Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 151
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\ 38 . « i i i ■ A SUOR BA RTOLOME A DELLA SETA MONACA DEL MONASTERIO DI SANTO STEFANO DI PISA (J).
I. L1 esorta a vestirsi dui vestimento reale della carità, mostrando . come questa ricopre la nudità, nasconde la vergogna, cioè, del peccato e del limor servile, e scalda e consuma la freddezza dell’amor proprio. La prega a spogliarsi del detto amor proprio per poter osservare la vera obbedienza, non curandosi delle pece, travagli e mormorazioni, ma lutto portando con pazienza ad imitazione di Gesù Cristo.
J5I» j41 nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
T. ilarissima figliuola in Cristo dolce Jesìi. Io Catarina, serva e schiava de* servi di Jesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento reale, cioè del vestimento delTardentissima carità: perocché è quello vestimento, che ricopre la nudità, e nasconde la vergogna, e scalda e consuma il freddo. Dico che ricopre la nudità, cioè, che ranima creata all’imagine e similitudine di Dio avendo l’essare, senza la divina grazia non averebbe il fine per lo quale fu creata. Convienci dunque principalmente il vestito della grazia avere, il quale riccceviamo nel santo ballcsmo, mediante il sangue di Cristo. Con questo vestimento i fanciulli, che muojono in puerizia hanno vita eterna; ma noi spose., cliab-
ubiamo spazio di tempo, se non c* é posto uno vestimento d’amore verso lo Sposo eterno, cognoscendo la sua inestimabile carità, potremo dire che questa grazia, che noi abbiamo ricevuta nel baltesmo. fusse nuda; e però è d» bisogno, che noi leviamo l’affetto ed il desiderio nostro con vero cognoscimento di noi, ed aprire l’occhio dell’intelletto, ed in noi cognosciare la bontà di Dio e l’amore ineffabile che elli ci ha; perocché, se l’intelletto cognosce e vede, non può fare l’affetto che non ami, e la memoria che non ritenga il suo benefattore; e cosi con l’amore trae a sè lJamore, e trovasi vestita e ricoperta la sua nudità: dico che nasconde la vergogna, e questo in due modi; l’uno si è, che per dispiacimento ha gittato da sè la vergogna del peccato, come che dalla vergogna, che in quella anima era venuta per la offesa fatta al suo Creatore, è restituita per lo vestimento dello amore delle virtù ed è venuta a onore di Dio, ed ha frutto 111 sè, perocché da ogni nostra operazione e desiderio D»o ne vuole il fiore dell’onore e a noi lassa il frutto, sicché vedi, che nasconde la vergogna del peccato. Dico ancora, che un’ altra vergogna le tolle, cioè, che di quello che la sensualità con amore proprio e parere del mondo si vergogna; la volontà morta in sè in tutte le cose transitorie non vede vergogna; anco si diletta delle vergogne, strazii, scherni, villania e rimproverio, e tanto ha bene, quanto si vede conculcare dal mondo; unde ella è contenta per onore di Dio, che il mondo la perseguili con le molte ingiurie, ed il dimonio con le molte tentazioni e molestie, e la carne con volere ribellare allo Spirito, e di lutto gode per odio e vendetta di sè per con ormarsi con Cristo crocifisso, reputandosi indegna della pace e quiete della mente; e non si vergogna d essare schernita e beffata da tutti tre questi nemici, cioè il mondo, la carne, il dimonio, perocché la volontà sensitiva è morta ed è vestila del vestimento della somma ed eterna volontà di Dio; anco l’ha in debita riverenzia, e ricevale con amore, perché vede che Dio l’ha permesse per amore e non per odio, e con quello affetlo che noi vediamo che elle sono date., con quello le riceviamo. Dolce è dunque a desiderare vergogna, perocché con essa si caccia la vergogna.
O quanto ò beata 1* anima che ha acquistato così dolce lume, perocché insiememente odia i movimenti nostri e gli altrui, ed ama le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, ma movimenti d’altrui sono le persecuzioni del mondo. Reputati dunque, carissima figliuola, degna della pena ed indegna del1 frutto che seguita dopo la pena: queste saranno le fregiature che tu portarai nel vestimento reale. Tu sai bene, che lo Sposo eterno fece il simile, perocché sopra il vestimento suo pose le molte pene,.flagelli, strazii, scherni e villanie, e nell’ultimo l’obbrobriosa morte della croce. Dico ancora che scalda e consuma la freddezza: scaldasi, dico, del fuoco dell’ ardentissima carità, il quale mostra per desiderio spasimato dell’onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando i difetti suoi; e gode co’ servi di Dio che godono, e piange con gli iniqui che sono nel. tempo del pianto, per compassione ed amaritudine che porta dell’offesa che fanno a Dio; e dassi volentieri ad ogni pena e tormento per riducerli allo stato di coloro che godono e che vivono innamorati delle dolci e reali virtù: dico, che consuma il freddo, cioè la freddezza dell’ amore proprio di sé medesima, il quale amore proprio accieca l’anima, e non le lassa cognoscare, nè sè, nè Dio, e tollele la vita della grazia, ed ingenera impazienzia, e la radice della superbia mette allora fuore i rami suoi, unde offende Dio ed offende il prossimo con disordinato affetto; ed é incomportabile a sè medesimo ’(B), e.sempre ribella all’obbedienzia sua,tutto questo fa l’amore proprio di sè, ma il vero vestimento detto tutti gli consuma e tolte via, c^ rimane nel lume della divina grazia e non va per la tenebre; ma in verità va per la via del consumato ed immacolato Agnello, c per la porta di
Cristo crocifisso entra alle nozze del Padre Eterno!
ine è fermata e stabilita in Dio, e non ha paura che il mondo, nè’l dimonio, nè la carne la possa separare, e truova vita senza morte, sazietà senza fastidio e fame senza pena. Or non più: porta, porta, e fa spalle di portatore, e non rifiutare peso, se vuoili ben guadagnare infino all’ ultimo, perocché troppo sarebbe sconvenevole che la Sposa andasse per altra via, che lo Sposo suo: Altro modo non c’è a voler portare, se non essere vestita, come è detto; e però vi dissi io, che desideravo di vederti vestita del vestimento reale, cioè, dell’abisso della carità del Re eterno. Altro non dico: nascondati nel costato di Cristo crocifisso, e bagnati ed annegati nel sangue dolcissimo suo. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. 42 Annotazioni alla Lettera 151.
È/ ’.*■» 1 (A) La famiglia della Seta, e non della Secta come leggeasi nell’impressioni antiche, è antica e ragguardevole nella città di Pisa.
Di questa casa era questa suor Bartolomea, che come danno a vedere queste tre lettere inviatele dalla santa, era gran serva del Signore, e sfavasi nel monisterio detto di s. Stefano. Di questo sagro ricovero di vergini non v’è memoria sicura in Pisa, non essendovi monistero alcuno al presente d’un tal nome. Credesi per alcuno essere stato vicino alla badia di s. Guido sulla strada che mena a Livorno, ed era dell’ordine di Valleombrosa, onde furono trasportate in città ad aiutare il monistero di s. Benedetto, eh’è di monache cavalieresse dell’ Ordine di s. Stefano.
(Z?) Ed è incomportabile a sè medesimo. Dopo queste parole nelle antiche impressioni eravi una lunga aggiunta, con cui parte di questa lettera era stata inviata dalla santa a Maddalena figliuola di monna Alessa, monaca del monistero detto di santa Bonda di Siena. Questa giunta posta qui a capriccio dello stampatore, o di chi teneva in cura l’impressione di quest’ opera, s’è tolta via, come quella che a nulla punto serviva, sì per non essere inviata a questa religiosa, sì per essere tutta a disteso stampata insieme coll’altra parte alla lettera, che già era la 172, ed ora sarà la x55. Queste due lettere nelle prime facciate sono una cosa medesimo, ma dipoi variano, onde nmendue sonosi date come lettere differenti.