Galateo insegnato alle fanciulle/Lezione XII - Emulazione ed invidia
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Lezione XI - Esagerazione | Lezione XIII - Contraddizione ed ostinazione | ► |
LEZIONE XII.
Emulazione ed invidia.
Quando una fanciulla trovasi fra le sue coetanee, è assai facile che confronti i suoi vezzi naturali, il suo modo di vestire, le sue maniere urbane, la sua istruzione, i suoi pensieri, i suoi sentimenti con quelli delle compagne, si senta umiliata, se si trova ad esse inferiore, e se ne compiaccia, se s’accorge di superarle. Questa tendenza è ottima, quando non oltrepassi un certo limite, imperocchè sprona allo studio, al perfezionamento fisico, intellettuale e morale, ed opera veri prodigi. Molti difetti si correggono, molte cattive tendenze si vincono mercè l’emulazione. Ma guai se questa suscita in cuore l’invidia, cioè il dispiacere pel bene altrui, il godimento per l’altrui male! Lungi dall’essere un mezzo di miglioramento, diventa uno strumento di corruzione. — La fanciulla invidiosa non ha più pace, non ha più gioia. Come se un verme le corrodesse il cuore, ella diventa pallida, macilente, cupa, solitaria. Ella rumina di continuo sul modo di far isfigurare colei che invidia, perchè forse più bella, più ricca, più colta, più cortese di lei. Interpreta male ogni suo atto o detto, l’irrita con insulti, soffre le pene della tortura se la vede stimata, encomiata, amata, e solo respira quando qualcuno ne dice male, quando in iscuola è delle ultime della classe, quando è punita per qualche fallo ed in società è negletta o si rende ridicola per qualche sconvenienza.
Come vedi l’invidiosa è veramente cattiva e la sua coscienza con un continuo rimorso la castiga del suo basso sentimento. Una buona fanciulla sente l’emulazione, procura d’imitare le buone qualità che in altri apprezza, ma, perchè modesta, non pretende di far sempre la prima figura da sola. Deve ambire la stima dei buoni e non farsi notare per isconvenienze, per ignoranza, per importunità: deve vestire pulitamente e con grazia, secondo la sua condizione, mostrarsi curosa dell’adempimento de’ suoi doveri di figlia, di sorella, di scolara, d’amica; rendersi utile e piacevole a chicchessia, ma non pretendere di essere la beniamina dei genitori, la prediletta delle maestre, la regina delle feste, il sole che fa impallidire ogni altro astro. Chi vuol essere il primo diventa l’ultimo, chi ha la smania di brillare spesso si vede trascurato, mentre chi, con meriti reali, nulla pretende, è sempre contento della poca considerazione che ottiene, perchè basta a sè stesso, ed è apprezzato non solo per le sue doti di mente e di cuore, ma ancora per la sua umiltà.
«Beati gli umili, perchè saranno esaltati», disse Gesù. L’avido di onori, l’invidioso è il più infelice degli uomini; e la bassa sua passione gli consiglia talvolta persino il delitto. Perchè Caino uccise Abele? Per invidia. Perchè Eteocle e Polinice, figli di Edipo e di Giocasta, furono in continua lite? Perchè si contendevano l’onor del trono. — Perchè Mario e Silla, Cesare e Pompeo sacrificarono la pace di Roma per superarsi? Perchè si invidiavano. — Perchè Elisabetta, figlia d’Arrigo VIII e d’Anna Bolena, e regina d’Inghilterra fu così crudele con la disgraziata sua cugina Maria Stuarda, regina di Scozia? Perchè ne invidiava la rara bellezza, il sottile e colto ingegno e l’egregia bontà. Ed esempi di delitti cagionati dall’invidia a centinaia ne troverai nella storia, grande maestra della vita, quando più diffusamente e con ordine la studierai.
L’invidia ha per contrapposto, come non ignori, l’amor fraterno. Ama il tuo prossimo come te stesso e ti salverai. Chi ama, gode del bene altrui, soffre dell’altrui male, come del proprio: ed il galateo, non meno della Religione, prescrive di esprimerci sempre con forme squisite in modo da non lasciar dubitare della sincerità di questi nostri affettuosi e nobili sentimenti. Perciò in famiglia, in iscuola, in società una fanciulla ben educata è pronta ad accusarsi de’ falli che le avvenisse di commettere, se ne mostra dispiacente, ne domanda tosto scusa, come altrove t’ho già detto, perdona le mancanze altrui e rileva gli altrui pregi, tacendo i suoi.
Clotilde è una fanciulletta della tua età, Mariuccia mia, ma così buona d’indole e di cuore, e così bene educata, che desta simpatia ed ammirazione in quanti l’avvicinano! Quand’ella vede qualche ragazza male avvezza, capricciosa sguaiata, vana, in sè la compiange, pensando che è più disgraziata di lei, non avendo forse una madre capace di educarla convenientemente. Quando poi incontra fanciulle di lei più belle, più elegantemente vestite, più avanzate negli studi, più abili nei lavori, più spiritose, più gentili di modi, le quali meglio di lei si attirano l'altrui stima e benevolenza, ella prova per esse una simpatia, un’ammirazione così sincera e grande che non mi è possibile di esprimere. Ella le osserva attentamente per imitarle, desidera di ottenerne l'amicizia; prova piacere che se ne faccia la lode e con si belle disposizioni d’animo sempre più si perfeziona. Anche quando la mamma o la maestra sono assenti, Clotilde, siccome pensa che Iddio ognora la vede, rammenta i materni avvertimenti e si comporta come un vero angioletto. Saluta con una graziosa riverenza, ha sempre il sorriso sul labbro, risponde con disinvoltura, senno, modestia e grazia, quand’è interrogata, non dà mai fastidio ad alcuno, siede con compostezza, domanda scusa, se non può far a meno, di passar davanti a qualcuno o d’assentarsi o chiedere qualche spiegazione o dar qualunque disturbo. Clotilde è cara a tutti ed ognuno la desidera nella sua compagnia. Ella non sa che cosa sia invidia, ma sente vivamente l’emulazione, che l’aiuta ad inoltrarsi vieppiù nella via della virtù e del sapere.