Don Giovanni Tenorio o sia Il dissoluto/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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Don Giovanni Tenorio o sia Il dissoluto L'autore a chi legge

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A SUA ECCELLENZA

IL SIGNOR

MICHELE GRIMANI

PATRIZIO VENETO

Senatore Amplissimo1.

S
OTTO gli auspicj dell’E. V. ho principiato a scrivere pel Teatro, e dall’anno 1734 sino al 1744 ho continuato a farlo col di Lei benignissimo gradimento2. Dieci anni di servitù prestata all’E. V. nel Teatro Comico non solamente, ma nel Drammatico ancora, mi hanno fatto sperimentare la di lei gentilezza, nè mi sarei staccato mai dal di lei servigio, se il Consolato di Genova, che fummi da quella Repubblica Serenissima conferito, non mi avesse in altro occupato. Fra l’altre opere per i di lei Teatri composte, una fu il Don Giovanni Tenorio, o sia il Dissoluto, tratta dall’argomento notissimo del Convitato di Pietra; che però divisando ora in questa mia edizione di pubblicarla, all’E. V. come cosa sua la consacro, sperando ch’ella si degnerà di proteggerla nelle stampe, come si è compiaciuta di farlo in occasione di vederla rappresentata. Voglia Dio, ch’abbia ora la stessa sorte, e se per tante sere, e per tanti anni è stata dal popolo graziosamente accolta, sia con egual piacere, da chi la leggerà, compatita. Allora ch’io la composi, non avea che due soli anni pel Teatro sagrificati3. Due anni prima, staccatomi da Milano nel bollor della guerra fra i Gallo-Sardi e Germani, passato per casualità da Verona, trovai colà la Compagnia de’ Comici di V. E. diretta [p. 270 modifica]dal Capocomico Giuseppe Imer, uomo d’abilità somma e d’integerrima onoratezza, ed egli fu, che animatomi a scrìvere pel Teatro, per certo estro che la perspicacia sua aveva in me conosciuto, produssemi all’E. V., e la di lei protezione altissima mi procurò, di che sempre a lui sarò grato. Nulla di più poteva io desiderare per utile e gloria mia, oltre l’onore di un Protettore sì grande, sì gentile, sì generoso.

La grandezza di V. E. a tutto il Mondo e assai nota, sendo la Famiglia nobilissima de’ Grimani una delle più antiche e delle più risplendenti della Repubblica, che in ogni tempo ha sostenuto le prime dignità, i primi onori; ch’uomini grandi ha prodotto in armi, in lettere, in buon Governo nell’Augusta Patria non solo, con lunga serie di Senatori, di Dogi e di Capitani, ma in altre parti d’Europa ancora, e nello stato della Chiesa principalmente hanno le prime dignità occupate: la Cardinalizia più volte, e quella di Viceré di Napoli, e tante altre cospicue ed insigni.

Ma la grandezza del di lei animo supera quella del sangue illustre, e forma quella dolcissima gentilezza, che rende l’E. V. il più amabile Cavalier della Terra. Ella ha sempre avuto un vastissimo numero di Servidori, oltre quelli che al lustro convengono della sua cospicua Famiglia. Fra questi pongo io coloro che forniscono due famosi Teatri, parte del ricchissimo suo Patrimonio. Musici, Comici, Ballerini, per tanti anni, con tanto dispendio suo mantenuti, gustarono il dolcissimo pane d’un sì clemente Padrone; e se taluno se ne abusò, e gli parve amaro, ciò è provenuto soltanto da quella indiscretezza che nella maggior parte di tai persone ritrovasi. Lo so per prova, e tanti altri lo sanno, e (posso dire) al Mondo tutto è palese, con quanta carità l’E. V. tutti accoglie, e tutti consola; e allora quando forte ragione di negar grazie, o di beneficare altrui l’impedisce, so io quanta pena le costa, e quanto colle amorose parole condisce della giustissima negativa l’amaro. E ammirabile l’armonia, la concordia, che passa fra l’E. V. e i suoi amorosi Fratelli: effetto di quell’impasto di cuore, che lei rende amabile a tutti gli ordini della Patria, per il gentilissimo tratto e per l’animo suo generoso. Questo è, che [p. 271 modifica]ha mantenuto per tanti anni il decoro della Città in quella parte che dai Teatri dipende, sendo a tutti palese con quanto discapito, con quanta profusione di soldo, abbia ella sul famosissimo Teatro di San Giovanni Crisostomo i primi Musici dell’Europa condotti. Ma i tempi variano, ed è incostante dell’universale il diletto. Manca il valor negli attori, e crescono in essi le pretensioni. Moltiplicato è il numero de’ Teatri, ed è scemato quello degli spettatori. Chi può animarsi più a tali imprese, per aver, oltre il dispiacer del discapito, quello ancora di un miserabile gradimento?

Fatale in oggi è il destino per tutta Italia de’ Musicali Teatri. Mancano i Drammi dacchè ha cessato di scriver il soavissimo Metastasìo. Molti provati dopo di lui si sono valorosi e dotti. Ma l’orecchio avvezzato a que’ dolci versi, a que’ gentili pensieri, a quel brillante modo di sceneggiare dell’egregio Poeta, non ha trovato ancora chi vaglia ad uguagliarlo. Anch’io, per obbedire all’E. V., tre Opere musicali ho composte: l’Oronte Re degli Sciti, la Statira, e il Gustavo. La prima per il Teatro di San Giovanni Crisostomo, e le altre due per quello di San Samuele; e non fu poco se sofferte fossero, e compatite, niente di più sperar potendo con un confronto sì rispettabile e accreditato.

Le Corti estere sfiorano tutto dì de’ migliori Soggetti i Paesi nostri, e quei che restano, si vogliono dell’occasione a lor favorevole per chieder molto; ma se la paga di gran Soggetti li paragona, non corrisponde l’esito, non se ne persuadono gli ascoltatori, e rimangono i condottieri delusi.

I balli in oggi suppliscono in qualche parte alle voci, ma questi ancora, a misura degli applausi che sentono farsi, aumentano le pretensioni, e sono queste arrivate a segno, che fanno disperare corrispondente la rendita alla grande spesa. Le Decorazioni, che formavano ne’ tempi addietro la bellezza dello spettacolo, praticarsi non possono in oggi per il dispendio ch’esse cagionano da’ Musici e da’ Ballerini assorbito. Richieste sono dal Popolo, e pretese ancora, ma guai a chi altera il viglietto per farle; onde fra i due partiti, il migliore è quello di non far niente. [p. 272 modifica]

Le Commedie presentemente hanno il maggior concorso; e i Drammi dilettano con poca spesa; ed è lodabile, al parer mio, l’uniformarsi al piacer dell’universale, e savio è l’uso che fa VE. V. su tal fondamento de’ suoi Teatri; ma avveggomi ora, che troppo fuor di proposito ho ragionato; doveva soltanto all’E. V. questa Commedia, che le presento, umilmente raccomandarle, e del proposito, che ho tenuto finora, alcuno forse proverà sdegno. Bastami che non dispiaccia all’E. V., e pregola a considerare, che parla in me un vero zelo d’antico e fedelissimo suo servidore, grato alle beneficenze da Lei derivatemi, e pronto a renderle ogni servigio, che dalla presente mia situazione mi sia permesso.

Di V. E.


Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Serv.
Carlo Goldoni.


  1. La presente lettera di dedica fu stampata in testa alla commedia l’anno 1754, nel tomo VII dell’edizione Paperini di Firenze.
  2. Nell’ottobre del 1734 il Goldoni conobbe S. E. Grimani, e nel maggio o giugno del 1743 abbandonò Venezia, fino al ’48.
  3. Anzi poco più di un anno, come risulta dalle memorie stampate in testa ai vari tomi dell’ed. Pasquali (v. voli. I della presente edizione): ma il Goldoni assegna nell’ed. Paperini la recita del Don Giovanni all’autunno, invece che al carnovale, del 1736.