CCXXXVIII. Confessione toscana che fu poi franca

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Poggio Bracciolini - Facezie di Poggio Fiorentino (1438-1452)
Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
CCXXXVIII. Confessione toscana che fu poi franca
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CCXXXVIII

Confessione toscana che fu poi franca.


Un tale, che non aveva risparmiato nè anche il pudore di sua sorella, venne a Roma per confessar quel peccato e cercò un confessore toscano. E quando glie ne indicarono uno, egli vi andò chiedendo prima di tutto se egli fosse toscano. E quegli rispose che era, e l’altro incominciò la confessione, e fra le altre scelleratezze narrò che un giorno, essendo nella stanza di sua sorella e aveva l’arco pronto, le scoccò una freccia; e il confessore: “Scellerato! esclamò, forse hai uccisa la sorella?” “No, rispose l’altro, ma voi non capite il toscano.” “Lo comprendo benissimo, se son nato in Toscana; ora tu mi dici che tesa la balestra saettasti tua sorella.” “Non intendo in questo modo, soggiunse, ma che avevo l’arco teso, che vi posi una freccia e che colpii la sorella.” E il confessore: “E la feristi o nella faccia o in altra parte del corpo.” “Oh! rispose il penitente, voi non sapete parlar toscano.” “Ma se ho capite le tue parole, riprese il confessore; guarda piuttosto che tu non sia quello che non sa parlare in quel sermone.” “Non dico, aggiunse l’altro, di aver ferita la sorella, ma di aver scoccata una freccia dall’arco teso.” E avendo il confessore concluso che non capiva quel [p. 150 modifica]che si dicesse, e l’altro ripetendo che egli non capiva il toscano, e rinnovando la storia della balestra e della saetta: “Se non ti servi di altre parole, disse il confessore, io non arrivo a capire.” E l’altro, dopo avere così a lungo tergiversato per il pudore, disse finalmente con parole proprie tutto ciò che aveva fatto: “Ora, disse il confessore, tu parli toscano a un toscano, e capisco perfettamente,” e datagli la penitenza lo assolse. È davvero segno di cattivo animo dimostrare il pudore con le parole, mentre nei fatti si è impudico e scellerato.