Facezie (Poggio Bracciolini)/229
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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CCXXIX
Come fu confuso un predicatore che gridava molto.
Un frate che predicava spesso al popolo, aveva, come è degli sciocchi, uso di gridar molto, e una delle donne che eran presenti piangeva con così alti gemiti che parean ruggiti. S’accorse più volte di questa cosa il frate, e credendo che la donna fosse commossa dalle sue parole, dall’amor di Dio e dalla coscienza, la chiamò a sè e la richiese della ragion di quei gemiti, e, se erano le sue parole che le avevano agitato lo spirito, le disse che spargesse pure quel pianto che era cosa pia. E la donna rispose che per il suo vociare e per le sue grida era commossa e dolente; che era vedova e il suo povero marito le aveva lasciato un asino dal quale traeva di che vivere; e che quest’asino spesso soleva, di giorno e di notte, ragliare come il frate faceva; e l’asino era morto e l’aveva lasciata senza pane; e quando udiva le grandi grida del predicatore, simili alla voce dell’asino suo, gli tornava questo in memoria, anche senza
volerlo, sì che era costretta a piangere. E così quello sciocco, più che predicante, latrante, se ne andò confuso della sua stoltezza.