Dolce Lidia, Lidia bella
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XV
LA LUSINGA AMOROSA
Dolce Lidia, Lidia bella,
sporgi quella
bocca ov’abita ’l mio core;
ch’io farò de’ labbri bei
poppe ai miei,
vera pecchia di tal fiore.
Che insoffribile contento
è ch’io sento?
Dimmi, Lidia: hai pur capanna;
sei svelata al ciel giaciuta
che piovuta
su le labbra t’è la manna?
O pur nettare cibasti,
né curasti
poi la bocca rasciugarti?
Ah crudel, tu non rispondi,
ma confondi
col baciar gli accenti sparti.
Grandinate, dolci baci,
ma loquaci,
ché il silenzio Amore annoia,
e dir l’ultime parole
sempre suole,
quand’un’alma avvien che moia.
Or perché, se t’aggio in braccio,
pur mi sfaccio?
pur sospiro, idolo mio?
né per penderti dal collo
fo satollo
il famelico desio?
Deh! sí come da natura
l’onda pura
nella spugna entra e s’asconde;
cosí entrarti cogli amplessi
io potessi
nelle viscere profonde;
tal ch’ognun di noi cangiato
di suo stato,
io tu stessa e tu foss’io;
come a Salmace addivenne,
quando tenne
il fanciullo in mezzo al rio.
Qual dolcezza indi saria
ch’uom tra via
te per Tirsi salutasse;
e chi meco all’ombra siede,
se mi chiede,
sol per Lidia m’appellasse!
Dolce Lidia, Lidia bella,
sporgi quella
bocca ov’abita ’l mio core;
ch’io farò de’ labbri bei
poppe ai miei,
vera pecchia di tal fiore.