Giuseppe Gioachino Belli

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Le riformazzione Li padroni sbisbètichi
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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ER PAPA DE MÓ

     Er Papa d’oggi, Iddio lo bbenedichi,
È un omo, crede1 a mmé, arissettatello.
È un papetto2 de core e de sciarvello3
D’avé in ner culo l’antri4 Papi antichi.

     E ggnisuno pò ddì5 cche nun fatichi:
Ché nun fuss’antro questo, poverello,
Quanti lavori ha ffatti fà in castello
Pe’ ssarvacce6 la panza pe’ li fichi.

     Lui se veste da sé: llui s’arispojja:
Lui tiè in testa quer pezzo de negozzio
Che cce vorebbe sotto la corojja.7

     Lui trotta: lui ’ggni ggiorno empie un cestino
De momoriali... E ddichi8 che sta in ozzio,
Quanno, Cristo-de-Ddio, pare un facchino!

16 novembre 1833

Note

  1. Credi.
  2. Un papetto è anche moneta d’argento da due paoli.
  3. Cervello.
  4. Gli altri.
  5. Nessuno può dire.
  6. Per salvarci.
  7. Coroglia, quella corona di panni ravvolti che si pone fra il capo ed i pesi.
  8. Dici.