Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 86

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A FRATE SIMONE
DA CORTONA
dell’ordine de' frati predicatori (A).

I. L’esorta ad annegarsi nel sangue di Gesù Cristo per poter combattere virilmente contro i nostri nemici col lume della santa fede e con vera carità, e che tal lume non si può avere senza spogliarci prima dell’amor proprio, dimostrando come questo amore ci privi del lume temporalmente e spiritualmente.

Lettera 86.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


I. Carissimo figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato ed annegato nel sangue dell’Agnello, acciocché, come ebbro corriate al campo della battaglia a combattere come cavaliere virile contra le dimonia, contra il mondo e contra la propria fragilità, col lume della santissima fede, e con amore ineffabile, dilettandovi sempre della battaglia; ma sappiate, che combattere ed avere vittoria non potremmo fare, se non ci fusse il lume della santissima fede, né il lume potremmo avere, se dell’occhio dell’intelletto nostro non fusse tratta la terra d’ogni affetto terreno, e gittata la nu[p. 269 modifica]2Go vola dell amor proprio di noi medesimi, perocché ella è quella perversa nuvola che in tutto ci tolle ogni lume spiritualmente e temporalmente; temporalmente, perchè non ci lassa cognoscere la fragilità nostra e la poca fermezza e stabilità del mondo, nè quanto questa vita è vana e caduca, ne gl’inganni del dimonio, quanto occultamente in queste cose transitorie elli ci inganna, e spesse volte sotto colore di virtù. Spiritualmente questa ciechità non ci lassa cognoscere, nè discernere la bontà di Dio, anzi spesse volte quello che Dio ci dà per nostro bene, noi cel rechiamo per contrario, e tutto questo ci addiviene, perchè nei misteri suoi noi non consideriamo l’affetto suo, nè con quanto amore elli ce li dà, ma come ciechi non pigliamo altro che l’atto.

Alcuna volta permette Dio che noi siamo perseguitati dal inondo, e che ci sia fatta ingiuria dalle creature, o postaci una obedienzia dal prelato nostro, e noi non consideriamo la volontà di Dio, che ’l fa per nostra santificazione; nè giudichiamo hwolontà sua, che per amore ci permette quello: ma giudichiamo la volontà degli uomini, e così veniamo spesse volte a dispiacere col prossimo nostro, e commettiamo molli difetti ed ignoranzia verso di Dio e di loro. Chi 11’ è cagione i il poco lume, perocché 1’ amore proprio ha ricoperta la pupilla dell’occhio della santissima’ fede, unde se elli è nelle molestie che il dimonio ci dà, e questa ciechilà è allora nell occhio nostro, se ne riceve questo inganno, che venendo le-molte molestie e cogitazioni nel cuore per illusione del dimonio, noi crediamo allora essere reprovati da Dio; e per questo verremo a una confusione di mente, unde noi lassaremo lo esercizio dell orazione, quasi non parendoci essere accetti a Dio; e verremo a tedio e saremo incomportabili a noi medesimi, unde per questo 1’obedienzia ci sarà grave, ed abbandonaremo la cella e dilettarenci della conversalione; e tutto questo ci addiviene, e molti altri inconvenienti, perchè noi non abbiamo gittata a terra la nuvola dell’amore proprio, nò spiritualmente, nè [p. 270 modifica]temporalmente; e però non cognosciamo la verità, nò ci dilettiamo ancora in’croce con Cristo crocifisso, unde a queslo modo non saremo cavalieri virili a combattere contra nemici nostri per Cristo crocifisso, ma saremo timidi-, e l’ombra nostra ci farebbe paura. Che dunque c’è bisogno? ecci bisogno il sangue, nel quale sangue di Cristo trovaremo una speranza ferma, che ci tollera ogni timore servile, e trovaremo la fede viva, gustando che Dio non vuole altro che’l nostro bene; e però ci die’il "Verbo dell’unigenito suo Figliuolo, ed il Figliuolo ci die’ la vita per renderci la vita, e del sangue ci fece bagno per lavare la lebbra delle nostre iniquitadi. Per questo dunque l’anima cognosce e tiene con fede viva, che Dio non permetterà alle dimonia, che ci molestino più che noi potiamo portare; nè al mondo che ci triboli più, che siamo atti a ricevere; nè al prelato che ci ponga maggiore obedienzia che noi potiamo portare. Con questo dolce e glorioso lume non verrete a tedio nè a confusione per alcuna battaglia e non vi dilongarele dalla cella, nè corri re te alla conversazione delle creature; ma abbracciarete la croce e non.gittarete a terra l’arme dell’orazione, nè delli altri esercizj spirituali: anco umiliandovi al vostro Creatore offerirete umili e continue orazioni, e nel tempo della battaglia e nel tempo della quiete, ed in ogni tempo che si sia, non allentarete i passi; ma con solliciludine e senza negligenzia o confusione servirete a Dio, ed osservarete l’Ordine vostro in verità. Chi ne sarà cagione? il lume della santissima fede, la quale trovaste nel sangue. Chi è cagione del hlme? l’amore dell affocata carità che trovaste nel sangue, perocché per amore questo dolce ed amoroso Verbo corse all’obrobriosa morte della croce; e perchè il caldo del divino amore che trovaste nel sangue, deslrusse

consumò la tenebre dall’amore proprio, che adombrava l’occhio che non vedeva, però ora vede, e vedendo ama, ed amando teme Dio e serve il prossimo suo; unde allora è fatto cavaliere virile, c combalte con lo

[p. 271 modifica]scudo della fede e con l’arme della carità, che è uno collcllo di dae tagli, cioè odio ed amore, amore delle virtù ed òdio del vizio e della propria passione sensitiva!

e siccome innamorato si diletta in croce, e di acquistare con pena le virtù, cercando con affetto d’amore l’onore di Dio e la salute delle anime. Dove ha trovato queslo santo desiderio? nel sangue, in altro modo no il potreste trovare, e però vi dissi, ch’io desideravo di vedervi bagnato ed annegato nel sangue di Cristo croci*isso; e dicovi che allora voi averele nome, ed io (Urovarò il figliuolo (/?). Or vi bagnate dunque ed annegate nel sangue senza tedio e senza confusione. Allro non vi dico. Permanete nella sanla e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 272 modifica]Annotazioni alici Lettera S6.

- C ■ I *. i. ^. ».

(.^) Queslo Fra Simone da Cortona, fu de’cari discepoli di «anta Caterina, e di cui ella in più ledere favella, scrivendo a Fra Bartolomeo di Domenico, cui egli era compagno.

(B) Allora voi acerete nome, ’ ed io rilrovarò il figliuolo. Cioè averete il nome di mio figliuolo, ed io come tale v’ arerò, come egli d1 avere ardente brama più volte erasi dichiarato; onde è, che la santa nelle lettere a Fra Bartolomeo di Domenico, favellando di questo Fra Simone suo compagno, sempre l’appella col nome di figliuolo. - _