Er civico de corata

Giuseppe Gioachino Belli

1837 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura Er civico de corata Intestazione 15 maggio 2024 75% Da definire

Li cavajjeri de la fame Er tumurto de Terrascina
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837

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ER CIVICO DE CORATA.1

     Stamo2 immezz’ a ’na macchia, Caterina,
E nno in d’una scittà ddrent’a le mura.
T’abbasti a ddì cch’a Ssan Bonaventura3
Me sciassartònno4 a mmé jjer’a mmatina.

     Pavura io?! de che! Ppe’ cristallina!
Un omo solo m’ha da fà ppavura?
M’aveva da pijjà senza muntura
Lui, e ppoi ne volevo una duzzina.

     Quanno me venne pe’ investì,5 mme venne,
Io pe’ la rabbia me sce fesce6 rosso;
Ma ccosa vòi!7 nun me potei difenne.8

     E archibbuscio, e ssciabbola, e bbainetta!...
Co’ sta bbattajjerìa9 d’impicci addosso,
Com’avevo da fà, ssi’10 bbenedetta?11

25 aprile 1837.

Note

  1. Coraggioso.
  2. Stiamo.
  3. [Cioè: “presso la Chiesa di ecc.„]
  4. Mi ci assaltarono.
  5. [Più naturale la variante popolare: pe’ assartà.]
  6. Mi ci feci.
  7. Vuoi.
  8. Difendere.
  9. Con questa batteria, quantità.
  10. Che tu sia, ecc.
  11. [Che guardia civica fosse quella che il Belli metteva così spesso e così spietatamente in ridicolo, può vedersi da questo passo del manifesto indirizzato da Papa Gregorio a’ suoi dilettisimi sudditi, il 5 aprile 1831, appena gli Austriaci ebbero soffocati i primi moti liberali delle Romagne: “Ma se colla sincerità di riconoscenza la più viva ravvisiamo nell’Imperiale Reale Esercito Austriaco quelle elette schiere di Prodi, alle quali volle Dio riservato il trionfo sopra la perversità de’ rivoltosi, e con esso l’onore di rendere i suoi Stati alla Santa Sede, coronando con sì felice successo gl’impulsi incessanti di quella Religione purissima, che forma il più bell’elogio dell’Augusto e Potente loro Signore Francesco I, al quale indelebile gratitudine ci legherà perpetuamente; gloria sia pure e lode a quegli onorati cittadini, che riunitisi premurosi in Milizia Civica vegliarono indefessi sotto le armi, e fra i travagli di servizio il più stretto, alla salvezza della nostra persona, ed alla quiete di questa città.„ Siccome però anche la guardia civica liberale del 1848 era vestita e armata molto pesantemente, questo sonetto diventò popolarissimo contro di essa, e dura ancora ne’ più l’erronea opinione che contro di essa fosse anche scritto.]