Filocolo/Libro terzo/30

Libro terzo - Capitolo 30

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Mentre che i fati le cose sinistre così per Fileno trattavano, Fileno di tutte ignorante si stava pensando alla bellezza di Biancifiore, con sommo disio disiderando quella, quando subito sonno l’assalì, e, gli occhi gravati, sopra il suo letto riposandosi s’adormentò. Al quale sanza alcuno dimoro furono presenti i ministri del pregato iddio adoperando ciascuno i suoi ufici: e parvegli nel sonno subitamente essere in un bellissimo prato tutto soletto, e rimirare il cielo, lodando le sue bellezze, e adequando quelle di Biancifiore alla chiarità delle stelle che in quello vedea. E così stando, subitamente uno di quelli uficiali in forma d’un caro suo amico gli parve che gli apparisse piangendo e correndo verso lui, e dicessegli: - O Fileno, che fai tu qui? Fuggiti, ch’io ti so dire che l’amore che tu hai portato a Biancifiore t’ha acquistata morte. Tu non potrai essere fuori di questo prato, che Florio armato con molti compagni ci saranno suso, cercando di levarti la vita. Fuggi di qui, o caro amico, sanza niuno indugio. Non volere che io di tal compagno, quale io ti tengo, rimanga orbato -. E ancora non parea che questi avesse compiuto di parlare, che già dall’una delle parti del prato si sentiva il romore delle sonanti armi degli armati, i quali a Fileno pareva, come detto gli era stato, che venissero. Allora pareva a Fileno levarsi tutto smarrito, e non sapere qual via per la sua salute si dovesse tenere; anzi gli pareva che le gambe gli fossero fallite, né di quel luogo potesse partire. Dove stando in picciolo spazio gli pareva vedersi dintorno Florio con molti altri armati, e con grandissimo romore gridare: - Muoia il traditore! -, dirizzando verso lui gli aguti ferri sanza alcuna pietà ingegnandosi di ferirlo. A’ quali elli dicea: - O giovani, se niuna pietà è in voi rimasa piacciavi che Fileno possa fuggendo la vita campare. Voi sapete che per amore io non meritai morte -. Non erano le sue parole udite, ma più aspramente e con maggiore romore gli parea ognora essere assalito, e parevagli essere in tante parti del corpo forato che potere campare non gli parea. Ma quelli ancora di ciò non contenti uscendo uno di loro gli parea che la testa gli volesse levare dal busto e presentarla a Florio. Allora sì gran dolore e paura gli strinse il cuore, che per forza convenne che il sonno si rompesse, e quasi tutto spaventato si rizzò in piè, rimirando dov’egli era, e con le mani cercando de’ colpi che gli parea avere ricevuti; e rimirando il suo letto, il quale imaginava dovere essere tutto tinto del suo sangue, e quello vide bagnato di vere lagrime. Ma poi ch’egli si vide essere stato ingannato dal sonno partita la paura, pieno di maraviglia rimase, non sappiendo che ciò si volesse dire, e dubitando forte si mise a cercare del caro amico che nel sonno avea veduto. Il quale trovato, a lui brievemente ciò che dormendo avea veduto, gli narrò; di che l’amico maravigliandosi così gli disse: