Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 71

Lettera 70 Lettera 72

[p. 177 modifica]A DON GIOVANNI MONACO DELLE CELLE DI VALLE OMBROSA ESSENDO RICHIESTO DA PAPA URBANO YI.

I. Della viriti della carila e suoi effetti, e del cibo di cui ella si pasce, cioè della salute dell’anime, con che e»orla dello monaco, essendo chiamilo da papa Urbino Vi per Pajolo di sanla Chiesa, ad obbedire prontamente, senza pretesto alcuno d’amor proprio, ma con ìera caritè e zelo deli’amore di Dio e della salute dell’anime.

vizttsx’x 71.

sii nome di Jesà Cristo crocifisso e di Alatili dolce, I. ^Sarissimo figliuolo e patirò in Cristo dolce Jesu Io Catarina serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi arso nella fornace della divina carità, la quale carila consuma 1 acqua dell’amore proprio di noi medesimi, fa l’uomo perdere sè medesimo, cioè che iiou cerca sè per sè, ma sè per Dio, nè appetisce le proprie consolazioni; ama il prossimo non per sè, ma per Dio, cercando quanto gli è possibile la salute sua; ed ama Dio per Dio, perchè cognosce ch’egli è somma ed eterna bontà degno d’essere amato. 0 quanto è .S. Caterina. Operi*. T. IV. 12 [p. 178 modifica]dolce questa madre della carità ! ella notrica i figliuoli delle virtù al petto suo, e neuna virtù può dare a noi vita di grazia, se ella non è fatta e notricata dalla carità. Ella è uno lume che tolle la tenebre della ignoranzia, col quale lume più perfettamente si cognosce la verità, e per lo cognoscimento più ama. Ella è uno vestimento che ricopre la nostra nudità, cioè che l’anima che è nuda di virtù, unde le seguita vergogna, siccome all’ uomo che si vede nudo, ella la ricopre del vestimento delle vere e reali virtù. Ella è un cibo che insiememente notrica l’anima, e dalle fame che altramenli non sarebbe cibo dilettevole, se non fusse la fame insiememente col cibo; unde noi vediamo che l’anima, la quale si notrica in questa fornace, sempre vuole mangiare il cibo suo, e quanto più mangia più ha fame. Quale è il cibo suo? è l’onore di Dio e la salute dell’ anime: levatasi da cercare l’onore proprio, corre come innamorata alla mensa della croce a cercare l’onore di Dio. Ella si satolla d’obbrobrj, abbracciando scherni e villanie, conformandosi tutta nella dottrina del Verbo: con seguitare in verità le vestigie sue, non gli è duro il portare pena, nè fatica, anco gli è diletto; perchè con odio santo ha abbandonato sè medesimo, unde,riluce in lui la virtù della pazienzia con le sue sorelle, cioè fortezza e longa perseveranzia!

questi gusta 1 arra di vita eterna, siccome quegli che stanno neiramore proprio gustano" l’arra dell’inferno, perchè sono fatti incomportabili a loro medesimi, amando disordinatamente sè e le creature, e le cose create: bene è dunque dolce questa dolce madre!

non è da dormire, ma è da cercarla con perfetta sollicitudine chi l’avesse smarrita per colpa. Smarrita dico, perchè la può ritrovare mentre che ha il tempo, e chi l’ha imperfettamente, cerchi d’averla con perfezione, e non si dorma più, che noi siamo chiamati ed invitati a levarci dal sonno: dormiremo noi nel tempo,, che i nemici nostri vegghiano ? No, la necessità ci chiama, ed il debito ci stregue, chc^ [p. 179 modifica]179 . come stretti d’amore ci debba destare. Or videsi mai tanta necessità, quanta oggi vediamo nella santa Chiesa, di vedere i figliuoli notncati al petto suo essersi levati, e fare contra a lei e contra al padre con tanta miseria, cioè Cristo in terra papa Urbano VI, vero sommo pontefice, ed hanno eletto l’antipapa^ dimonio incarnato egli e chi ’l seguila: ben ci debbe stregnere il* debito di sovvenire al padre nostro in questa necessità, al quale dimanda benignamente e con grande umilità l’ajutorio de’servi di "Dio, volendoli dal lato a sè: noi doviamo rispondere, consumati nella fornace della carità, e non ritrarre addietro, ma andare innanzi con una verità schietta, che mai non sia contaminata per veruno piacere umano, con uno cuore virile intrare in questo campo della battaglia, con vera e cordiale umiltà. Rispondete adunque al sommo pontefice Urbano \ I, il quale con grande umilità vi chiama (.A), non non per le nostre giustizie o virtù, ma per la bontà di Dio ed umiltà sua; e però io vi prego per l’amore di Jesù Cristo crocifisso, che voi prontamente compiate la volontà di Dio e sua. Or m’avvedrò se voi sarete amatori di Dio e della reformazione di santa Chiesa, e se voi non raguardarete alle proprie consolazioni.

Son certa, che se voi averete consumato l’amore proprio in questa fornace, voi non curarele d’abbandonare la cella e le vostre consolazioni, ma pigliarele la cella del cognoscimento di voi, e con essa verrete a ponere la vita se bisognerà per la verità dolce, altrimenti no. E però vi dissi, ch’io desideravo di vedere consumato ogni amore proprio di voi nella fornace della* divina carità. Escano fuore i servi di Dio, e vengano ad annunciare e sostenere per la verità che ora è il tempo loro. Venite e non indugiatè, conferma disposizione di volere attendere solo all’ onore di Dio e bene della santa Chiesa, e per questo ponere la vita se bisognerà. Non dico più qui: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.

l [p. 180 modifica]i8o Annotazione stììft Wjettevu 71.

\ fi (A) Il quale con grande umilità vi chiama. 11 breve con cui Urbano VI chiamava a Roma questo don Giovanni con altri gran servi del Signore, è dirizzato a don Bartolomeo Serafini da Ravenna, priore della Certosa dell’isola di Gorgona, come vieue accennalo nelle note alla lettera 54. Non consta s’egli andasse: ma si può presumerlo, non trovandosi che la santa Io riprendesse della disubhedienza, come fece con altri per simili rifiuti. Che s’egli andò, bisogna credere che ritornasse sollecitamente, giacché si ritrovava al suo romitorio all’epoca della morte della santa, accaduta diecia.ssctts mesf dalla spedizione di quel Breve.

I