Li padroni sbisbètichi

Giuseppe Gioachino Belli

1833 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Li padroni sbisbètichi Intestazione 29 agosto 2024 75% Da definire

Er Papa de mo La vita der Papa
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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LI PADRONI SBISBÈTICHI.[1]

     Lui la intenne[2] accusì? Ddajjela vinta:
Tanto co’ llòro er repricà nnun vale.
Tanto come che ffai, sempre fai male.
Li padroni so’[3] ttutti d’una tinta.

     Ppiù[4] dder mio? Disce: “Scerca a Ggrotta-pinta,[5]
Nummero tale, er carzolaro tale,
E ddijje che mm’allarghi sto stivale,
E cche ggià cquesta che mme fa è la quinta.„

     Io curro,[6] vedo s’una porta nova
Scritto Bottierre,[7] che vvo ddì[8] bbottaro,
Torno a ppalazzo, e ddico: “Nun ze[9] trova.„

     E llui s’infuria, me dà dder zomaro,
Me sbatte in faccia una manata d’ova,
E pprotenne[10] che llì cc’è un carzolaro.

16 novembre 1833.

Note

  1. Bisbetici.
  2. Intende.
  3. Sono.
  4. [Qui vale: “peggio.„]
  5. Luogo di Roma.
  6. Corro.
  7. Bottier. Non sono pochi i bottegai di Roma e d’Italia, che abbiano il vezzo di annunziarsi agli occhi del pubblico in lingua straniera, che poi caricano di spropositi.
  8. Vuol dire.
  9. Non si.
  10. Pretende.