Fioretti di San Francesco/Capitolo quarantasettesimo
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Capitolo quarantaseiesimo | Capitolo quarantottesimo | ► |
CAPITOLO XLVII.
Nel soprannominato luogo di Soffiano, fu anticamente uno frate minore di si grande santitade e grazia, che tutto parea divino, e spesse volte era ratto in Dio. Istando alcuna volta questo frate tutto assorto in Dio e elevato, perocchè avea notabilmente la grazia della contemplazione, veniano a lui uccelli di diverse maniere, e dimesticamente si posavano sopra alle sue spalle, e sopra il capo, e in sulle braccia, e in sulle mani, e cantavano maravigliosamente. Era costui solitario, e rade volte parlava; ma quando era domandato di cosa veruna, rispondea sì graziosamente e sì saviamente che parea piuttosto Angelo che uomo; ed era di grandissima orazione e contemplazione; e li frati l’aveano in grande riverenza. Compiendo questo frate il corso della sua virtuosa vita, secondo la divina disposizione, infermò a morte, intanto che nessuna cosa potea egli prendere; e con questo non volea ricevere medicina nessuna carnale, ma tutta la sua confidenza era nel medico celestiale Gesù Cristo benedetto, e nella sua benedetta Madre; dalla quale egli meritò per la divina clemenza d’essere misericordiosamente visitato e medicato. Onde standosi egli una volta in sul letto, e disponendosi alla morte con tutto il cuore, e con tutta la divozione, gli apparve la gloriosa Vergine Maria Madre di Cristo, con grandissima moltitudine d’Angeli e di Sante Vergini, con maraviglioso splendore, e appressossi al letto suo; onde egli ragguardandola, prese grandissimo conforto e allegrezza, quanto all’anima e quanto al corpo; e cominciolla a pregare umilmente, che ella pregasse il suo diletto Figliuolo, che per gli suoi meriti il tragga della prigione della misera carne. perseverando in questo priego con molte lagrime, la Vergine Maria gli rispose, chiamandolo per nome; e disse: non dubitare, figliuolo, imperocchè egli è esaudito il tuo priego: ed io sono venuta per confortarti un poco, innanzi che tu ti parta di questa vita. Erano allato alla Vergine Maria tre sante Vergini, le quali portavano in mano tre bossoli di lattuaro di smisurato odore e suavitade. Allora la Vergine gloriosa prese, e aperse uno di quelli bossoli, e tutta la casa fu ripiena d’odore; e prendendo con un cucchiaio di quello lattovaro, il diede allo infermo, il quale si tosto come l’ebbe assaggiato, lo infermo sentì tanto conforto e tanta dolcezza, che l’anima sua non parea che potesse stare nel corpo; ond’egli incominciò a dire: Non più o Santissima Madre Verginė benedetta, o medica benedetta e salvatrice della umana generazione, non più che io non posso sostenere tanta suavitade. Ma la pietosa e benigna Madre pure porgendo ispesso di quello lattuaro all’infermo, e facendogliene prendere, votò tutto il bossolo. Poi votato il primo bossolo, la Vergine beata prende il secondo e mettevi dentro il cucchiaio per dargliene; di che costui si rammarica, dicendo: O beatissima Madre di Dio, s’è l’anima mia quasi tutta liquefatta per l’ardore e suavità del primo lattuario: e come potrò io sostenere il secondo? io ti priego, benedetta sopra tutti li Santi, e sopra a tutti gli Angeli, che tu non me ne vogli più dare. Risponde la gloriosa Vergine Maria: Assaggia, figliuolo, pure un poco di questo secondo bossolo: e dandogliene un poco, dissegli: Oggimai, figliuolo, tu ne hai tanto, che ti può bastare; confortati, figliuolo, che tosto verrò per te, menorotti al reame del mio figliuolo, il quale tu hai sempre cercato e desiderato; e detto questo incomiatandosi da lui, si partì; ed egli rimase sì consolato, e confortato per la dolcezza di questo confetto che per più di sopravvivette sazio e forte, e senza cibo nessuno corporale. E dopo alquanti dì, allegramente parlando co’ frati, con grande giubbilo e letizia, passò di questa misera vita.