Favole per i Re d'oggi/Appendice/Una buona dentata

Una buona dentata

../Di una cert'aquila male impagliata ../La Regina del Querceto IncludiIntestazione 25 novembre 2013 100% Letteratura

Appendice - Di una cert'aquila male impagliata Appendice - La Regina del Querceto
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UNA BUONA DENTATA


Certi cacciatori di frodo trovarono un giorno sperduto e mal ridotto assai, un povero maialetto roseo, proprio color dell’aurora, con sulla groppa una mezzaluna bianca.

Furono tutti d’accordo e se lo portarono alla loro capanna per ingrassarlo.

Il maialetto camminò di buona voglia, ma appena arrivati sentì subito qualcuno domandare: Quando ce lo mangiamo? — e si impensierì. Chi aveva fatto la domanda era uno che puzzava di sego lontano un miglio e si vantava di poter trapassare la pancia di una mosca con la punta dei suoi baffi.

— Adagio, adagio — brontolò una voce roca di sonno, che usciva insieme al fumo di pipa, di sotto un enorme pelliccione — lo dirò io, quando sarà tempo.

— Se uno deve dirlo, mi pare che questo debba essere io in persona che ho avuto l’idea di portarlo qua! — sorse a dire il più grasso e rubicondo di tutti, rompendo una bottiglia di birra vuota, contro lo spigolo della tavola: bravata alla quale teneva moltissimo, sebbene ormai non spaventasse più nessuno.

Uno secco secco, lungo lungo, che appena arrivato s’era disteso supino e a gambe larghe, nel miglior posto, con le mani affondate nelle immense tasche da [p. 129 modifica]cui facevano capolino a sinistra due o tre bibbie in edizione economica, a destra tre o quattro bottiglie di «Wiscky» di ottima marca, a questo punto girò le palle degli occhi verso la pancia del compagno, avendo cura di non scomodare nessun’altra parte del suo corpo; poi fece una specie di strano grugnito che lì per lì riempì di speranze il maialetto, dopo di che lanciò uno sputo al soffitto con arte impeccabile, e in fine disse molto categoricamente senza aprire i denti: — Se vi piace l’ammazzeremo quando vorrò io.

Gli altri si guardarono in viso.

— Veramente.... — incominciò ad osservare il panciuto: ma si fermò.

— È una bella.... — gridò quello coi baffi insegati: ma si fermò anche lui.

— Un po’ prima o un po’ dopo.... purchè si mangi! — tonò la voce che usciva dal pelliccione — Qu’est qu’en dis tu, mon pauvre Jacques!»

Jacques era il più donnaiolo della combriccola, che da qualche tempo non poteva più uscir per la caccia a causa di un certo male che non lo lasciava camminare. Jacques, che da un pezzo guardava fisso il maialetto con aria meditativa, alla domanda dell’amico, levando gli occhi al cielo rispose: «Ce qu’en dis moi? Je dis.... quel dommàge qu’il ne soit pas une femelle!»

Fu una risata generale. Rise anche il cane.... un vecchio cane che aveva il grave difetto di esser fedele a tutti senza che nessuno fosse fedele a lui.

Il maialetto capì d’averla scampata brutta: cercò d’addomesticarsi il più possibile, imparò a mangiare a tavola, imparò a parlare la lingua di Jacques, a bere la birra per far piacere al panciuto, a ubbriacarsi di Wiscky per divertire quell’anima lunga, a insegarsi le setole del grugno in omaggio a quello dai baffi [p. 130 modifica]come aguglioli, a fare il progressista per deliziarli tutti. E tutti facevano a gara per ingozzarlo d’ogni ben di Dio, e così il maialetto ingrassava a vista d’occhio, e diventava impertinente, in ispecie con quel gigante dormiglione e col vecchio cane.

Ma più ingrassava, e più cresceva in quei zotici cacciatori la voglia di mangiarselo. E il maiale lo capiva: ma siccome vedeva che in quella brigantesca compagnia ogni qualvolta uno voleva, l’altro subito disvoleva perchè il compagno non l’avesse vinta, così sperava che quella gente non sarebbe mai venuta a capo d’ammazzarlo, e pensava soltanto a mangiare più che poteva alle loro spalle.

Il giuoco durava alla meglio; ma un giorno finalmente il maiale si persuase che, anche a costo d’ammazzarsi dopo tra loro, quei banditi prima o poi lo avrebbero scannato, tanta era la bramosia suscitata dalle sue carni. Allora ebbe un’idea geniale che nessun altro porco aveva mai avuto prima di allora. Disse a quella losca combriccola: — Se volete mangiare un po’ della mia carne, accomodatevi pure: non importa ammazzarmi per questo! Che mi faccio per esempio delle mie gambe di dietro? tanto io non ho nessuna intenzione di camminare. E delle mie gambe davanti? niente affatto! perchè non ho nè bisogno nè voglia di lavorare. E delle orecchie? e degli occhi? e del cervello?... Sono tutta roba superflua per me! Serbatemi la bocca e la pancia, questo mi basta: e datemi da mangiar bene.

Figuratevi se ebbe bisogno di ripeterlo due volte!

Gli zampetti le orecchie e la frittura toccarono all’impellicciato e a quello dai baffi, e se ne dovettero contentare perchè l’anima lunga e Jacques diventati [p. 131 modifica]amici per l’occasione dimostrarono che alla loro salute avrebbe moltissimo giovato un prosciutto per ciascuno.

Quanto al panciuto trovò comodo di rimanere a bocca asciutta perchè era ghiotto delle cotiche. Infatti, quando tutti ebbero preso la loro parte, s’avvicinò al porco, il quale aveva preso la cosa con grande filosofia, e gli disse: — E della pelle che te ne fai? Se mi dai la preferenza io te la leverò a fettine con molto garbo, con tanto garbo che ti verrà da ridere come se ti facessi il solletico. — E il porco acconsentì.

Tutti erano contentoni.

Soltanto il cane, pure scodinzolando a questo e a quello, in fondo in fondo non era troppo soddisfatto di quel niente che gli era toccato.

Stava in un angolo seduto e inclinando il capo corrugato e pensieroso ora su un lato ora sull’altro, contemplava evidentemente un punto solo, una cosa che sembrava proprio fosse rimasta lì ciondoloni per lui: il codino del maiale.

— A che serve ormai quel codino — pensava il cane — ... e per me sarebbe un bocconcello tanto conveniente!

Le pulci che popolavano il suo pelame gli sussurravano sotto le grandi orecchie parole di prudenza e il cane stava in forse. Ma alla fine, quando s’avvide che con la scusa dei prosciutti o delle cotiche, tra poco del codino sarebbe rimasto l’osso solo e il ciuffo, si fece cuore. Un salto, una buona dentata e si portò alla cuccia il codino sano sano.

Apriti cielo! Non ebbe appena riconosciuto il suo codino in bocca al cane, che il maiale incominciò a ruzzolarsi a strillare a fare il diavolo a quattro: Ahi! [p. 132 modifica]Ahi! Ahi! — gridava — non posso vivere senza codino, io muoio, ridatemelo subito! Ahi! Ahi! rivoglio il mio codino!

E grida ancora, e si ruzzola e strilla e fa il diavolo a quattro: e per recitar meglio la commedia non mangia più e dimagra, e questo fa un gran dispiacere a quei ghiottoni, i quali pensano e ripensano e si stillano il cervello per cercare una parola che lo possa consolare.

Oggi tanto sembra che l’abbian trovata, sembra che la voglian dire.... ma non fanno se non uno strano mugolìo, perchè chi di prosciutto chi di zampetti chi di frittura chi di cotiche, tutti hanno la bocca piena.