Elettra (D'Annunzio)/Alla memoria di Narciso e di Pilade Bronzetti

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Alla memoria di Narciso e di Pilade Bronzetti
Al Re giovine Per i marinai d'Italia morti in Cina


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ALLA MEMORIA DI
NARCISO E DI PILADE
BRONZETTI


C
ANTA, o Verità redimita

di quercia, canta oggi gli eroi
al genio d’Italia che t’ode!
Al popolo ardente di vita
5novella tu canta oggi i suoi
leoni, il suo sangue più prode
che corse la gleba feconda!
Tu fa che fiammeggi nell’ode
ciascuna ferita
10e lungi la fiamma s’effonda
per tutte le prode,
per tutte le cime,
per tutta la patria sublime
che freme di gloria sepolta!

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15Canta, o Verità redimita
di quercia, canta oggi gli eroi
al genio d’Italia che ascolta!

Ma ascolta dall’ombra dei monti
Trento, l’indomata
20figlia cui la corda
non spegne la voce iterata
che chiama che chiama la madre
nell’orror notturno;
e grida: “Ricorda
25tu prima dell’altre
glorie la mia gloria
oggi che su l’ardue fronti
dell’Alpe volò la Vittoria
e che l’Adige taciturno
30n’ebbe rinnovata
promessa! Ricorda
Castel di Morone, Tre Ponti
con l’Aquila che dal Tifata
piombò sul Volturno„.

35Canta dunque, pria che si parta
la nova speranza da noi
e si spenga il sùbito ardore,
canta dunque il fior degli eroi,

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il prode dei prodi
40che dorme leggero sul cuore
di Brescia fedele,
e l’emulo del re di Sparta
con i suoi trecento,
con i suoi trecento custodi
45che la dolce Campania tiene;
canta oggi la gloria di Trento
per lei consolare in catene
del vano amor del van dolore,
oggi che da mano servile
50la sua pura corona è sparta
come fronda vile.

Come vil lordura
dal tempio di Roma lo sgherro
spazza quella corona pura
55che tesseano, ideal tesoro,
(ancor dunque ai monti si sogna?)
fedeltà più dura del ferro,
speranza più ricca dell’oro.
Giovi ella a crescere lo strame
60su cui la frode e la paura
giaccion come buoi
stracchi ruminando menzogna.
Giovi ella a crescere il letame

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che impingua l’annosa vergogna.
65Ma tu non piangere; tu sogna,
anima chiusa, ancor nei tuoi
monti. È alto il sole sul Fòro.
Cantiamo gli eroi!

Non piangere. Aspetta nei monti;
70poi che non indarno
nel libero azzurro
sul Gianicolo, alto a cavallo,
sta Colui che udisti a Tiarno
per te su la via sfolgorata
75tonare col bronzo.
Ma sogna. Come il bianco alburno
celandosi sotto la scorza
si fa vigor novo del tronco,
nell’anima tua sempre alzata
80il sogno convertasi in forza.
Non piangere. Sogna nei monti.
Cantiamo la gesta obliata,
Castel di Morone, Tre Ponti
con l’Aquila che dal Tirata
85piombò sul Volturno.

Cantiamo la vetta ridente
su l’antico fiume

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esperto di strage, la vetta
ridente di giovine sangue.
90Oh tumulo grande
che gioiosamente
di sé fece l’alta coorte!
Ciascun combattente
su la sua terribile ebrezza
95col sole e con l’aria
sentiva il guardar leonino
del Duce, dell’Onnipresente.
Oh vendemmia di giovinezza
più forte che il vino!
100Porpora d’autunno,
porpora di morte
su la dolce di uve Campania!

Non piangere, anima di Trento,
la tua calpestata corona.
105Dimentica il male, se puoi.
Non fare lamento.
La tua madre non t’abbandona:
ha il cuore profondo.
Passano i Bonturi
110e il seguace lor gregge immondo.
Durano gli eroi
eterni nei fasti

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d’Italia, e quel Dante che alzasti
nel bronzo, al conspetto dell’Alpe
115dura solo più che le rupi,
gran Mésso dei fati venturi,
signore del Canto sul mondo.
Passano i Bonturi
e il seguace lor gregge immondo.

120Non fare lamento. Perdona
pel lungo martirio di Dante,
perdona pel chiuso dolore
di Quegli che disse la grande
parola. Sovvienti? Ei ti vide
125perduta, ei vide tanto sangue
invano sparso, tanto fiore
di libere vite
invano reciso,
Trieste come te perduta,
130come te perduta
l’Istria, alla mercè del nemico
le porte d’Italia, ottenuta
Venezia con man di mendico,
laggiù laggiù sola su l’Adria
135la macchia di Lissa, l’infamia,
tutta l’onta; e disse: “Obbedisco„.

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Ah ti sovvenga! Ti sovvenga
ancora di Lui doloroso,
col piombo nell’ossa dolenti,
140combusto dal fuoco
di cento battaglie e pensoso
già del vasto rogo
che alzato ei volea sul selvaggio
granito, al conspetto del mare,
145per dar la sua cenere ai vènti
del suo mar selvaggio.
Ei disse: “Ah ch’io venga
ch’io venga anche all’ultima guerra!
Legatemi sul mio cavallo.
150Ch’io veda brillare le stelle
su la Verruca, oda al Quarnaro
cantare i marinai d’Italia!
Legatemi sul mio cavallo.„

Verrà, verrà sul suo cavallo,
155con giovine chioma.
Torrà il nero e giallo
vessillo dal suo sacro monte
che serba il vestigio di Roma.
Ridere su l’antica fronte
160vedrà le sue vergini stelle;
più oltre, più oltre

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verso le marine sorelle,
anche udrà anche udrà nel Quarnaro
i canti d’Italia sul vento.
165Non piangere, anima di Trento,
la tua calpestata corona.
Ribeviti il tuo pianto amaro.
Dimentica il male, se puoi.
Non fare lamento. Perdona.
170Prepara in silenzio gli eroi.