<dc:title> Discorsi detti nella pubblica tornata della Società Nazionale per la Confederazione Italiana ai 27 di settembre 1848 in Torino </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Società Nazionale per la Confederazione Italiana</dc:creator><dc:date>1848</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Discorsi-SNFI.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Discorsi_della_Societ%C3%A0_Nazionale_per_la_Confederazione_Italiana/Avvertimento&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130711212749</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Discorsi_della_Societ%C3%A0_Nazionale_per_la_Confederazione_Italiana/Avvertimento&oldid=-20130711212749
Discorsi detti nella pubblica tornata della Società Nazionale per la Confederazione Italiana ai 27 di settembre 1848 in Torino - Avvertimento Società Nazionale per la Confederazione ItalianaDiscorsi-SNFI.djvu
Il Comitato Centrale della Società per la Confederazione italiana nella sua tornata del 22 settembre deliberava di chiamare il Pubblico a testimone di sua adunanza. Il giorno 27 era il destinato a questa pubblica seduta; e il luogo scelto era il nuovo Teatro Nazionale. La bella, la ospitale Torino era alcuni dì prima avvertita di questa solennità; la prima che siasi data in Italia, in questa terra sventurata, dove la vita pubblica, e politica non vi furono mai permesse dal dispotismo tanto indigeno che straniero. E all’invito rispose la città con uno straordinario affollamento, non ostante il dirompere della piova e la poco promettente stagione. Loggie, sala, palco scenico (ridotto esso pure a sala) erano ingombre, stipate di popolo d’ogni classe; più di [p. vimodifica]duemila persone erano accorse al convegno; parecchie centinaja dovettero andarsene per non vi poter entrare; e gremite di teste apparivano in tutte le interne parti del teatro. Non un malcontento, non uno strepito, non inquietudine in onta allo stipamento ed al calore. Brillante era la illuminazione, e l’adunanza si apriva alle ore sette e mezza. Allo apparire al banco della Presidenza Vincenzo Gioberti accompagnato dai Segretari, e dal restante del Magistrato Presidenziale, fu uno scoppio universale di evviva e di plausi, che durò, e si ripetè per alcuni minuti. Pronunciò il discorso, che qui si legge il primo della serie; e non si può esprimere l’universale soddisfazione, che in tutta la folla silenziosa e pendente dal suo labbro produsse col suo dire robusto, stringente, pieno di vita, e di calore italiano. Basti dire, che incominciato fra i plausi, fu interrotto più volte, e terminato fra i plausi strepitosi. E però è falso quanto affermò il giovane articolista del Risorgimento sig. Boggio, che taluna parte del discorso del Presidente sembrasse a molti inopportuna. Quei molti non esistevano che nella sua immaginazione; dappoichè non osarono mostrarsi, e tutta la folla applaudiva più forte appunto là, dove il sig. Boggio vorrebbe far credere che fosse inopportuno il dire dell’Oratore; quasi che a giudicare della opportunità, od inopportunità di quelle parole possa credersi giudice più competente il sig. Boggio, o non piuttosto Chi le pronunciava, quegli stesso essendo, che qualche mese fa teneva le redini del potere. [p. viimodifica]
Succedette al Presidente il Segretario Dott. Francesco Freschi da Piacenza colla Relazione, che viene subito appresso al discorso del Presidente; e per varie volte venne la Relazione stessa interrotta dai plausi. Terzo fu il discorse del sig. Emilio Broglio di Milano, giacchè il primo oratore secondo l’ordine del giorno che dovea essere il sig. Prof. Perez di Palermo, non potè per mala salute tenere la promessa. E il discorso dell’economista milanese riscosse in ultimo non pochi e meritati plausi. Quarto parlatore fu il sig. Avvocato Sebastiano Tecchio di Vicenza, il quale destò col suo dire l’entusiasmo nell’assemblea. Quinto si fu il sig. Prof. Domenico Berti di Torino, il quale con una dovizie di politica eloquenza seppe impressionare per modo l’adunanza, che ripetute volte lo interruppe con plausi generali. Per ultimo il sig. Domenico Carutti Segretario con una dizione estemporanea e piena di fuoco seppe restringere in poche parole il molto che s’era parlato, e finì per sempre più destare l’entusiasmo della folla spettatrice. La seduta si scioglieva attorno alle undic’ore; e quella moltissima gente se ne partiva più che soddisfatta dell’ottimo successo, contenta del suo operato nobile, dignitoso, civile, degno veramente di un popolo educato, e adulto già nella libera vita. Il Comitato Centrale nella sua ordinaria tornata del dì 28 votava un ringraziamento alla Città di Torino per l’esempio luminoso di politica intelligenza e civiltà onde avea data solennissima prova. Possa un tale esempio trovare molti imitatori!
I discorsi detti senza il soccorso dello scritto vennero stenografati dal Corpo stenografico addetto alla nostra Società, e diretto dall’Intendente A. Milanesio; nella quale fatica si adoperarono valorosamente i sigg. Avv. Carlo Corghi, Revisore in Capo; Prof. Léauteaud; Avv. Catella; P. Bonfiglio; A. Bonfiglio e Luigi Bosco, i quali stenografarono i discorsi dei sigg. Berti e Carutti.