Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 96
Questo testo è incompleto. |
◄ | Lettera 95 | Lettera 97 | ► |
4 FRATE RAIMONDO DA CAPUA dell’ordine de’predicatori.
I. Desidera vederlo sposo fedele della Verità e della Vergine Maria, con perseveranza nelle tribolazioni solo per gloria di Dio ad esempio dei martiri, che con tale intenzione spargevano il sangne per Gesù Cristo e per la Chiesa, e come 1E. 1/ impone di pregare il papa, acciò il caso occorso non lo ritardi a stabilire la pace.
I. arissimo Padre in Cristo dolce Jesìi. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi servo e sposo fedele della Verità ed a quella dolce Maria (A), acciocché mai non voltiamo il capo indietro per neuna cosa del mondo, ne per tribolaz’mni che vi volesse dare, ma con una speranza ferma col lume della santissima fede costante e perseverante passare questo mare tempestoso con ogni verità; e nel sostenere ci gloriamo, non cercando la gloria nostra, ina la gloria di Dio e la salute dell’anime, siccome facevano i gloriosi martiri, i quali per la verità si disponevano alla morte ed ad ogni tormento, unde col sangue loro sparlo per amore del sangue, fondavano la.
ciò le fu negalo da Dio.
% Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Marta dolce. mura della sanla Chiesa. 0 sangue dolce, che resuscitavi i morti: sangue, tu davi vita: tu dissolvevi le tenebre delle nienti accecate dalle creature che hanno in loro ragione, e davi lume: sangue dolce, tu univi i discordanti: tu vestivi li nudi di sangue: tu pascevi li affamati, e da viti in beveraggio a coloro che avevano ed hanno sete del sangue; e col latte della dolcezza tua notricavi i parvoli che sono fatti piccioli per vera umilità ed innocenti per vera purità. 0 sangue, e chi non s’inebbria in te? gli amatori proprj di loro medesimi, perchè non sentono l’odore tuo? Adunque, carissimo e dolcissimo padre, spoglianci di noi, e vestianci della verità, ed allora saremo sposi fedeli. Io vi dico, che oggi voglio incominciare di nuovo, acciocché i miei peccati non mi ritragghino da tanto bene, quanto elli é a dare la vita per Cristo crocifisso, perchè io veggo che per lo tempo passato, per lo mio difetto,:o ne fui privata: molto avevo desiderato d’ uno desiderio nuovo, cresciuto in me oltre a ogni modo usilato di* sostenere senza colpa ni onore di Dio ed in salute delle anime, ed in reformazione e bene della santa Chiesa, tantoché cuore si distillava per amore e desiderio che io aveva di ponere la vita. Questo desiderio stava beato e doloroso: bealo stava per l’unione che si faceva nella verità, e doloroso stava per mia occupazione che’l cuore sentiva nell’offesa di Dio, e nella moltitudine delle dimonia che obumbravano tutta la città (B), offuscando 1 occhio dell’ intelletto delle creature, e quasi pareva che Dio lassasse fare per una giustizia e divina disciplina, unde la vita mia non si poteva dissolvere altro che in pianto, temendo del grande male che pareva che fusse per venne, e che per questo la pace non fusse impedita, ma del grande male Dio, che non dispregia il desiderio dé’servi suoi, e quella dolce madre Maria, il cui nome era invocato, con penosi, dolorosi ed amorosi desiderj, provide, che nel roinore e nella grande mutazione che fu, non c’ebbe S. Caterina. Opere. T. V. /,. 54. 0 quasi male diciamo di morie d’uomini, di fuore da quelli che fece la giustizia (C): sicché il desiderio che io avevo che Dio usasse la providenzia sua, e tollcsse la forza alle dimonia, che non facessero lanlo male, e che esse erano disposte a fare, fu adempito, ma non fu adempito il desiderio mio di dare la vila per la Verità e per la dolce Sposa di Crislo; ma lo Sposo eterno mi fece una grande beffe (/?), siccome Cristofano (E) a bocca pienamente vi dirà: unde io ho da piangere, perocché lauta é stala la molliludine delle mie iniquitadi.che io non meritai, che ’l ’ sangue mio desse vita, nè alluminasse le menti acciecale, nè pacificasse il figliuol eoi padre; nè murasse una pietra col sangue mio nel corpo mistico di saniti Chiesa (F)!
anco parve che fussero legale le mani di colui che voleva fare, e dicendo io, io son essa, lolle me (G), e lassa slare questa famiglia, erano coltella clidrittamente gli passavano il cuore. O babbo mio, sentile in voi ammirabile gaudio, perocché mai in me non provai simili misterj con tanto gaudio. Ine era la dolcezza della verità: ine era 1* allegrezza della schietta e pura coscienzia: ine era l’odore della dolce providenzia di Dio: ine si gustava il tempo de’martiri novelli; siccome voi sapete, predetti dalla Verità eterna (Ì5T): la lingua non sarebbe sufficiente a narrare quanto è il bene che l’anima mia sente; unde tanto mi pare essere obbligata al mio Creatore, che se io desse il corpo mio ad ardere, non mi pare di potere satisfare a tanta grazia, quanta io ed i diletti miei figliuoli c figliuole abbiamo ricevuta. Tulio questo vi dico, non perchè pigliate amaritudine, ma perchè sentiate ineffabile diletto con suavissima allegrezza, ed acciocché voi ed io, cominciamo a dolerci della mia imperfezione, perocché per lo mio peccalo fu impedito tanto bene. Or quanto sarebbe stata beala l’anima mia, che per la dolce Sposa, e per amore del sangue, e per salute dell’anime avessi dato il sangue. Or godiamo c siamo sposi fedeli.
55 II. Io non voglio dire più sopra questa materia; lasso questo e 1’ altre cose dire a Crislofano: solo questo voglio dire, che voi preghiate Cristo in terra (/), che per lo caso occorso non ritardi la pace, ma molto più spacciatamene la facci, acciocché si possa fare poi li altri grandi fatti che elli ha a fare per l’onore di Dio e per la reformazione della santa Chiesa, perocché per questo non è mutato stato, anco per ora s’è pacificata la città, assai convenevolmente (/) pregatelo che facci tosto, e questo li dimando per misericordia, perocché si levaranno infinite offese di Dio, le quali per questo si fanno: diteli che abbi pietà e compassione a queste amale che stanno in molta tenebre, e diteli che mi tragga di prigione spacciatamente (K), perocché se la pace non si fa, non pare che io ci possa escire, ed io vorrei poi venire costà a gustare il sangue de’mirtiri, e visitare la santità sua, e ritrovarmi con voi a narrare gli ammirabili misterj che Dio in questo tempo ha adoperati con allegrezza di mente, e con giocondità di cuore, e con accrescimento di speranza col lume ’ della santissima fede. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. 56 Annotazioni alla Lettera 96.
(zi) Ed a quella dolce Alaria. In più lettere ricorda In santa al suo Fra Raimondo la santissima Madre per esserne questo servo di Dio singolarmente di voto. Allorché la santissima Vergine apparendole glielo assegnò in confessore, tra i molti epiteti di lode pose.
quello di suo divotissimo. A prova del di lui affetto a Maria santissima, rimane fra gli alti; un trattato sopra il Magnificat.
(B) Nella moltitudine delle dimonia eh« bbumbravano ’ tutta la città. Favella del tumulto che suscitossi a Firenze n 22 di giugno dell’anno 1.378, di cni a disteso si favellò nell’annotazioni alla lettera i5, e favellasi dal beato Raimondo q dal Cafiarini nel supplemento alla leggenda di Raimondo. L’Ammirati sembra confermare quello che qui accenna la santa, dicendo le turbolenze che ngitaroo quella città esser state da persone prudenti e religione di quel secolo gin- / dicale gastigo del cielo, e nomina pure Sa santa colmandola delle più alte lodi, e ricordando l’operatosi da lei a prò della repubblica.
(C) Non c’ebbe quasi mate, diciamo di morte d’uomini, dì fuore da quelli che fece, la giustizia. Il beato Raimondo nel rapportare questo fatto, vuole che dal furore del popolo, alcuni di quei che riputav,insi autori o fautori più caldi della legge deH’Ammouire, fossero morti in quella gran confusione; ma la santa asserisce non altri esservi rimasi uccisi da quelli in poi, che dalla giustizia furono tolti di vita Accordas in ciò l’Aramirati, le cui parole sono tali. « Alcuni scrittori dicono clifurono mandati i rettori e altre magistrati con saldati per tutti i quartieri della città, c che in ciascmi quartiere ne fossero stati impiccati cinque i primi, ch’orano vernili loro alle mani, ma forastleri, e questi per la maggior parte fiammenghi per ispavento della plebe.
(lì) Ma lo Sposo eterno ini fece, una grande beffa. Cioè mi burlò, dandole speranza di rimanervi uccida, tua non permettendone l’effetto, ‘come altrove s’ avvisò.
(E) Siccome Cristojano, ec. Sor Cristoforo di Gano Guidini discepolo della santa; il quale non poche memorie di questa vergine Ita lasciale a’posteri, e nello archivio dello spedale grande di Siena hanno.sì a penna.
(F) Nè murasse una pietra col sangue mio nel corpo mistico di santa Chiesa. Conformasi con tal maniera di favellare al sentimento della Chiesa, la quale nell’ inno per la cont razione dei sagri tempii, fa de* santi martiri tante pietre, onde si fabbrica l.t Gerusalemme celeste. Scalpri salnbris ictibus et tunsione plurima, Jabri polita malleo, fiansaxa molerà construunt.
neH’aggiuuta o supplemento ad essa-
(II) Ine si gustava il tempo de martiri novelli: siccome soi sapete, predetti dalla i erità eterna. Da ciò vedesi essere stata alla sanla a«l Signore riddata non pure la riforma della Chiesa, e la conversione delli infedeli, ma si le persecuzioni che doveansi »ostencre per gli uomini apostolici nella predicazione del Vangelo, per coi doveano nelle parti dell’Oriente e del Mondo Nuovo, spargere glor,osamente il «angue, e divenire martii, novelli.
(I) Che voi preghiate Cristo in terra, ec. Cioè Urbano VI, a cui la santa porge la preghiera medesima nella lettera i5.
(J) Anco per ora s’ è pacificata la città, assai convenevolmente.
11 tnmulto surto in Fireuzdurò quindici giorni, al diro del pontefice Pio III ne’snoi Annali a penna. L’Amn/rali il fa più corto, avendolo con sommo valore estinto Silvestro Medici Gonfaloniere, il cu* goveruo termino col finire del me*e di giu_no. Surse peri» indi a poco altra sedizione più terribile, che fu detta dei Ciompi, la quale cagiono danni assai più gravi a quella repubblica.
(li) Che mi tragga di prigione spacclatamente. Bramava la santa partire di Firenze, ove sembravate esser prigione, per non esser libera a faticare a prò de’ prossimi, come voleva; nè volea dipartirsene, se la pace iu prima fermata non fusse, indugiandogli quella città a qacst’effetto. * .