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7. A D. Paolo [Paolina] Leopardi.
Recanati 28 Gennajo 1812


A.C.

Ricevo in questo momento il plico che voi m’inviate accompagnato da una obbligantissima lettera. Essa è ben degna per la sua brevità di esser commendata da’ Lacedemoni, e dagli altri popoli della Grecia, i quali dovendo rispondere in lettera ad alcuna inchiesta non iscrivevano talvolta, che la semplice parola «nò». Il piacere che voi mi avete fatto col torre a copiare il mio picciol Compendio di Logica non vi sembrerà forse si grande [p. 9 modifica] quanto lo è in realtà. Un buon copista è assai raro, ed io non reputo lieve vantaggio l’averne ritrovato uno che sia conforme al mio desiderio. Il restauratore dell’Italiana Poesia Francesco Petrarca lamentavasi che avendo egli in poche settimane condotto a fine il suo libro latino «De Fortuna etc.» non potea dopo più anni averne copia, che pienamente il soddisfacesse poiché di mille errori eran ripiene tutte quelle, che egli avea avute da’ varj Copisti. Se io fossi vissuto al tempo di Petrarca, e l’avessi udito lamentarsi meco in tal modo avrei facilmente appacificate ed acquietate le sue querele coll’insinuargli di darvi a copiar la sua opera, e son certo, che malgrado la sua delicatezza in questa materia egli ne sarebbe rimasto soddisfatto. Nè crediate che il mestier del Copista sia da disprezzarsi. Teodosio uno de’ più grandi Imperatori d’Oriente s’impiegava ancor egli nel copiare gli altrui scritti, e non vivea che del denaro ricavato da questa non ignobil fatica. Voi potrete dirmi, che Teodosio non operava in tal modo perchè di se degno riputasse un tal genere di lavoro, ma solamente per un effetto della sua profonda umiltà, e virtù Cristiana, ma io per convincervi di quanto hò preso a dimostrarvi vi apporterò un altro esempio. Non ci dipartiam dal Petrarca. Egli avendo intrapreso di fare un viaggio, non ben mi rammento per qual fine, e ritrovata cammin facendo un [sic] opera di Cicerone, di cui non avea per anche contezza, non istimò cosa vile il copiarlo da capo a fondo. Ma è ornai tempo di finirla poiché mi avvedo che avendo fatto l’elogio dello stile laconico sto per cadere nei difetti dello stile Asiatico. Sono

affm̃o per servirvi di cuore
Giacomo Leopardi