Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Er mette da parte Intestazione 2 luglio 2024 75% Da definire

Er zeporcro in capo-lista L'oste
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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ER METTE DA PARTE.

     Je le do ttutte vinte? È ffijjo solo,
Cerco d’accontentallo come posso.
Disce: “Mamma, me fate er dindaròlo?„1
E io ’ggni festa, j’arigalo un grosso.2

     Me sce spropio,3 lo so, mma mme conzolo
Ch’è ttanta robba che jje metto addosso.
E llui ggià ffa la mira a un farajolo
Cór castracane4 e ’r pistaggnino rosso.

     Li regazzi, se sa, da piccinini
S’ha da avvezzalli de tené da conto
E ffajje pijjà amore a li quadrini.

     Ccusì, cquanno so’ ppoi ommini granni,
Nun sciupeno,5 e a ccosto anche d’un affronto
Nun te dànno un bajocco si6 li scanni.

18 aprile 1835.

Note

  1. Salvadanaio. [Da dindo, vocabolo fanciullesco in uso anche in Toscana per indicare il denaro.]
  2. [Poco più di cinque de’ nostri soldi.]
  3. Mi ci sproprio: mi ci rovino.
  4. Pelo di Astracan, detto a Roma astracane.
  5. [Non sciupano]: non dissipano.
  6. [Neppure] se.