Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 142

Lettera 141 Lettera 143

[p. 265 modifica]265 AL SOPRADDETTO M1SSER MATTEO I. Della vera annegatone della propria toIoolà conformala In (olio a quella di Dio, alla quale esorta il soprannominalo rettore, pregandolo a procurar la salate dell’anime per sola gloria dì Dio, II. Come si deve fuggire di giudicare e mormorare de’servi di Dio, onde dobbiamo cercare il vero lume che sì trova nel sangue di Gesù Cristo.

III. Desidera ella stessa restare illuminata con questo lume, onde conforta sè medesima, ed egli.nsieme a portare ogni Salica; e disprezzar le mormorazioni degli uomini per pioeuiar la salute deir anime loro.

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Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dclcz.

I. Ilarissimo figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi dì Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi bagnato ed annegato nel sangue di Cristo crocifisso, il quale sangue inebbna i anima sì e per sì fatto modo, che al tutto perde sè medes:ma. Di sè r.on vuole che rimanga alcuna particella fuori del sangue, cioè, nè tempo, nè luogo, nè consolazione, nè tribolazione, nè ingiurie, riè scherni, nè infamie, nè villanie, nè veruna altra cosa da qualunque altro lato ella viene, [p. 266 modifica]266 , nè per sè, nè per altrui non le vuole eleggere a suo modo, nè con veruno suo parere, ma al tutto si sottopone alla volontà di Dio, la quale trova nel sangue di Cristo, perchè il sangue manifesta la dolce sua volontà, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione, e ciò che dà e permette, è dato a noi per questo fine: per amore è dato, acciocché siamo santificati in lui: così s’ adempie la sua verità. La sua verità è questa, che ci creò per gloria e loda del nome suo, *e, perchè noi partieipassimo della sua beatitudine e la-sua inestimabile carità, la. quale.perfettamente si gusta e riceve nella visione di Dio. Or questo ha cognosdiUlo l’anima e veduto con l’occhio dell’intelletto la volontà-del Padre Eterno nel sangue del Figliuolo; e questa è la ragione, che l’anima annegata nel sangue; alluminata della dólce Ivolontà di Dio, la quale ha trovata-sncl sangue, non Uia mai pena, e non» va a suo"modornè st:,niè altrui vuole mandare secondo i suoi pareri; e però non ha pena di chi non viva, perchè gli ha al tutto perduti: ma a che attende di fare?

quello medesimo che trova nel sangue. Che trova nel sangue? l’onore del Padre Eterno e la salute dell’anime, perchè questo Verbo non attese mai ad altro; posesi in su la mensa della croce a mangiare il cibo dell’anime, non schifando pene.

II. Adunque noi membri gittiamo a terra noi: nutrichianci del sangue dello svenato e consumato Agnello!

facendolo, abbiamo la vita e gustiamo l’arra di vita eterna: abbiamo lume e perdiamo la tenebre nel lume, perdiamo ogni scandalo e mormorazione cli

non giudichiamo, nè con colore di male, nè con colore di bene, ma come noi siamo annegati e perduti nel sangue», così anneghiamo e perdiamo altrui, tenendo di fermo chef lo Spinto Santo li guidi. Il contrario di coloro che hanno provato alcuna cosa e non sono al tutto perduti; spesse volle stanno in grandi pene, facendosi giudici de’còslumi e de’modi de’servi di Dio, vengono?*a scandalose mormorazione, c fanno «no*-/

[p. 267 modifica]morare spesse volte, participando con altrui le pene è pareri loro, i quali pareri si debbono smaltire nel sangue o con la propria persomi, di cui li pare senza mettere mezzo di diverse creature: se fusse alluminato ed annegato nel sangue, il farebbe, ma perchè non è anco in quella grande perfezione drlla volontà annegata che si richiede nel servo di Dio, poniamo che sia al tutto perduta nel mondo, rimangli de* pareri spirituali, e però noi fa, trovasi ignorante, e per la ignoranzia viene in molti difetti ed inconvenienti.

III. Adunque corriamo, carissimo e dolcissimo figliuolo, gittianci tutti nel glorioso e prezioso sangue di Cristo, e non rimanga punto fuori di noi, e con debita reverenzia e pazienzia portate ogni fadiga, ingiurie e mormorazioni, ed ogni altra cosa, i servi di Dio con amore e reverenzia consigliando e non mormorando, nè affermando veruno nostro parere in loro, e per questo modo saremo materia e strumento di tórre le mormorazioni e non di darle. Or cosi facciamo e non si facci altro che nel sangue: non vedo che altrove si possa fare; e però dissi ch’io desideravo di vedervi inebriato del sangue di Cristo crocifisso, perchè pare che sia di bisogno e di necessi’à: così voglio che noi facciamo, e specialmente vi prego e costringo che ne preghiate la prima Verilà per me, che ne ho bisogno che mi vi anneghi e mi vi affoghi per sì latto modo, eh* io liceva lume perfetto a cognosciare e vedere le pecorelle mie, le perdute e le acquisiate, sicché io me le ponga in su la spalla, e ritorni all ovile con esse. Grande ignoranzia della pecorella (^) è a non-coguosciare il pastore’suo alla voce: tanto tempo avele udita la voce del pastore, che quasi n-e doveresle essare maestri, e paie che facciate il contrario, andando dietro alle voci vostre, belando e non sapendo voi quello Jche vi diciate, andate dietro al giudizio e consigli umani, pare che tutti abbiate per-’ duto il lumè: della’ fede, come se il pastore che r ha data la voce e vuole dare la vita per la salute vostra;’1 [p. 268 modifica]268 ^ / vi chiamasse con altro voce, cioè, con quella delI’ uomo, e non con la divina e dolce volontà di Dio, dalla quale non si può scordare 1’ anima per veruno detto di creature, nè. per ignoranzia delle pecorelle che non la compia in sè ed in altrui: così fece il dolcissimo Jesù, che non lasciò per lo scandalo e mormorazione de’gindei,, nè per ingratitudine nostra, chp non compisse 1’ onore del padre e la salute nostra!

così debba fare cui Dio, ha posto che seguit questo Agnello; non - voliere d capo a dietro per veruna cosa che sia, e se le inferme pecorelle che debbano essere sane, mormorano come inferme, non debba però il pastore lassare coloro che stanno a fine di morte., vedendo, di potere loro dare la vita coloro che sono, tutti ciechi per coloro che hannp male negli occhi!

non dovete fare così; ma imparate dai discepoli, santi, che chi andava e chi rimaneva, secondo che vedevano più l’onore di Dio. Dobbiamo credere,, che chi rimaneva ed a chi andava, risuscitavano infinite mormorazioni, e chi andava, non lassava però d,’ adoperare l’onore di, Dio; e chi rimaneva non si scordava però,, della. pazienzia e del lume della fede, e non perdeva; la memoria del, ritenere e del ricordare della voce del suo pastore, ancp si fortificavano con allegrezza, perchè.

quantp è m.aggipre lo scandalo, tanto è più perfetta l’operazione che si fa. Adunque sijjte pecorelle vere e non temete dell’ombre vostre, nè, crediate che io lassi le, npvantanove per l’una; io, vi dico cotanto, clip delle npvantanpv

per pgnuna delle novantanove io ne ho novo.ntanpve, le quali ora non si vedono se non dalla divina bontà; chq’l, sa parità increata, il quale per occulto; fruito fo portare la fa diga, dell’andare, la, gravezza dell’ infirmila, il peso delli scandali e mormorazioni, di tutto sia gipria c loda al nome di Dio, sicché l’andare p lo stare non s è.fatto se non secondo lq sqa volontà, c non secondo quella delli uomini,.


La gravezza del corpo, che io ho avuta ed ho,

principalmenlc la volontà di Dio m’ho tenuta, clic

[p. 269 modifica]10 non sono tornata: il più tosto che si potrà, e lo Spirito Santo cel permette, torneremo. Godete dello stare e dell’ andare. e tutte le vostre cogitazioni sì riposino qui su tenendo, che ogni cosa fa e farà la divina providenzia, se non eh io sono colei che guasto ciò che egli fa ed adopera per la moltitudine delle iniquità mie, e così fa danno a voi ed a tutto quanto 11 mondo. Fregovi quanto io so e posso che preghiate Dio che mi dia lume perfetto, sicché io vadi morta per la via della verità. Altro non dico. Confortatevi in Cristo dolce Jesù, cd a tutti ci raccomandate, e singularmcnle al baccelliere ed a frate Antonio ec. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 270 modifica]

  • Inno la zio» tv alla Fjettera 112.

\ * i (A) Grande ignoranza della pecorella, ec. In assai ni tre ledere fa la santa querela del molto mormorare che d’ essa faceasi nella città pe’suoi spessi viaggi e per le lunghe dimore in alcun luogo.

A cagione di queste voci che contra d’essa teneansi, nou volle ella andarne a Roma senza espresso comando del pontefice, come s’ha nella sua leggenda. Tra’suoi discepoli aucora eran?ene alcuni stimolati forse anche da qualche imidia iuverso di quei eh erano assortiti ad esserle compagu:, come pare possa ricavarsi da questa lettera, che di ciò mormoravano. Dalla maniera poi del favellare della santa ben vèdesi come in questo suo modo d’ operare non procedeva colla direzione del proprio giudizio, ma tenea». alla scorta sicura degli ordiui che riceveva dal Signore.