Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 50

Lettera 49 Lettera 51

[p. 51 modifica]5i - A PRETE ArSDllE.i DE’VITRONI (A).

I. Desidera vederlo illuminato di vero lume, acciò conoscendo il sao grado, ne usi gratt ndiue a Dio. .

II. Che l’amor proprio,è quella cosa che ci priva del lume, ed in qual maniera.

III. Cbe l’officio de «icerdoti è angelico, ma da molti empiamente abnsato con le iniquitadi.

IV. Del modo di spogliarsi dell’amor proprio, cbe è il conoscimento di sè stessi.

V. Del cane della coscienza che si dete porre per guardia alla città dell’anima nostra, esaminando o"ni pensiero, e come talmente essa custodia arnia a godere la vita eterna.

Sìsitcm SO* i t Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ilarissimo fratello e padre, per reverenzia del dolcissimo sacramento in Cristo dolce Jesu. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi alluminato di vero e perfettissimo lume, acciocché conosciate la dignità, nella quale Dio v* ha posto, perocché senza il lume non la potreste conoscere, non conoscendola, non rendereste loda e gloria alla somma bontà, che ve I’ ha data, e non nutricareste la fonte della pietà per gratitudine, ma diseccarestela nell’anima vostra, con molta ignoranzia ed ingratitudine, [p. 52 modifica]52 perocché la cosa che non si vede non si può conoscere, non conoscendola non s’ama, non amandola non può esser graia, nò conoscente al suo Creatore!

adunque ci è bisogno il lume. 0 carissimo fratello, egli ci è di tanta necessità, che se l’anima il considerasse, quanto li è di bisogno, ella eleggerebbe innanzi la morte, che amare o cercare quella cosa che le toglie questo dolce e dritto lume; e se voi mi diceste vogliendo fuggirla, qual è quella cosa chè mel tòglie? ’ II. Io vi risponderei, secondo il mio basso intendimento, che solo la nuvola dell* amore proprio sensitivo di noi medesimi è quello che cel toglie. Questo è uno arbore di morte, che tiene la radice sua entro la superbia; onde dalla superbia nasce l’amore proprio, e dall’amore proprio là superbia, perchè subito che l’uomo s* ama di così fatto amore,, presume di sè medesimo, e li frutti suoi generano tutti morte, togliendo la vita della grazia nell’ anima che gli possiede e li mangia col gusto della propria voluntà, cioè che voluntariamente caggia nella colpa del peccato mortale, che germina l’amore proprio. Oh quanto è pericoloso!

sapete quanto? che egli priva l’uomo del conoscimento di sè, onde acquisterebbe la virtù dell’umiltà, nella quale umiltà sta piantato l’amore e l’affetto dell’anima, che è ordinata in carità, e privalo del conoscimento di Dio, dal quale conoscimento trae questo dolce-fuoco della divina carità; perocché di suo principio li tolse il lume, con che conosceva, e però si trova spogliata della carità, perocché non conobbe; senza il conoscimento è fatta simile all’animale, siccome per lo conoscere col lume di ragione 1 uomo diventa un angelo terrestre in questa vita. » « ’♦*111. Specialmente i ministri, i quali la Somma Bontà chiama i Cristi suoi, questi debbono essere angeli e non uomini, e veramente così sono, se non si tolgono questo lume, e drittamente hanno 1’ officio dell’angelo.

L’angelo ministra a ognuno indiversi modi, secondo che Dio l’ha posto, e sono ili nostra guardia [p. 53 modifica]53 dati a noi per la sua bontà; così li sacerdote posti nel corpo mistico della santa Chiesa a ministrare a noi il sangue ed il corpo di Cristo crocnisso, tutto Dio e tutto uomo, per la natura divina unita colla natura nostra umana, l’anima unita nel corpo, ed il corpo e l’anima unita con la deità natura divina del Padre eterno, il quale de’ essere, ed è ministrato da quelli che hanno vero lume, con fuoco dolce di carità, con fame dell’onore di Dio e salute dell’anime, le quali Dio v’ha date in guardia, acciocché il lupo infernale non le divo-ri: questi gusta li fruiti delle virtù, che danno vita di grazia che escono dell’arbore del vero e perfetto amore: il contrario, siccome ora dicemmo di sopra, fanno quelli che tengono 1 arbore dell amore iiell’anima loro, cioè dell amore proprio; tutta la vita loro è corrotta, perchè è corrotta la principale radice deiraffetto dell’anima; onde se sono secolari, essi sono cattivi nello stato loro, commettendo le molte ingiustizie, non \ivendo come uomini, ma come 1 animale che si v«Jge nel loto, vivendo senza veruna ragione, così questi tali, non degni d’esser* chiamati uomini, perchè si hanno lolla la dignità del lume della ragione, ma animali che s’imolgono nel loto della immondizia, andando dietro a ogni miseria, secondo che l’appetito loro bestiale li guida: se elli è religioso o clerico, la vita sua non la guida, non lauto come angelo, nè come uomo, ma come bestia, molto più miserabilmente, che spesse volle non farà uuo secolare.

Oh di quanta mina e riprensione saranno degni questi tali: la lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo, ma bene il proverà la lapinella anima quando sarà messa alla prova. Preso hanno questi tali l’officio delle dimonia!

le diuionia, tutto il loro studio ed esercizio è di privare 1’ anime di Dio, per condueerli a quello riposo che ha in sè medesimo: così questi tali si aono pnva-ti della buona e santa vita, perchè hanno perduto il lume, e vivono tanto scelleratamente: questo, e voi e li altri che hanno couosciwento possono vedere: essi [p. 54 modifica]54 sono fatti crudeli a loro medesimi, essendosi fatti compagni delle dimonia, abitando con loro innanzi al tempo.

Questa medesima crudelilà hanno verso le creature, perchè sono privati della dilezione della carità del prossimo: elli non sono guardatori d’anime, ma devoratori, che essi medesimi le mettono nelle mani del lupo infernale. O miserabile uomo, quando ti sarà richiesto dal sommo Giudice ragione, non la potrai rendere,

non reddendola, tu ne cadi nella morte eternale!


ma tu non vedi la pena tua, perchè tu ti se* privato del lume, e non conosci lo stato nel quale Dio t’ha posto per sua bontà. Oimè, carissimo fratello, egli r ha posto come angelo, e perchè sia angelo a ministrare il corpo dell* umile ed immaculato Agnello, ed egli è drittamente uno dimonio incarnato: non tiene vita di religioso che in sè non ha veruno ordina di ragione: nè vive come clerico che debbe vivere umilmente con la sposa del breviario allato (B), rendendo il debito a’poveri dell’orazioni a ogni creatura che ha in sè ragione, e la sustanzia temporale a’poverelli ed in utilità della Chiesa, anzi vuole vivere come Signore e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con molte vivande, con enfiata superbia, presumendo di sè medesimo; non pare che si possa saziare; avendo uno beneficio, ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre, e così non si -può saziare. In scambio del breviario sono molti sciagurati, così non fosse elli che tengono le femmine immonde, e l’arme come soldati, ed il coltello a lato, come se si volessero difendere da Dio, con cui hanno fatto la grande guerra: ma duro gli sarà al misero a ricalcitrare a-lui, quando distenderà la verga della divina giustizia: della sustanzia ne nutrica li figliuoli, e quelli che sono dcmonj incarnati con lui insieme: tutto questo gli è nato dal1’ amore proprio di sè, il quale ponemmo che era uno arbore di morte: li frutti suoi menano puzzo di peccati mortali, il quale dà la morte nell’anima, perche ci ha lolla la grazia essendo privati del lume. Ora a[p. 55 modifica]viamo veduto, che sola la nuvola dell’amore proprio è quella che ce la toglie; poiché è tanto pericoloso, e da fuggirlo, « da fare buona guardia, acciocché non entri nell* anima no?tra, e se elli ci è entrato, pigliare il rimedio.

IV. Il rimedio è questo che noi stiamo nella cella del conoscimento di noi, conoscendo noi per noi non essere, e la bontà di Dio in noi riconoscendo t essere ed ogni grazia che é posta sopra l’essere da lui, e non vedere li difetti nostri, acciocché veniamo ad odio e dispiacimento della sensualità, e con l’odio fuggiremo questo amore proprio; trovarenci vestiti del vestimento nuziale della divina carità, del quale l’anima debbe essere vestila per andare alle nozze di vita eterna.

V. All’ uscio della cella porrà la guardia del cane della coscienzia, il quale abbaja subito che sente venire li nemici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore, e non tanto che abbaj a’ minici, ma essendo amici si abbajerà venendo alcuna volta li santi e buoni pensieri di volere fare alcuna buona operazione, si desterà questa dolce guardia la ragione col lume delY intelletto, perchè vede se egli è da Dio o no; e per questo modo la città dell’anima nostra sta sicura posta in tanta fortezza, che nè dimonio, nè creatura gliele può torre; sempre cresce di virtù in virtù, intlno che giugue alla vita durabile, conservata e cresciuta la bellezza dell’anima sua: col lume della ragione, perchè non c’ è stata la nuvola dell’ amore proprio, che se l’avesse avuta già non 1’ arebbe conservata: considerando questo 1’anima mia, dissi ch’io desideravo di vedervi alluminalo di vero e perfetto lume: adunque voglio che ci destiamo dal sonno della negligenzia, esercitando la vita nostra In virtù col lume, acciocché in questa vita viviamo come angeli terrestri, annegandoci nel sangue di Cristo crocifisso, nascondendoci nelle piaghe dolcissime sue. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Ricevetti la vostra lettera, intesi ciò che dice: sappiale [p. 56 modifica]56 che di me non si può vedere nè contare altro che somma miseria, ignorante e di basso intendimento, ogni altra cosa si è della somma ed eterna Verità, a lui la riputate e non a me: teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 57 modifica]Annotazioni alla. Lettet’d SO.

(A) Questo sacerdote tenea cura d’anime per qaanlo si può raccorre dal tenore di questa lettera; ma di esso nulla punto dimemoria ritrovasi in Siena, n di sii.’) famiglia.

(B) Con la sposa del breviario alialo. S. Girolamo, che fu il primo n dare alcun ordine all’oGjzio divino, formò un libro, cbe si disse comunemente il Lezimario, ma dui santo appellossi comes, cioè d’re compagno, volendo, se mal non m’avviso, con tal nome accennare doversi quel libro dagli ecclesiastici aver sempre allato quale fedelissimo compagno. A questo motivo’medesimo dà la nostra «aula a questo libro il bell’aggiunto di sposa, mostrando con ciò, che come lo sposo non dee stare di lunga dalla sposa sua, così non dee un vero ecclesiastico dilungarci dal breviario, ma si deve tenerselo al lato sempre affine di recitarlo a’ tempi dovuti. Questo aggiunto però non è forse della santa, ma del suo divino maestro, se la presente lettera fu scritta, poiché ella ebbe tenuti con esso i lunghi e mnravigliosi discorsi che abbi.imo nel suo libro del Dialogo, giacché in quel libro della Verità eterna il breviario appallasi spma a i.sguardo de’ sacerdoti. II nome di breviario, in significato ilei libro in cni hannosi i salini, e le altre preghiere tolte dalle sagre Scritture e da padri cbe compongono PufGcio divino, o te ore canoniche, non è nella Chiesa molto antico; e dicesi bieviario, perchè è come pii ristretto delle Scritture sacre. Il più antico a farce d’esso menzione è l’autore del picciolo libro de’divini uffici, c^e dicesi IWicrologo (il qual nome però credo anzi essere del libro, che dell’autore d’ essor giacché altro non si_niùca la voce micrologo, che picciolo discorso) che viveva dell’anno 1080. Ai tempi di sauta Caterina era dì già in uso il Hreviario che dicesi Romano, in cui si ha l’ufficio diviuo disteso da Fra Jacomo, o Jaimo miniatro generale dell’Ordine serafico, ad uso de’suoi religiosi nel I2’ji, o lu detto romano, dacché Nicolò III, con decreto del 1280, Io assegnò per regola di tutte le chiese di lxoma. Il sacro Concilio di lrento ne ordinò la riforma, la quale fu coudotta a termine da diversi pontefici.