Libro quarto - Capitolo 148
Rispose Ascalion all’amiraglio: - Veramente l’ira degl’iddii merita chi pace rifiuta per avere guerra, dove meritevolemente può pace cadere. Noi, vaghi della salute de’ due giovani, qui venimmo, e trovandogli in modo che morti gli credevamo, per morire e per vendicarli combattemmo. Ma gl’iddii a loro e a noi graziosi, loro e noi da morte con vittoria ci hanno salvati in vita: essi nelle fiamme vivono sanza alcuna offesa. E se noi tanta gente abbiamo morta e loro riabbiamo vivi, di ciò niuna mala volontà ci dee da te essere portata, anzi ne puoi molto essere contento, pensando che l’ira degl’iddii, la quale giustamente dovea sopra te cadere per la tua ingiustizia, è sopra parte del tuo popolo caduta. Sia adunque ciò che fatto avemo in luogo di punizione del tuo fallo, ch’avesti ardire gli amici degl’iddii tentare d’uccidere con fuoco. Ora quello ch’è fatto adietro non può tornare. Tu cerchi la nostra pace e la tua ci profferi: noi la ti doniamo, e tu prendi la nostra, e sicuro vivi, e di tanto ti facciamo certo, che, se morti fossero i due giovani, tu morresti, e la tua città, assalita da noi con fuoco, saria consumata, e da noi uccisi tutti coloro che giunti fossero, mentre la vita e la potenza ne durasse. Va adunque, e coloro cui tu facesti legare fa sciogliere, e della infamia, in che per la tua ingiusta opera sono corsi, in vera fama li fa ritornare, e pensa di chiara e intera pace servare, se l’ira degl’iddii e la nostra non vuogli guadagnare -.