madre la chiamò in una camera e in segreto le chiese se ogni cosa fosse andata bene, e la fanciulla lacrimando rispose: “Come vuoi, ma tu non m’hai sposata ad un uomo, sì ad uno che non è uomo; che cioè ha nulla o poco assai di quell’arnese pel quale si va a marito.” La madre, afflitta assai della sventura della figlia, raccontò tutto al marito, e la cosa, come avviene, in poco tempo si divulgò fra’ congiunti e le donne che erano state invitate al banchetto, e si riempì a tale nuova la casa di lacrime e di lagni, perchè si diceva quella bella fanciulla non era stata maritata ma sacrificata. Finalmente giunse il marito in onor del quale si imbandiva il convito, e quando vide tutti col volto lacrimoso ed afflitto, meravigliato della strana cosa, chiese che novità avvenuta mai fosse. Nessuno osava confessare la causa del dolore, e finalmente uno più franco disse che la fanciulla aveva riferito che egli era poco provvisto dei beni maritali. “Non può essere questa, egli disse, la ragione della vostra afflizione e per la quale non si vada al banchetto; però questa accusa mi verrà presto tolta.” Erano già a tavola tanto gli uomini quanto le donne, e aveano già mangiato, quando il giovane si alzò: “Miei cari parenti, disse, sento accusarmi di una cosa della quale io vi chiamo giudici;” e in questa mise fuori un ordegno di bellissima forma (poichè allora si usavano vestimenta corte) e lo pose sulla tavola e chiese agli astanti, che s’eran commossi per la novità e per la grandezza della cosa, se potevasi di esso lamentare o rifiutarlo. La maggior parte delle donne desideravano che i loro mariti avessero altrettanta abbondanza. Molti uomini si sentivano da quel tale arnese superati, e tutti rivolti verso la giovinetta la rimproveravano della sua sciocchezza. “Perchè tanto biasimarmi, diss’ella, perchè tanto riprendermi? Il nostro asino, che l’altro dì vidi alla campagna, non è che una bestia e ne ha tanto (e in questa distese il