XLII. Di una giovinetta che accusava il marito di essere poco fornito

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Poggio Bracciolini - Facezie di Poggio Fiorentino (1438-1452)
Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
XLII. Di una giovinetta che accusava il marito di essere poco fornito
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XLII

Di una giovinetta che accusava il marito

di essere poco fornito.


Un giovane nobile e bello condusse in moglie la figlia di Nereo de’ Pazzi cavaliere fiorentino, che fu, tra gli altri del suo tempo, uomo eminente ed egregio. Dopo alcuni giorni, tornò ella, com’è costume, alla casa paterna, ma non vivace e lieta, come sogliono essere le altre, ma mesta e pallida e con gli occhi bassi. E la [p. 40 modifica]madre la chiamò in una camera e in segreto le chiese se ogni cosa fosse andata bene, e la fanciulla lacrimando rispose: “Come vuoi, ma tu non m’hai sposata ad un uomo, sì ad uno che non è uomo; che cioè ha nulla o poco assai di quell’arnese pel quale si va a marito.” La madre, afflitta assai della sventura della figlia, raccontò tutto al marito, e la cosa, come avviene, in poco tempo si divulgò fra’ congiunti e le donne che erano state invitate al banchetto, e si riempì a tale nuova la casa di lacrime e di lagni, perchè si diceva quella bella fanciulla non era stata maritata ma sacrificata. Finalmente giunse il marito in onor del quale si imbandiva il convito, e quando vide tutti col volto lacrimoso ed afflitto, meravigliato della strana cosa, chiese che novità avvenuta mai fosse. Nessuno osava confessare la causa del dolore, e finalmente uno più franco disse che la fanciulla aveva riferito che egli era poco provvisto dei beni maritali. “Non può essere questa, egli disse, la ragione della vostra afflizione e per la quale non si vada al banchetto; però questa accusa mi verrà presto tolta.” Erano già a tavola tanto gli uomini quanto le donne, e aveano già mangiato, quando il giovane si alzò: “Miei cari parenti, disse, sento accusarmi di una cosa della quale io vi chiamo giudici;” e in questa mise fuori un ordegno di bellissima forma (poichè allora si usavano vestimenta corte) e lo pose sulla tavola e chiese agli astanti, che s’eran commossi per la novità e per la grandezza della cosa, se potevasi di esso lamentare o rifiutarlo. La maggior parte delle donne desideravano che i loro mariti avessero altrettanta abbondanza. Molti uomini si sentivano da quel tale arnese superati, e tutti rivolti verso la giovinetta la rimproveravano della sua sciocchezza. “Perchè tanto biasimarmi, diss’ella, perchè tanto riprendermi? Il nostro asino, che l’altro dì vidi alla campagna, non è che una bestia e ne ha tanto (e in questa distese il [p. 41 modifica]braccio), e questo mio marito che è un uomo non ne ha la metà.” Credeva l’ingenua fanciulla che gli uomini ne dovessero aver di più delle bestie.