Elettra (D'Annunzio)/Alle Montagne
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- ALLE MONTAGNE
cui le nubi notturne
stanno sommesse come la gregge al pastore, ed i Vegli
inclinati sa l’urne
profonde dànno eterne parole, e fanno corona
6le stelle taciturne;
o Montagne, terribili dòmi abitati da Dio,
ove gli anacoreti
d’un tempo immemorabile per sola virtù di dolore
conobbero i segreti
del Mondo e nelle rocce co’ i cavi occhi lessero come
12in libri di profeti;
Montagne madri, sacre scaturigini delle Forze
pure, quando non era
l’Uomo; donde gioiosa alla cieca tenebra sparsa
balzò l’alba primiera
e alle vergini valli guidando le forme dei fiumi
18scese la Primavera;
donde scesero stirpi umane d’oltrepossente
vita, giù per aperte
vie più vaste de’ fiumi, stampando titaniche orme
nella pianura inerte
che fumigava umida al sole purpureo, pregna
24delle future offerte;
o Montagne immortali, non parla nel sacro silenzio
delle cose ignorate
il vostro Spirto? Ascolta l’anima mia se non giunga
un messaggio. Deh fate,
o Montagne immortali, che scenda dai vostri misteri
30cinto di luce il Vate!
La speranza e la gioia fuggirono lungi dai cuori
umani; e tutti i sogni
della bellezza e tutti i sogni dell’arte felice
vanirono; e stringe ogni
cuore un’arida angoscia; e rugge d’intorno la guerra
36degli atroci bisogni.
Chi finalmente, sceso a noi dalle alture inaccesse,
ricondurrà la gioia?
Chi su la vasta fronte avrà, mai veduta possanza,
una luce di gioia?
O tu dalle Montagne purissime, Spirito ignoto,
42scendi con la tua gioia!
Dai culmini virginei che splendono sotto le stelle
pie, dalle inesplorate
sedi ove le sorgenti perenni cantano inconsce
della superna estate,
dalle vene incorrotte dei geli, dal sacro silenzio
48delle cose ignorate,
da tutta la grandezza venerabile delle Montagne
madri io t’evoco, o puro
Spirito senza nome, che l’occhio dell’anima vede
trascorrere l’oscuro
abisso dove tanto umano dolore si torce
54e schiudere il Futuro!