Editto 2 gennaio 1761 (San Martino)
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Occorrendo poi, che qualche Persona, o per ragione di origine, o per ragione di domicilio, nostra Diocesana debba contraer Matrimonio in altra Diocesi, siccome è necessario, che ottenga da questa nostra Curia la Fede di sua libertà sulla deposizione di due Testimonj giurati, e degni di fede, il proprio Parroco non farà alcuna dinunzia, se non nel caso, che sia da Noi giudicato opportuno il prescriverla; nemeno farà alcuna dinunzia senza nostro ordine nel caso, che i Contraenti, o alcuno di essi, o per essere stradiocesani, o per causa di assenza da questa Diocesi, debbano riportare dalla Curia di quella Diocesi, dove hanno fatta dimora, la Fede di libertà, perchè questa deve prima privativamente riconoscersi dalla nostra Curia insieme alla fede, o sia attestato del Parroco suddetto, in cui dovrà esprimersi, oltre al Nome, e Cognome de’ Contraenti, e de’ loro Genitori, anche la Patria, ed età de’ medesimi: E tanto rispetto a’ Stradiocesani, i quali hanno abitato, o abitano in questa Diocesi, quanto rispetto a’ Diocesani, i quali hanno abitato, o abitano in aliena Diocesi, il Parroco, sia affine di ottenere da questa Curia la Fede di stato libero, sia per ottenere la dispensa sopra tutte, o sopra due dinunzie, dovrà espressamente individuare il tempo, o tempi precisi rispettivamente della dimora in questa Diocesi, e dell’assenza dalla medesima di quelli, che vorranno contraer Matrimonio.
Se vi sarà giusta causa per la dispensa delle tre dinunzie, a riguardo de’ Contraenti, o di uno di essi, vogliamo a buon fine riconoscerla; e perciò il Parroco la specificherà nella fede di libertà, la quale non sarà accettata, e non produrrà alcun effetto, se non sarà spedita, giusta la formola seguente:
Fidem facio ego infrascriptus, et verbo veritatis attestor N. Filium N. ætatis annorum N., et N. Filiam N. ætatis annorum N. hujus Loci, esse in statu libero ad contrahendum Matrimonium, nec esse aliquo vinculo Consanguinitatis, vel Affinitatis invicem conjunctos, vel attinentes, nullumque obstare impedimentum canonicum, quin Matrimonium inter ipsos celebrare valeant, prout etiam justificabitur depositionibus Testium in Curia Episcopali præsentandorum, qui sunt N. filius N., ætatis annorum N., et staturæ N., ac N. filius N., ætatis annorum N., et staturæ N., ambo hujus Loci viri honesti, timoratæ conscientiæ, et veridici.
Insuper attestor dictos futuros Contrahentes circa Fidei rudimenta, Symbolum Apostolorum, Orationem Dominicam, nec non Decalogi, et Ecclesiæ Præcepta, ac Septem Ecclesiæ Sacramenta instructos esse.
Et tandem pro causa obtinendæ dispensationis super omnibus denunciationibus expono......., quì si specificherà la causa.
E se si ricorre per ottenere la dispensa di due sole dinunzie si farà la fede nella maniera di sopra prescritta, anche con l’espressione della causa, ommettendosi però l’espressione de’ Testimonj, i quali in tal caso non devono esaminarsi, fuorchè per qualche circostanza sia da Noi giudicata necessaria la deposizione de’ medesimi.
Fatta la fede, come sopra, vi si apporrà la data, e si soscriverà dal Parroco, come in appresso:
In quorum fidem etc. Dat. in Loco N. die N. mensis N. anni N. N. Parochus, sive Curatus etc.
Nel caso poi, che uno de’ Contraenti sia stradiocesano, basterà, che il Parroco faccia la sola espressione della libertà della Persona sua parrocchiana, e che soggiunga nella fede: Et inter ipsum, vel ipsam N., et N. Loci N., Diœcesis N., de cujus libertate constabit ex literis Curiæ N., non esse aliquod vinculum Consanguinitatis vel Affinitatis, nullumque obstare impedimentum etc., come sopra.
Ed affinchè i Parrochi possano con cautela regolarsi circa l’espressione della causa per la dispensa delle dinunzie, suggeriamo a ciascheduno d’essi di notificarla segretamente per Lettera, nel caso, che per qualche circostanza non fosse spediente esprimerla nella fede; e stimiamo approposito mettere sotto degli occhj loro le cause descritte dal Corrado nella sua Pratica regolata allo stile della Curia Romana Lib. VII Cap. VII, come in appresso:
Prima causa est Contrahentium pudor, ob aliquam inter eos disparitatem, veluti si valde Nobilis ducat Ignobilem, vel valde Dives Pauperem, vel Senex Juvenculam, et econtra.
Secunda causa est, si contingat Virginem esse sub tutela iniqui Curatoris, qui eam Viro ignobili, et disparis conditionis tradere intendit.
Tertia causa est, quando Magnates contracturi sunt Matrimonium.
Quarta causa est, cum aliqui in concubinatu permanentes existimantur tanquam Vir, et Uxor.
Quinta causa est, quando ex causa præmittendarum denunciationum non possunt Nuptiæ benedici.
Sexta causa est, quando prius contractum est Matrimonium publice, et reperitur nullum ob impedimentum occultum.
Septima causa est, cum repentinus casus offert rationem contrahendi Matrimonium, nempe si qui in concubinatu deprehensi, a Judice essent plectendi, ut possint dicere se esse conjugatos.
Octava causa est, ob periculum animæ, veluti si duo sint Concubinarii, et velint Matrimonium contrahere, ut in bono statu constituantur, periculumque sit, ne, si fiant denunciationes, interim commisceantur.
Nona causa est, cum Meretrix in Lupanari exposita vellet cum aliquo contrahere Matrimonium, ut sic desistat a malo statu, in quo reperitur; ac insuper ob periculum, ne ipsa, aut Sponsus mutet voluntatem.
Decima causa est, ad evitanda scandala, ob aliquam factionem, quæ vitari possit statim secuto Matrimonio.
Undecima causa est, dum quis in mortis articulo constitutus vult ducere in Uxorem Concubinam, sive ad effectum, ut Proles ex ea suscepta legitima remaneat, sive tantum ut securior efficiatur suus transitus; quo casu sufficiet solum auctoritas Parochi ex tacita Concessione Episcopi, si Ordinarii copia haberi non possit, quia ante consummationem Matrimonii poterit ipse Parochus facere denunciationes.
Duodecima causa est, quando Vir Fœminam defloravit, et damnum amissæ virginitatis reparare intendit, et, si Matrimonium differretur ex causa denunciationum, periculum esset in mora.
Aliæ insuper causæ possent insurgere, ex quibus Ordinarius posset dispensare, quæ non omnes possunt ita excogitari, ut sigillatim recenseantur; sed bene erunt ponderandæ, an eæ sufficientes sint, nam verba Concilii continent arbitrium prudentiale, et regulatum.
Oltre alle suddette cause, approviamo anche per legitime le infrascritte altre due, descritte dal Monacello nel suo Formolario legale pratico del Foro Ecclesiastico, annot. alla Form. VIII Tit. VIII, cioè:
1. Quoties probabiliter suspicatur Matrimonia indebite, ac malitiose fore impedienda.
2. Quoties contrahere volentibus ex dilatione aliquod notabile damnum, vel incommodum tam corporis, quam bonorum immineret.
Inoltre, sapendo Noi anche per esperienza esservi stato l’abuso, che qualche Parroco nel caso di Matrimonio da contraersi, mediante la dispensa di due dinunzie, ha fatta una dinunzia per tre, prima che siasi ottenuta la dispensa medesima, e con quella sola dinunzia si è solennizato il Matrimonio; perciò dichiariamo, che in avvenire non si avrà verun riguardo a tale anticipata dinunzia, la quale espressamente proibiamo.
Finalmente, affinchè questo nostro Editto non possa ignorarsi, e sia inviolabilmente osservato, come è nostra intenzione, comandiamo a ciascheduno de’ Signori Parrochi di tenerlo sempre inserito nel Libro parrocchiale de’ Matrimonj, sotto pene a Noi arbitrarie; di che ne chiederemo conto, spezialmente in occasione della nostra Visita pastorale. Asti 2 Gennajo 1761.
GIO: FILIPPO ANTONIO Vescovo d’Asti.