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il marito lo prese senza dir verbo; e dopo quello andò un terzo, e la donna, sempre credendo che fosse il marito, si assoggettò per la terza volta al sacrifizio. Quando finalmente potè, uscì la donna di nascosto dal luogo e alla notte rimproverò il marito, che verso di lei si mostrava così tranquillo e colla serva tanto acceso da ripetere per tre volte in un giorno seco la stessa cosa. E il marito fe’ finta di non saperne e del suo errore e del peccato della moglie, del quale egli era stata la causa.


CCXXXVIII

Confessione toscana che fu poi franca.


Un tale, che non aveva risparmiato nè anche il pudore di sua sorella, venne a Roma per confessar quel peccato e cercò un confessore toscano. E quando glie ne indicarono uno, egli vi andò chiedendo prima di tutto se egli fosse toscano. E quegli rispose che era, e l’altro incominciò la confessione, e fra le altre scelleratezze narrò che un giorno, essendo nella stanza di sua sorella e aveva l’arco pronto, le scoccò una freccia; e il confessore: “Scellerato! esclamò, forse hai uccisa la sorella?” “No, rispose l’altro, ma voi non capite il toscano.” “Lo comprendo benissimo, se son nato in Toscana; ora tu mi dici che tesa la balestra saettasti tua sorella.” “Non intendo in questo modo, soggiunse, ma che avevo l’arco teso, che vi posi una freccia e che colpii la sorella.” E il confessore: “E la feristi o nella faccia o in altra parte del corpo.” “Oh! rispose il penitente, voi non sapete parlar toscano.” “Ma se ho capite le tue parole, riprese il confessore; guarda piuttosto che tu non sia quello che non sa parlare in quel sermone.” “Non dico, aggiunse l’altro, di aver ferita la sorella, ma di aver scoccata una freccia dall’arco teso.” E avendo il confessore concluso che non capiva quel