Er Museo
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
ER MUSEO.
Tu nun pòi crede1 a Rroma si cche incerto2
Sii ’no sguizzero3 amico e cconosscente.
Si Ccuccumfrào4 nun me se fussi offerto,
Er Museo lo vedevo un accidente.5
Disce: Fenite sù llipperamente
Lunettì o cciufettì6 cquanno ch’è uperto,
E, appena feterete7 endrà la ccente,
Chiamate a mmé, cchè ffe fo endrà tte scerto.8
Ah! cquer Museo è un gran bèr grruppo, cacchio:
Quante filare de pupazzi in piede!
Antro9 che li casotti a Ssant’Ustacchio!10
C’è ppoi llaggiù ’na lontananza a sfonno,
Dipinta a sfugge,11 ch’uno che la vede12
Nun ze pò ffà un’idea che ccos’è er monno.
30 dicembre 1834.
Note
- ↑ Non puoi credere.
- ↑ Se qual vantaggio.
- ↑ Svizzero della guardia.
- ↑ Nome storpiato di uno svizzero della guardia.
- ↑ Non lo vedevo affatto.
- ↑ Lunedì o giovedì, le due giornate della settimana nelle quali è libero al pubblico l’accesso a Musei.
- ↑ Vedrete.
- ↑ Che vi fo entrare di certo. — Tutte le precedenti parole sono un misto di vernacolo romanesco e di pronunzia germanica.
- ↑ Altro.
- ↑ Bottegacce di legno che si elevano in mezzo alla Piazza di Sant’Eustachio, pel tempo natalizio e della Epifania, onde vendervi bamboccioli [pupazzi] da presepi e da trastullo di bambini. Questo commercio si fa dirimpetto alla porta della Sapienza, Università Romana: comodo regio per gli studenti.
- ↑ A sfondo, dipinta a sfuggire ecc. — Piccola prospettiva di una finta galleria, eseguita con discreto effetto d’illusione, lateralmente alla porta d’ingresso al Museo Vaticano, sopra uno spazio uguale a quello del vano della porta.
- ↑ [Il senso vorrebbe: che chi nu’ la vede. Ma il brav’omo essendo molto spropositato, non è maraviglia che riesca a dire tutto il contrario di quel che ha in testa.]