Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 7
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A GREGORIO XI. 1
Lettera 7.
Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. Santissimo padre in Cristo, dolce Jesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Catarina vi si raccomanda nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi pietra ferma fortificata nel buono e santo proponimento, sicchè molti venti contrarj, i quali vi percuotono, degli uomini del mondo per ministerio ed illusione, e per malizia delle dimonia non vi nuocano; li quali vogliono impedire tanto bene, che seguita dall’andata vostra. Intesi per la scritta, che mi mandaste, che li cardinali allegano, che il papa Chimento quarto, quando aveva a fare la cosa, non la voleva fare senza il consiglio de’ suoi fratelli cardinali: poniamo che spesse volte gli paresse che fusse di più utilità il suo medesimo che il loro, nondimeno seguitava il loro. Oimè, santissimo padre, costoro vi allegano papa Chimento quarto, ma eglino non v’allegano papa Urbano quinto, il quale delle cose che egli era in dubbio, se egli era il meglio, o sì, o no di farle, allora voleva il loro consiglio; ma della cosa che li era certa e manifesta, come è a voi l’andata vostra, della quale sete certo, egli non s’atteneva a loro consiglio, ma seguitava il suo, e non si curava, perchè tutti gli fussero contrarj 2. Parmi che ’l consiglio de’ buoni attenda solo all’onore di Dio, alla salute dell’animme ed alla reformazione della santa Chiesa, e non ad amore proprio di loro: dico, che’l consiglio di costoro è da seguitarlo, ma non quello di coloro che amassero solo la vita loro, onori, stati e delizie, perocchè il consiglio loro, va colà dove hanno l’amore. Pregovi da parte di Cristo crocifisso, che piaccia alla santità vostra di spacciarvi tosto. Usate un santo inganno 3, cioè parendo di prolungare più dì, e farlo poi subito e tosto, che quanto più tosto, meno starete in queste angustie e travagli. Anco mi pare che essi v’insegnino, dandovi l’esempio delle fiere, che quando campano dal lacciuolo, non vi ritornano più. Per infino a qui sete campato dal lacciuolo delli consigli loro, nel quale una volta vi fecero cadere, quando tardaste la venuta vostra 4, il quale lacciuolo fece tendere il dimonio, perchè ne seguitasse il danno e il male che ne seguitò voi come savio spirato dallo Spirito Santo non vi caderete più. Andianci tosto, babbo mio dolce, senza veruno timore (Ad Rom. 8.): se Dio è con voi, veruno sarà contra voi. Dio è quello che vi move, sicchè gli è con voi: andate tosto alla sposa vostra che vi aspetta tutta impallidita 5, perchè le poniate il colore. Non vi voglio gravare di più parole, che molte n'averei a dire. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio: perdonate a me prosontuosa: umilemente v’addimando la vostra benedizione. Jesù dolce, Jesù amore.
"Annotazioni sopra la Lettera 7"
- ↑ [p. 83 modifica](A) Questa lettera, ch’è di risposta ad una breve scritta del pontefice per cui richiedeala del suo viaggio a Roma, gli fu inviata dalla santa stando già in Avignone,, ove giunse ai 18 di giugno del 1376, essendoci partita di Firenze sul finire del maggio; ed in quella pure aveva ricevuta la lettera del pontefice. Si ha la presente epistola nell’idioma latino a penna, lasciata con altri manoscritti dal B. Raimondo a questo convento di Siena de’ padri di s. Domenico. Facendo questo buon religioso da interprete, allorchè la santa favellava al pontefice, riportandogli in latino quel tanto, che per essa spiegavasi nell’idioma italiano, ed a questa nel suo linguaggio i sentimenti di Gregorio espressi in latino, come egli stesso ce ne assicura nella vita di questa vergineA 1: vi è molto di probabilità che lo stesso Raimondo traslatasse di toscano in latino, sì questa, sì le altre lettere che la santa scrisse a questo pontefice; giacchè ella le dettò in lingua toscana al beato Stefano Maconi suo discepolo e segretario, come egli ce n’ha sicurati, e ad altro luogo s’avvertirà: avvegnachè l’affare precipuo del suo andare in Avignone, fosse il tornare a concordia col pontefice la republica di Firenze, come appare manifesto pel testimonio di tutti gli scrittori, che di questa sua andata favellano; tuttavia non vedesi, che nelle quattro lettere ch’ella scrisse lui nei tre mesi, che soprastette in quella città, faccia di tal concordia parola veruna; onde dee credersi che di presenza ella maneggiasse questo negozio, dacchè la conclusione d’esso era stata riportata per intiero dal pontefice alla prudenza della santaA 2, come narrasi nel luogo sopracitato della sua leggenda; se pure le lettere che toccavano questo argomento non sonosi perdute, come ad altre molte è avvenuto.
- ↑ [p. 83 modifica](B) Perchè tutti gli fussero contrarj. I cardinali francesi, che erano ventuno, mentre il sacro collegio non constava che di soli venlisei, per distogliere Gregorio dal venire in Italia, allagavangli l’esempio di Clemente IV ottimo pontefice, che nelle cose rilevanti soleva reggersi col consiglio de’ cardinali: ma la santa opportunamente contrappose l’esempio di Urbano V, pur ottimo pontefice, e di cui narra il Petrarca, che dopo morte fosse illustrato da miracoli, il quale si mosse per tornare in Italia, non ostante che i cardinali ricusassero di seguirlo.
- ↑ [p. 83 modifica](C) Usate un santo inganno. Si valse dell’avviso il pontefice, che senza svelare altrui la sua mente, fece allestire sul Rodano alcune galee, e vi s’imbarcò d’improvviso, come narra il Biondo, dec. 2. lib. 10.
- ↑ [p. 83 modifica](D) Quando lardaste la venula vostra. Che altra volta fossesi il [p. 84 modifica]pontefice posto in cuore di partirsi d’Avignone, e venirne a Roma senza ridurre il pensiero ad effetto, distoltone da’ cardinali e dai suoi famigliari, s’osservò nell’annotazioni alla prima ed alla terza di queste lettere. Il male che nacque di questa tardanza, fu la perdita dello Stato della Chiesa, e la guerra che surse colla republica di Firenze; giacchè di tutti questi mali tengono continuo accagionati dalla santa i ministri, che governavano nell’assenza dei pontefici.
- ↑ [p. 84 modifica](E) Tutta impallidita. Roma per la lontananza de’ pontefici erasi ridotta a stato oltremodo miserabile. Iacent domus, scriveva il Petrarca (Lib. 7. Ep. de reb. senil., epist. 1.) labant moenia, tempia ruunt, sacra pereunt, calcantur leges, justitia vim patitur", e appresso: Lateranum fiumi jacet, et ecclesiarum mater omnium, tecto carens, et vento patet et pluviis, et Petri ac Pauli sanctissimae domus tremunt, et apostolorum; quae nunc aedes fuerat, jam ruina est, informisque lapidum acervus, lapideis quoque pectoribus suspiria extorquens.