Libro quarto - Capitolo 152
Quando l’amiraglio udì ricordare il re Felice e dire: "la mia madre venne al mio padre di questi paesi Filocolo nel viso e disse: - Ahi, giovane, non m’ingannare, scuopramisi la verità intera, come promettesti, e se tu se’ figliuolo di colui cui conti, accertamene con giuramento -. A cui Filocolo disse: - Signore, per dovere de’ vostri regni la corona ricevere, io non vi narrerei se non la verità, e giurovi per la potenza degl’iddii, che oggi delle vostre mani sanza morte m’hanno tratto, ch’io sono di colui figliuolo, di cui io vi parlo -. L’amiraglio non aspettando più parole, lieto sanza comparazione, così a cavallo com’era, abbracciò Filocolo, e baciollo centomila volte: - O caro nipote! O gloria de’ parenti miei! O spettabile giovane, tu sii il ben venuto. Io, fratello alla tua madre, non conoscendoti, oggi t’ho tanto offeso! Oh, che maladetta possa essere la mia subitezza! Oimè, perché avanti il subito comandamento non ti conobbi io? Tu saresti stato da me onorato, sì come degno. Io ho fatta, per ignoranza della tua grandezza, cosa da non dovere mai essere dimenticata né a me perdonata. Io non sarò mai lieto qualora di questo accidente mi ricorderò. Io posso dire che io più ch’altro uomo dagl’iddii era amato, se io avanti all’offesa t’avessi conosciuto, ben che assai di grazia m’abbiano conceduta, avendo per la loro pietà tornata indietro tanta mia iniquità, campandoti. Tu mi sei più che la propia vita caro. Ma certo del mio fallo parte a te si dee apporre, però che, se tu quando qui venisti, mi ti fossi palesato come dovevi, tu, fuggendo la ricevuta avversità, avresti il tuo disio avuto sanza fatica e sanza alcun pericolo: tu saresti da me stato onorato sì come tu meritavi. L’occultare del tuo nome, e di te a me, e la mia subita iniquità, m’hanno fatto contro a te villana crudeltà usare. Alla quale emendare, considerando chi tu se’, io non conosco la via: sola la tua benignità priego che tanta cosa metta in oblio, sopra di me sodisfaccendo ogni male commesso. E da quinci inanzi, di me e del mio regno, secondo il tuo piacere, disponi, e dell’acquistata giovane co’ pericoli e con gli affanni, così come il disio ti giudica, ne sia. La quale, avvegna che io per adietro assai ho onorata, molto più, pensando a’ suoi magnanimi antichi, se conosciuta l’avessi, onorata l’avrei, ben che nimici grandissimi fossero a’ nostri per lo loro comune -.