinato alla esposizione delle dottrine critico-musicali riputate migliori, piuttosto che a tener conto del vasto movimento materiale dell’arte; poi abbiamo forse il torto di credere quasi impossibile che un giornale si procuri nelle diverse piazze de’ corrispondenti i quali sieno così disinteressati, imparziali, intelligenti e discreti da non ingannare o volontariamente o involontariamente il giornalista col quale si pongono in carteggio. E qui ci spieghiamo. Questi corrispondenti sono o prezzolati o gratuiti: se sono prezzolati è agevole il supporre che, per essere costretti a dedicarsi a un sì umile || ramo d’industria, non potranno tenersi su- f periori ai tentativi di corruzione che non fW mancheranno di fare sul debole loro spi- vì.%” u rito le persone alle quali importerà che il gtv’Xi I ragguaglio che essi devono stendere sia det- (K; V [p. 44 modifica]tato piuttosto così che così, e p.e., dica bianco del tenore Tizio piuttosto che del basso Sempronio, e duca nero della prima donna Marta, anzi che della seconda donna Lucia; ovvero si prestano ad un si poco glorioso ufficio senza l'esca del guadagno ma per semplice passatempo, e come trovar l'individuo che si addossi una si nojosa briga se non lo cercata tra i semplici amatori di teatro, e principalmente fra quei tali che delle vicende di questo formano il gran pensiero di una vita oziosa e vuota di altre meno frivole occupazioni? Ma qui un altro guajo ci si affaccia. Questa innocua specie di amici delle chiacchiere da caffè e dei pettegolezzi da camerino, si dividono in due o tre sotto-categorie, e sono i cosi detti procolli (nome per varj riguardi molto più rispettabile di quel che si crede da' maligni) i mecenati musicali, gli spasimanti delle prime file ecc., tutta gente dotata di acutissimo ingegno in altre cose di questo mondo, ma beati di una ignoranza edificante in quella sola nella quale parrebbe dovessero avere una piccola tintura. A questa loro bella prerogativa dell'intendersene un'acca di cose musicali e dello scambiare le voci stonate per slanci di passione, e i ghirigori più barocchi per fioriture di buon genere ecc .. aggiugnete i riguardi di amicizia, i sentimenti di benevolenza, lo spirito di protezione e gli acciecamenti dell'amore, e poi pensate se v'è speranza che a mettersi nelle mani di così fatti corrispondenti un giornale possa essere sicuro di non ingannare i suoi lettori! Rimarrebbero i maestri e i periti dilettanti di musica, i quali potrebbero assumere molto bene l'ufficio in discorso. Ma sapete che cosa sogliono rispondere costoro a chi li eccita a ciò? "Eh! che noi non vogliamo gittarsi in questo brutto vespajo col grave rischio o di essere sinceri e adoperare la frusta senza pietà, e quindi farci strillare addietro dai tanti guastamestieri sì cantanti che compositori e impresarj dei quali avremmo avuto a dirne di grosse; ovvero di temperare coll'insipido unguento della moderazione le nostre critiche e meritarci a malapena il compatimento dei lettori quali pusillanimi, senza neppure il compenso di renderci grati gli artisti da noi trattati con pietosa discretezza; o di abbandonarci per ultimo al tanto abusato frasario magniloquio e distribuire a bracciate i superlativi e le iperboli lodatorie, e in questo caso andare incontro alla poco invidiabile fortuna di essere confusi coi tanti estensori di relazioni teatrali che onorano le colonne di parecchi nostri fogli, della qual gloria in verità siamo tutt'altro che ghiotti". Uscite dalle or nominate categorie di possibili redattori di gazzettini da spettacoli e non vi rimane altro scampo che dai di naso in persone più o meno davvicino addette al movimento delle aziende teatrali, e, per esempio, nel medesimo appaltatore, od anche, per la più spiccia, nei cirtuosi stessi, dei cui trionfi, o delle cui cadute dovete dar conto preciso! Non ci vuol mica grande penetrazione a capire con quanta imparzialità e giustizia e dottrina possano essere dettate le notizie teatrali da questa ultima specie di corrispondenti. Speriamo di avere a che fare con lettori che ci comprendano al volo. Chiudiamo quindi l'articolo col dire che, persuasi per le ottime ragioni ora adotte, e per altre che tacciamo per brevità, della difficoltà somma di stendere nel modo più conveniente la cronaca de' trionfi o delle cadute degli spettacoli, delle glorie o delle vergogne de' virtuosi, abbiamo pensato a supplire in qualche modo alla dolorosa mancanza. Senza farci carico delle particolarità dei giudizii lontani o diritti o stori, per qul che riguarda anzi tutto le nuove Opere date in Italia nell'or decorsa stagione teatrale, offriamo una nuda tabella statistica sulla quale sarà gradevole a ciascuno fare quelle riflessioni che meglio crederà del caso. Noi non garantiamo che dei fatti in essa tabella registra. Dal modo col quale verrà accolto questo nostro primo piccolo saggio destinato a supplire in qualche modo al propostoci assoluto silenzio di notizie teatrali, argomenteremo se sarà il caso di occuparci in seguito intorno ad altri simili lavori e di avvalorarli colle osservazioni opportune a far manifesto il progresso od il decadimento delle arti musicali in Italia.
RIASSUNTO STATISTICO delle nuove opere in musica rappresentate in Italia (3) nel Carnevale 1841-42 e successiva Quaresima

CITTÁ TEATRI TITOLI DELLE OPERE COMPOSITORI POETI ESECUTRICI ESECUTORI OSSERVAZIONI
MILANO SCALA Maria Padilla DONIZETTI ROSSI Löwe, Abbadia Donzelli, Ronconi - Veggansi i primi numeri di questa Gazzetta Musicale, ove si ragiona del distinto

merito £ di questo spartito e de’ gravi difetti del libretto.

detto Odalisa (*) NINI SACCHÉRO Abbadia, Brambilla Salvi, Varesi - Veggasi il N. 9 dell’istesso giornale. Esecuzione incompleta; alcuni cantanti indisposti.
detto Nabucodonosor (*) VERDI SOLERA Strepponi, Bellinzaghi Ronconi, Derivis, Miraglia - Esito della musica straordinariamente felice.
RE Un duello alla pistola DEGOLA REGLI Tavola Coggiali, Zucchini, Galvardi -Veggasi il N. 2 del suddetto giornale
CONSERVATORIO DETTO Un giorno di nozze Disertore Svizzero BELLINI E DEVASINI MEINERS JANNETTI Bolza, Pecorini, Cella, Brambilla Mazzicchi, Gandini, sudd., Zocchi -Accalmazioni dirette agli allievi che dimostrarono d'aver fatto molti progressi
NAPOLI S. CARLO Proscritto MERCADANTE CAMMARANO Marini, Buccini Basadonna, Fraschini, Gianni - Primo atto, piuttosto applaudito: gli altri due accolti con freddezza. - Dotta elaborazione ne’ pezzi concertati e nell'istrumentale.
NUOVO Il conte di Lemos SIRI, PAGLIUOLI, ecc, SPADETTA Gambaro, Davide, Micci, Gualdi,ec Casaccia, Fioravanti, Furlani, Zoboli, Lodi, Ruggeri, ec. - Pasticcio composto di alcuni pezzi nuovi (fra cui un bel duetto buffo di Pagliuoli), intrecciati a molti pezzi tolti da’ capolavori rossiniani e di Cimarosa. - Appena calato il sipario, fischj.
VENEZIA FENICE Candiano IV FERRARI PERUZZINI Goldeberg, Schrikel Coletti, Deva, Zanchi - Composizione sparsa di molte bellezze che onora assai il giovane maestro, da cui l’arte musicale italiana può aspettarsi un nuovo ornamento.
detto Duca d’Alba (*) PACINI PERUZZINI Goldeberg, Bertrand Moriani, Coletti?? - Bellissime per estro le cavatine del soprano e del basso. L’opera il Duca d’Alba in pieno fu giudicata inferiore alla Saffo.
S. BENEDETTO Lazzarello(*) MARIANI BERETTONI Goggi, Mori Botticelli - Mancanza di tenore e d’assieme nell’esecuzione. - Lodata in ispecie l’istromentazione; ed il primo atto incontrò molto più del secondo.
ROMA VALLE Amalia de’ Viscardi CAPOCCI Bortolotti Winter, Rinaldini -Esito effìmero.
detto Bianca Cappello BUZI GIULIANI detta detti - Non corrispose alla generale aspettazione.
TORINO SUTERA Il Contrabbandiere PERELLI ROMANI Bertuzzi-Ronconi Gardoni, Guscetti, Lauretti -Melodramma vecchio. Spartito applaudito.
VERONA FILARMONICO Galeotto Manfredi(*) HERMANN Solera Gabussi Guasco, Superchi - Alla nessuna chiarezza e novità delle cabalette i veronesi vollero attribuire la caduta di quest’Opera, che però in alcuni punti è di qualche forza drammatico-scientifica.
LUCCA II Postiglione di Longjumeau SPERANZA A. P. Mattioli Rovere, Lucchesi, Valentini -Più male che bene.
PADOVA NUOVISSIMO Giovanna I.a di Napoli MALIPIERO Mattey Cornassi, Meini, Caliari -Mosaico musicale, coronato alla prima da patrio entusiasmo.
BERGAMO IN CITTA’ Lutalto da Vicolungo FORINI FUGGI Griffini Zoboli, Bonafos - Per molte sere acclamata in varj pezzi e specialmente in alcuni cori di bell’effetto.
CREMA La Finta Pazza CONSOLINI Agliati Profeti, Ferrari -Vi arrise prospera sorte.
PORDENONE Varbek GALLI UN VENEZIANO Ranzi Asti, Gorin, Gherardini -Alla prima rappresentazione trionfo con accompagnamento di banda civica!

I.C.


(*) Le Opere contrassegnate dall’asterisco furono rappresentate in Quaresima.

GIOVANNI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO.


Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia musicale di GIOVANNI RICORDI. Contrada degli Omenoni N.1720.

  1. Paris. A. Rene, et C.e Imprimeurs-Editeurs
  2. Questa è l’opinione del nostro collaboratore; noi invece pensiamo sia da far voto che la sempre più raffinata coltura e la cresciuta e più diffusa educazione musicale renda più agevole alle moltitudini convocate ad udire i forti concepimenti de’ maestri della taglia di Mayerbeer, il comprenderne ed apprezzarne l’alta portata. A nostro giudizio la maggiore o minor popolarità di ogni musica non è tanto in ragione della maggiore o minor sua elaborazione scientifica ed estetica, ovvero trascuratezza e semplicità apparente, quanto in proporzione della intelligenza degli uditori più o meno raffinata. - A un tal uditore che siasi esercitato a gustare della musica concepita con bell’ingegno ed eletta dottrina parrà, a cagione d’esempio, di gusto popolare questo o quel pezzo di Mozart, di Spontini, di Cherubini, che ad altro uditore, solo avvezzo alle cavatine e alle cabalettuccie di certi compositorelli, sembrerà astruso e poco meno che incomprensibile. E all’opposto egli chiamerà popolare per eccellenza quel tale o tal altro pezzo di musica che un intelligente più educato al vero bello musicale troverà triviale o scolorito e degno tutt’al più degli organetti e de’ mandolini de’ virtuosi da bettola. Eleggami a questo proposito i pensieri sull’ armonia e sulla melodia inseriti nel passato foglio dall’altro nostro collaboratore T.lli i quali però lasciano molte altre cose a dire sul medesimo importante argomento.

    L’Est.

  3. Non sarà fuor di luogo l'aggiungere che il maestro Coppola prese commiato da Lisbona producendo su quel teatro nella sera di S. Stefano l'Ines di Castro; alla quale nuova Opera que' giornali hanno tributato encomj i più lusinghieri. Essa venne eseguita dalle Boccabadati e Gazzoli e da Conti ed Antoldi.