Libro terzo - Capitolo 24
Diana, alla quale niuno sacrificio era stato porto come agli altri iddii fu, quando Biancifiore dal grandissimo pericolo fu campata, avea infino a questa ora la concreata ira tenuta nel santo petto celata, la quale non potendosi più avanti tenere, discesa degli alti regni, cercò le case della fredda Gelosia, le quali nascose in una delle altissime rocce d’Appennino, entro a una oscurissima grotta, trovò intorniate tutte di neve; né v’era presso albero o pianta viva fuori che o pruni o ortiche o simili erbe; né vi si sentia voce alcuna di gaio uccello: il cuculo e ’l gufo aveano nidi sopra la dolente casa. Alla quale venuta la santa dea, quella trovò serrata con fortissima porta, né alcuna finestra vi vide aperta. Fu dalla immortale mano con soave toccamento toccata l’antica porta, la quale non prima fu tocca, che dentro cominciarono a latrare due grandissimi cani, secondo che le voci li facea manifesti; dopo il quale latrare una vecchia con superbissima voce, ponendo l’occhio a uno picciolo spiraglio, mirò di fuori, dicendo: - Chi tocca le nostre porti? -. A cui la santa dea disse: - Apri a me sicuramente: io sono colei sanza il cui aiuto ogni tua fatica si perderebbe -. Conobbe l’antica vecchia la voce della divina donna, e a quella con lento passo andando, con non poca fatica per gli inruginiti serramenti aperse la porta, la quale nel suo aprire fece un sì grandissimo strido, che di leggiero poria essere stato sentito infino all’ultime pendici del monte. E fatta la dea passar dentro, con non minore romore riserrò quelle, difendendo appena i bianchi vestimenti della dea dalle agute sanne de’ bramosi cani, a’ quali per magrezza ogni osso si saria potuto contare: caccia quelli con roca voce e con un gran bastone col quale sostenea i vecchi membri. Era quella casa vecchissima e affumicata, né era in quella alcuna parte ove Aragne non avesse copiosamente le sue tele composte; e in essa s’udiva una ruina tempestosa, come se i vicini monti, urtandosi insieme, giugnessero le loro sommità, le quali per l’urtare pestilenzioso diroccati cadessero giuso al piano. Niuna cosa atta ad alcuno diletto vi si vedea: le mura erano grommose di fastidiosa muffa, e quasi parea che sudando lagrimassero; né in quella casa mai altro che verno non si sentiva, sanza alcuna fiamma da riconfortare il forte tempo: ben v’era in uno de’ canti un poco di cenere, nella quale riluceano due stizzi già spenti, de’ quali la maggior parte una gattuccia magra covando quella occupava. E la vecchia abitatrice di cotal luogo era magrissima e vizza, nel viso scolorita; i suoi occhi erano biechi e rossi, continuamente lagrimando; di molti drappi vestita, e tutti neri, ne’ quali raviluppata, in terra sedea, vicina al tristo fuoco, tutta tremando, e al suo lato avea una spada, la quale rade volte, se non per ispaventare, la traeva fuori. Il suo petto batteva sì forte, che sopra i molti panni apertamente si discernea, nel quale quasi mai non si crede che entrasse sonno; e il luogo acconcio per lo suo riposo era il limitare della porta, in mezzo de’ due cani. La quale la dea veggendo, molto si maravigliò, e così disse: - O antica madre, sollecitissima fugatrice degli scelerati assalti di Cupido, e guardia de’ miei fuochi, a te conviene mettere nel petto d’un giovane a me carissimo le tue sollecitudini, il quale per troppa liberalità si lascia a feminile ingegno ingannare, amando oltra dovere una mia nimica: e però niuno indugio ci sia muoviti! Egli è assai vicino di qui, e è figliuolo dell’altissimo re di Spagna, chiamato Florio, e sanza fine ama Biancifiore, né mai sentì quel che tu suoli agli amanti far sentire. Va e privalo della pura fede, la quale egli tiene indegnamente, e, aprendogli gli occhi, gli fa conoscere com’egli è ingannato, amaestrandolo come gl’inganni si debbono fuggire -. La vecchia che in terra sedea, con la mano alla vizza gota, alzò il capo mirando con torto occhio la dea, e con picciola voce tremando rispose: - Partiti, dea, da’ tristi luoghi, che niuno indugio darò al tuo comandamento -. Partita la dea, la vecchia si vestì di nuova forma, abandonando i molti vestimenti, aggiunse alle sue spalle ali, e lasciando le serrate case, sanza alcuno dimoro pervenne ove ella trovò Florio stante ancora sopra il suo letto leggendo la ricevuta lettera da Biancifiore. A cui ella occultamente con la tremante mano toccò il sollecito petto, e ritornossi alle triste case, onde s’era per comandamento di Diana partita.