Libro quarto - Capitolo 153
Non fu meno caro a Filocolo dall’amiraglio essere per parente riconosciuto, che all’amiraglio fosse; e faccendogli quella festa che a tanto uomo si convenia, gli cominciò a dire: - Signore, di ciò che oggi è avvenuto non voi siete da incolpare, ma io solamente, il quale presuntuoso oltre al dovere, non conoscendovi, tentai le vostre case contaminare. La fortuna nell’ultima parte delle sue guerre m’ha con debita paura sotto la vostra potenza voluto spaventare, e gl’iddii nel principio de’ miei beni con sommo dono m’hanno voluto dare speranza a maggiori cose. A me non è meno caro con tanti e tali pericoli avere Biancifiore racquistata, poi che sani e salvi siamo, ella e io e i miei compagni, che se con più agevole via racquistata l’avessi. Le cose con affanno avute sogliono più che l’altre piacere: e però a tutte queste cose considerando, sanza più delle passate ricordarci, faremo ragione come se state non fossero, e delle nostre prosperità facciamo allegra festa -. Consente l’amiraglio che così sia, e dimanda dello stato del vecchio re e della sua sorella e di Filocolo madre. Filocolo gli risponde lungo tempo esser passato che di loro niuna cosa avea udita; ma, come dolorosi della sua partita gli avea lasciati, gli racconta. Appressansi a questa festa i compagni di Filocolo, e l’amiraglio conoscendolo per ziano di Filocolo, come signore onorano, e egli loro come fratelli riceve, e a Biancifiore con riverente atto delle passate cose cerca perdono, profferendolesi in luogo di fratello in ciò che fare potesse che le piacesse. Ella per vergogna il candido viso, nel quale ancora vivo colore tornato non era per la passata paura, dipinse di piacevole rossezza, ringraziandolo molto e dicendo che, appresso Filocolo, per signore il tenea. E con questi ragionamenti e con altri lieti pervengono alla città.