Libro quarto - Capitolo 149
Di ciò che Ascalion dice, si maraviglia l’amiraglio, e dubita forte, udendo le sue parole, che pace non gli sia rotta, e promette loro con ferma intenzione, per gli suoi iddii, servarla a loro. E poi che con amichevoli parole fra l’una parte e l’altra hanno pace fermata, l’amiraglio, che sanza modo del miracolo degl’iddii si maravigliava, vedendo il fummo e udendo parlare coloro cui morti credea, chiamò a sé molti de’ suoi, a’ quali disarmati fu licito di potere a lui venire, a’ quali egli comandò che ogni ingegno adoperassero che il fummo rompessero e passassero in quello, e i giovani sciogliessero. I quali, lieti tutti della vita di Biancifiore, apparecchiandosi d’ubidire al comandamento, niuno loro ingegno o forza fu necessaria, ché Venere solvé la durezza del fummo, e quello, spandendosi, se ne salì in aere, lasciando i giovani, intorniati dagli accesi tizzoni, tutti al popolo scoperti: e tirate le brace indietro, con diligenza furono disciolti, e tratti quindi così freschi come rugiadosa rosa colta nell’aurora. Niuna cosa li avea offesi, fuori che alquanto i legami, de’ quali ancora i segnali nelle dilicate carni si pareano. Elli fu loro di presente porti preziosi vestimenti, e Ascalion, e ’l duca, e Parmenione e gli altri, smontati de’ deboli cavalli, infinite volte abbracciandoli, e pensando al gran miracolo, appena loro gli parea aver salvi, pur domandando se alcuna cosa loro nociuto avesse. A costoro solamente Biancifiore, che di buono amore li amava, rispondea, e con loro parlando e per pietà lagrimando, non avendogli di gran tempo veduti, facea festa, faccendosi maraviglia della loro virtù, vedendo il prato pieno di morti e di feriti. Furono loro apprestati i cavalli, e montati sopr’essi, l’amiraglio disse: - Se vi piace, partianci da questi pianti e nella città andiamo a far festa, rallegrandoci di tanta grazia, quanta dagl’iddii possiamo riconoscere d’avere questo dì ricevuta -.