Donne illustri/L'editore
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e il raccogliere e pubblicare le opere di un sommo è sempre una grande compiacenza e un invidiabile onore; tanto più lo è ora per lo scrivente, che indovina già la soddisfazione dei numerosi amici, conoscenti e ammiratori dell’illustre Camerini, ai quali questo volume riescirà gratissima sorpresa. Difatti queste biografie, pubblicate nel Monitore della Moda del 1871, passarono, si può dir quasi, completamente inosservate pel mondo letterario, sia per l’indole speciale del periodico, sia perchè Camerini non volle apporvi il nome, affermando una volta di più quella rara modestia, che fu una fra le tante prerogative del suo nobile animo. Tenero dell’anonimo e del pseudonimo, come s’era sempre
mostrato1, egli lo era ancor più per questi piccoli lavori, a cui non dava alcuna importanza, e che gli servivano come una scusa di più per rovistare tra gli scaffali delle biblioteche.
Altri, e con altro stile, trattò diffusamente della vita e delle opere di lui, nè lo scrivente oserebbe cimentarsi nello stesso argomento, tanto si sente impari al difficile còmpito; quantunque persuaso che, dai particolari della sua vita intima, meglio trasparirebbero tutte quelle doti d’animo e di mente, che lo resero carissimo a quanti ebbero la fortuna di avvicinarlo. Gli è nelle amichevoli conversazioni, nei privati colloqui che più luminosamente sfolgoravano quella sconfinata erudizione, quella memoria prodigiosa, quella lucidità di mente, quella dolcezza di modi, quella arguzia spontanea, che sapevano concigliargli la simpatia, l’amore, la stima di tutti. Ah! ci par sempre di vederlo, il caro vecchietto, spuntare tra gli alberi del bastione di Porta Venezia, con quel suo modesto pastrano, colla testa leggermente inclinata sull’òmero destro, colle labbra composte ad un dolce sorriso, quando dall’Accademia di Piazza Cavour egli si recava alla Mezza lingua, a consumare il frugalissimo desinare. — Tant’è! Il più insigne bibliografo del nostro tempo era giunto a fabbricarsi, una posizione così splendida, che gli permetteva di regalarsi un pranzo in una trattoria suburbana, la cui spesa arrivava di solito ad una lira e cinquanta centesimi. Ma, lasciando da parte l’ingratitudine, a cui accenna l’epigrafe dello stele elevatogli al Camposanto, è dovere dichiarare che Camerini non ebbe soltanto paura di chiedere, ma ebbe sempre paura di accettare checchessia da chi che si fosse; e ciò serve a spiegare, sinteticamente, il suo grande carattere. Mentre avrebbe potuto occupare alti posti, sedere alle mense dei soddisfatti, godere titoli, ricchezze, onori, egli non chiese, nè desiderò, nè volle mai nulla. Esempio ben raro, e forse inimitabile, specialmente oggidì. Ma Camerini aveva per sè la scienza, vasta e profonda, che valeva assai più di qualsiasi maggiore compiacenza mondana.
Pur troppo questo bene supremo è dato a pochi di conseguire, perchè, come scrisse egli stesso, «bisogna far lunghi digiuni ed aver la grazia dello spirito; voglio dire forti studi e dure prove. — Un mulo carico d’oro può salire l’erta di una rôcca e farsi aprire le porte; ma la scienza non si espugna che col lavoro e col sorriso del cielo.»
L’EDITORE.
Note
- ↑ Nella Rivista contemporanea Camerini era solito firmare, ora Guido Cimili, ora Carlo Teoli. Firmò parimenti Guido Cimili la prefazione da lui scritta al Macchiavello, e Carlo Teoli quelle al Compendio di letteratura di Emiliani-Giudici, e agli Ammaestramenti degli antichi da lui curati. Nella Perseveranza firmava X, o K X, o Y X; nella Rivista settimanale, Giulio Antimaco; nel Politecnico K X; nel Crepuscolo X per le cose italiane, e variamente per le inglesi e tedesche; nella Rivista di libri antichi e nuovi, Cesare Bini. Collaborò nel Nazionale con Celestino Bianchi, nel Progresso con Cesare Correnti, nell’Unione con Bianchi-Giovini, nel Cimento con Zenocrate Cesari, ora senza firmare, ora cambiando sempre pseudonimo. Per oltre trent’anni Camerini seminò i suoi scritti nelle migliori e più reputate effemeridi italiane ed estere, senza mai rivelarsi al pubblico. Crediamo non andare errati nell’asserire che, all’infuori della Biblioteca Classica, dei Precursori del Goldoni e dei Profili letterari, tutte opere pubblicate ultimamente, un solo lavoro abbia portato, nei primi tempi, il suo nome, ed è quello sul Giusti inserito nella Rivista Contemporanea del 1860. Una volta, essendogli venuta l’idea di firmare E. C. nella Perseveranza, fu preso in fallo dal famigerato Perego per altro scrittore, che avea le stesse iniziali, e colmato d’ingiurie!