Discorsi politici (Guicciardini)/VI. - Sullo stesso argomento. In contrario

VI. - Sullo stesso argomento. In contrario

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VI. - Sullo stesso argomento. In contrario
V. - Se 'l Gran Capitano debbe accettare la impresa di Italia VII. - Sulla discesa di Francesco I in Italia nel 1515

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VI

[Sullo stesso Argomento.]

In contrario.


Le diversitá delle opinioni, Gran Capitano, e le dispute che vi si fanno, sogliono piacere a chi ha a fare la resoluzione, perché chi ode le ragione contrarie suole meglio discernere la veritá, né anche debbono dispiacere alle parte, quando la sorte dá loro prudente giudice e che le si oppongono non per proprio interesse, ma principalmente per amore del vero. E se in nessuna quistione fu mai bisogno di savio giudice, e che considerassi lo intrinseco delle cose, è di bisogno in questa, dove è necessario che la prudenzia sia tale che con solida elezione vinca e’ vani appetiti, e seguiti piú tosto la utilitá nascosta drento, che lo splendore apparente di fuora. Io confesso che accettando questa impresa e vincendo, ne risulterá verisimilmente grande augmento alle cose vostre; ed anche credo che secondo le considerazione che si possono fare de’ futuri eventi delle guerre, voi vi possiate promettere la vittoria, quanto mai potessi alcuno capitano che andassi in guerra. Ma io so anche che nessuna cosa è tanto incerta, quanto li esiti delle guerre, sulle quali ogni leggiere disordine, ogni minimo caso suole qualche volta essere di momento grandissimo. Né si può promettere la vittoria chi ha la giustizia della causa, vedendosi ogni dí vincere chi combatte per la ingiustizia; né si può el capitano assicurare in sulla sapienzia sua, la quale se è bene di gran momento non opera el tutto, perché [p. 108 modifica] tutte le azioni della guerra non sono riposte in lui solo, anzi la maggiore parte dependono dalla virtú de’ soldati, dalla qualitá de’ luoghi e de’ tempi e da mille accidenti sottoposti interamente alla fortuna, e’ quali non sendo in mano sua, non li può lui solo regolare.

Non si può adunche promettersi la vittoria; e se bene verisimilmente la speranza sia maggiore che la paura, si ha da considerare in contrario che sanza comparazione molto piú danno vi farebbe el perdere, che non vi facessi utilitá el vincere, perché la gloria e reputazione vostra è oggi grandissima, e tale che e’ non si ha notizia di uno capitano sí glorioso in tutta la cristianitá. Vincendo, non darete ammirazione a nessuno, e se ne crescerá di poco la gloria vostra, perché a nessuno sará nuovo che el Gran Capitano vinca; perdendo, non è cosí, perché una mala fortuna di uno giorno solo vi priverrebbe di tutti li onori e trionfi acquistati colla fatica e pericoli di tanti anni: perderesti quello splendore di essere invitto e quello tesoro che non si può pagare né estimare, né se li può fare comparazione delle ricchezze che si potessino acquistare nella vittoria, perché questo disegno è fallace, e si vede quante volte da’ re e’ benefici grandi sono pagati con grande ingratitudine. Ed inoltre non vale tanto questa speranza, che per quella si debba mettere in pericolo una cosa tanto preziosa quanto è la fama e lo onore.

Dilettasi qualche volta la fortuna di fare simili tratti, ed è proprio lo esercizio suo di bassi fare grandi e di grandi ridurre a grado piccolo; e quanto piú l’ha pel passato favorite le virtú vostre, tanto piú è da dubitarne, perché el costume suo è di non stare mai ferma con uno medesimo, e rarissimi si truovano coloro a’ quali la sia stata continuamente propizia. Leggesi tanti antichi capitani, Pompeio, Annibaie, Marcello, e nella medesima Italia Belisario sommo uomo, el quale mandatovi da Iustiniano imperadore, tornò doppo qualche anno in Grecia al suo signore, avendo acquistate grandissime vittorie e trionfi; dove stato qualche tempo, ed essendo perturbate le cose di Italia, vi fu di nuovo rimandato, e nondimeno non [p. 109 modifica] vi avendo e’ medesimi successi, tornò con poca gloria e favore. È facile adunche el perdere; perdendo si perde assai; vincendo, a comparazione della perdita, si guadagna poco; né e’ savi sogliono volentieri giucare a quelli giuochi ne’ quali si possi perdere molto e vincere poco. Ricordatevi del prudente ricordo di don Alonso Aghilar vostro maggiore fratello, el quale vedutovi tornare la prima volta glorioso di Italia, vi dissuase el tornarvi di nuovo, perché voi non mettessi in pericolo la reputazione acquistata. Né solo vi debbono muovere le parole ma eziandio lo esemplo suo, che doppo tante vittorie e tanta fama fu morto in giornata.

Pare assai alla moltitudine lo splendore del tornare in Italia a tanta impresa ed a tanto governo ed a sí grande speranze, ma piú pare a’ savi el mettere voluntariamente in pericolo tanto tesoro. Debbesi considerare assai el pigliare le imprese, e massime chi giá è glorioso, chi giá ha fatto demostrazione della virtú sua, chi piú che per la rata ha travagliato e posto mano a’ bisogni delli altri uomini. Non direi cosí in uno giovane, el quale non avendo ancora tentato la fortuna sua, è ragionevole che facci prova di sé medesimo, non viva in ocio brutto, ma tenti e di volere acquistare gloria, e di suvvenire a’ bisogni degli altri uomini e della sua nazione. È lodato uno che con poco capitale si mette a navigare, e con pericolo di potere poco perdere, tenta di guadagnare assai; e nondimeno è biasimato uno uomo ricco che per appetito di guadagnare metta in mare tutto lo stato suo; né li sará imputato a pusillanimitá el riposarsi, ma a troppa cupiditá el travagliare. Né sará uomo che, se voi recusate questa impresa, lo ascriva a viltá di animo, anzi si imputerá a prudenzia; e quanto della vittoria sono proposti maggiori utili, tanto piú parrá officio di animo generoso e savio el saperli sprezzare. Le vittorie vostre passate sendo continuate tanto tempo ed ottenute tante volte, e massime con tanto mancamento di danari e di altre provvisione necessarie, non lasciono dubitare della virtú vostra; né si diminuisce, recusando questa impresa, la gloria, anzi si conserva lo acquistato, e si fa fede [p. 110 modifica] di prudenzia. Quello doverrebbe fare uno giovane povero di onore, questo altro ha a fare uno vecchio ricco di tanta gloria e trionfi; ed a voi si apartiene piú, nella etá che voi siate, fare officio di vecchio savio, che di giovane volonteroso, e seguitando piú tosto el iudicio de’ prudenti che la ignoranzia della moltitudine, non si mettere, per speranza di guadagnare poco, a pericolo di perdere assai.