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di san francesco | 105 |
ossa del mio fratello io ho fatto quello, che non ho fatto alle altre; imperocchè benedetto sia Iddio, e’ non mi ha tratto, come voi credete, amore carnale; ma ho fatto così, perocchè quando il mio fratello passò di questa vita, orando io in luogo diserto e rimoto da lui, vidi l’anima sua per diritta via salire in Cielo; e però io sono certo che le sue ossa sono sante e debbero essere in Paradiso. E se Iddio m’avesse conceduta tanta certezza degli altri frati, quella medesima riverenza avrei fatta alle ossa loro. Per la qual cosa li frati, veggendo la sua santa e divota intenzione, furono da lui bene edificati, e laudarono Iddio, il quale fa così maravigliose cose alli Santi suoi Frati.
CAPITOLO XLVII.
Nel soprannominato luogo di Soffiano, fu anticamente uno frate minore di si grande santitade e grazia, che tutto parea divino, e spesse volte era ratto in Dio. Istando alcuna volta questo frate tutto assorto in Dio e elevato, perocchè avea notabilmente la grazia della contemplazione, veniano a lui uccelli di diverse maniere, e dimesticamente si posavano sopra alle sue spalle, e sopra il capo, e in sulle braccia, e in sulle mani, e cantavano maravigliosamente. Era costui solitario, e rade volte parlava; ma quando era domandato di cosa veruna, rispondea sì graziosamente e sì saviamente che parea piuttosto Angelo che uomo; ed era di grandissima orazione e contemplazione; e li frati l’aveano in grande riverenza. Compiendo questo frate il corso della sua virtuosa vita, secondo la divina disposizione, infermò a morte, intanto che nessuna cosa potea egli prendere; e con questo non volea ricevere medicina nessuna carnale, ma tutta la