Libro terzo - Capitolo 23
Biancifiore piegò la scritta pistola, piena di non poco dolore, e posta in sul legame la distesa cera, avendo la bocca per troppi sospiri asciutta, con le amare lagrime bagnò la cara gemma, e, suggellata quella, con turbato aspetto uscì della camera, a sé chiamando il servo, che già per troppa lunga dimoranza che fare gli parea s’incominciava a turbare. Al quale ella disse: - Porterai questa al tuo signore, a cui gl’iddii concedano miglior conforto che egli non s’ingegna di donare a me -. E detto questo, piangendo baciò la lettera, e posela in mano al fedele servo, il quale sanza niuno indugio volto li passi verso Montoro, e là in picciolo spazio pervenuto, trovò Florio nella sua camera, ove lasciato l’avea, con grandissima copia di lagrime e di sospiri, a cui egli porse la portata pistola, dicendogli ciò che da Biancifiore compreso avea e le sue parole. E partito da lui, Florio aperse la ricevuta lettera, e quella infinite volte rilesse pensando alle parole di Biancifiore, sopra le quali faccendo diverse imaginazioni, sopra il suo letto con essa lungamente dimorò.