Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 129
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Ulatteo (A) rettore della Misericordia ed a frate Santi (#), ed agli altri figliuoli.
I. Gli pre^a ad coirsi fra loro, col legime della perfetta carila, amandosi Insieme con amor sìncero, cioè, noa per propria consolazione, ma solo per gloria di Dio.
II. Che a tale effetto gli conviene porsi avanti agli occhi Cristo crocifisso, per imparare daU’amor suo verso di noi, l’amore fra di loro. .
129* Al Nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. ilarissimi figliuoli in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi legati nel legame della carità, considerando io, che senza questo legame non potiamo piacere a Dio: questo è quello dolce segno, al quale si cognoscono i servi ed i figliuoli di Cristo. Ma pensate, figliuoli miei, che questo legame vuole essere schietto e non macchiato per amore proprio di sè medesimo, che se tu ami il tuo Creatore, amalo e servilo in quanto egli è sommo ed eterno bene degno d’essere amato, e non per propria utilità, perocché sarebbe amore mercennajo, siccome l’avaro che ama i danari per propria avarizia, così l’amore del prossimo vostro sia schietto. Amatevi, amatevi insieme; voi sete ptossimo l’uno dell’altro, ma guardate, che se l’amore vostro fusse fondato in 206 propria utilità, o in proprio diletto, che avesse l’uno dell’ altro, egli non durerebbe, ma verrebbe meno, e l’anima vostra si trovarebbe vola. L’amore, che è fondalo in Dio vuole essere così fatto, che egli si debba amare per rispetto della virtù, ed in quanto egli è creatura creata alla imagine di Dio, che perchè venga meno ii diletto in colui che io amo, o l’utilità, se egli è fondato, in Dio, non viene meno l’amore,r perchè ama per rispetto della virtù, e per onore di Dio, e non per lo suo proprio: dico, che se egli è in Dio, che se eziandio la virtù venisse meno in colui che ama, non viene meno l’amore. Manca bene l’amore della virtù, che non v’ è, ma non manca in quanto egli è creatura di Dio membro suo legato nel corpo mistico dell a san la Chiesa, anco gli cresce uno amore di grande e vera compassione, e per desiderio il partorisce con lagrime e sospiri e’continue orazioni nel cospetto dolce di Dio. Or questa è quella dilezione che lasciò Cristo a discepoli suoi, che non viene mai meno, nè allenta mai, e non è impaziente per veruna ingiuria che riceva, e non vi cade mormorazione, nè dispiacimento, perocché non l’ama per sè, ma per Dio: non giudica, nè vuole giudicare la’ volontà degli uomini, ma la volontà del suo Creatore, che non cerca, nè vuole altro clila nostra santificazione, e gode di ciò che Dio permette per qualunque modo si sia, perocché non cerca altro che" 1 onore del suo Creatore, e la salute del prossimo suo. Veramente si può dire, che costoro siano legali nel legame della carità con quello legame che leime confitto c chiavellato Dio ed uomo in sul legno della santissima e dolce croce.
dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù a moie. .
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(A) Misser Matteo. Questi fu rettore dello spedale della Oliserìcurdia di Siena, ed uouio di santa vita e d esso ci serbaremo a favellare, quando il cor^o delle lettere ci porterà quelle cbe dalla santa gli furono scritte. . , (/?) A frale Santi. Le antiche impressioni in vece di frate Santi aveano frati santi, come se fosse indrizzata la lettera ad altri religiosi onorati da essa del titolo di santi; ma cbe debba leggersi frate mel persuade il non essere in uso a santa Caterina il dare questo titolo a’ suoi discepoli, adoperando con essi quello di figliuoli; «urne di latto pure gli esprime dnzzando a tutti loro questa lettera.
Fra Santi fu di Terni, o vero di Teramo, giacché la voce latina Jnteraiunensis può darsi d’ugual maniera a chi nacque nell’una, o nell’altra di quelle città, dicendosi I’ una lateramna, l’altra Interanuiìti, ma non già di Verona; come fuori d’ogni ragione scrissero gli antichi traduttori della leggenda di Raimondo; ed avendo abbandonata la patria ne venne a Siena, dandosi luori d’essa a menar vita di romito.