Favole per i Re d'oggi/Virtù cardinali/Fortezza
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VIII.
Mentre i più de’ filosofi credono che le maggiori illusioni che gli uomini si fanno, siano intorno all’Amore; io oso credere al contrario, che le siano più rotonde e più ridicole assai quelle che si van gonfiando intorno a questa virtù della Fortezza.
E mi pare che sian troppi gli uomini che rassomigliano quel piccone che vedendo saltare in pezzi la pietra sotto i suoi colpi diceva: «Perdio! picchio sodo davvero!»; o quel somaro che, tirando calci all’aria, le ragliava: «Resistimi se hai core!»; oppure quel fumo che diceva all’aquile che gli passavano vicino: «Mirate come volo anch’io?»; e l’aquile gli rispondevano: «Sì, sì! ma noi preferiremmo che volasse l’arrosto!!»
E mi pare che troppi casi umani sian da mettersi con quello del torrente e del masso. Il quale torrente, passando a’ piedi del masso, gli ripete ogni giorno: — Che vita vile è la tua! Non ridi, non piangi, non guardi nulla, non vedi nulla, non fai male e non fai bene; nessuna passione, nessun sentimento di dovere, nessun desiderio, nessuna pietà, nessuna curiosità ti sa muovere da questo tuo eterno semicupio! Che divario tra noi! Vedi con quanto smisurato coraggio io discenda continuamente verso l’ignoto, e quanta Fortezza di volere sia la mia, che nessun ostacolo mi si oppone ch’io non lo salti o lo giri!
— Oh! — risponde ogni giorno il masso con molta gravità: — non devi già credere che sia Fortezza quella che ti persuade a correr così, come un pazzo. Anzi, altro non è che debolezza la tua, perchè mostri di non esser tetragono alle mille vanità con le quali la vita vorrebbe tentarci, di non avere in te abbastanza, per amare la solitudine, il silenzio, e l’immobilità, che sono i figli della saggezza!
E seguitano così, a disputare filosofeggiando ciascuno sulla propria Fortezza e sulla viltà dell’altro, il torrente e il masso: quasi che, volendo, quello potesse fermarsi, e questo andare.