Libro terzo - Capitolo 31
- Caro amico e compagno, ora non dubito io che gl’iddii con molta sollecitudine intendano a’ beni della umana gente. Certo tu mi fai sanza fine maravigliare di ciò che tu mi racconti, però che poco avanti io tornai da Montoro, e ivi da cara persona e degna di fede udii essere da Florio la tua morte disiderata e ordinata in qualunque maniera più brievemente potesse. E domandando io della cagione, mi rispose che ciò avviene per lo velo il quale da Biancifiore ricevesti, la quale Biancifiore egli più che alcuna cosa del mondo ama; e per questo è di te in tanta gelosia entrato, che se egli vedesse che Biancifiore con le propie mani ti traesse il cuore, forte gli sarebbe a credere che ella ti potesse se non amare. E adunque, acciò che questo amore cessi, egli cerca d’ucciderti: però per lo mio consiglio tu al presente lascerai il paese, e pellegrinando per le strane parti, te della tua salute farai guardiano. Tu puoi manifestamente conoscere te non essere possente a resistere al suo furore: dunque anzi tempo non volere perire, ma la tua giovane età ti conforti di poter pervenire a miglior fine che il principio non ti mostra. La fortuna ha subiti mutamenti, e avviene alcuna volta che quando l’uomo crede bene essere nella profondità delle miserie, allora subito si ritrova nelle maggiori prosperità -. A cui Fileno piangendo così rispose: - Oimè, or che farà Florio ad uno che l’abbia in odio, se a me che l’amo ha pensata la morte? - A cui quelli rispose: - Amerallo! Le leggi d’amore sono variate da quelle della natura in molte cose: in tale atto niuno volentieri vuole compagno. Né per te fa di cercare gli altrui pensieri, ma pensare del tuo bene. Posto che Florio similmente volesse uccidere uno che odiasse Biancifiore, se’ tu però fuori del pericolo? Certo no: dunque pensa alla tua salute -. - Oimè! - disse Fileno - dunque lascerò io Marmorina e la vista di Biancifiore? -. - Sì - gli rispose quelli, - per lo tuo migliore -. Disse Fileno: - Certo io non conosco che vantaggio qui eleggere si possa se solo una volta si muore. Buono è il vivere, ma meglio è tosto morire che vivendo languire, e cercare la morte, e non poterla avere -. - Non è - disse l’amico - a chi vive sperando nella potenza degl’iddii, come avanti ti dissi, però che le future cose ci sono occulte. E in qualunque modo si vive è migliore che il morire. Ogni cosa perduta, volendo l’uomo valorosamente operare, si può ricuperare, ma la vita no: però ciascuno dee essere di quella buono guardiano -. - Certo - disse Fileno - a chi può prendere speranza, e sperando aspettare, non dubito che di guardare la sua vita egli non faccia il migliore, che volere per un subito dolore morire. Ma come posso io così fare, che non tanto partendomi, ma solamente pensando ch’io mi deggia partire dalla vista del bel viso di Biancifiore, mi sento ogni spirito combattere nel cuore e domandare la morte, e l’anima, che sente questa doglia e questa tempesta, si vuol partire? -. A cui colui rispose: - Non sono cotesti i pensieri necessarii a te, però che a coloro che in simile caso sono che se’ tu, conviene che facciano della necessità diletto. Tu vedi che tu se’ costretto di partire: non imaginare di prendere etterno essilio, ma imagina che per comandamento di Biancifiore, per cui non ti sarebbe grave il morire, se avvenisse ch’ella tel comandasse, tu sii mandato in parte onde tu tosto tornerai. Questa imaginazione t’aiuterà e faratti più possente a sostenere gli affanni della partita infino a tanto che tu poi, ausato, li sappia sostenere sanza tanta noia -. A cui Fileno disse: - Questo che tu mi di’ m’è impossibile, però che il sollecito amore non mi lascia durare tale pensiero nel cuore, ma qualora più mi vi dispongo, allora più con i suoi m’assalisce: e chi è colui che possa la sua coscienza ingannare? -. Disse quelli: - I pensieri d’amore non ti assaliranno, quando alcuna volta resistendo cacciati gli avrai da te, e la coscienza, posto che interamente ingannare non si possa, almeno l’uomo la può fare agevole sostenitrice di quello ch’e’ vuole, con un lungo e continuo perseverare sopra un pensiero -. - Certo questo vorrei io bene - disse Fileno. - Dunque potrai tu - gli fu risposto. Allora disse Fileno: - Ecco ch’io mi dispongo al pellegrinare per lo tuo consiglio -. - Sì - disse quelli, - e io in tua compagnia, se a te piace -. A cui Fileno disse: - No, io amo meglio dolermi solo, che menare te sanza consolazione -. A cui quelli rispose: - Caro amico, ove che tu vadi, le tue lagrime mi bagneranno sempre il cuore, il quale mai sanza compassione di te non sarà: però lasciami avanti venire, acciò che tu, avendo la mia compagnia, abbi cagione di meno dolerti -. Disse Fileno: - Amico, a me piace più che tu rimanghi, acciò che almeno, veggendoti, Biancifiore si ricordi di me e dello essilio ch’io ho per lei. E se accidente avvenisse per lo quale mi fosse licito il tornare, voglio che tu sollecito rimanghi a mandare per me, dove che i fortunosi casi m’abbiano mandato -. A cui quelli disse: - Così, come a te piace, sarà fatto -. Fileno allora si partì da lui, e, ritornato alla sua casa, così cominciò piangendo a dolersi fra se medesimo: