Eutifrone/Capitolo XVII
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XVII.
Socrate. Ti potevi spicciar prima, Eutifrone, se tu mi volevi rispondere a tono. Ma si vede che voglia d’insegnarmi non ne hai: che già eri lì lì per farlo, e ti sei tirato indietro. Oh! se mi avessi data questa risposta benedetta, io la santità a quest’ora l’avrei bella imparata. Pazienza! e dacchè l’amante, volere o non volere, ha a tener dietro all’amato dove ch’egli lo tiri, mi di’ di nuovo che cosa è il santo e la santità. È, credi tu, una cotale scienza di pregare e far sacrifizii?
Eutifrone. Sì, via.
Socrate. E il far sacrifizii non è un donare agl’Iddii, e il pregare non è un chiedere a loro?
Eutifrone. Certo.
Socrate. Dunque la santità sarebbe ella scienza di dare e chiedere agl’Iddii, stando a questo ragionamento?
Eutifrone. M’hai proprio capito.
Socrate. Perchè, mio caro, io ho sete della tua sapienza, e sto con tanto d’occhi perchè non cada in terra né anche un briciolo di quel che t’esce di bocca. Ma di grazia, cotesto nostro ministerio verso agl’Iddii qual tu dici essere la santità, a che mai si riduce? a un dare e chiedere?
Eutifrone. Sì.